Novas sardas de sa chida, settimanale on-line della Fondazione Sardinia, Anno III, n° 5, domenica 2 febbraio 2014.

IN CUSTA CHIDA:  notiziario della stampa sarda della settimana.

Berlusconi ed il suo uomo. C’è lo stato italiano ‘patrigno’ ed il GB, gran bastardo. I leader politici italiani in disgrazia vengono in Sardegna in cerca di consolazione. La capacità di perdere la memoria ed il complesso di inferiorità di molti sardi è l’antidoto migliore alle loro frustrazioni. Uno spento Berlusconi è venuto qui a prendere per la prima volta le pubbliche distanze da Napolitano e a dare il buffetto a Cappellacci. Non è detto che la maggioranza dei sardi ancora ci caschi.

Antonio Di Pietro è venuto qui dove ci si dimentica facilmente: «vogliamo sostituire Cappellacci che ha governato male e sprecato molto».

SECONDA SCHERMATA. Datamedia, per L’Unione Sarda, ci offre la seconda intervista campionaria (1000 sardi intervistati), l’ultima pubblicabile a quindici giorni dalle elezioni regionali. Il 52,9% degli elettori non ha ancora deciso. Di essi: il 39% prenderebbe in considerazione la Murgia, il 33% Cappelllacci, il 20% Pigliaru. Dal M3stelle arriverebbe alla Murgia il 24% dei voti grillini, a Pigliaru il 20,1%, a Cappellacci il 15,5%. A Pili il 9,3, a Sanna il 6,3, a Devias il 3,1; resterebbe ancor incerto il 20,1% dei voti grillini. Cappellacci (liste 39,5% – presidente 40,4%) e Pigliaru (43,0% le liste, 39,7% il presidente) guidano i sei, testa a testa. Murgia si difende bene (9,0% e 21,8%). Seguono Pili (5,0% – 4,7%), Sanna  (2,0% – 2,5%  ), Devias (1.0% – 1,2%).

Il confronto tra gli aspiranti governatori mandato in onda giovedì dalla Rai (coordinato da Flavia Corda) è scivolato via per tre quarti d’ora senza risse verbali. Due ex presidenti ( Ugo Cappellacci e Mauro Pili ), un ex assessore ( Francesco Pigliaru ) e tre neofiti come Gian Franco Devias (Fronte indipendentista), Gigi Sanna (Zona Franca) e Michela Murgia (Sardegna Possibile) hanno spiegato ai sardi per quale motivo bisognerebbe votare per i loro schieramenti.

Il quartier generale di Cappellacci bianco artico e vedute di operosità in griffe.. Fosse una gara del lusso, ci sarebbero poche chances per Pigliaru.. «Quando finirò con la politica fonderò una società di comunicazione», scherza il governatore uscente. «Mi sto divertendo».

 

 

A poche centinaia di metri, in via Bottego, non ci sono bandiere e il volto di Francesco Pigliaru compare in triplice copia sulle vetrate a pianterreno. “Cominciamo il domani” promette lo slogan e due triangoli rossi indicano il futuro. Forward (si dice così) evocativo, fra tradizione e innovazione. Anche qui c’è aria di nuovo mondo e la gente «si è abituata ormai all’interazione».

«Per anni – esordisce Francesco Pigliaru presentandosi con  Rossomori, Irs e Partito dei sardi, il reparto sovranista (e indipendentista, pure) del centrosinistra – ho sottovalutato il tema della sovranità». «Su questi argomenti sono un umile studente», prosegue, e strappa il primo applauso di empatia: «Pensavo che il cattivo funzionamento delle nostre istituzioni locali sconsigliasse avventure sovraniste. Ci ho messo del tempo, ma ho capito che, come dite voi, sovranità è anzitutto esercizio di responsabilità».

PORTA A PORTA Eppure spunta all’improvviso un’espressione che sa d’antico: “porta a porta”. Sì, c’è ancora. «Eccome, casa per casa», conferma Laura Sechi. Non a caso la sera si organizzano lezioni di formazione «per i volantinaggi, per l’approccio al mercato». Con distribuzione di pettorine antipioggia e spilline («Nient’altro»). Ma il volontario, dice ancora Laura Pisano, «deve avere sempre sottomano la rubrica telefonica».

 

 

 

 

Si sentono parole di tecnologia galoppante anche in via San Benedetto, nel locale di 70 metri quadri (in affitto per quattro mesi), che lancia Sardegna Possibile. Sul fronte di Michela Murgia la fantasia è quasi una necessità: «Di strutturato abbiamo poco», le finanze sono magre «malgrado ciò che dice qualcuno». I soldi, «10, 20 euro a testa», arrivano da candidati, volontari, sostenitori. «Niente sprechi di carta» e niente spillini. I santini se li confezionano i candidati. «Una campagna epica», si gasano i militanti, dove l’immagine è in rete, è la rete. Non si paga nessuno, ma non mancano i professionisti. Tutto vuole essere condiviso, tutto «è relazione». Se sembra uno slogan la quotidianità tenta di dimostrare il contrario.

