Cappellacci/Berlusconi hanno perso …

Una rassegna della stampa di oggi.

 

il corriere della sera

Elezioni in Sardegna, vince Pigliaru. Cappellacci si complimenta. I dati definitivi

Il candidato del centrosinistra nuovo governatore. «Sarò presidente di tutti». Murgia al 10,30%: non entra

Le operazioni di spoglio per l’elezione del presidente e del nuovo Consiglio regionale della Sardegna si sono concluse con Francesco Pigliaru in testa col 42,44% davanti ad Ugo Cappellacci col 39,65%. Il dato finale è stato comunicato dall’Ufficio Elettorale. Francesco Pigliaru, dunque, è il nuovo governatore della Sardegna. Il candidato del centrosinistra ha battuto il presidente uscente di centrodestra, Ugo Cappellacci. Ferma al 10,30 % Michela Murgia(Sardegna possibile).

«PRESIDENTE DI TUTTI» – «Sarò il presidente di tutti i sardi, di quelli che ci hanno votato, di quelli che non ci hanno votato e soprattutto di quelli che non sono andati a votare». Questo il commento di Pigliaru arrivato alle 17.10 nella sede elettorale del centrosinistra di via Bottego a Cagliari. Camicia bianca e pullover verde, molto rilassato, ha risposto alle numerose domande dei giornalisti: «Affronteremo questa grande sfida con entusiasmo e faremo quello che abbiamo detto, faremo una bella giunta per affrontare le priorità che abbiamo elencato: istruzione, lotta alla disoccupazione, alle tasse ed alla burocrazia. La mia sarà una squadra buona -ha detto Pigliaru riferendosi alla giunta regionale- e adeguata alla sfida».

CAPPELLACCI - «Ho chiamato Francesco Pigliaru quando ho visto che il distacco era ormai incolmabile e gli ho fatto sinceri auguri, ma ora lo attende un compito non facile», ha commentato il presidente della Regione uscente, Ugo Cappellacci. «Non credo nel loro progetto e penso che con undici partiti nella coalizione avranno qualche problema di stabilità di governo», ha concluso Cappellacci. «La politica è come la vita, è fatta di vittorie e sconfitte, la cosa importante è essere animati da passione sincera: vogliamo combattere per i sardi, per le battaglie storiche ed etiche, bisogna continuare a farle. Da oggi faremo opposizione corretta ma dura», ha detto ancora Cappellacci. «Al centro – dice – c’è la Sardegna e noi faremo le sentinelle».

MURGIA - Parole molto dure arrivano da Michela Murgia. «Ci hanno scelto 70mila sardi e solo una legge liberticida e antidemocratica impedirà a queste persone di avere una rappresentanza in Consiglio regionale». La candidata a presidente della Regione per la coalizione Sardegna Possibile, ha letto un discorso scritto con il suo gruppo politico perché, ha spiegato, «serve qualcosa di ben ragionato».

ASTENSIONISMO – Commenti preoccupati sull’astensionismo. L’affluenza alle urne è stata de 52,23%.«Un dato mai visto a questi livelli in una competizione regionale in Sardegna – ha detto l’europarlamentare Pd Francesca Barracciu- Deve far riflettere tutti i partiti, evidenzia la sfiducia che i cittadini hanno nei confronti della politica». Parla chiaramente di un testa a testa Pigliaru-Cappellacci, la parlamentare del Pd Romina Mura. «Il voto si è polarizzato sulle due proposte – ha commentato – La proposta della Murgia, secondo quanto emerge da questi primi risultati, non ha fornito i dati sperati, questo dimostra che i sardi si vogliono confrontare con proposte serie». «In Sardegna si afferma il centrosinistra. Astensionismo a un passo dal 50 per cento. Noi non c’eravamo, Alfano non c’era, e nemmeno i grillini. Ma per i partiti del centrodestra cambia pochissimo rispetto alle politiche. P.S. Si sente la mancanza di Alleanza nazionale». Così il leader de La Destra, Francesco Storace, sulla sua pagina Facebook.

17 febbraio 2014 (modifica il 18 febbraio 2014)

LA STAMPA

elezioni regionali

17/02/2014

Sardegna, la Regione vira a sinistra
Il renziano Pigliaru nuovo governatore

“Bocciato” dagli elettori l’uscente Cappellacci. Flop della Murgia: resta al 10%

nicola pinna

CAGLIARI

Lo davano per sconfitto in partenza. Perché in un mese di campagna elettorale non ha mai urlato e mai partecipato alle polemiche. Ma evidentemente Francesco Pigliaru ha convinto i sardi con altri argomenti: le proposte per il lavoro e la scuola, la lotta alla burocrazia e forse anche con la calma e il garbo.

Il suo carattere, il neo governatore della Sardegna, non lo ha tradito neanche dopo la vittoria: mentre i supporter urlavano e applaudivano lui ha continuato a ripetere, ovviamente a bassa voce, che non ha neanche un minuto da perdere. Ugo Cappellacci, il favorito che era quasi certo di non dover svuotare l’ufficio di Villa Devoto, ha ammesso la sconfitta prima ancora che i dati dell’Ufficio elettorale della Regione fornissero la mappa chiara del voto. Ha chiamato il rivale e gli ha fatto gli auguri: erano appena le 16 e dai Comuni i dati arrivano con molta lentezza. «La vita è questa, fatta di vittoria e sconfitte: la cosa importante è essere animati da passione – ha commentato alcune ore dopo – Vogliamo continuare a lottare per i sardi, andiamo avanti lo facciamo in un ruolo diverso e lo facciamo in maniera diversa dai banchi dell’opposizione».

A notte fonda i dati non erano ancora definitivi. Ma con il novantasei per cento delle schede scrutinate il risultato è praticamente deciso: 42,26 per cento per il candidato del centrosinistra, 39,84 per il leader della coalizione di centrodestra. Anche se le liste della coalizione azzurra superano di due punti percentuali quelle dei democratici (44,11 per cento contro 42,23 per cento). Un risicato 10,36 per l’outsider Michela Murgia: le sue tre liste indipendentiste raggiungono a malapena il 6,81 e nessuno di loro ha conquistato un posto nel prossimo parlamentino sardo. Basso, anche al di sotto delle aspettative, il consenso raccolto da Mauro Pili, ex presidente della Regione, da sempre uomo di Forza Italia, fuoriuscito dalla coalizione berlusconiana e candidato con alcune liste indipendenti: a lui, e ai suoi candidati, i sardi hanno concesso poco più del cinque per cento dei voti.

Pochissimi i consensi anche per le altre liste che sventolavano la bandiera autonomista: meno del cinque per cento per il Partito sardo d’azione che appoggiava Cappellacci, mentre l’Irs ha portato a Francesco Pigliaru meno dell’uno per cento. Abbandonato il progetto indipendentista, i sardi non hanno creduto neppure al progetto della Zona franca. E la conferma arriva dal risultato della coalizione che aveva come progetto la Sardegna senza imposte e del suo candidato Gigi Sanna (0,75 per cento dei voti) e anche della lista con lo stesso slogan che appoggiava Ugo Cappellacci che ha ottenuto l’1,65 per cento.

Il risultato schiacciante è quello dell’astensionismo. A votare questa volta ci è andata soltanto la metà dei sardi: il 52,28 per cento, 773 mila persone su un milione e 480 mila iscritti nelle sezioni.

Il picco, quello negativo, si è registrato a Teulada, in provincia di Cagliari: nel paese del grande poligono militare che sogna lo sviluppo turistico, appena il 17 per cento degli elettori si è presentato al seggio. E ha tutto il sapore della protesta anche il dato registrato a Uras, in provincia di Oristano. Nel paese travolto e devastato da Cleopatra la gente aveva già annunciato l’astensione e il dato definitivo sull’affluenza ha raggiunto a malapena il 33 per cento. Olbia, città che ha pianto nove vittime e che è ancora alle prese con la ricostruzione, ha mostrato alla stessa maniera il malcontento: per il nuovo governatore sardo sono andati alle urne solo in 21 mila, poco più del 47 per cento. «Non avevamo tempo da perdere con la politica – commentano nel rione Isticadeddu – Qui anche nel giorno delle elezioni abbiamo lavorato per ripulire le nostre case infangate».

Politica

17/02/2014 - regionali sardegna

Nessuna resa da Murgia sconfitta: «Legge liberticida, andremo avanti»

La candidata alle regionali sarde non ha raggiunto le percentuali per la conquista dei seggi. «Ci hanno votati in 70mila, faremo opposizione vera»

 

nicola pinna

cagliari

Conclude con un grido di battaglia: “A innantisi, pro sa Repubblica”. Dicendo così, “andiamo avanti per la repubblica”, Michela Murgia vuol nascondere la delusione e dimostrare che non è pronta ad arrendersi. Reclama birra, stappa lo spumante e annuncia: «Per una legge liberticida non potremo rappresentare in Consiglio regionale i 70 mila sardi che ci hanno votato, ma noi da oggi porteremo avanti questo progetto. Non faremo minoranza, ma opposizione vera».

