La Chiesa sarda e la povertà della Sardegna, di Salvatore Cubeddu

La Chiesa sarda e la povertà della Sardegna

di Salvatore Cubeddu

Il Cardinale Segretario di stato vaticano, autorità numero due della Chiesa niversale, è venuto  nel Sulcis a restituire le numerose visite degli operai in lotta in piazza San Pietro. La battaglia dei metalmeccanici dell’Alcoa si è rivelata anche in questo capace di ottenere consensi e visibilità.

Intorno a Tarcisio Bertone si è riunito, quasi al completo, l’insieme dei vescovi sardi. Per alcuni di loro si è trattato della prima esperienza di celebrazione della messa sotto i capannoni di una fabbrica. Terranno di sicuro presente questa esperienza collettiva, quasi un battesimo all’interno del conflitto di una classe che rivela nei propri messaggi le aspirazioni di un popolo.

Dall’alto dello scanno più alto di una cerimonia di cui la Chiesa è maestra, il  rappresentante del Papa ha rievocato la crucialità del lavoro nella vita degli individui e delle famiglie. Cosa rara di questi tempi, ha riproposto di fronte alle autorità locali e regionali l’importanza della formazione professionale richiamando, da salesiano, l’esperienza di don Bosco e di don Orione. Siamo al giro di boa di una fase dell’economia italiana. Bisogna tornare al lavoro produttivo nell’agricoltura e nell’industria, dopo il tanto blaterare sulle infinite prospettive del terziario e del settore finanziario.

Insomma: la Chiesa vuole esserci nei problemi sociale della Sardegna, con il peso della la sua gerarchia e non solo attraverso quei pochi eroici pionieri della pastorale del lavoro. Dopo undici anni di abbandono ritornano all’attenzione i documenti del Concilio Plenario Sardo, ignorati dai vescovi e dal clero prima che dai fedeli. Il richiamo alla carta di Zuri (vedi l’allegato) nel messaggio dei nostri vescovi riconosce quanto le organizzazioni del lavoro della società sarda hanno elaborato insieme come impegno contro la povertà.. Povertà dei sardi nell’economia, nella cultura e nelle istituzioni.

Vorrà la Chiesa sarda essere parte di una Sardegna che inizi a ri-costruirsi? “Argento e oro non ne ho, ma ti do quel che possiedo: in nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina!” (Atti degli Apostoli, 3,6). E’ Pietro che agisce, nel suo primo intervento pubblico senza il Maestro.

Non so se di questa impossibilità della Chiesa di risolvere i loro problemi fosse cosciente la fila di operai che consegnava le lettere delle proprie doleances all’ospite porporato. Argento e oro la gerarchia e il clero ne maneggiano, esibiscono persino nel petto un crocifisso prezioso. Stiano attenti, gli ecclesiastici: la gente bisognosa si rivolge alla Chiesa quando dispera delle proprie forze. E non sempre questa, quando possiede oro e argento, può permettersi di dire al popolo affamato: “cammina! con le tue gambe ed io ti accompagnerò; io ho scelto di essere come te, anche se non sono in grado di risolvere i tuoi problemi; abbi fiducia, percorriamo insieme la strada del diritto e della giustizia!”.

Non si illudano gli operai e le popolazioni del Sulcis: la messa del cardinale Bertone non è a loro più utile del concerto di Eugenio Finardi, se credono di poter evitare che la soluzione dei loro problemi consista in qualcosa di diverso dall’intraprendere con fatica, generosità e costanza un loro cammino. La Sardegna è grande, nella sua estensione e nei bisogni di tutti i territori. E l’assistenza, troppo sperimentata anche quando si gridava per il lavoro, non è la soluzione che ci  si può permettere. Per economia e per dignità.

