La BBC di Churchill conquistata dai Nuraghi, di Mauro Pili

British Broadcasting Corporation, ovvero BBC. Non una semplice rete televisiva sulle sponde del Tamigi, ma un vero e proprio impero dell’informazione mondiale capace di trasmettere in 28 lingue, dalla radio alla tv, dal digital ai social.

Da sempre, dal 18 ottobre 1922, giorno della prima trasmissione, quelle tre lettere sono diventate un marchio indelebile di autorevolezza, verità e libertà d’informazione.

Oggi quel colosso mediatico non è solo la più antica emittente nazionale del mondo ma anche la più grande per numero di dipendenti, con oltre 22.000 collaboratori. «Mysterious». Insomma, se la BBC si occupa del «mysterious» dell’Isola dei Nuraghi significa che la notizia c’è.

Per lanciare sull’etere mondiale lo speciale sul “mistero dei Nuraghi” hanno scelto il canale digital, quello universale, capace da ogni angolo dei continenti più remoti di far accedere i suoi “clienti” nel cuore nuragico della “Sardinia Island”.

A far balzare gli ascolti del colosso anglosassone non ci sono più i discorsi della vittoria di Winston Churchill, a partire da quello dell’otto maggio del 1945, quando attraverso i microfoni della BBC comunicò la resa incondizionata dei tedeschi, ma una sapiente quanto “mondiale” gestione delle notizie speciali, a partire dalla nuova serie Unearthed (dissotterrato nella traduzione letterale) della BBC Travel nata per mettere sotto i riflettori del mondo le meraviglie archeologiche, scoperte di recente, che poche persone hanno mai visto.

Non è dato sapersi se la regia strategica del network di Londra applichi ancora le regole imposte nel settembre del 1940 ai giornalisti destinati alla traduzione italiana della “propaganda” adottata verso l’Italia da liberare, di certo alcuni capisaldi di quelle direttive ancor oggi appaiono suggestivi nello speciale della BBC sui Nuraghi che sta facendo il giro del mondo.

Harold Stevens, il “colonnello giornalista” a capo della struttura italiana della BBC, aveva un dogma impresso come un effige sulla missione “comunicazionale” affidatagli dal governo Churchill: far sussultare gli italiani alla ribellione contro il regime. Scuotere l’apatia E la prima regola del manuale ancora custodito negli archivi della BBC recita: «Scuotere il popolo italiano dal suo stato attuale di apatia». Per fare questo la rete di Londra applica per il Bel Paese una regola collaudata: «Indurre la fiducia che quello che diciamo è vero».

Altro contesto, altra storia, si dirà, ma lo speciale sul mistero dei Nuraghi, firmato dalla giornalista documentarista Kiki Streitberger, che svetta sulla home page della BBC è molto di più di un’esortazione rivolta all’apatia che tarpa le ali all’immensa Civiltà Nuragica della Sardegna.

Per farlo la BBC usa immagini destinate a fare il giro dell’universo, a partire da quel misterioso quanto ciclopico corridoio a sesto acuto ideato e costruito la bellezza di 3.500 anni fa nella reggia di Santu Antine a Torralba sino al crocevia dell’Isola, nel territorio di Abbasanta, nella magia del Nuraghe Losa. Il titolo è suggestivo: “Sardinia’s mysterious beehive towers”, le misteriose torri dell’alveare della Sardegna.

Un “mistero”, appunto. Una definizione “misteriosa” che sia sul piano comunicazionale che strategico costituisce il vero filo conduttore del viaggio della BBC tutto proteso ad “indurre” alla scoperta di quell’affascinante segreto racchiuso in quelle ciclopiche torri nuragiche di cui la prima vera isola del Mediterraneo è costellata.

La magnificenza raccontata dall’inviata di Londra parte dalla grandezza dell’insieme nuragico: «Più di 7.000 grattacieli dell’età del bronzo un tempo punteggiavano quest’Isola». Con una prospettiva archeologica che affascina: «Ora nuove scoperte fanno luce sulla civiltà nuragica della Sardegna».

L’immagine che ne emerge è quella di una “esclusiva” civiltà millenaria scoperta dagli occhi dello straniero, di chi niente sa e niente immagina. Kiki Streitberger, inviata in terra di Sardegna, il suo viaggio lo racconta con il candore di un incedere inconsapevole in quella sosta al distributore di carburante ad Abbasanta, crocevia della statale 131, incrocio per le due direttrici dell’antica Y romana, verso nord e verso est: «Aspettando di non trovare altro che un mucchio di grossi sassi, ho seguito il cartello fuori dall’autostrada in un piccolo parcheggio ed eccolo lì, che sorgeva da un paesaggio pianeggiante, verdeggiante, coperto di fiorellini bianchi, con alcuni asini sparsi in giro: il Nuraghe Losa. Da lontano sembrava un grande castello di sabbia con la cima che si sgretolava, ma, mentre mi avvicinavo, iniziai a rendermi conto delle dimensioni colossali del monumento di fronte a me».