Michela Murgia, in streaming, presenta oggi a Milano il programma di Sardegna possibile. Alle 18.30, al lounge bar San Vittore (viale Papiniano 16) la candidata alla carica di presidente della Regione, insieme con il suo assessore alla cultura Omar Onnis, illustrerà i punti-chiave della proposta di governo, mentre live ci sarà una sorta di reading-concerto, con il poeta Alberto Masala e ci sarà un dj set con Arrogalla e Diablo dei Sikitikis.

 

 

 

 

Mauro Pili, Coalizione del Popolo sardo: L’Italia negli ultimi vent’anni ha speso una media di 23 mila euro per ogni cittadino calabrese, mentre per i sardi non ha superato i 3 mila e 500».

All’attacco, da «azionista», è annunciata anche l’offensiva di Mauro Pili (Coalizione del popolo sardo). Nella sala dell’hotel Panorama (una specie di quartier generale stabile) si punta molto sulla «campagna live: tutto in diretta sulla web tv». Ma tutto cosa? «Ciò che diremo nelle piazze, nelle strade, nei mercati», spiega Pili: «Nessuna chiamata dal call center. Vogliamo incontrare la gente, non convocarla». Gadget e altro? «Vecchi metodi». E naturalmente il team di volontari, «una decina».

 

Che cosa pensano, gli aspiranti governatori, dell’insegnamento del sardo nelle scuole? Sono favorevoli? E si impegnerebbero per contrattarne con lo Stato il riconoscimento come lingua ufficiale per la Sardegna, accanto all’italiano? «Cosa pensa di fare, come e in quanto tempo per immettere il sardo a scuola?». Nella lettera si chiede anche un impegno per una nuova norma sulla valorizzazione del sardo, al posto della legge 26 del ’99, tale da favorirne l’uso anche nelle tv. Infine si chiede ai candidati di sostenere la battaglia per il riconoscimento del sardo come lingua ufficiale, e di impegnarsi per riutilizzare i toponimi originali sardi.Sono le domande rivolte ai sei candidati alla presidenza della Regione da parte dell’Acadèmia de su sardu, onlus fondata da Oreste Pili, che promuove la conoscenza della limba .

Il concetto di «gratuito» è obbligatorio anche nel Fronte Unidu di Pier Franco Devias. Vale per i «nostri grafici del popolo», gente «con qualifiche importanti» che si è messa a disposizione, spiega il candidato. Qui è davvero difficile parlare di “struttura”. «La struttura è il programma. Il nostro è un voto cosciente che esprime simpatia». Campagna elettorale significa dunque parsimoniosi «incontri con operai, pastori, artigiani».

 

Il candidato alla presidenza della Regione di “Fronte Indipendentista Unidu” non ci sta, e davanti all’ingresso dell’Unione Sarda mostra ai giornalisti un grafico sulle presenze dei sei candidati alla Regione sui Tg Rai, nella settimana tra il 16 e il 22 gennaio. «Cappellacci ha parlato per 96 secondi, Pigliaru, 29, Pili 33, Michela Murgia 20, Sanna 10. Io neanche un secondo». «Con un legale, stiamo valutando la possibilità di interpellare l’Agcom ». La denuncia è verso tutti gli organi di informazione, «colpevoli», a giudizio di Devias, «di oscurare il Fronte indipendentista”.

 

 

Gigi Sanna, candidato del Movimento Zona Franca, giura che fa tutto in famiglia: «Il sito me lo cura mio figlio Massimiliano, un designer». E la sede è mutevole, «dalla mia casa di Oristano» a quelle degli amici. Si discute, male che vada, attorno a una pizza. Diciamo che «è il modo di essere dei movimenti». Fantasia e tv. Anzi, «tv no, lo spettacolo lo lascio agli altri. Io non so rispondere a mitraglia come la Murgia».

 

 

 

 

Gesuino Muledda (Rossomori): «Dopo la vittoria elettorale, avvieremo un percorso costituente per un grande partito della Sardegna». Un «congress», lo definisce Gavino Sale (Irs), con uno show che salta agevolmente tra italiano, inglese e logudorese: «Basta con le varie anime in lotta per l’egemonia. Francesco, col suo essere british , è un’ottima sintesi». «Questa coalizione è la vera novità della politica isolana», sottolinea Franciscu Sedda (Partito dei sardi), che ricorda la sua proposta di legge popolare per l’Agenzia sarda delle entrate.

Per i sardi, più che altrove, la pensione sta diventano un calvario. Quasi mezzo milione campa con un assegno che arriva a 680 euro mensili (dato 2012), media ricavata dal totale delle pensioni erogate dall’Inps: vecchiaia, invalidità, superstite, assegno sociale. Una miseria. In Italia la media del totale delle pensione è di cento euro in più: 780 per l’esattezza che arriva a 880 nel Nord Italia.