Né è consentito alla sede dell’incontro – la Portovesme srl, porto e approdo finale della peggiore spazzatura della acciaierie europee  –  di presentarsi ancora quale modello desiderabile per il lavoro dei Sardi. Per la Glencore, la possibità di utilizzare come discariche le miniere abbandonate è altrettanto importante di quello che l’azienda Portovesme srl produce. Conferma antica di una Sardegna e di un Sulcis dove si rinserrano le discariche umane (non è servito anche a questo la città di Carbonia con i suoi esiliati dal fascismo? E a cosa servono le nuove carceri sarde, che continuano a riempirsi di mafiosi e camorristi?) per allontanarle da un’Italia che deve restare ‘bella’? La fame non deve portarci ad accettare tutto.

Ora i vescovi sardi sono entrati tutti insieme nel dramma sardo e dovranno tirare le conseguenze per quanto hanno visto e detto. Le loro parrocchie vanno spopolandosi dei fedeli e dei sacerdoti non diversamente dai piccoli comuni di cui sono parte. A un osservatore attento non sfugge il dato che il clero non si va impoverendo, anzi. Altro che Imu: se non si vuole che, prima o poi come a Parigi, anche nelle nostre città l’autorità pubblica vada a vedere in quanti religiosi abitano antichi conventi immensi  come palazzi, è bene che si faccia un’operazione di trasparenza sui beni ecclesiastici, tutti ottenuti dalla secolare beneficenza verso i poveri.

La povertà maggiore dei Sardi è al momento la povertà di speranza e di fede in se stessi, che bloccano il positivo stare insieme (la carità, detta in termini cristiani). La bella omelia del Cardinale aveva quale tema il paolino ‘gaudete!!!’ per il rinnovato arrivo del ‘sol justitiae’, il bambino di Betlemme. Se anche la Chiesa si metterà all’avanguardia per il rinnovamento effettivo della sua presenza tra i Sardi, il Dio fatto uomo potrà rinnovare il suo annuncio di una umanità nuova, anche nella nostra terra.

 

CARTA DI ZURI

PREAMBOLO

Noi, cittadini della Sardegna, promotori della manifestazione «La Sardegna con i poveri della terra. Liberi dalle povertà, per un lavoro dignitoso e una vita dignitosa», riaffermiamo i diritti delle persone e dei popoli attraverso i valori dell’umanesimo solidaristico e partecipiamo dell’identità del popolo sardo nelle sue manifestazioni istituzionali, sociali, culturali, religiose e comunitarie.

La drammatica condizione di bisogno di tante popolazioni del nostro mondo è la negazione dei diritti e della dignità della persona. Per questo motivo condividiamo l’impegno ad affermare che la povertà è ingiusta e illegale. È dunque dovere di tutte le Istituzioni fare guerra alla povertà e deliberare l’adozione di misure adeguate per contrastarla, rendendo obbligatorie le politiche e le misure di inclusione sociale.

Oggi, 27 settembre 2008, ci siamo dati appuntamento da tutta l’Isola nell’antico villaggio di Zuri, per confermare di fronte a tutti, ai poveri come ai potenti che si riuniranno nella nostra terra, il nostro impegno a costruire una società di liberi e di giusti, dove il popolo partecipi alle decisioni dei suoi governanti, le scelte vengano condivise e i diritti di cittadinanza siano costantemente rispettati.

PRINCIPI

Noi – le Associazioni, i Sindacati, i rappresentanti dei 40 popoli del mondo presenti nell’Isola, e le delegazioni tutte – partecipanti alla manifestazione «La Sardegna con i poveri della terra. Liberi dalle povertà, per un lavoro dignitoso e una vita dignitosa», approviamo questa Carta di Zuri e facciamo appello a tutti gli Stati, alle Istituzioni e Organizzazioni nazionali e internazionali, ai cittadini perché, nel rispettare questi diritti, si impegnino a un loro effettivo riconoscimento e alla loro osservanza.

 

1. La Sardegna è vicina ai poveri della terra. I cittadini e le Istituzioni sarde sono impegnati, ciascuno per le sue responsabilità, a promuovere per tutti i popoli pari opportunità di sviluppo e di distribuzione della ricchezza, a rimuovere le ingiustificate differenziazioni tra le persone, a riconoscere e valorizzare le diversità etniche, storiche, culturali e di genere.

