La riscossa del pecorino romano: 27 euro al chilo, di Gianfranco Locci

Ma …«Manca il personale, il ricambio generazionale. All’orizzonte vedo una fase critica per la pastorizia. La politica deve intervenire con leggi e fatti concreti. Altrimenti, ci sarà lo spopolamento delle aziende. Ho il sentore che la “bolla” del Pecorino romano possa esplodere, a breve».

Scorgere un trancio nei banconi dei supermercati è quasi un’impresa. Oramai il Pecorino romano è un prodotto da tavola, ambito come e più del Parmigiano, stando ai prezzi stellari del periodo.

Il celebre formaggio bovino all’ingrosso viaggia sui 12 euro al chilo, mentre il collega ovino, vanto di Sardegna, veleggia sopra i 14. «In qualche rivendita, al consumatore, l’ho visto pure a 27 euro al chilogrammo», sentenzia Salvatore Palitta, consigliere del Consorzio di tutela del Pecorino romano Dop e storico produttore con azienda a Ozieri: «Da prodotto industriale è diventato una specialità».

La richiesta è in costante crescita, ma il latte è sempre meno. Il pastore di Orune, Nenneddu Sanna, puntualizza: «La situazione è allarmante. Manca la materia prima perché le campagne si stanno spopolando

C’è poco latte, così il Pecorino romano da esubero diventa una mezza rarità. E i prezzi incredibili testimoniano il periodo, quanto meno anomalo. Quello che per anni è stato un bistrattato formaggio da grattugia, ora cambia copione e prospettive. Va alla conquista di nuovi mercati, per cercare di mantenere queste elitarie quotazioni. D’altronde, come candidamente ammette il produttore Lorenzo Sanna dallo stabilimento Foi di Macomer, «il Pecorino romano in negozio supera con costanza i 20 euro al chilogrammo, un prezzo poco accessibile per le casalinghe».

Sanna prosegue: «Le ragioni sono molteplici. Come Consorzio abbiamo dato vita a una buona campagna di promozione, senza dubbio: adesso, fateci caso, piatti come la “cacio e pepe” spopolano e vengono proposti ovunque, pure nei ristoranti sardi. Poi, i nuovi sistemi di produzione hanno permesso di cambiare le cose: prima venivano date anche “otto mani di sale”, adesso la percentuale di sale si è ridotta tantissimo, di fatto rendendo questo formaggio sempre più da tavola e meno da grattugia».

Nel 2022 la produzione del Pecorino romano è diminuita del 5 per cento. Flessione anche per le esportazioni ma cresce il valore aggiunto, con l’impennata dei prezzi. Il latte oggi supera l’euro e cinquanta al litro.

Il Pecorino romano è a rischio? «Questa è una fase in cui abbiamo necessità di monitorare i consumi», afferma Salvatore Palitta: «Rispetto al Parmigiano siamo ancora una nicchia, però ritengo che si possa stare al vertice dei prodotti caseari anche nel lungo periodo. Quest’anno la produzione “in pasta” oscillerà tra i 340 e i 350 mila quintali».

Palitta svela un dettaglio che aiuta a essere ottimisti, nonostante tutto: «Se da un lato è vero che c’è poco latte, dall’altro va detto che l’80 per cento del prodotto sardo viene utilizzato per realizzare il Pecorino romano. Soprattutto in questa fase bisogna difendere questa tendenza».

I trasformatori ostentano ottimismo, vanno a caccia di nuovi mercati e possibili sbocchi che aiutino a conservare la nuova dimensione del Romano. I pastori, invece, temono eventuali beffe. «Il prezzo del latte oggi è molto alto, per noi però non è cambiato nulla», dichiara Mariano Are, dalle campagne di Bolotana: «Corrente, carburante, mangimi: è aumentato tutto. I giovani, poi, non hanno più voglia di fare questo lavoro». Nenneddu Sanna aggiunge: «Manca il personale, il ricambio generazionale. All’orizzonte vedo una fase critica per la pastorizia. La politica deve intervenire con leggi e fatti concreti. Altrimenti, ci sarà lo spopolamento delle aziende. Ho il sentore che la “bolla” del Pecorino romano possa esplodere, a breve».

L’UNIONE SARDA 7 giugno 2023

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    1 Comment to “La riscossa del pecorino romano: 27 euro al chilo, di Gianfranco Locci”

    1. By Mario Pudhu, 14 giugno 2023 @ 07:44

      In Sardigna un’iscola assurda, istranza e nemiga (prus de comente l’at batizada cudhu pedagogista de s’Emilia Romagna, chi no fit mancu pessendhe a sa Sardigna), s’iscola de sa birgonza de coltivare, si carchi cosa preparat est a professionistas de emigrare, a fuire, irbandhonare, fàghere desertu e chircare sa fortuna peri su mundhu.
      Cun d-una RAS de RASsistas chi no ischint nudha e prus pagu chircant de fàghere cosa.
      E mancu ischint proite bi sunt si no pro su chi… za l’ischint issos, balla!