“Sardegna possibile” non finisce qui, non si schianta sulle percentuali che impediscono ai candidati della scrittrice di Cabras di conquistare una sola poltrona nel parlamentino sardo. «La democrazia nella nostra regione non sta bene, metà dei sardi non è andata a votare e le burocrazie di partito hanno perso le migliaia di voti che avevano conquistato negli anni. La classe dirigente paga il prezzo degli errori etici e politici compiuti fino a questo momento. La delusione e l’impotenza mostrate dalla gente rappresenta il grido muto di un territorio politicamente devastato».

Di fronte alle telecamere, assediata dagli applausi dei compagni, Michela Murgia si presenta con un discorso scritto: «Abbiamo condiviso e concordato anche la riflessione da esternare in questo momento, così come abbiamo fatto in tutti i sette mesi di campagna elettorale. Il risultato può sembrare deludente ma non lo è: era dai tempi di Mario Melis, storico presidente della Regione sardista, che una forza tutta sarda non otteneva una percentuale a due cifre. Anche a Cabras, il mio paese, è stato un successo: la destra ha sempre ottenuto l’ottanta per cento, noi siamo arrivati al venticinque. Mai successo prima».

Gli applausi fanno tremare i vetri della sede elettorale di via San Benedetto, lei si ferma un attimo, frena le lacrime e riparte: «Sette mesi fa la nostra coalizione non esisteva, oggi è la terza forza politica della Sardegna. I voti che abbiamo ottenuto sono preziosissimi, misurano la speranza nel cambiamento, la voglia di uscire dalla gabbia. Oggi il centrosinistra e il centrodestra si scambiano i posti ma la storia ci insegna che lo stile di gestione della cosa pubblica sarà identico. Gli elettori ci hanno chiesto di scardinare un sistema corrotto e statico. E qui comincia la nostra storia politica quotidiana».

Da domani, però, Michela Murgia ha già un altro impegno: concludere il libro quasi pronto per la stampa.«Sarà una storia ambientata in Valle d’Aosta, il titolo non è ancora definitivo».

Politica

17/02/2014

Pigliaru, renziano della prima ora. Così l’economista semisconosciuto ha conquistato la Regione Sardegna

Il voto scaccia i timori del Pd di un contraccolpo dopo il siluramento di Letta
«Grande Francesco, bella vittoria!», la telefonata di Renzi al candidato vincitore

 

 

Il nuovo governatore sardo Francesco Pigliaru

giuseppe salvaggiulo

inviato a cagliari

Quella che nelle sezioni del Pd viene definita «la regione più antirenziana d’Italia» ha fatto un bel regalo a Renzi. Ancora questa mattina i dirigenti del Pd, dopo aver sondato i militanti nei seggi e aver visto i dati dell’affluenza, erano terrorizzati. Temevano che il contraccolpo psicologico, «lo sconcerto diffuso» per la rottamazione del governo Letta, si traducessero in un flop elettorale. Qualcuno, tra i meno simpatizzanti di Renzi, era pronto a imputargli la sconfitta. Invece la larga vittoria del candidato del centrosinistra Francesco Pigliaru è anche la vittoria di Renzi.

Era stato infatti Renzi, un mese fa, a risolvere i contrasti nel Pd sardo che aveva appena impallinato Francesca Barracciu, vincitrice delle primarie ma colpita da un avviso di garanzia per 30 mila euro di rimborsi sospetti. Di fronte a un partito dilaniato e incapace di trovare un candidato, Renzi aveva mandato il fido Luca Lotti che in un giorno aveva risolto la situazione estraendo dal cilindro Pigliaru e facendolo accettare da tutti.

Economista liberal, prorettore dell’università di Cagliari (”Mi dispiace mollarti così” ha detto al rettore abbracciandolo), ex assessore con Soru (aveva rotto dopo due anni, si sono riavvicinati in campagna elettorale), riservato e “timido ma non freddo”, restio ad attacchi personali anche quando la contesa si faceva dura, Pigliaru nei sondaggi soffriva di un deficit di notorietà. A un mese dal voto, lo conosceva solo un terzo dei sardi.

Decisivo è stato, due settimane fa, l’arrivo nell’isola di Renzi. Due comizi a Sassari e Cagliari, migliaia di persone ad accoglierlo, “un bagno di folla che qui si era visto solo per madre Teresa di Calcutta” racconta Franco Marras, coordinatore della campagna elettorale, testimone attendibile perchè alle primarie non ha votato Renzi.

Quella è stata la svolta. Lo slogan di Renzi “un voto a Michela Murgia salva la coscienza, un voto a Pigliaru salva la Sardegna” ha dato slancio all’appello del centrosinistra al “voto utile”. Così è cominciata la sua rimonta, vincendo infine perché ha raccolto molti più voti del Pd. “Grande Francesco, bella vittoria!”, la telefonata di Renzi dopo quella in cui l’avversario Ugo Cappellacci ammetteva la sconfitta. “Sarà bello governare in parallelo”, ha risposto il governatore.

 

 

 

www.vitobiolchini.it

Pigliaru presidente! Battuto Cappellacci, demolita la Murgia (è lei la vera sconfitta di queste elezioni)

17 febbraio 2014 alle 17:59 38

 

Francesco Pigliaru ha vinto: è lui il nuovo presidente della Regione Sardegna. Se la percentuale complessiva dei votanti, anziché fermarsi al 52 per cento fosse stata più dignitosa, avremmo potuto parlare di trionfo per il candidato del centrosinistra. Però un sardo su due non è andato alle urne e questo elemento non può non pesare sulla valutazione generale da dare al voto.

Se quella di Pigliaru è una vittoria quantomeno incompleta, la sconfitta di Ugo Cappellacci e di Michela Murgia è invece totale, senza attenuanti e senza ombre. Il presidente uscente è stato spazzato via. Qualcuno pensava che con una affluenza bassa i mille favori da lui concessi in extremis si sarebbero trasformati in voti: non è andata così. Cappellacci per cinque anni ha governato malissimo, e oggi ha ricevuto il conto della sua incapacità.

La sconfitta più bruciante è però quella di Michela Murgia. Proprio lei, che ambiva a convincere gli indecisi, è stata punita severamente, quasi oltremisura, dall’astensionismo. La scrittrice vedeva nei dubbiosi un serbatoio da cui attingere a piene mani, ma aveva evidentemente fatto malissimo i conti. Il suo risultato personale è ampiamente sotto le attese.

Ci sarà tempo e modo per riflettere su questa Caporetto politica della Murgia e della sua coalizione, ma di sicuro una cosa è certa: la candidata non potrà certo dire di essere stata oscurata dai media, locali e nazionali. Anzi, visti anche i modestissimi risultati ottenuti dalle tre liste a suo sostegno, potremmo dire che la Murgia è stata sostenuta da una bolla mediatica di dimensioni colossali. Non sempre le profezie si autoavverano, e non è bastato ai sostenitori della scrittrice comportarsi per mesi come i vincitori designati, esibendo atteggiamenti spocchiosi che ora si svelano per quello che sono sempre stati: evidenti manifestazioni di lontananza dal mondo del reale, da un’isola che volevano governare ma dalla quale sono stati platealmente ridimensionati. Ma di questo parleremo ancora.

Perché Pigliaru ha vinto? Di sicuro i sardi si sono sentiti rassicurati da una figura così autorevole e con un bagaglio di competenze incontestabile. Ora sta al nuovo presidente dimostrare di essere all’altezza del momento di crisi che la nostra isola attraversa. Dovrà governare in maniera convincente anche in nome e per conto di tutti coloro che non si sono recati alle urne, e non sarà facile. Dovrà essere un presidente di rottura e non di continuità con certe pratiche politiche ben conosciute anche a sinistra. Per Pigliaru la vera sfida comincia ora. E il primo mese sarà decisivo.

Una cosa è certa: da stasera la destra non governa più la Sardegna. E questa la ritengo di per sé un’ottima notizia.

 

 

blog di  DEMOCRAZIA OGGI

Ugo ha perso. Se Francesco ha vinto è da vedere.