 

2. I sardi hanno costruito nel tempo una loro identità di popolo anche attraverso l’apporto di altre culture. La Sardegna resta aperta a tutti i popoli, combatte ogni forma di prevaricazione e di razzismo, si impegna ad accogliere, ospitare e tutelare chiunque rispetti le leggi.

 

3. Il popolo sardo ha diritto di darsi proprie istituzioni che consentano il benessere della propria terra e la piena valorizzazione del proprio patrimonio umano, storico, ambientale, culturale e paesaggistico.

 

4. Il bene comune è obiettivo prioritario nell’esercizio dei diritti di cittadinanza e ogni persona ha diritto a un lavoro e a una vita dignitosi, ad una pensione adeguata e a un reddito sufficiente per i propri bisogni individuali e sociali.

 

5. Per le Istituzioni del popolo sardo l’accesso alla sanità, alla salute, all’educazione, all’istruzione e alla formazione, all’acqua, alla casa, alla sicurezza sono diritti dei cittadini e non semplicemente dei servizi.

 

6. La comunità dei sardi si identifica con i diritti internazionalmente riconosciuti agli individui e ai popoli, sul versante soprattutto delle libertà, dello sviluppo economico e sociale e dei diritti inerenti al lavoro, alla salute e all’istruzione. La comunità dei sardi li promuove attraverso la formazione dei suoi cittadini, il funzionamento delle sue istituzioni, il rispetto delle leggi, l’attuazione dei principi di solidarietà e sussidiarietà e, nelle relazioni con gli altri, sulla base del mutuo rispetto e della pace tra i popoli.

 

7. La Sardegna si sente partecipe dei destini del mondo. Essa si impegna a difendere lo stare bene di tutte le comunità, perché i popoli ne fruiscano nella giustizia e perché la cittadinanza si estenda ad ogni essere umano.

 

Zuri, 27 settembre 2008

La Chiesa sarda e la povertà della Sardegna

di Salvatore Cubeddu

Il Cardinale Segretario di stato vaticano, autorità numero due della Chiesa niversale, è venuto  nel Sulcis a restituire le numerose visite degli operai in lotta in piazza San Pietro. La battaglia dei metalmeccanici dell’Alcoa si è rivelata anche in questo capace di ottenere consensi e visibilità.

Intorno a Tarcisio Bertone si è riunito, quasi al completo, l’insieme dei vescovi sardi. Per alcuni di loro si è trattato della prima esperienza di celebrazione della messa sotto i capannoni di una fabbrica. Terranno di sicuro presente questa esperienza collettiva, quasi un battesimo all’interno del conflitto di una classe che rivela nei propri messaggi le aspirazioni di un popolo.

Dall’alto dello scanno più alto di una cerimonia di cui la Chiesa è maestra, il  rappresentante del Papa ha rievocato la crucialità del lavoro nella vita degli individui e delle famiglie. Cosa rara di questi tempi, ha riproposto di fronte alle autorità locali e regionali l’importanza della formazione professionale richiamando, da salesiano, l’esperienza di don Bosco e di don Orione. Siamo alla giro di boa di una fase dell’economia italiana. Bisogna tornare al lavoro produttivo nell’agricoltura e nell’industria, dopo il tanto blaterare sulle infinite prospettive del terziario e del settore finanziario.

Insomma: la Chiesa vuole esserci nei problemi sociale della Sardegna, con il peso della la sua gerarchia e non solo attraverso quei pochi eroici pionieri della pastorale del lavoro. Dopo undici anni di abbandono ritornano all’attenzione i documenti del Concilio Plenario Sardo, ignorati dai vescovi e dal clero prima che dai fedeli. Il richiamo alla carta di Zuri (vedi l’allegato) nel messaggio dei nostri vescovi riconosce quanto le organizzazioni del lavoro della società sarda hanno elaborato insieme come impegno contro la povertà.. Povertà dei sardi nell’economia, nella cultura e nelle istituzioni.