L’altro giorno da Strasburgo dove il Consiglio d’Europa (la sua missione è tutelare i diritti umani nei 47 Stati membri) ha bocciato l’Italia per le pensioni minime: 520 euro non assicurano per nulla una condizione di vita dignitosa alle persone, soprattutto quando si parla di anziani. Una stroncatura su tutta la linea che certifica una situazione di disagio che nell’Isola coinvolge quasi un terzo della popolazione.

 

GLI IMPORTI I dati sono impietosi. Un pensionato su quattro riceve il minimo garantito, vale a dire 502 euro e 36 centesimi grazie all’aumento-contentino decretato per il 2014 dal governo. Secondo i dati dell’Inps 2013 sono 110 mila le pensioni «integrate al minimo». Il grosso è a Cagliari (43 mila), seguono Sassari (29 mila), Nuoro (21 mila) e Oristano (16 mila). Più della metà sono vedove/i e invalidi: 35 mila gli assegni al superstite, 33 mila quelli per invalidità.

«Complessivamente in Sardegna», spiega Alessandro Tombolini, direttore della sede regionale Inps nel resoconto dell’istituto per il 2012, «sono state messe in pagamento oltre 472 mila pensioni. Il 37,7 per cento del totale è rappresentato trattamenti di vecchiaia». L’importo medio mensile è di 1016 euro al mese.

La provincia Carbonia-Iglesias conta 14.758 pensionati di vecchiaia con l’assegno medio più alto in Sardegna, 1.236 euro. Al contrario dell’Ogliastra dove viene erogato a 7 mila e 800 mila ex lavoratori un importo mensile in media di 830 euro. La provincia del record negativo, seguita da quella di Nuoro (847) e Oristano (853).

C’è di peggio. Trentaduemila sardi usufruiscono del cosiddetto «assegno sociale», vale a dire il trattamento minino previsto dalle leggi per tutti gli ultrasessantacinquenni privi di qualsiasi altra fonte di reddito. La maggioranza è concentrata nella provincia di Cagliari (10 mila), poi Sassari (6 mila), Oristano e Nuoro (3800) e Olbia-Tempio (2777). Il dato choccante riguarda il Medio Campidano dove l’Inps eroga 2277 pensioni sociali, stesso numero per il Sulcis-Iglesiente. Altro dato significativo è quello degli assegni di invalidità civile, aumentati negli anni in seguito all’invecchiamento della popolazione.

 

L’ALTRA FACCIA I sardi sono più longevi come dimostra l’indice di vecchiaia (il rapporto tra over 65 e under 14) salito a 163 contro un dato nazionale di 147. Ma l’altra faccia è l’aumento dell’erogazione delle indennità per invalidità civile che hanno raggiunto quota 112 mila. L’importo medio mensile (riferito al 2012) era di 367 euro al mese, spiccioli se paragonati alle esigenze di un anziano alle prese con acciacchi e problemi di salute.

 

LA REGIONE Che fare? «Noi», dice Antonello Liori, assessore all’Industria ma fino a un anno fa al Lavoro, «non possiamo intervenire nel sistema previdenziale». La Regione ha fatto di tutto, aggiunge, per integrare in varie forme il reddito di pensionati al minimo e disoccupati: dai nonni vigile ai cantieri per i disoccupati. In ogni caso palliativi, le pensioni restano da fame.

«La città è stata lasciata da sola: gli alluvionati e il Comune stanno combattendo una battaglia comune, non siamo una controparte». Il sindaco Gianni Giovannelli si appella alla popolazione: Governo e Regione latitano, gli olbiesi sono stati abbandonati, la grancassa mediatica è finita e ora bisogna fare fronte comune per trovare le soluzioni all’emergenza. Questo è il senso del discorso del sindaco. «Ogni volta che tentiamo di interpellare un rappresentante dello Stato o della Regione, piovono assicurazioni e promesse. Sembra che sia in atto una vera e propria corsa allo stanziamento pro alluvionati. Ma finora, sono arrivati esattamente 0 euro dalla Regione e 0 euro da Roma. Questa è la situazione attuale». Il Comune deve affrontare, da solo, migliaia di famiglie in difficoltà.

 

LA CODA DI PAGALIA. «Lo sport preferito dai candidati alla presidenza della regione Sardegna è il tiro al bersaglio sulla burocrazia e sui dipendenti della pubblica amministrazione». Lo denuncia in una nota la segreteria regionale della Cisl che insiste: «Sembra che la madre di tutti i mali che affliggono l’isola sia la macchina regionale e i lavoratori che vi operano». Ma per il sindacato la realtà è diversa, «impiegati e funzionari applicano leggi e regolamenti farraginosi e confusi approvati dal Consiglio, dalla Giunta e dagli assessori», si legge nella nota.

 

 

 

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