18 Febbraio 2014

Amsicora

Compagni ed amici, credetemi, una cosa soltanto è certa: ha perso Cappellacci. Che Pigliaru abbia vinto è tutto ancora da vedere. Certo seggi ne ha preso tanti. In questa ruolette che è il sistema elettorale sardo, apparecchiato dal PD e dal PDL nel giugno scorso, Pigliaru si è preso i voti suoi, quelli di Michela Murgia e anche quelli di Mauro Pili. E così le liste-acare che gli si sono appiccicate adosso per grattare qualche seggio non dovuto vanno in Consiglio in funzione subalterna, mentre chi ha il diritto di fare l’opposizione perché, orgogliosamente, si è presentato da solo, pur con decine di migliaia di voti rimane fuori. Una opposizione, che solo dio sa quanto necessaria, zittita, imbavagliata. Un furto di democrazia. Un’appropriazione indebita o, se preferite, una forma speciale di peculato legalizzato dagli stessi malandrini che si appropriano di voi e seggi che gli elettori hanno assegnato ad altri. E’ il gioco delle tre carte, codificato nella legge elettorale per prendere, col trucco, tutto il banco. Ora è toccato a Pigliaru, domani toccherà ad un altro della destra. E il gioco continuerà, fine a se stesso, come modo condiviso di predare le istituzioni.
Ma, riprendiamo da capo, Cappellacci ha certamente perso, ma Pigliaru ha vinto? E’ presto per dirlo. Governerà senza il consenso dei sardi, di cui ha la maggioranza assoluta in Consiglio, con soltanto il 20% dei consensi dell’intero corpo elettorale. E se non si pensa che i problemi possano essere risolti dall’allto, ma implichino una forte mobilitazione popolare, un lavorio di persone in carne ed ossa in ogni postazione sociale, questo è già un deficit da colmare. Fantasmi inquietanti, poi, si materializzano e volteggiano intorno al neopresidente. Un esercito d’indagati gli si è stretto intorno apparentemente per festeggiarlo, in realtà pensando di far festa con incarichi e prebende. Soru addirittura, per l’occasione, ha enunciato un credo nuovo di zecca, inusuale e sorprendente nelle sue labbra. Non quello autocratico della sua presidenza: il popolo mi ha votato, io e solo io sono la vox populi, la voce dei sardi. No, questo valeva per se stesso. Ora è d’uopo un’altra filosofia: Pigliaru deve rapportarsi ai partiti della coalizione, perché – così ha detto l’ex Presidente - sono i partiti, secondo la Costituzione, lo strumento per formare la volontà politica. E’ da lì che viene  l’energia che imprime alle istituzioni il moto e la direzione. Tradotto in lingua italiana: caro Pigliaru, abbiamo vinto tutti insieme; ti abbiamo scelto noi, non metterti nella testa di fare senza di noi e di aprirti agli altri, devi dividere con noi il potere che il voto, grazie a noi, ti ha assegnato. E la Barracciu, in  sintonia, ha rivelato a Videolina: nel fare un passo indietro sono stata io a sceglierlo. Negano che è Francesco con la sua faccia pulita che li ha salvati. Finita l’ora di ricreazione delle elezioni, i sardi tornino alla loro sudditanza, ora si torna a fare sul serio, a gestire il potere e questo, caro Francesco, dicono gli avvoltoi, è affar nostro, è cosa nostra.
Non so come la pensiate voi, secondo me queste sono minacce belle e buone per il buon Francesco. Un richiamo forte della foresta, anzi della giungla, che è oggi il PD. Ecco perché mentre so che Ugo ha perso, non so se il prof. ha  vinto. Per vincere deve respingere l’abbraccio di molti di coloro che oggi si sono stretti intorno a lui. Deve cercare certo punti d’appoggio, ma deve trovarli nelle funzioni importanti e vitali della società e delle istituzioni sarde, nel mondo del lavoro anzitutto, lontano dai riti e dalle manovre delle consorterie del PD e della coalizione.
Volete, che vi dica la mia? Penso che Pigliaru abbia molte probabilità di non farcela, tanto è vischioso e degradato l’ambiente che gli sta intorno, tanto grandi sono gli ostacoli interni, prima di quelli esterni, terribili posti dalla crisi sarda. Però – come suol dirsi nelle situazioni disperate – l’ultima a morire è la speranza. In questo caso, ad onor del vero, più che speranza ci vuole fede. Sissignori, una convinzione fondata non sulla ragione, ma sul desiderio. Cosa volete che vi dica. Rimaniamo fiduciosi che Francesco, come il santo, possa fare il miracolo! Ma evitiamo, per favore, di non vedere in quale ginepraio si è cacciato e da quali insidie dovrà difendersi. E tutto questo mentre deve affrontare problemi complessi, con poteri e risorse limitate. Se lo chiede, dategli una mano. Speriamo che lo faccia.

 

sardegnasoprattutto

 

Il Presidente Pigliaru, l’acqua e gli scogli [di Giampaolo Cassitta]

Ho osservato la città che, sorniona, si addolciva in un sole tiepido e dolcissimo. Ho ripreso tutti i pensieri di queste ultime settimane e li ho riportati dove tutto riesce ad appianarsi. Il mare. Lui attendeva con calma le parole e le impressioni di una campagna elettorale asfittica, lontana, metallica forse. Probabilmente acida. Il maggior partito, rappresentato dal 48% dei sardi ha camminato con le mani in tasca e il silenzio delle scelte. Non ha votato.

Davanti a quest’acqua senza onde si ripropone – come un urlo mai ascoltato – quella visione antica di restare così, senza inghiottire né sputare, di restare così, a rimescolare frasi acute e vere, a cercare di calpestare acqua diventata, nel tempo, fango. Sono passato in via Bottego, lasciandomi il cimitero di San Benedetto e la basilica di Bonaria. Lasciandomi di lato quel silenzio, rotto solo dalle piccole voci di una vittoria senza enfasi, senza alcuna passione. Pigliaru era lì, con il maglioncino verde e un sorriso appena accennato. Tutti erano lì con le loro facce stanche, appisolate verso un futuro che nessuno riesce a disegnare.

Non ha vinto nessuno e nessuno riesce ad ammetterlo. Ci sono pronti quelli del coro, quelli pronti ad ogni evenienza, facce lucide e proiettate verso qualsiasi orizzonte purché ci sia la loro ombra raffigurata. C’era Soru, quasi sorridente, la Barracciu quasi festante e tutti gli altri quasi contenti. Ho osservato con una certa tenerezza quel “quasi” che ritaglia la realtà dalla finzione. Non ha vinto nessuno mi sono detto, tanto vale osservare quel pezzo di mare. E ho attraversato Viale Diaz fino a giungere alla nuova passeggiata che dal molo Ichnusa arriva sino all’ex Lazzaretto. Ho camminato con passi lievi e stanchi, a riordinare piccole parole da raccontare, per una campagna elettorale senza polmoni e senza neppure un cordone ombelicale.

Ho scelto una panchina per far riposare quei pensieri di sardi ancora fuori, ancora soli e solitari, ancora senza un’idea chiara di Sardegna. Dal molo si intravvedeva la sagoma forte della Tirrenia. Attendeva, anch’essa, un ordine che nessuno sembra in grado di poter dare. Un mare lago mi accompagnava, acqua immensa e viva dentro una regione agonizzante. Nessuno ha vinto, ripetevo. Anche perché, in fondo, nessuno ha mai giocato, davvero, la partita.

Il Consiglio Regionale oggi rappresenta solo una piccola percentuale di votanti. Quattro candidati e le loro liste spazzati da una legge elettorale assurda, fatta per gli interessi e non per il governo. Ho osservato con aria docile il pezzo di quel mare e, in un tramonto quasi regalato allo scetticismo di molti, ho ripreso la strada. Il mare, almeno quello non riusciranno a farlo a fette, non riusciranno a dividerlo. L’unica piccola consolazione è che Ugo Cappellacci non è più Presidente della Regione. Il resto è tutto da disegnare. Speriamo sappiano scegliere almeno i colori.

Buon lavoro Presidente Pigliaru: dal piccolo consenso provi a restituire un’onda di normalità. Sappia accarezzare la battigia e si ricordi che sono gli scogli a delimitare il mondo. L’acqua li può levigare e consumarli. Ma ci vuole troppo tempo. E di tempo, da queste parti, non ne abbiamo più.

« Previous

/

Next »

By sardegnasoprattutto / 18 febbraio 2014 / Società & Politica / No Comments

 

Le domande del FAI al Presidente della Regione Francesco Pigliaru [di Giulia Maria Crespi]

Il FAI – Fondo Ambiente Italiano si congratula e pone tre domande al nuovo Governatore della Sardegna Francesco Pigliaru la cui nomina rappresenta la bocciatura della linea Cappellacci.

In accordo con il Presidente Andrea Carandini, auspichiamo ora l’attuazione di un programma politico che metta al centro la tutela della terra, del paesaggio, del patrimonio ambientale e culturale per rilanciare la crescita sociale ed economica della regione.

Temi affrontati dal FAI nel Convegno Nazionale “Sardegna domani! Terra Paesaggio Occupazione Futuro” che si è svolto a Cagliari il 28 novembre 2013 e da cui è emersa una forte critica e la richiesta di revoca del Piano Paesaggistico dei Sardi (PPS). In questo contesto riteniamo sia stata fondamentale la presa di posizione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e in particolare il ruolo svolto dal Sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, nell’impugnare presso la corte Costituzionale il PPS di Ugo Cappellacci.

Al Governatore Francesco Pigliaru chiediamo:

1.      Cosa ne farà della delibera con cui Cappellacci a ottobre ha approvato il PPS riconfermandolo venerdì 14 febbraio nell’ultima giunta regionale senza la VAS (valutazione ambientale strategica)?

2.      Tra i temi del Convegno FAI la necessità di recuperare l’agricoltura come elemento economico ma anche di salvaguardia del paesaggio: quali sono le sue politiche affinché si abbatta quell’80% di importazione di prodotti alimentari dall’esterno della Sardegna?

3.      Il Convegno FAI è avvenuto a ridosso dell’alluvione: come intende infrastrutturare il territorio per difenderlo da ulteriori disastri idrogeologici?

