L’incanto del Cielo Stellato Storia, Miti e Credenze Popolari della Sardegna, di TONINO BUSSU

SINOSSI, CON PREMESSA DI FRANCESCO COLUMBU

L’incanto del Cielo Stellato

Storia, Miti e Credenze Popolari della Sardegna

 

I Dolmens, le Tombe di Giganti, le Domus de Janas, le Perdas Fitas, lo Ziqqurat, i Nuraghi, le ciclopiche costruzioni megalitiche in Sardegna, fino agli inizi del secolo scorso  possiamo dire che facevano  parte delle cosiddette  “Civiltà sepolte”, poi è stato anche scoperto che erano in gran parte orientate seguendo il cammino del Sole e le fasi della Luna e che avevano una grande importanza architettonica nel mediterraneo. E che  i Sardi, infatti, come altri popoli antichi, hanno riportato sulla volta celeste i tratti più significativi della loro civiltà,del loro modo di fare e di pensare, della loro vita  sociale ed economica, fatta di Frades, di Gurdones, di Pinnetos, di Farches,  all’interno di  “Sa Via de Sa Paza(la Via Lattea), ecc., in quanto il cielo stellato per ogni popolo non è altro che lo specchio della realtà terrena.

Ma che significato avevano tutti questi nomi, vi direte?

Essi non erano altro che i tratti più significativi della nostra comunità proiettata sulla calotta celeste.

I monti dei ‘Sette Fratelli’, per es., nel Sud-Ovest della Sardegna un tempo si chiamavano dei ‘Seti Fradis’, nome con cui gli antichi sardi indicavano l’Orsa Maggiore, altrettanto la costellazione delle  “Pleiadi” veniva chiamata dai pastori e contadini sardi “Su Gurdone”, quella del Toro era “Su Pinnetu”,  quella del Leone si chiamava “Sa Farche”.

C’era tutta nostra civiltà agro-pastorale e l’economia: sa farche, rappresentava il mondo contadino, su pinnetu il mondo pastorale, su gurdone i  viticoltori: pane e casu e binu a rasu, come dice un vecchio  e  noto proverbio. Veniva rappresentata nel Cielo tutta la realtà economica stilizzata, santificata.

Pertanto leggendo questa opera troverete tante altre curiosità e spiegazioni con la descrizione e  lettura del nostro Cielo, secondo la visione che ne avevano i Sardi in base alle loro credenze, i loro proverbi, i racconti e i miti che un tempo erano legati al Sole, alla Luna, ai pianeti, al clima, ai venti e al volgere delle stagioni. E  troverete  la storia  di antichi astronomi e dotti eccellenti, di poeti e letterati, di geografi e scienziati straordinari tra i quali Aristarco, Eratostene, Archimede, Ipparco  e  Tolomeo e tanti altri che si sono distinti per la loro genialità e creatività.

PREMESSA DI FRANCESCO COLUMBU

Quando Tonino Bussu mi propose  di realizzare una mostra con gli articoli da lui pubblicati su La Nuova Sardegna in una rubrica intitolata ‘Il Sole, la Luna, le Stelle – l’Almanacco di Tonino Bussu’, non ho avuto alcuna esitazione e grazie all’impegno della Assessora alla Cultura del Comune di Ollolai Deborah Ladu organizzammo la presentazione  in occasione di Autunno in Barbagia.  Come Sindaco, fui invitato a dire qualche parola il giorno dell’inaugurazione e, lo ammetto, ebbi davvero alcune difficoltà  nel pensare a come presentarla. Perché, dissi, il suo ideatore, Tonino Bussu, è una persona davvero particolare.  Per gli ollolaesi è professore, giornalista, studioso. E’ stato sindaco, è un amico e per molti anche parente. Per l’intera comunità, e non la limito al solo paese di Ollolai, è quello che in quest’epoca di marketing si può definire uno stimolatore culturale: un instancabile stimolatore culturale. Dentro questa attività ci mette una passione estrema, perché il primo ad essere stimolato dalla sua ricerca è proprio lui, investigatore della realtà e della storia con l’obiettivo di trovare qualche frammento di verità, coperto dall’azione del tempo, o dell’uomo, nascosto dall’oblio o semplicemente trascurato per troppa frenesia. Sono frammenti di verità essenziali, lievi indicazioni che avvicinano alla risposta a quelle semplici ma irrisolte domande che, da sempre, chiunque abbia camminato con il naso all’insù, in una notte chiara e silenziosa, si trova a farsi senza rendersene conto: chi siamo? da dove veniamo?

