Andarsene è un peccato, di Andrea Mereu

La sfida continua lontano dall’Isola di Sardegna.

Facciamo due calcoli. Per intenderci cosa sia davvero l’occasione della vita e perché tale occasione esiga un prezzo molto alto.

A Londra, un sobrio appartamento con due stanze da letto, in zona due, distante circa mezz’ora di metropolitana dal centro, può costare, a essere gentili, millecinquecento sterline mensili. Scordandosi il giardino o ulteriori vani. Ovviamente escluso di bollette.

Per una eguale stanza singola ubicata in zone adiacenti, le sterline arrivano a mille. Senza fiatare. Perché il ricambio è tale che si fa presto a ricevere lo sfratto.

Un abbonamento mensile ai mezzi, necessario per ammortizzare le spese ordinarie, ne costa quasi duecento. Altri quattrocento se ne vanno via fra alimenti e pasti consumati – al volo- durante i giorni di lavoro.

Uno stipendio medio, buono per i criteri cui è possibile definire un lavoro generico è di duemila sterline. Per settimane lavorative issate abitualmente fra le 45 e 50 ore, straordinari esclusi.

Ergo, a Londra, se non ci si impegna allo strenuo o si hanno mestieri qualificati, la fine del mese diventa addirittura un’avventura che risucchia il tempo entro una spirale incredibilmente rapida.

Quassù il tempo letteralmente vola, e ci si ritrova catapultati al lunedì successivo senza nemmeno aver avuto il tempo di metabolizzare la settimana appena conclusa.

Non volendo così considerare la battaglia quotidiana per rispettare i transiti, gli orari rigorosi, i momenti di punta ove ci si può trovare trafitti da code interminabili e immancabili ritardi.

Solo dopo tempo e a furia d’abitudine, l’inglesitudine traveste l’individuo che si trova così a diventare parte di un grande gioco di società in cui le prospettive sono indicative solo nel raggio quotidiano. Altrimenti si inscena il dilemma fatidico del destino: cosa fare? Restare o andare via?

L’emancipazione di un individuo si può avere solo quando l’effettiva rendita del suo lavoro gli permetta di sostenere se stesso e la famiglia senza bisogno di sussidi. Magari, concedendosi il privilegio, tutto occidentale, di acquistare la casa e instradare la vita nell’ordinario flusso del buon cittadino previdente.

Mai che venisse in mente di studiare alternative meno attraenti perché certe decisioni mettono in crisi prima l’orgoglio e poi le finanze.

Personalmente non sono un estensore delle partenze. E ne ho motivo. Ho capito a mie spese quanto le differenze siano anzitutto ascrivibili alla volontà individuale di trarsi dagli impacci.

Quassù le giornate iniziano prima dell’alba. Molti grandi manager che vivono fuori città nelle belle magioni vittoriane, compiono tragitti in treno che possono arrivare alle due ore per tratta. Ma è la loro vita. Così pianificata. Perché, in fondo, una cultura lavorativa emancipata fa presto a fare i conti con l’oste. E l’oste è poco disposto a fare sconti. Così si lavora la notte, col gelo, a due ore di distanza da casa.

Oppure si sceglie il male minore e il bene maggiore e li si mette assieme entro una prospettiva che abbia equilibri solidi.

È altresì vero che quassù il ricambio è straordinario. La forza di tutto questo apparato paradossale è nel sistema fiscale che mette in grado il contribuente di diventare- ancora- piccolo imprenditore senza soccombere alle follie della tassazione vessatoria.

Quassù entro una mattinata e con quattro firme sulle carte si apre azienda e si comincia a lavorare.

Oppure, essendo dipendente, la gran parte della busta paga resta appannaggio del lavoratore che ha così l’opportunità, stante gli sforzi, di conquistarsi una buona posizione e una vita mediamente benestante.

Leggendo le cronache isolane, apprendo che lo spopolamento andrebbe combattuto manovrando ancora sui servizi. Che c’erano, sono stati divelti.

Si riparta dal lavoro. Dai lavoratori. Da chi, senza bisogno d’essere eroe, ha il diritto di vivere dove gli piace. Perché gli piace. E gli piace perché ci è nato. Andarsene è un peccato.  Andrea Mereu

L’Unione Sarda, 7 gennaio 2023

 

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