«Con l’Einstein Telescope l’Isola in mezzo alle stelle», intervista alla ministra del lavoro MARINA CALDERONE, di Giuseppe Deiana

A Cagliari per godersi la famiglia a Natale, dopo le fatiche per l’approvazione della manovra finanziaria.

L’ultimo sardo a precederla al Governo è stato Paolo Savona, ministro per gli Affari europei nel Governo Conte che si insediò nel giugno 2018 per poi concludere il mandato meno di un anno dopo, a marzo del 2019. Oggi Marina Calderone, nata a Bonorva ma cagliaritana d’adozione e soprattutto, come dice lei stessa, «cresciuta umanamente e professionalmente nell’Isola», porta virtualmente il vessillo dei Quattro mori (che aveva nel suo ufficio da presidente dei Consulenti del lavoro italiani) nell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.

A Cagliari per godersi la famiglia a Natale, dopo le fatiche per l’approvazione della manovra alla Camera, spiega quali sono gli obiettivi che il Governo si è posto. Poi è partito il tour de force al Senato per il via libera definitivo e per evitare così l’esercizio provvisorio.

Ministro, lei è l’unica rappresentante sarda nell’esecutivo: cosa significa vedere oggi le cose dall’altra parte della barricata rispetto alle istanze che arrivano dall’Isola?

«Il fatto di essere l’unica sarda mi fa sentire ancora più responsabilizzata. Sapere di provenire da una regione così speciale, peraltro nel senso di una specialità data da tantissime cose e da una tradizione millenaria, è l’elemento che mi impone di fare del mio meglio. Noi sardi ci concentriamo sui fatti, caratteristica del nostro popolo: io sono un tecnico e vorrei che questa fosse la cifra distintiva del mio operato. Mi occupo di lavoro da tantissimo tempo anche in Sardegna ed essere nata e cresciuta anche professionalmente nella nostra terra mi permette di non avere un approccio univoco alle situazioni. Bisogna tenere conto delle sfumature e comprendere che l’Italia è un Paese con tante peculiarità e contraddizioni. Quindi essere l’unico ministro sardo mi onora ma mi impone di mantenere aperti i canali di comunicazione con chi su questa terra ha ruoli di responsabilità, per risolvere situazioni difficili anche di crisi in zone importanti del nostro bacino occupazionale».

Veniamo alle misure della manovra da poco approvata. Serviranno a sostenere le famiglie e le persone svantaggiate?

«La manovra è uno strumento molto complesso che parte dalla necessità di dare risposte principalmente a quelli che sono i costi delle bollette: 23 miliardi su 35 sono destinati a questa voce. Per ciò che mi riguarda, gli strumenti andavano ritarati, a iniziare dal reddito di cittadinanza, per assicurare sostegno alle famiglie e a chi si trova in situazioni di difficoltà ma, allo stesso tempo, anche per aiutare le aziende ad abbattere il costo del lavoro riducendo il cuneo fiscale contributivo, come si dice. Certamente sono interventi iniziali: abbiamo un impegno di legislatura sulla riduzione del cuneo fiscale al 5%. In questo momento, l’intervento consente a chi ha redditi sotto i 25 mila euro di avere una riduzione del cuneo del 3%. Siamo poi intervenuti sull’assegno unico aumentandolo del 50% per chi ha bimbi sotto un anno o per chi ha tre figli. Infine, sono state messe in sicurezza quelle norme che consentono di assumere, con incentivi importanti per donne, giovani e soggetti svantaggiati».

Lo scontro, anche in Parlamento, è stato soprattutto sul reddito di cittadinanza.

«Per quel che riguarda il contrasto alla povertà abbiamo fatto una distinzione: non rimarrà senza il sussidio chi non è in condizione di lavorare. Abbiamo anche messo in sicurezza alcune categorie di soggetti che la norma originaria non individuava come fragili, per esempio, le famiglie che hanno figli minori, anziani disabili, insomma tutti coloro che vivono una condizione di estrema difficoltà. Il nostro obiettivo, tuttavia, è reinvestire sull’occupazione e sull’accompagnamento al lavoro di tutti i soggetti che altri governi hanno definito occupabili, utilizzare al meglio gli strumenti ma non lasciare indietro nessuno e ricordarci che la dignità delle persone passa anche attraverso la riaffermazione del diritto al lavoro».

I sussidi dunque non bastano, bisogna creare anche le condizioni per rendere occupabili le persone che ricevono il reddito di cittadinanza, non crede?