Buon lavoro Governatore Pigliaru!

Giulia Maria Mozzoni Crespi, Presidente Onorario FAI

« Previous

/

Next »

By sardegnasoprattutto / 18 febbraio 2014 / Città & Campagna / No Comments

 

LA NUOVA SARDEGNA, 18 FEBBRAIO 2014

Murgia: ma la mia rivoluzione è viva

sardegna possibile

di Paolo Merlini wCAGLIARI «Non saremo rappresentati in consiglio regionale, e questa sicuramente è una delusione. Chi ci ha votato lo ha fatto perché entrassimo in consiglio, il 10 per cento non è un voto di testimonianza. Significa che settantamila persone hanno scelto di dare fiducia a una formazione che sette mesi fa neppure esisteva. È un segnale molto forte». Michela Murgia ha atteso il pomeriggio di ieri per dire la sua sulle elezioni che hanno portato Sardegna Possibile a diventare la terza coalizione nell’isola, anche se per via della legge elettorale non potrà contare su neppure un seggio in consiglio regionale. Prima di recarsi al quartier generale del movimento in via San Benedetto, ha atteso i risultati nella sala Stampace dell’hotel Regina Margherita, assieme al marito Manuel Persico, alcuni militanti e gli “assessori possibili” indicati prima del voto. È seduta per terra, come molti dei presenti, quando alle 16, con lo spoglio a metà strada, consente a chi scrive di incontrarla per alcune domande. Un risultato ottimo per una formazione esordiente, ma le aspettative, non solo le vostre, erano diverse. Vi davano almeno al 15 per cento. «I voti sono persone, e quel 10 per cento significa che in settantamila hanno creduto alla nostra proposta. Siamo oltre qualunque cifra potessimo mai sperare di ottenere come forza indipendentista o con delle liste civiche. Valutare questo risultato solo aritmeticamente è un errore, e anche una miopia. Il dato elettorale ci dice chi ha vinto, quello politico che lo ha fatto perdendo voti rispetto alla tornata precedente». Però quei settantamila voti non vi consentono di entrare in consiglio. «Non saremmo rappresentati in consiglio regionale, ma lo siamo nei territori, nel senso che in questi mesi abbiamo costruito molto. Siamo andati molto bene nell’Oristanese, a Nuoro ma anche a Cagliari. Ho visto numeri interessanti anche in zone dove tradizionalmente vince il centro destra, come la Gallura, dove siamo sul 9 per cento. Quando nel nostro spot elettorale diciamo che abbiamo altri traguardi, vuol dire che lo scopo era anche costruire una piattaforma con cui andare alle amministrative e sui territori. Già dalle prossime elezioni, Alghero, o Nuoro per esempio». Cosa pensa del nuovo governatore Pigliaru? «La stima personale che ne ho mi impedisce di dire che lui e Cappellacci sono uguali. Ma la valutazione politica è che noi ci siamo posti come alternativa a centro sinistra e centro destra, che in questi anni spesso hanno difeso gli stessi interessi: la legge elettorale che oggi ci penalizza è stata votata con 67 voti favorevoli, 7 contrari e un astenuto. Non ritengo che Pigliaru da solo basti ad arginare la deriva compromissoria del Pd. E penso che dovrà spendere l’80 per cento delle sue energie a sedare la golosità della sua coalizione. Su alcuni temi, dall’energia alle basi militari non è stato chiaro. È inutile che sostenga “sono per la dismissione della basi militari” se quando viene il ministro a dire che le basi stanno bene dove stanno lui non apre bocca». Tra le note stonate di questa campagna elettorale ci sono gli attacchi personali che lei ha subìto. Quello di Cappellacci è finito persino sul New York Times. Ma, soprattutto sui social network, erano evidenti forme d’astio nei suoi confronti, anche da parte femminile. «Astio è un eufemismo. Non mi sono mai servita del mio essere donna per piangere o per pretendere trattamenti migliori. Quanto è accaduto non mi ha ferito, ma mi ha rivelato la pochezza di certe appartenenze. La Santanchè non ha mai avuto così tante amiche nel Pd come la sera in cui ha discusso con me su La7. Fa capire davvero che le differenze di valori fra destra e sinistra non valgono in campagna elettorale: difendi interessi, non valori». Alla luce di ciò, e se vogliamo anche del caso Barracciu nel Pd al di là della motivazione formale della sua sostituzione, lei pensa che su queste elezioni abbia aleggiato un po’ di maschilismo? «Naturalmente i maschilisti lo negheranno, ma se mi fossi chiamata Michele o Franco Murgia non sarebbe andata così. Un cavallo di battaglia è stato quello dell’incompetenza, che considero un attacco esclusivamente maschilista. Quando Soru si candidò non aveva mai governato neppure un consiglio di condominio, ma nessuno si sognò di tirar fuori l’argomento della competenza. C’è l’idea che l’imprenditore, che viene per definizione da un mondo non democratico, sia competente della gestione delle cose. È il fascino del potere, di quello maschile nello specifico. Avrei potuto essere una professoressa universitaria esattamente come Pigliaru, stia sicuro che mi avrebbero detto che ero lontano dalla vita vera. Vale il paradigma di Ginger Rogers e Fred Astaire. Ballavano entrambi, ma lei lo faceva sui tacchi alti e all’indietro, eppure tutti si ricordano solo di lui». Metà dei sardi non è andata a votare. «Questo è l’aspetto drammatico. Se non ci fosse stata Sardegna Possibile quel dato sarebbe stato ancora più basso. Io non ho rubato voti al centro destra o al centro sinistra, credo anzi di aver riportato giovani, ma non solo, a votare». Ha intercettato il voto grillino? «Secondo me poco. Il nostro non è un voto di protesta, il 30 per cento lo è, il 10 è un voto di opinione, di progetto. Sono i nostri voti, la base di partenza su cui è possibile costruire domani. L’ultima volta che un partito sardo ha preso un numero a due cifre è stato con il Psd’Az nell’80 con il 12,80%, e si gridò al miracolo. Chi oggi cerca di minimizzare quello che è successo dovrebbe riacquistare il senso delle proporzioni». Lei non ha incarichi nelle tre liste che compongono la coalizione. Da domani torna fare il suo lavoro, cioè la scrittrice? «Sì, da domani sicuramente. Ho firmato un romanzo in uscita prima di candidarmi, l’ho bloccato. È un romanzo ambientato in Valle d’Aosta». Questa esperienza politica la racconterà ai suoi lettori? «L’ha già raccontata Carlo Porcedda nel libro appena uscito per Chiarelettere “La rivoluzione di Michela Murgia”. Io non credo di farlo in prima persona. Anche perché non è finita. Mi sono presa la responsabilità di dare concretezza a un soggetto politico nuovo, che ora è avviato: gli sono a fianco, ci sono dentro. Non sono Renato Soru, che se non vinco mi porto via il pallone e me ne torno a casa. Alle 70mila persone che ci hanno votato non si può dire semplicemente arrivederci e grazie. Molti cercavano un presidente, ma moltissimi cercavano una casa politica. E l’hanno trovata». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

ritratto del sindaco di firenze / «Lo chiamavano il Bomba, le sparava grosse»

 

 

TOPO GIGIO SI PRENDE LA RIVINCITA

STILI a CONFRONTO Premiate pacatezza e sobrietà dell’economista A Ugo stavolta manca il tocco magico di Silvio