Racconta al mondo universale della BBC: questi Nuraghi «custodiscono antiche rotte commerciali, attraversamenti fluviali e luoghi sacri. Gli edifici a forma di alveare, immediatamente riconoscibili, non si trovano in nessun’altra parte del mondo, e quindi sono diventati il simbolo della Sardegna».

Il mistero è il filo conduttore della narrazione: «Non è ancora chiaro come e perché i sardi dell’età del bronzo abbiano costruito queste imponenti torri. Le teorie sul loro utilizzo spaziano da fortificazioni e abitazioni a negozi di alimentari, luoghi di culto o persino osservatori astronomici. È probabile che nel corso della loro storia abbiano servito molti di questi scopi, proprio perché le torri sono rimaste per secoli centrali nella vita nuragica». L’immaginazione d’oltre Manica non azzarda e si affida al Sardus Pater, l’archeologo numero uno dell’Isola, quel Giovanni Lilliu che per primo ne ha decifrato significato e imponenza. Rievoca la BBC: «Nel 1953 l’archeologo più famoso della Sardegna, Giovanni Lilliu, scriveva sulla rivista italiana Le vie d’Italia: “I nuraghi, per la Sardegna sono un po’ come le piramidi per l’Egitto e il Colosseo per Roma: testimonianze non solo di una fiorente e storicamente attiva civiltà ma anche di un concetto spirituale che conferiva alle sue manifestazioni esterne un carattere monumentale e duraturo».

È la suggestione di quell’ingresso a scolpire emozioni rare nei racconti dell’inviata dei media di Westminster: «Entrando a Losa attraverso uno stretto varco nel muro di pietra ricoperto di licheni, trovai passaggi oscuri, incorniciati da enormi rocce tondeggianti, che conducevano in direzioni diverse; e sopra di me, un soffitto di 3.300 anni che somigliava ad una pigna rovesciata. Con mia grande sorpresa e stupore, una scala a chiocciola nascosta nelle pareti interne conduceva al tetto dell’edificio. Sebbene consumata in alcuni punti più di un pendio roccioso, la scala è ancora così perfettamente funzionante che ho camminato su e giù diverse volte, immaginando tutte le persone che avrebbero calpestato quei gradini prima di me».

L’immaginario si fa stupore quando, alla fine di quelle scale, così tanto ingegnose ed esclusive, lo sguardo del viandante si proietta sull’orizzonte della vetta: «La cima offre un punto di osservazione perfetto da cui il popolo nuragico poteva osservare il paesaggio boscoso e allora selvaggio per scrutare potenziali minacce. Da lì potevano individuare in lontananza altri nuraghi, portando gli storici a ritenere che le strutture non fossero solo simboli di potere e ricchezza, ma anche una catena di comunicazione a livello isolano – “un po’ come internet”, ha detto Manuela Laconi della organizzazione Paleotur, che gestisce il sito del Nuraghe Losa».

Il viaggio della BBC va oltre, raggiunge Su Nuraxi, a Barumini, l’unico nuraghe iscritto nella lista dell’Unesco, sorvola Nuraghe Arrubiu, sull’altopiano di Orroli, «un monumentale bastione pentalobato la cui torre centrale di 30 metri era una delle strutture più alte dell’Europa dell’età del bronzo», sino la magnificenza di Santu Antine a Torralba. L’excursus sui simboli è un insieme che rende i Nuraghi «l’impresa ingegneristica più riconoscibile della civiltà». Ci sono, poi, i Giganti di Mont ‘e Prama e le «loro piccole e intricate sculture in bronzo (bronzetti)». Confessa la giornalista: «Il British Museum di Londra ne ha alcune nella sua collezione, ma l’esposizione più completa si può ammirare nel Museo Archeologico Nazionale del capoluogo sardo, Cagliari».

Lo spot “gratis” della BBC è molto più di una scossa all’apatia. A volte, pur avendoli davanti a casa, in molti continuano ad ignorare questi straordinari monumenti di 3/4000 anni fa, esempio unico al mondo della grande civiltà del Popolo Sardo. Si continuano a spendere una valanga di soldi pubblici per inutili “viaggi vacanze” di soggetti vari in giro per il mondo, dimenticandosi, però, che il “tesoro” è qui, nella terra dei Nuraghi. Parola di BBC, quella di Winston Churchill.

 

 

L’UNIONE SARDA, 22 ottobre 2022

 

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