«Assolutamente sì, infatti l’obiettivo non è quello di togliere il reddito a chi è in condizioni di difficoltà estrema. Lo strumento sarà rivisitato per renderlo più fruibile e più vicino a chi non è in condizioni di lavorare. Penso a un coinvolgimento dei Comuni e del territorio, a un nuovo strumento di inclusione sociale, in più c’è il tema della occupabilità e dell’accompagnamento al lavoro delle persone. Sono conscia che i soggetti dichiarati occupabili possano avere difficoltà di inserimento anche per la loro prolungata assenza dal mondo del lavoro e poi perché stiamo vivendo un momento di profondo cambiamento: tante professionalità non sono richieste oppure non sono richieste nel modo in cui venivano effettuate in passato. Serve un riordino delle azioni su competenze e formazione: vedo molta più formazione aziendale e meno a catalogo che talvolta ha il vantaggio di rimettere in gioco le persone ma non è mirata sul posto di lavoro».

Il turismo, anche in Sardegna, ha vissuto momenti di grande difficoltà nel reperire il personale, pure a causa del reddito di cittadinanza.

«È una delle indicazioni che ci hanno fornito tantissime aziende, che hanno ricevuto un diniego a causa della percezione del reddito da parte dei lavoratori. In Finanziaria è prevista la possibilità di cumulare il reddito di cittadinanza con il lavoro occasionale, soprattutto nella ristorazione e accoglienza, fino a 3000 euro di compenso. Faremo poi un’attività di confronto con le grosse filiere, ristorazione e accoglienza, per promuovere la formazione mirata degli operatori».

Molti imprenditori lamentano di non trovare personale adeguato.

«Dobbiamo intervenire sulla formazione tecnica superiore, perché dove funziona bene, i ragazzi che frequentano questi percorsi hanno il lavoro assicurato».

Anche in Sardegna sta nascendo la Zona economica speciale, la considera un’opportunità?

«Credo sia una grande opportunità tanto che abbiamo prorogato al 31/12/2023 il credito d’imposta per gli investimenti delle imprese che investono in ambito Zes ed è un segnale importante che il Governo ha verso questa realtà. Bisogna poi riflettere su come utilizzare strumenti che già esistono. Inoltre, il ministero del Lavoro ha provveduto a fare tutte le comunicazioni alla Ue per confermare la decontribuzione Sud che è un elemento importante. Credo si debba cogliere la sfida, insediarsi e operare all’interno delle Zes deve essere anche un momento per cercare di promuovere start-up innovative che hanno bisogno di essere sostenute con formazione e inserimenti mirati. Do la mia massima disponibilità perché dobbiamo calare gli strumenti nel contesto in cui debbono operare e sono a disposizione dell’assessorato regionale del Lavoro per un dialogo e una collaborazione».

Veniamo al progetto forse più importante per la nostra Isola, quello per accogliere l’Einstein Telescope a Lula. Lei ci crede?

«L’Einstein Telescope è una sfida di portata eccezionale per i numeri e le opportunità che potrà fornire alla nostra regione. Da un lato c’è il tema dello sviluppo delle aree interne e poi quello dell’opportunità di far crescere il prodotto interno lordo e promuovere nuove ricadute occupazionali. Se il progetto sarà aggiudicato a Lula ci vogliono dieci anni per realizzarlo e il numero delle persone coinvolte è impressionante: si parla di trentamila persone con qualifiche, formazione e funzioni diverse. Un progetto di così ampia portata, con ricadute enormi sul nostro Paese in termini di visibilità internazionale, io credo vada sostenuto con forza a livello europeo ma anche con patti territoriali e azioni di sistema che coinvolgano il ministero del Lavoro e le realtà territoriali. In prospettiva è come se noi proiettassimo la Sardegna al centro delle dinamiche internazionali della ricerca e in questo caso la portiamo proprio in mezzo alle stelle».

L’inserimento del principio di Insularità in Costituzione potrà essere d’aiuto e assicurare alla Sardegna i diritti che le spettano?

«Penso soprattutto che possa essere riaffermata la nostra specialità, così la voglio chiamare, ma per dare opportunità a chi vive in Sardegna, chi ci lavora, e poter beneficiare di interventi strutturali che mettano in evidenza le peculiarità della nostra collocazione. Non si può vivere l’essere sardi come una condizione di isolamento, ma di centralità della Sardegna nel Mediterraneo. Questo è il concetto che deve essere potenziato e valorizzato».

 

 

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