«Soffocati dalla modernità», artigiani in via d’estinzione, di Luca Mascia

I contadini e gli  artigiani – dopo le suore, i preti ed i frati – rappresentano, anche in Sardegna, le più frequenti categorie in via di estinzione, quasi fosse il portato della vita di ‘antico regime’, che la modernità inevitabilmente manda al macero. Invece, non è necessariamente così, se sul serio abbiamo interesse a rivitalizzare le nostre comunità nel nuovo mix di locale e globale, di tradizione e innovazione. Ci sono giovani che ci stanno tentando. Hanno bisogno anche del contributo e della stima dei non più giovani. Come si evince dall’impegno di benemerite associazioni (S. C.).

Le saracinesche si abbassano per sempre. A migliaia. Sì, anche i più ostinati si sono arresi e così, anno dopo anno, nell’Isola appendono il grembiule al chiodo falegnami, fabbri, calzolai e tappezzieri. Senza dimenticare, solo per citarne alcuni tra i tanti, orafi, restauratori, tipografi orologiai e fotografi.

Secondo l’ultima analisi confezionata dalla Cgia di Mestre in Sardegna dal 2011 abbiamo detto addio a oltre 7.300 attività senza eccezioni territoriali. Dai paesi dell’interno ai centri storici delle città le piccole botteghe stanno sparendo portando via con sé conoscenze e tradizioni secolari che si dissolveranno tristemente nel tempo scalzate dalla modernità, dalla grande distribuzione e, non ultimo, dal tempo che arrugginisce mani e menti e non permette più di lavorare come in passato.

Francesco Porcu, segretario regionale dalla Cna, non crede che il destino dei piccoli artigiani sia scritto: «Non stiamo parlando di professionalità anacronistiche che non hanno quindi più senso in un mondo dominato dalla tecnologia», spiega il rappresentante degli artigiani. «Vogliamo invece salvare realtà che ricoprono ancora un ruolo cruciale nella società, che vivono e fanno vivere i centri storici, presidiano quartieri a rischio abbandono e, ovviamente, tramandano saperi della nostra tradizione che non devono essere cancellati solo perché meno conosciuti. Non è un caso che il ruolo sociale dei piccoli artigiani rientri tra i princìpi protetti addirittura dalla Costituzione per i valori di cooperazione che vanno oltre gli scopi di lucro commerciale».

I numeri dell’Istat, elaborati dalla Cgia, in effetti aprono alcuni spiragli. La classifica delle province dove il crollo delle attività artigiane è più contenuto regala infatti più di una sorpresa, eleggendo ai primi posti proprio le metropoli più caotiche e affollate d’Italia. Tanto per dimostrare che il piccolo commerciante di vicinato a conti fatti è ancora la scelta migliore e conveniente in confronto a un lungo viaggio nel traffico verso le periferie affollate di centri commerciali e rivendite all’ingrosso.

Discorso diverso è di sicuro quello che riguarda la Sardegna. Il numero di artigiani nell’ultimo decennio è crollato di oltre il 15% con punte del 18% a Oristano. Non solo, oltre la metà dei piccoli imprenditori ha un’età compresa tra i 59 e i 70, tanto per realizzare quanto poco tempo ci sia a disposizione per salvare il salvabile.

Il fenomeno non è sorprendente: ovunque nell’Isola il traffico congestionato e le distanze tra centro città e hinterland non sono ancora proibitive e se si vuole, per esempio, acquistare una cornice o un rubinetto li si prende in un grande magazzino dedicato al bricolage.

Senza parlare della filosofia “usa e getta” delle generazioni più giovani che non contempla certo la riparazione di scarpe usurate, vestiti scuciti, orologi fermi, materassi bucati o ceramiche sbeccate. Oggi tutto si butta e si ricompra senza pensieri, per la rassegnazione di chi per decenni è sopravvissuto ridando vita a ciò che poteva essere salvato e riutilizzato.

Il messaggio condiviso da tanti è chiaro: l’artigianato deve per certi versi essere considerato un animale in via di estinzione. E come tale va protetto e tutelato perché non sparisca.

Ecco perché al coro di chi vuole stringere i denti a tutti i costi si aggiunge Confartigianato Sardegna: «Non dobbiamo lasciare soli i nostri artigiani che stanno affrontando in questi mesi un periodo cruciale per la sopravvivenza delle attività», chiede l’associazione. «La sfida che dovremo affrontare nei prossimi mesi e anni sarà quella di consentire sia alle imprese che aprono, sia a quelle che resistono, di poter stare sul mercato, creare reddito e di poter competere con il resto del mondo. Gli incentivi per le imprese e i processi di internazionalizzazione rappresentano punti fermi dai quali continuare a lavorare e sui quali bisogna puntare con sempre maggior forza».

L’Unione Sarda, 27 marzo 2023

 

 

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