CHE COS’È LA VERITA’? di Mauro Bonazzi

Filosofo e saggista tedesco, Friedrich Nietzsche (1844-1900) è considerato con le sue opere lo spartiacque tra la filosofia tradizionale e una riflessione più informale e provocatoria.

Sua la frase «non esistono fatti, ma solo interpretazioni» . «Che cos’è la verità?». È la domanda che Ponzio Pilato aveva rivolto a Gesù. Rispondere non è facile. Ma qualcosa bisogna pur cercare di dire. Di solito i filosofi si rifanno alla formula di san Tommaso d’Aquino ( che era già stata di Aristotele, tra gli altri): la verità è la corrispondenza tra la mente e la realtà. Piove; io affermo che «piove»; se questa corrispondenza tra quello che dico (o penso) e la realtà esterna è corretta, ecco la verità. La formula è indubbiamente efficace. Ma fino a che punto la purezza e la semplicità di queste concordanze riesce a descrivere il caos di relazioni che ci circonda? La frase di Nietzsche, celebre e spesso citata a sproposito, «non esistono fatti, ma solo interpretazioni», nasce proprio in risposta alla presa d’atto di questo problema.

Intanto bisogna chiedersi se esista una realtà unica e indipendente, fatta di oggetti irrelati. O non esistono piuttosto relazioni? E in questo secondo caso, come rendere conto di tutte le relazioni? Ancora più insidiosa è poi un’altra domanda: esiste poi una prospettiva prìvìlegìata, e un linguaggio privilegiato, capace di metterci in rapporto con una vera e unica realtà? Un caso sintomatico potrebbe essere la scienza, ovviamente. In effetti, posso offrire una descrizione oggettiva della prigione che sta davanti a me come un edificio, fatto di certi materiali. Ma questa stessa cosa apparirà come luogo di condanna al prigioniero, come un interessante esempio di architettura neo-classica al turista di passaggio. Tutte queste descrizioni – o prospettive, per adottare i termini di Nietzsche – concorrono a creare un’immagine coerente della realtà in questione. Una realtà che può essere continuamente integrata da altre prospettive, arricchendo di conseguenza il suo significato. La realtà insomma appare come sfaccettata e ogni prospettiva rivela non «la» verità, che di fatto diventa una espressione senza molto senso, ma «una» verità. Si tende a descrivere questa posizione nei termini di «relativismo», ma sarebbe più corretto parlare di «pluralismo», perché non nega l’esistenza della realtà (perché tutto è relativo, dipendente dal soggetto), bensì l’idea che esista un unico, privilegiato approccio ad essa.

L’intuizione di Nietzsche diventa ancora più interessante, quando osserviamo che queste prospettive portano inevitabilmente con sé anche valutazioni, giudizi di valore. Quella che posso semplicemente descrivere come una «foresta» agli occhi di un altro può apparire come una fonte di estrazione di legname e ad altri ancora, sempre di più in questi giorni, «un carbon sìnk», vale a dire un luogo di assorbimento di carbonio ( e dunque di inquinamento) – qualcosa della cui importanza stiamo diventando sempre più consapevoli, se· vogliamo continuare a vivere su questa Terra. Imparare ad ampliare il nostro sguardo sulle cose è insomma l’unico modo che abbiamo per imparare ad apprezzare la realtà in tutta la sua potenzialmente infinita ricchezza, ed è la condizione necessaria per muoversi con successo nel labirinto che ci circonda.

SETTE, 06.01.2023

 

Condividi su:

    Comments are closed.