di ANDREA FILIPPI Ora alzi la mano chi può dire: io l’avevo previsto. Pigliaru? Sì, bravo, persona seria, però… Però chi se lo fila? È un Soru in minore, un “assessoru”, la ruota di scorta della Barracciu, una seconda scelta. Peggio, un Topo Gigio qualsiasi (copyright di Cappellacci). E poi è triste, non comunica emozioni. Vuoi mettere invece il presidente? Conosce tutti e tutti conoscono lui, e poi sorride tanto, persino alle battutacce di Berlusconi. E la Murgia allora? Scrittrice stranota e titolata, subito beniamina dei media nazionali. Persino Pili, l’uomo ovunque della politica isolana, doveva soverchiare Pigliaru il grigio in termini di notorietà presso l’elettorato. È questo che si ricavava dai sondaggi, sia quelli commissionati dai partiti, sia quelli presunti indipendenti, e dalle sentenze anticipate di esperti, intellettuali e guru vari. E invece dall’urna – sorpresa! – ecco balzare fuori Topo Gigio Pigliaru che batte Cappellacci per distacco, grazie ai circa 23mila voti in più ottenuti rispetto alla somma dei partiti che lo hanno appoggiato. L’esatto contrario del rivale che non riesce a incrementare le preferenze rispetto alla sua coalizione. Sta tutta qui, nel voto di stima per il candidato e in parte nell’utilizzo del voto disgiunto, la chiave per leggere il ribaltone alla regione Sardegna. Tantissimi che non hanno voluto dare il voto ai partiti di centrosinistra, scossi magari dalle polemiche sui candidati inquisiti, o magari delusi dal Renzi pigliatutto, hanno invece dato fiducia a Pigliaru. Viceversa, molti che hanno scelto le liste di centrodestra non se la sono sentita di rinnovare la preferenza a Cappellacci. Un trionfo, quello dello sfidante, che è soprattutto personale, così come personale è il tonfo del presidente uscente. Basti pensare che in termini di voti alle liste, la coalizione di centrodestra ha prevalso, e nemmeno di pochissimo, su quella di centrosinistra. A fare la differenza, quindi, è stato l’appeal dei duellanti, il giudizio sulla loro storia personale e politica, prima di qualsiasi scelta ideologica. E la bocciatura per Cappellacci, unico tra i candidati presidenti a non portare valore aggiunto alla coalizione, è stata di quelle senza appello. In campagna elettorale si sono confrontati due stili che più diversi non si può, due modi opposti di presentarsi agli elettori che hanno evidentemente premiato la sobrietà e la pacatezza dell’economista, fidandosi in primo luogo del suo curriculum professionale. Non ha invece pagato la campagna di Cappellacci incentrata sul tema-bluff della zona franca (si contino i voti racimolati dalle due liste che ne chiedono l’attuazione) e sulla sfida, arrogante per tempistica e toni, sul Piano paesaggistico. Sfida non solo al ministero, ma anche ai tantissimi sardi, non solo di sinistra, che non sono disposti a tollerare il rischio che l’isola, ancora una volta, venga svenduta a palazzinari e speculatori di turno. Così come questa volta, diversamente rispetto al 2009, non sembra aver aiutato Cappellacci nemmeno l’impegno personale di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere, alla prima prova elettorale dopo la decadenza da senatore, sembra aver perso il tocco magico. O, forse, non poteva esistere magia sufficiente a ribaltare il giudizio negativo maturato dai sardi sui cinque anni di governo Cappellacci. Propaganda tanta, fatti un po’ meno. E soprattutto un inesorabile – e nemmeno lento – peggioramento di tutti gli indicatori economici e sociali dell’isola. Discorso a parte merita Michela Murgia. Ha vinto o ha perso? Le interpretazioni si sprecheranno. Il 10,3 per cento di preferenze ottenute dalla scrittrice di per sé non sarebbe per nulla disprezzabile. Anzi, per un debutto assoluto si tratta di un exploit di tutto rispetto. Certo però che è poca cosa se confrontato ai sondaggi (beato chi ancora ci crede!) che la accreditavano di circa il doppio, e soprattutto è un dato che fa sorridere se rapportato alle dichiarazioni spavalde della candidata-scrittrice. Il flop invece c’è, ed è clamoroso, se si considera che il movimento della Murgia resterà fuori dal Consiglio, avendo Progres, Gentes e Comunidades racimolato complessivamente il 6,8 per cento contro il dieci necessario. E pensare che presentando una sola lista a supporto del candidato sarebbe bastato il 5% per sedersi in via Roma. Peccato: la presenza di Progres sarebbe stata importante, sia sul piano delle proposte che del controllo sull’operato della maggioranza, e avrebbe costituito il giusto premio per una campagna elettorale per molti versi efficace e innovativa. Ma anche Mauro Pili oggi si starà mangiando le mani per la scelta di presentarsi con quattro liste – due delle quali con percentuali da prefisso telefonico – condannando la sua coalizione all’esclusione dal Consiglio. Perché? Misteri della politica. È chiaro però il limite dell’attuale legge elettorale sarda, che nega ingiustamente rappresentanza a una candidata con oltre il 10 per cento delle preferenze. Resta da dire di un dato, per nulla trascurabile, che offusca un po’ il cielo azzurro di Pigliaru. Ci riferiamo all’astensionismo record. Praticamente la metà degli aventi diritto ha rinunciato al voto, sottolineando una disaffezione mai vista, qui in Sardegna, nei confronti della politica. Un fenomeno frutto sicuramente del vuoto di risposte di fronte ai problemi dell’Isola, così come ha fatto la sua parte anche l’onda di indignazione per gli scandali che hanno investito i due precedenti consigli regionali. Ma ci sono anche altri motivi. Innanzitutto l’assenza di una lista grillina in gara. Evidentemente molti degli elettori a 5 Stelle (primo partito nelle politiche dello scorso anno) hanno obbedito agli ordini di scuderia e hanno preferito il non-voto alle lusinghe degli altri candidati, Murgia in primis. Un’altra botta all’affluenza è venuta poi dall’inedita scelta di votare soltanto domenica. Così la Sardegna ha risparmiato poche decine di migliaia di euro, ma si è persa per strada decine di migliaia di votanti. Ne valeva la pena? Forse è il caso di approfondire. Resta il fatto che il neo presidente Pigliaru è in realtà l’espressione di poco più del 20 per cento degli elettori dell’isola. Una debolezza di cui non è certo responsabile, ma di cui dovrà tenere conto. Ed ecco perché il suo primo obiettivo dovrà essere quello di restituire fiducia ai sardi, fiducia nel loro futuro ma anche nel ruolo della politica. E chissà che non sia di buon auspicio per la Sardegna che il giorno del trionfo del Professore coincida con l’incarico a Matteo Renzi. Tra i due il feeling c’era già, ora condividono la più difficile delle missioni: rimetterci in marcia.

 

L’UNIONE SARDA

L’UNIONE SARDA – Politica: E Pigliaru esulta «Che bella sera»

18.02.2014

Nella sera di Bonaria, c’è una folla giovane che invade la scalinata della basilica più cara ai sardi. I cagliaritani in auto si fermano curiosi ma non vedono, confuso tra mille facce, il nuovo presidente. Sono passate meno di due ore da quando Francesco Pigliaru ha ripiegato la proverbiale prudenza, e ha ammesso persino con se stesso la verità: ha vinto lui. UGO E MATTEO AL TELEFONO I dati sono ancora provvisori, lo saranno fino a tarda sera, ma la gioia è definitiva. Ugo Cappellacci ha già fatto, alle quattro del pomeriggio, la telefonata con cui lo sconfitto riconosce cavallerescamente l’altrui vittoria. Ha chiamato anche Matteo Renzi, per uno dei suoi aforismi da stadio: «Grande Francesco! Grande vittoria!», dopodiché c’è da pensare al governo. Il professore ha pure esaurito le interviste con testate giornalistiche dell’Italia intera: a parte Rakam e la Settimana enigmistica, tutti vogliono sentirsi ripetere le stesse cose che Pigliaru dice da un mese, e cioè che «lavoreremo subito per semplificare la burocrazia sulle imprese, alleggerire le tasse, dare pari opportunità a tutti. E come prima cosa faremo una Giunta basata su competenze serie». LA FESTA Ma nella sua sede elettorale di via Bottego, il neo presidente ha bisogno di festeggiare. E non si festeggia bene con trenta giornalisti che continuano a chiederti del derby Renzi-Letta. Guarda caso c’è a due passi quella scalinata che sembra fatta apposta per una foto di squadra. Da conservare per dire tra dieci anni: quella accanto al presidente sono io, com’eravamo giovani. E ce sono tanti di giovani, a Bonaria, a esultare per Francesco Pigliaru. Molti fanno parte di quella pattuglia di volontari che si è sbattuta almeno quanto lui per farlo vincere. E che lui ha ringraziato venerdì sera, un minuto dopo la chiusura della campagna elettorale. «Fatevelo dire adesso, perché tra mezz’ora sarò troppo stanco: siete stati grandi». Qualcuno si era commosso già allora, figurarsi adesso che hanno vinto davvero. Col suo golfino verde sotto un qualsiasi giubbotto blu, Pigliaru quasi scompare nella festa, sommerso da abbracci e foto. La stessa tenuta del giorno prima, al seggio. Dicono che non sia un mago della comunicazione, però il messaggio che lancia così è chiarissimo: sono quello di ieri, non dimenticherò le mie promesse. REWIND Ma riavvolgiamo il nastro di questa giornata che il centrosinistra attendeva da cinque anni esatti. Da quel 16 febbraio 2009 in cui si era arreso Renato Soru. Anche allora si diceva che ci fossero «sondaggi buoni», e perciò a questo giro, quando arrivano le prime buone notizie dai seggi, lo staff di via Bottego è cauteloso assai. «C’è una sezione di Cagliari – fa uno – dove perdiamo sempre alla grande, e siamo davanti». Si vabbè, ma vorrà dire? «Anche a Quartu». Si vabbè, ma vorrà dire? Poi però iniziano ad arrivare i voti di Sassari. E cambia il clima. Perché lassù il Prof sta doppiando Cappellacci. Si vabbè: «Ma non so niente dal Medio Campidano», riflette Franco Marras della segreteria Pd, coordinatore delle prudenze. Poi anche Villacidro e dintorni regaleranno il consueto contributo al centrosinistra. Alle 10 e mezzo compare già qualche big: nella liturgia dei partiti equivale a un grande ottimismo. Chicco Porcu e Giulio Calvisi si contendono la palma del primo che afferma, anche se ancora off the record , «vinciamo noi». Intanto il candidato presidente sta alla larga, passeggia al Poetto, cerca di non pensarci. È un candidato un po’ zen. Compaiono Marco Espa, Francesco Agus, gli ex assessori soriani (dunque compagni di banco di Pigliaru) Sandro Broccia e Carlo Mannoni. Neppure le 11 e c’è già Silvio Lai: «A Olbia e Cagliari teniamo. Quando lo recupera, Cappellacci, lo svantaggio di Sassari?», si chiede il segretario Pd. AVANTI VELOCE Sarebbe più emozionante descrivere un drammatico testa a testa, ma la verità è che all’ora di pranzo giungono anche dal quartier generale di Cappellacci i primi segnali di resa. Quando nei risultati ufficiali Pigliaru scatta avanti di sette punti, somiglia a una sentenza. Quindi nel film della giornata si può andare avanti veloce, come da slogan pigliaresco, fino a quella telefonata di Cappellacci, il fischio finale. Parte l’attesa per l’arrivo del neoeletto, che spunta da viale Bonaria verso le cinque. Un’altra passeggiata che, visto l’assembramento che lo accompagna, giustamente ricorda a qualcuno il cammino di Sant’Efisio. L’ANNUNCIO L’ex professore si presenta con un sorriso educato e un’esultanza timida, che a vederla diresti che ha vinto suo cugino, non lui. In mille lo stringono; tra gli abbracci più intensi, quello con Renato Soru. «È stata una vittoria straordinaria, ora faremo ciò che abbiamo detto fin dal primo giorno di campagna elettorale», sono le prime parole da governatore. «Vogliamo rivolgerci a chi ci ha votato, a chi ha votato altri, a chi non ha votato per niente». Più che a Renzi, Pigliaru preferisce dare il merito del successo «alla proposta seria del centrosinistra. La gente ha capito che non erano i discorsi demagogici di altri. Sono orgoglioso di aver detto da subito che la zona franca, come la voleva Cappellacci, avrebbe messo a rischio la sanità». Ma anche senza zona franca «abbasseremo le tasse. Istituiremo subito il tavolo permanente per la semplificazione». E poi il piano straordinario per l’istruzione e l’edilizia scolastica. Per la nuova Giunta, «certo che qualche nome ce l’ho in testa, ma lasciatemici pensare». Quanto al Ppr varato da Cappellacci nei minuti di recupero della legislatura, «ho detto che era un’approvazione di cartone, elettorale. Vedremo le carte per capire come procedere. Non verrà meno la tutela dell’ambiente, ma sappiamo che nel Ppr 2006 c’è qualcosa da semplificare». Non sono novità, è ciò che il neo presidente ha detto tante volte. Chi si aspetta effetti speciali provi a ripassare più in là, perché Francesco Pigliaru è ancora quello del giorno prima. Quello che con un sorriso timido ha convinto i sardi. Giuseppe Meloni