Tonino Bussu non si è voluto accontentare delle risposte che troviamo nei libri di scuola, come si usa spesso dire, scritti dai vincitori. Con entusiasmo e rigore ha invece percorso il tortuoso cammino della memoria per cercare le radici della storia. Ha voluto entrare nell’etimologia della parola ‘tradizione’, scansando per qualche momento gli aspetti più folkloristici e appariscenti, per rintracciare quello che il passato ci ha trasmesso, ci ha consegnato come testimone dell’infinita staffetta che mette insieme, generazione dopo generazione, cambio dopo cambio, chiunque si possa definire appartenente al popolo dei Sardi, dall’origine fino ai nostri giorni. Lo ha fatto mettendoci tutti con il naso all’insù, guardandoci ammirare, a bocca aperta, quella cupola infinita nella quale ci perdiamo cercando di congiungere i puntini luminosi, scoprendone sempre di nuovi, e, come il poeta, sereni nell’accettare d’essere praticamente il niente. Lo ha fatto insegnandoci a riconoscere quei puntini luminosi, perché la conoscenza ci portasse ad accettare l’infinito come qualcosa dai cui apprendere e non da temere, come uno strumento che ci concedesse la possibilità di credere d’avere qualche possibilità nella lotta, ancestrale quanto attuale, contro il tempo. Conoscere il cielo, gli astri, il Sole, la Luna, i pianeti, le costellazioni, come si muovono, ci permette di misurare il tempo, di metterlo dentro un contenitore, dandoci così l’illusione di essere molto vicini al pareggio in quella partita nella quale, ancora, il tempo è in vantaggio. Tonino Bussu ci porta alla scoperta del meraviglioso e difficilissimo viaggio della mente umana nell’infinito, alla ricerca della vera essenza del tempo, solleticando il nostro orgoglio portandoci a riflettere sul fatto che accanto alle civiltà riconosciute dalle accademie, Persiani, Mesopotami, Egizi, Greci, Indiani, nello stesso periodo, e sotto lo stesso cielo, su un’isola, al centro del Mediterraneo, un popolo riusciva a costruire i Nuraghi, fondere i metalli, navigare avanti e indietro ben oltre le colonne d’Ercole. Ed orientava le sue costruzioni con precisione millimetrica rispetto ai movimenti del Sole e degli astri. Ed allora ecco che l’obiettivo di Tonino diventa quello di scrivere quel pezzo di storia altrimenti non raccontata, senza alcuna alterigia ma solo ed esclusivamente per completare il quadro. Facendoci commuovere insegnandoci i nomi che i nostri antenati avevano dato a quei puntini luminosi che ci hanno fatto sognare. Nomi che improvvisamente ci rendono fratelli di quegli uomini così saggi e così coraggiosi: figli di una stessa madre, la lingua. Come noi con il naso all’insù, affascinati dallo stesso cielo. Grazie Tonino!

SINOSSI E

L’incanto del Cielo Stellato

Storia, Miti e Credenze Popolari della Sardegna

 

I Dolmens, le Tombe di Giganti, le Domus de Janas, le Perdas Fitas, lo Ziqqurat, i Nuraghi, le ciclopiche costruzioni megalitiche in Sardegna, fino agli inizi del secolo scorso  possiamo dire che facevano  parte delle cosiddette  “Civiltà sepolte”, poi è stato anche scoperto che erano in gran parte orientate seguendo il cammino del Sole e le fasi della Luna e che avevano una grande importanza architettonica nel mediterraneo. E che  i Sardi, infatti, come altri popoli antichi, hanno riportato sulla volta celeste i tratti più significativi della loro civiltà,del loro modo di fare e di pensare, della loro vita  sociale ed economica, fatta di Frades, di Gurdones, di Pinnetos, di Farches,  all’interno di  “Sa Via de Sa Paza(la Via Lattea), ecc., in quanto il cielo stellato per ogni popolo non è altro che lo specchio della realtà terrena.

Ma che significato avevano tutti questi nomi, vi direte?

Essi non erano altro che i tratti più significativi della nostra comunità proiettata sulla calotta celeste.

I monti dei ‘Sette Fratelli’, per es., nel Sud-Ovest della Sardegna un tempo si chiamavano dei ‘Seti Fradis’, nome con cui gli antichi sardi indicavano l’Orsa Maggiore, altrettanto la costellazione delle  “Pleiadi” veniva chiamata dai pastori e contadini sardi “Su Gurdone”, quella del Toro era “Su Pinnetu”,  quella del Leone si chiamava “Sa Farche”.

C’era tutta nostra civiltà agro-pastorale e l’economia: sa farche, rappresentava il mondo contadino, su pinnetu il mondo pastorale, su gurdone i  viticoltori: pane e casu e binu a rasu, come dice un vecchio  e  noto proverbio. Veniva rappresentata nel Cielo tutta la realtà economica stilizzata, santificata.

Pertanto leggendo questa opera troverete tante altre curiosità e spiegazioni con la descrizione e  lettura del nostro Cielo, secondo la visione che ne avevano i Sardi in base alle loro credenze, i loro proverbi, i racconti e i miti che un tempo erano legati al Sole, alla Luna, ai pianeti, al clima, ai venti e al volgere delle stagioni. E  troverete  la storia  di antichi astronomi e dotti eccellenti, di poeti e letterati, di geografi e scienziati straordinari tra i quali Aristarco, Eratostene, Archimede, Ipparco  e  Tolomeo e tanti altri che si sono distinti per la loro genialità e creatività.

 

 

 

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