Vorrà la Chiesa sarda essere parte di una Sardegna che inizi a ri-costruirsi? “Argento e oro non ne ho, ma ti do quel che possiedo: in nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina!” (Atti degli Apostoli, 3,6). E’ Pietro che agisce, nel suo primo intervento pubblico senza il Maestro.

Non so se di questa impossibilità della Chiesa di risolvere i loro problemi fosse cosciente la fila di operai che consegnava le lettere delle loro doleances all’ospite porporato. Argento e oro la gerarchia e il clero ne maneggiano, esibiscono persino nel petto un crocifisso prezioso. Stiano attenti, gli ecclesiastici: la gente bisognosa si rivolge alla Chiesa quando dispera delle proprie forze. E non sempre questa, quando possiede oro e argento, può permettersi di dire al popolo affamato: “cammina! con le tue gambe ed io ti accompagnerò; io ho scelto di essere come te, anche se non sono in grado di risolvere i tuoi problemi; abbi fiducia, percorriamo insieme la strada del diritto e della giustizia!”.

Non si illudano gli operai e le popolazioni del Sulcis: la messa del cardinale Bertone non è a loro più utile del concerto di Eugenio Finardi, se credono di poter evitare che la soluzione dei loro problemi consista in qualcosa di diverso dall’intraprendere con fatica generosità e costanza un loro cammino. La Sardegna è grande, nella sua estensione e nei bisogni di tutti i territori. E l’assistenza, troppo sperimentata anche quando si gridava per il lavoro, non è la soluzione che ci  si può permettere. Per economia e per dignità.

Né è consentito alla sede dell’incontro – la Portovesme srl, porto e approdo finale della peggiore spazzatura della acciaierie europee  –  di presentarsi ancora quale modello desiderabile per il lavoro dei Sardi. Per la Glencore, la possibità di utilizzare come discariche le miniere abbandonate è altrettanto importante di quello che l’azienda Portovesme srl produce. Conferma antica di una Sardegna e di un Sulcis dove si rinserrano le discariche umane (non è servito anche a questo la città di Carbonia con i suoi esiliati dal fascismo? E a cosa servono le nuove carceri sarde, che continuano a riempirsi di mafiosi e camorristi?) per allontanarle da un’Italia che deve restare ‘bella’? La fame non deve portarci ad accettare tutto.

Ora i vescovi sardi sono entrati tutti insieme nel dramma sardo e dovranno tirare le conseguenze per quanto hanno visto e detto. Le loro parrocchie vanno spopolandosi dei fedeli e dei sacerdoti non diversamente dai piccoli comuni di cui sono parte. A un osservatore attento non sfugge il dato che il clero non si va impoverendo, anzi. Altro che Imu: se non si vuole che, prima o poi come a Parigi, anche nelle nostre città l’autorità pubblica vada a vedere in quanti religiosi abitano antichi conventi immensi  come palazzi, è bene che si faccia un’operazione di trasparenza sui beni ecclesiastici, tutti ottenuti dalla secolare beneficenza verso i poveri.

La povertà maggiore dei Sardi è al momento la povertà di speranza e di fede in se stessi, che bloccano il positivo stare insieme (la carità, detta in termini cristiani). La bella omelia del Cardinale aveva quale tema il paolino ‘gaudete!!!’ per il rinnovato arrivo del ‘sol justitiae’, il bambino di Betlemme. Se anche la Chiesa si metterà all’avanguardia per il rinnovamento effettivo della sua presenza tra i Sardi, il Dio fatto uomo potrà rinnovare il suo annuncio di una umanità nuova, anche nella nostra terra. Buone feste.

 

 

CARTA DI ZURI

PREAMBOLO

Noi, cittadini della Sardegna, promotori della manifestazione «La Sardegna con i poveri della

terra. Liberi dalle povertà, per un lavoro dignitoso e una vita dignitosa», riaffermiamo i diritti

delle persone e dei popoli attraverso i valori dell’umanesimo solidaristico e partecipiamo

dell’identità del popolo sardo nelle sue manifestazioni istituzionali, sociali, culturali, religiose

e comunitarie.