 

L’UNIONE SARDA – Politica: Murgia sorride: «È solo l’inizio»

18.02.2014

La fine è il mio inizio, scriveva Tiziano Terzani. Anche per Michela Murgia è così, per ragioni differenti. «Ricominciamo dai 70 mila sardi che hanno riposto in noi le speranze di cambiamento». Significa che «oggi finisce il percorso elettorale ma comincia la nostra storia politica quotidiana. La costruiremo con il patrimonio di contenuti e relazioni che abbiamo raccolto e con la forza che ci ha dato la fiducia di 70 mila sardi». Ergo: arrivederci alle amministrative, a cominciare da Alghero. Circondata da telecamere, taccuini, assessori e consiglieri possibili, fan e attivisti, Michela Murgia arriva alle 18,12 nella sede elettorale di via San Benedetto, a Cagliari. E se tra gli avversari qualcuno parla di flop, lei appare soddisfatta del risultato che ha ottenuto. «Sette mesi fa non esistevamo, ora siamo al 10 per cento e solo una legge antidemocratica e liberticida impedirà che che i molti sardi che ci hanno scelto siano rappresentati da noi in Consiglio regionale. Quel voto è preziosissimo perché misura la speranza di cambiamento, la voglia di uscire dalla gabbia, il bisogno impellente di rimettere al centro la Sardegna e i sardi». VOTI E SEGGI A pochi metri da lei, tra le pareti giallo-ocra dell’ufficio che per alcuni mesi ha ospitato il suo staff, c’è Mario Sau, ex sindaco di Selargius e colonna della sua campagna elettorale. «Guardi qui», dice indicando i risultati di alcune formazioni del centrosinistra: «loro entreranno in Consiglio con un quinto dei nostri voti, è assurdo». Ma la legge è questa: se le liste in coalizione non raggiungono almeno il 10% dei voti non entrano. E loro – Progres, Gentes e Comunidades – si sono fermati al 7, più o meno. La sala, uno dei tanti negozi sfitti al centro della città, è stracolma. Ci si abbraccia, si fanno foto ricordo, si beve vino rosso (c’è una scorta di otto cartoni da dieci litri ciascuno), si brinda con lo spumante Martini. E ci si commuove. Nonostante qualcuno perfidamente scherzi sul risultato («Schettino e la Concordia sono affondati assieme»), c’è un clima da fine di una bella avventura perché in tanti, dall’estate scorsa, hanno creduto in un sogno e ci hanno creduto davvero. Ci ha creduto Romina Congera che ha gli occhi buoni e la faccia pulita e con quelli si è presentata agli elettori nella lista di Gentes dopo una breve esperienza da assessore nella giunta Soru, otto anni fa. Non è andata bene. Ma lei non è una che si butta giù: «Il nostro traguardo è aver dato una scossa, da domani si ricomincia». Ci ha creduto Valentina Sanna, in politica da sempre, un passato recente da presidente dell’assemblea del Pd, un presente in questo progetto «che mi ha ridato l’entusiasmo». Anche lei non ce l’ha fatta ma è delusa. CHE COSA NON HA FUNZIONATO Certo, si ragiona su che cosa non è andata bene. Si poteva parlare di più alla pancia della gente – osserva qualcuno – per sintonizzarsi con il grillismo che sembra rimasto in toto fuori dal perimetro delle urne. «Ma la nostra cifra non è la rabbia, che si è visto dove ha portato», commenta Congera. «Noi siamo movimenti di proposta e partecipazione, continueremo così». O forse, dicono altri, si poteva essere più dettagliati sui programmi. Nel Sulcis desertificato dalla crisi industriale, per dire, l’astensione è stata più massiccia che altrove. Eppure Michela Murgia c’è stata quattro volte in quel territorio: «La nostra proposta non ha sfondato», constata Tore Corveddu, assessore possibile all’Industria. «Forse dovevamo dare risposte più concrete». La scrittrice, in questi mesi sempre molto concentrata, si lascia scappare qualche lacrima mentre abbraccia gli amici. Non piange, forse l’ha fatto prima, nella stanza dell’hotel Regina Margherita messa a disposizione dal marito di una candidata. O lo farà dopo leggendo «i molti messaggi di incoraggiamento». Sul suo profilo facebook posta una sua foto con una grande scritta: «Grazie». LA BONIFICA CIVICA Ai giornalisti legge una dichiarazione. È la prima volta in una campagna elettorale in cui ha sempre parlato a braccio. «I dati non sono solo numeri sono persone e per noi di Sardegna possibile è questo che fa la differenza», argomenta. «Per questo non diamo al risultato un valore aritmetico ma politico. La democrazia in Sardegna non sta bene. Metà dei sardi non è andata a votare e le burocrazie di partito hanno perso molte migliaia dei voti che avevano cinque anni fa. È chiaro che la classe dirigente sarda paga il prezzo di errori etici e politici e la delusione, l’indifferenza, l’impotenza che metà dei sardi hanno dimostrato di provare non andando a votare rappresenta il grido muto di un territorio politicamente devastato dove occorrerà fare un immenso lavoro di bonifica civica. Le persone che hanno sostenuto Progres, Gentes e Comunidades si sono candidate anche a fare questo lavoro di ricostruzione», aggiunge. «È questo il nostro traguardo perché a rimettere insieme i pezzi della fiducia delle persone nel valore della comunità non può essere e non sarà chi di quella comunità ha causato la devastazione». VITTORIA O SCONFITTA Insiste sul dato del 10 per cento. «Passare da zero a dieci mentre gli altri hanno perso migliaia di voti indica che Sardegna possibile e le sue liste sono la forza politica con il maggior carico potenziale di futuro e speranza». Lo dicevano anche i sondaggi commissionati tre settimane fa a Ipr marketing: gli indecisi e gli orfani di Grillo punteranno su Sardegna possibile. Se voteranno. Non l’hanno fatto e i nei prossimi giorni ci sarà tempo di capire meglio il perché. Tra gli analisti del voto di casa Murgia, però, c’è chi denuncia lo scippo di preferenze. A Pirri alla fine dello spoglio a un candidato è stato attribuito un solo voto. Ha chiesto il riconteggio ed è arrivato a 15. In una sezione del nuorese sarebbero stati sottratti addirittura 500 consensi. Sarebbe accaduto in tutta la Sardegna. «Il risultato cambierebbe di poco, ma dobbiamo denunciare l’impreparazione, a voler essere gentili, di alcuni presidenti di seggio», osserva Sau. È andata così, questa volta, la prima di Sardegna possibile. Michela Murgia sorride. «Oh, ma birra ce n’é?». Fabio Manca

