Il ‘tour mondiale’ dei giovani sardi, di Nereide Rudas

E’ difficile rispondere approfonditamente alla domanda ‘quale proposta fare ai giovani sardi che hanno ripreso a emigrare’. Una risposta adeguata esigerebbe ulteriori e rigorose ricerche.

L’emigrazione è, infatti, un fenomeno complesso e “totale” e non solo per la sua progressiva estensione sull’ intero pianeta. Ma è, soprattutto, “totale”, nel senso che suo tramite è possibile decodificare il funzionamento della società e delle sue componenti nel loro insieme.

Ne deriva che il fenomeno non tocca e segna solo il singolo migrante, attraversandone il vissuto nei noti termini dello sradicamento, del distacco dagli oggetti referenziali primari, della nostalgia, dello spaesamento, dell’ alterazione spazio-temporale, del trapiantamento ambientale, ecc.

Ma l’emigrazione tocca e segna l’intera società che la esprime per quell’intricato e intrinseco gioco di interazione individuo-ambiente, che permette di coniugare la singolarità della persona con la sua strutturale socialità.

La Sardegna, coinvolta anche in passato in un imponente fenomeno emigratorio, attualmente è entrata in un ulteriore fase di scambi migratori.

Quella che altrove definii la “nuova emigrazione sarda” (1953-1971) perché per dimensioni, dinamiche e significati manifestava una differenza con i più antichi flussi

emigratori isolani, è ormai alle nostre spalle. Tuttavia la sua scia negativa di  desertificazione, di depauperamento della realtà umana e sociale permane ancora nell’oggi. Tra i costi di quel fenomeno segnalai, in particolare, quelli di ordine psicologico e psicopatologico.

L’esodo del secolo scorso, partendo da una regione a bassa densità demografica e a carente distribuzione insediativa, virulentò situazioni sfavorevoli e innescò “circoli viziosi”, riverberantisi intorno all’isolamento, indice storico-geografico, socio­culturale e antropologico negativo della realtà sarda.

Ora siamo davanti a un fenomeno ulteriore.

Da una parte l’isola è meta di fenomeni immigrativi che si sono consolidati in gruppi ormai lungo-residenti (africani, asiatici, ecc.).

Dall’altra l’isola alimenta un flusso in uscita diverso dai precedenti.

L’ultima emigrazione sarda sembra esprimere le seguenti caratteristiche strutturali e dinamiche:

- E’, in massima parte, un’emigrazione selettiva, più contenuta quantitativamente rispetto alla precedente emigrazione di massa del secolo scorso. li fenomeno attuale è tuttavia in costante crescita.

- E’ soprattutto un’emigrazione di scopo e sempre meno un’emigrazione di fuga;

- E’ un’ emigrazione urbana o di stile urbano, che parte dalla città o da contesti

urbanizzati;

- E’, in particolare, un’ emigrazione qualificata, composta da soggetti più istruiti,

di livello formativo più elevato e articolato (quadri spacializzati tecnici o scientifici).

- E’ un flusso che approda in aree avanzate europee o extraeuropee (USA) e va a ricoprire incarichi di lavoro specializzati e qualificati.

Conclusivamente, alla cospicua emorragia del Novecento sembra aver fatto seguito un sanguinamento per così dire “a goccia”, ma non meno nocivo del massivo flusso emorragico precedente.

Esso, infatti, depaupera la Sardegna di soggetti forti, qualificati e preparati in cui l’isola ha investito a lungo risorse e speranze che ora vanno a dare il loro frutto altrove.

Occorre quindi un vasto progetto politico e culturale collettivo e condiviso che tenti di fermare lo stillicidio e renda reversibile e recuperabile la perdita umana, culturale e sociale.

Nel giorno di “Sa Die” sento l’esigenza di ribadire che la Sardegna ha bisogno di un grande e orgoglioso sforzo identitario per uscire dalla crisi e avviarsi su una strada più avanzata di modernità, libertà e sviluppo.

 

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