La drammatica condizione di bisogno di tante popolazioni del nostro mondo è la negazione

dei diritti e della dignità della persona. Per questo motivo condividiamo l’impegno ad affermare

che la povertà è ingiusta e illegale. È dunque dovere di tutte le Istituzioni fare guerra

alla povertà e deliberare l’adozione di misure adeguate per contrastarla, rendendo obbligatorie

le politiche e le misure di inclusione sociale.

Oggi, 27 settembre 2008, ci siamo dati appuntamento da tutta l’Isola nell’antico vi llaggio

di Zuri, per confermare di fronte a tutti, ai poveri come ai potenti che si riuniranno nella nostra

terra, il nostro impegno a costruire una società di liberi e di giusti, dove il popolo partecipi

alle decisioni dei suoi governanti, le scelte vengano condivise e i diritti di cittadinanza

siano costantemente rispettati.

PRINCIPI

Noi – le Associazioni, i Sindacati, i rappresentanti dei 40 popoli del mondo presenti nell’Isola,

e le delegazioni tutte – partecipanti alla manifestazione «La Sardegna con i poveri della

terra. Liberi dalle povertà, per un lavoro dignitoso e una vita dignitosa», approviamo questa

Carta di Zuri e facciamo appello a tutti gli Stati, alle Istituzioni e Organizzazioni nazionali e

internazionali, ai cittadini perché, nel rispettare questi diritti, si impegnino a un loro effettivo

riconoscimento e alla loro osservanza.

 

1. La Sardegna è vicina ai poveri della terra. I cittadini e le Istituzioni sarde sono impegnati,

ciascuno per le sue responsabilità, a promuovere per tutti i popoli pari opportunità di

sviluppo e di distribuzione della ricchezza, a rimuovere le ingiustificate differenziazioni

tra le persone, a riconoscere e valorizzare le diversità etniche, storiche, culturali e di genere.

 

2. I sardi hanno costruito nel tempo una loro identità di popolo anche attraverso l’apporto

di altre culture. La Sardegna resta aperta a tutti i popoli, combatte ogni forma di prevaricazione

e di razzismo, si impegna ad accogliere, ospitare e tutelare chiunque r ispetti le

leggi.

 

3. Il popolo sardo ha diritto di darsi proprie istituzioni che consentano il benessere della

propria terra e la piena valorizzazione del proprio patrimonio umano, storico, ambientale,

culturale e paesaggistico.

 

4. Il bene comune è obiettivo prioritario nell’esercizio dei diritti di cittadinanza e ogni persona

ha diritto a un lavoro e a una vita dignitosi, ad una pensione adeguata e a un reddito

sufficiente per i propri bisogni individuali e sociali.

 

5. Per le Istituzioni del popolo sardo l’accesso alla sanità, alla salute, all’educazione, all’istruzione e alla formazione, all’acqua, alla casa, alla sicurezza sono diritti dei cittadini e

non semplicemente dei servizi.

 

6. La comunità dei sardi si identifica con i diritti internazionalmente riconosciuti agli individui

e ai popoli, sul versante soprattutto delle libertà, dello sviluppo economico e sociale e

dei diritti inerenti al lavoro, alla salute e all’istruzione. La comunità dei sardi li promuove

attraverso la formazione dei suoi cittadini, il funzionamento delle sue istituzioni, il rispetto

delle leggi, l’attuazione dei principi di solidarietà e sussidiarietà e, nelle relazioni con gli

altri, sulla base del mutuo rispetto e della pace tra i popoli.

 

7. La Sardegna si sente partecipe dei destini del mondo. Essa si impegna a difendere lo

stare bene di tutte le comunità, perché i popoli ne fruiscano nella giustizia e perché la

cittadinanza si estenda ad ogni essere umano.

 

Zuri, 27 settembre 2008

 

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