L’UNIONE SARDA – Politica: Cappellacci ko: farò opposizione

18.02.2014

La sconfitta brucia. Fa male: è una ferita sanguinante, nel centrodestra. Colpa dell’astensionismo, di un successo personale di Michela Murgia che non è arrivato nelle proporzioni attese, benché auspicato alla vigilia per tenere a distanza di sicurezza i rivali del centrosinistra. E non va giù neppure quel 6 per cento che Mauro Pili, candidato di Unidos (ma fino a novembre, da vent’anni, ai vertici di Forza Italia e del Pdl in Sardegna), ha portato via a una causa e a un obiettivo che sarebbero potuti essere comuni. L’ACCUSA A PILI «Non si sa perché, non si sa per come se ne sia andato», dirà Ugo Cappellacci, che col 39,6 per cento non è riuscito nell’intento di arrivare al secondo mandato alla guida della Regione. «Lui dal partito ha solo preso, ha perseguito ambizione e carriera personali a discapito delle carriere altrui. Ma si è lanciato dalla torre da solo». Autocritica giusto un po’: «Abbiamo fatto il possibile in questa campagna elettorale, ma chi ha governato parte svantaggiato, sono stati cinque anni di dura crisi». E ancora: «Il risultato non è stato poi così cattivo e non cambia il nostro desiderio di lavorare per la Sardegna, ora all’opposizione, ma con carica e passione identiche. L’affluenza? Non è una novità, ma deve far riflettere, dobbiamo stare più vicini alla gente». CICU GUARDA AVANTI «Ricostruire», osserverà in serata il deputato di Forza Italia Salvatore Cicu, unico big della coalizione a commentare il risultato a debacle ormai accertata. «Ripartendo dal nostro popolo, che in questa campagna elettorale si è comunque ritrovato». Che i numeri non fossero chiari si è capito fin dal primo mattino, dal gong dello spoglio delle schede nei seggi, alle 7. I conti non tornavano da subito e la prova era la quasi totale assenza di leader del centrodestra a presidio della sede elettorale di via Dante, un bel palazzo bianco costruito dove un tempo c’era l’Istituto biochimico sardo: giusto l’ex capogruppo dell’Udc Giulio Steri, il vicecoordinatore dei Riformatori Franco Meloni, Maria Rosaria Randaccio, leader della lista Zona Franca. Quest’ultima non ha nascosto il suo pessimismo: «Non sono per nulla fiduciosa, né per noi né per le sorti della coalizione». Cupo in volto anche Meloni: «Se non si sfonda su Cagliari non si va da nessuna parte». Steri ha addirittura preferito non intervenire. Segno che la partita forse era già compromessa fin dalle prime battute dello spoglio. Di Cappellacci neppure l’ombra. Poi si verrà a sapere che ha assistito allo spoglio con la famiglia, sintonizzato su radio e tv da casa. Sosta giusto per un piatto di pasta a pranzo e un paio di chiamate riservate con Silvio Berlusconi, sul cui contenuto Cappellacci ha glissato: «Ha voluto sapere come stava andando ai seggi, ma non abbiamo ancora fatto il punto della situazione». LA GIORNATA Il portavoce Alessandro Serra, verso mezzogiorno, mette in preallerta i cronisti che bivaccano nella zona dedicata – due scrivanie e altrettante bottiglie d’acqua pronte all’uso – sull’imminente arrivo del governatore. Poi corregge, rimandando la visita al pomeriggio, «dopo una più attenta lettura della situazione nel territorio». Nell’area di raccolta dati non si può passare: belle ragazze, giovani volenterosi e qualche dirigente, come Gilberto Pisu, cercano di mettere ordine nei dati che affluiscono senza regolarità, e comunque del tutto parziali. Arriva l’ex assessore Ketty Corona, in sala si nota la presenza di Franco Manca, ex assessore al Lavoro e consulente del presidente, di funzionari regionali come Massimiliano Tavolacci, tra i tecnici che hanno lavorato alla revisione del Piano paesaggistico, e Ada Lai, capo di gabinetto di Cappellacci. Il pomeriggio scorre via, la situazione peggiora minuto dopo minuto: a Sassari Pigliaru dilaga, a Cagliari fa quello che molti attendevano da Cappellacci. Il vantaggio del Prof nel capoluogo regionale arriva addirittura a toccare punte del 5 per cento. L’ARRIVO DI CAPPELLACCI L’ormai ex presidente arriva intorno alle 19 nella sede elettorale. Si leva un coro: Ugo, Ugo, Ugo . Rumoroso come cinque anni fa, quando però aveva vinto. Ad accompagnarlo ci sono la moglie Cristina, con i figli Giuseppe, Chiara e Margherita. Lui è commosso. Esordisce davanti ai microfoni e ai sostenitori con una frase forse un po’ scontata: «La politica, come la vita, è fatta di vittorie e di sconfitte». Qualcuno, tra gli attivisti che hanno sostenuto Cappellacci in questa campagna elettorale, piange. La debacle, del resto, l’aveva ammessa quattro ore prima, con una telefonata al competitor del centrosinistra: «Ho rivolto a Francesco Pigliaru i miei più sinceri auguri. Lui mi ha chiesto, scherzosamente, se il risultato fosse così consolidato da giustificare un’ammissione tanto netta». Lo era di più: giustificatissima. E non è un’attenuante il buon risultato delle liste, che in serata erano due punti sopra quelle del centrosinistra. Cappellacci taglia corto sul divario esistente tra lui e i voti di lista: «A me non risulta, almeno come dato numerico». Il risultato però non cambia: da domani il governatore uscente dovrà iniziare a portar via da Villa Devoto le sue cose, dopo lo sfratto ricevuto dal centrosinistra: «Certo, c’è delusione. Ma accetto il risultato con serenità e sano equilibrio». SERENO Cappellacci si presenta in tenuta casual, giovanile: indossa una camicia a righe celesti, una giacca blu, un paio di jeans e, ai piedi, l’ultimo modello Hogan. Sembra un ragazzo come quelli che, nei banchi dell’organizzazione, non mollano nonostante il ko ormai assodato. Pierpaolo Cassoni, responsabile giovanile di Forza Italia, è l’ultimo ad arrendersi. Durante tutta la serata ha cercato di tener su le truppe, annunciando a mezza sera un recupero su Cagliari che, pur equivalendo a una sorta di vittoria di Pirro, ha il potere di tenere unito un esercito in disarmo. Cappellacci sa già di essere ai titoli di coda: «Continueremo a combattere battaglie storiche ed etiche per i sardi. Saremo le loro sentinelle: la nostra opposizione sarà corretta ma dura. Non credo nel progetto del centrosinistra e penso che con undici partiti avranno qualche problema di stabilità». Lorenzo Piras

 

 

L’UNIONE SARDA – Politica: Pili, la grande fuga dopo il voto

18.02.2014

L’ordine di scuderia è partito sabato notte: «Domattina voglio l’ufficio chiuso, portate via tutto, i risultati li aspettate a casa vostra. E mi raccomando, silenzio, non parlate con i giornalisti». Mauro Pili ha dato le “ultime” disposizioni ai suoi collaboratori ed è scomparso. Non risponde al telefono, evidentemente non gli va di commentare la pesante sconfitta, nonostante fosse ampiamente annunciata, e se ne infischia di educazione e fair play. Si è fatto vivo – si fa per dire – ieri in tarda serata: ha cambiato la copertina su Facebook, mettendo la foto della bandiera bianca e rossa (i colori della Brigata Sassari), quella che venerdì ha appeso sulla Torre dell’Elefante. Poi ha scritto una lunga nota. «Vorrei dirvi: l’urlo della vostra coscienza vale più di qualsiasi vittoria… Abbiamo contrastato, da soli e contro tutti, i nemici veri della Sardegna, quelli di dentro e quelli di fuori. Abbiamo rigettato il bavaglio che volevano imporci, con il silenzio e l’inganno, con l’arma più vile della propaganda. Hanno tentato in ogni modo di fermarci. Non ci sono riusciti… A tutti voi che mi avete e ci avete sostenuto in questa sfida sento il dovere di rivolgere un abbraccio sincero, con il cuore e l’amicizia. Ai candidati, agli alleati, a coloro che hanno reso possibile tutto ciò vorrei dire: niente sarà mai sufficiente per ripagarvi della vostra amicizia e del vostro sostegno. Ci sarà tempo per analizzare i risultati, per decidere come portare avanti la nostra sfida». Il deputato ha preso 42.236 voti, sfiorando il 6%, più delle quattro liste che lo sostenevano (Unidos, Fortza Paris, Mauro Pili presidente e Soberania), che hanno raggiunto quota 37.053 preferenze (5,43%). Insomma, nella corsa delle Regionali è arrivato quarto, dopo il vincitore del centrosinistra Francesco Pigliaru neo governatore dell’Isola, dopo il nemico Ugo Cappellacci, e dopo quella che lui ha sempre chiamato con un filo di perfidia «la poetessa», Michela Murgia. Lo aveva sottolineato Silvio Berlusconi – ad Ala Birdi – che Pili è un ingrato («ha avuto tanto e ora ci mette in difficoltà»). Ieri lo hanno ribadito gli altri ex amici di Forza Italia, Salvatore Cicu e Pietro Pittalis: se Pili non avesse “tradito” (nel 2013 è stato capolista Pdl – eletto – alla Camera) Cappellacci avrebbe vinto. «E per cosa poi? Non entra manco un consigliere». Pungente anche Emilio Floris: «Capisco che è una questione caratteriale, ma non si può sempre essere protagonisti. Chi è causa del suo mal…». Domenica mattina le ragazze dello staff sono andate all’hotel Panorama, dove era stata allestita la sede, hanno riempito scatoloni e restituito le chiavi. Ieri, c’era il deserto. Lo sfuggente Pili, è dato da alcuni ad Allai, dove spesso si rifugia nella dimora in pietra della nonna, altri già di nuovo a Roma, pronto a ricominciare l’attività in Parlamento, all’opposizione, ovviamente, rispetto al governo Renzi-Alfano. La battaglia contro i partiti nazionali (e quelli locali «dipendenti e complici») e i poteri forti di cui sono «complici», è stata il leit-motiv dell’intera campagna elettorale. Cristina Cossu

 

L’UNIONE SARDA – Politica: Devias: «Proseguiamo con la nostra lotta»

18.02.2014

«Continueremo a combattere ogni giorno per difendere il nostro Paese». Pier Franco Devias è deluso per l’uno per cento di voti presi dal Fronte Indipendentista Unidu, ma non si arrende: «La nostra non è una lotta per una poltrona e non si esaurisce certo con la scadenza elettorale». Il risultato ha a che fare in parte con l’astensionismo: «I sardi non hanno capito che solo andando a votare si manda a casa la vecchia classe politica». Per il candidato di Siniscola non fa differenza il fatto che a vincere sia stato Pigliaru: «Lui e Cappellacci sono uguali, li distingue solo la particolarità degli interessi che rappresentano, ma restano entrambi servitori dell’Italia». E niente cambierà: «Nulla fa pensare a uno stop dell’emorragia di sardi che emigrano per cercare lavoro, né che si possa fermare l’invasione di prodotti stranieri, che la lingua sarda avrà un futuro o che spariranno le servitù militari». Sul voto del Fronte: «Siamo andati molto bene dove abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con le persone: a Siniscola, a Nuoro, Fordongianus, Ortzulei e Bonorva». Il voto disgiunto «ha dato modo di vedere come la politica sia in mano alle logiche clientelari: in tanti hanno votato me come governatore, e poi hanno scelto un candidato delle due coalizioni italiane a cui dovevano restituire un favore». Devias ha solo un rimpianto, «quello di non aver protestato in tempo per tutta la visibilità che ci è stata negata». E un motivo d’orgoglio: «Quando usciamo di casa sappiamo di non dover nulla a nessuno, siamo stati puniti perché ci siamo limitati a fare il nostro dovere». Roberto Murgia

 

 

L’UNIONE SARDA – Politica: Gigi Sanna: «Deluso, ma non ci fermiamo»

18.02.2014

Tra i sei aspiranti alla carica di presidente della Regione, Gigi Sanna si è posizionato all’ultimo posto. Il dato sulle preferenze del candidato del Movimento Zona Franca non supera l’1%. Contattato al telefono, Sanna non ha nascosto la propria amarezza per il risultato ottenuto. Deluso e arrabbiato, per l’ennesima volta ha accusato la stampa di non avergli dedicato l’attenzione che si sarebbe aspettato, ma di avergli addirittura «riservato un trattamento che non si dà neanche a un cane». Polemiche a parte, il candidato del Movimento Zona Franca, attraverso l’Ansa, ha espresso gli «auguri a Pigliaru», pur convinto che «non cambierà nulla. La Sardegna può cambiare solo con la Zona Franca». Nonostante il risultato elettorale, Sanna non sembra intenzionato a gettare definitivamente la spugna. Nella sua pagina facebook ufficiale, in un post pubblico, il leader del Movimento Zona Franca ha rivolto un appello ai suoi contatti: «In ogni caso, amici cari, qualunque sia il risultato ricordatevi! Non fare mai la gara di un giorno! Su ballu tundu mannu richiederà tempo, costanza, intelligenza e determinazione». Nello stesso post, ha riportato anche alcuni appuntamenti. La settimana prossima è previsto un incontro per l’analisi del voto. Ai primi di marzo, Sanna vorrebbe anche contattare i grillini e tutti i movimenti indipendentisti della Sardegna per le prossime scadenze elettorali, prima di dedicarsi alla “Festa natzionale sarda de su Ballu Tundu”, prevista tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. Eleonora Bullegas

 

 

L’UNIONE SARDA – Politica: Il silenzio del Cavaliere. Storace: «Mancata An». Casini ringrazia Oppi

18.02.2014

ROMA Berlusconi non commenta la sconfitta di Cappellacci: silenzio perfetto. Parlano invece gli alfaniani. E non sono parole dolci. «Dispiace molto per Cappellacci che è stato comunque un buon presidente della Regione – dice Fabrizio Cicchitto – però malgrado in passato sia stato un mago in campagna elettorale, Berlusconi stavolta non lo ha aiutato perché nell’Isola ha esaltato Renzi e attaccato Alfano». L’ex fedelissimo del Cav detta la linea degli alfaniani che leggono il risultato sardo come un atto d’accusa verso Berlusconi e i falchi di Forza Italia. Durissimo il commento dell’Occidentale, il giornale online del Nuovo Centrodestra. «Veleno gettato a piene mani dal palco, offese ad Angelino Alfano , rabbia e livore nei confronti del Ncd. Con questi ingredienti Silvio Berlusconi ha condito la sua ultima performance elettorale in Sardegna, e oggi i risultati sono sotto gli occhi di tutti. L’elettorato moderato scappa, a riprova che con le ingiurie non si va lontano». Ad alzo zero anche Maurizio Sacconi ed Enzo Costa , presidenti dei gruppi parlamentari del Nuovo Centrodestra: «Forza Italia in Sardegna si è fermata sotto il 20%; un po’ lontanuccia dal 51% tanto agognato e mai raggiunto, e lontanissima dal 38% del Pdl. In Sardegna non c’eravamo e Cappellacci ha perso per cinque punti percentuali. La presunzione e l’arroganza portano questi frutti». In soccorso del governatore sconfitto arriva Mariastella Gelmini : «Ugo Cappellacci merita l’onore delle armi e al vincitore Francesco Pigliaru vanno gli auguri di buon lavoro. La sconfitta, come si sa, è orfana a differenza della vittoria che ha sempre molti padri. Il voto sardo va analizzato in profondità, a cominciare dal positivo risultato della lista di Forza Italia che ha visto sostanzialmente confermati i suoi consensi rispetto alle precedenti elezioni. Il nostro candidato – prosegue il vice capogruppo vicario di Forza Italia alla Camera – ha preso meno voti della somma delle liste, a differenza di Pigliaru che ha ottenuto molti più voti rispetto alla somma delle liste. Questo è un primo dato che circoscrive il significato del voto alla realtà locale. Perché se dalle consultazioni regionali si vuole trarre un significato più ampio, si deve ricavare allora che Forza Italia è un partito in piena salute nel Paese. Ora bisognerà riflettere sul voto, con calma, e analizzarne senza riserve le ragioni. Questa sconfitta si può tramutare in un nuovo slancio per il partito». Dello stesso avviso la responsabile comunicazione di Forza Italia, Deborah Bergamini : «L’esito delle elezioni regionali in Sardegna ci consegna una serie di spunti di riflessione. Innanzitutto, il buon risultato di Forza Italia nonostante l’astensionismo allarmante – tradizionalmente penalizzante per i candidati di centrodestra – e la divisione del popolo moderato dovuta alla presenza di diversi candidati appartenenti all’area del centrodestra. In secondo luogo, la riprova della tendenza dei cittadini sardi a non confermare il presidente uscente». «Dal voto della Sardegna – è il commento del senatore azzurro Francesco Giro – giunge un segnale chiaro: il centrodestra quando si divide perde malamente ma nonostante tutto conserva il primato delle liste che insieme superano quelle del centrosinistra in termini di voti. Fra queste l’eccellente risultato dell’Udc terzo partito nell’Isola». Casini ieri pomeriggio ha chiamato Giorgio Oppi per congratularsi: «Il voto dei sardi conferma che l’Udc resta un partito composto da validi amministratori, fortemente radicato sul territorio e in grado di ottenere la fiducia degli elettori». Meno soddisfatto Francesco Storace : «In Sardegna si afferma il centrosinistra. Astensionismo a un passo dal 50 per cento. Noi non c’eravamo, Alfano non c’era, e nemmeno i grillini. Ma per i partiti del centrodestra cambia pochissimo rispetto alle politiche. Si sente la mancanza di Alleanza nazionale».

 

 

Condividi su:

    Comments are closed.