La reggia nuragica di Cagliari: a Monte Urpinu, di Massimiliano Rais

Maestoso e imponente. Un gigante di pietra bianca davanti a un orizzonte senza confini: il mare, gli stagni, la distesa del Campidano, i contrafforti montuosi dell’interno. È il nuraghe di Cagliari che viene riportato alla luce nel Parco di Monte Urpinu. Una scoperta eccezionale.

Il merito va attribuito agli archeologi Giovanni Ugas e Nicola Dessì, il maestro e l’allievo uniti in questo esaltante ritrovamento agevolato da Corrado Mascia, cagliaritano, appassionato di archeologia e promotore della pagina Facebook “I custodi della memoria” che ha indicato ai due studiosi la strada migliore per recuperare la memoria del monumento.

«Lo cercavo da tempo – afferma Masciama pensavo si trovasse in un altro punto del colle. Un amico, Giuseppe Cocco, mi ha inviato una foto di dettaglio della zona. In quella immagine ho notato i segni che rimandavano a quel nuraghe. Le incertezze si sono diradate. Ho individuato l’area e ho subito chiamato Giovanni Ugas e Nicola Dessì. Da loro è arrivato il riconoscimento ufficiale».

Il monumento «Il nuraghe di Monte Urpinu – spiega Ugas mentre percorre lo stretto sentiero che porta al sito sopra viale Europa – mostra lo stesso disegno planimetrico della reggia nuragica di Su Nuraxi di Barumini, ma era più grande a giudicare dalla lunghezza della cortina muraria residua».

Degli antichi fasti resta appunto la sequenza di massi calcarei della cinta esterna, altre grosse pietre, che probabilmente erano parte di una delle torri, e resti di manufatti che continuano a essere testimoni un passato molto lontano. Rovi, sterpaglie e rifiuti sono l’ingombrante contrappunto di una vicenda fascinosa che arricchisce notevolmente i tempi della storia cagliaritana.

Il monumento ha purtroppo subito danni irreversibili: nell’area si è svolta per secoli un’intesa attività estrattiva. La cava di calcare, fulcro di una fiorente economia, ha inevitabilmente condizionato il destino del poderoso edificio e sottratto preziose informazioni.

Inoltre, durante la seconda guerra mondiale, il nuraghe è stato “soffocato” dalla fortificazione militare costruita per ospitare la batteria antiaerea. In anni più recenti, nelle immediate vicinanze, il Comune ha realizzato anche una grande cisterna in cemento.

«Oggi, – dichiara Ugas, già docente di Preistoria e Protostoria all’Università del capoluogo e profondo conoscitore della Sardegna nuragica – sul rilievo di Monte Urpinu, sarebbe stato possibile ammirare una fortezza imponente se non fosse stata divorata per la gran parte dalla cava che ha aperto un baratro sul suo lato est, e seriamente danneggiata dal fortino dell’ultima guerra. Il serbatoio dell’acqua si trova invece nell’area in cui sorgeva una delle torri del bastione quadrilobato».

Lo straordinario ritrovamento del nuraghe di Monte Urpinu consente di comprendere meglio una notizia del lontano 1926: «Allora – chiosa Dessì il soprintendente all’archeologia della Sardegna, Antonio Taramelli, così scriveva in un articolo sul Nuraghe Domu ‘e S’Orku di Sarroch: “Il signor Nissardi accurato osservatore, mi assicurava di aver in gioventù osservato una reliquia molto probabilmente di edificio nuragico sul Monte Urpino, a est di Cagliari, ferace di rinvenimenti di manufatti litici, massime di ossidiane”.

Questa notizia non ebbe seguito e fu ripresa sporadicamente, in particolare dall’archeologo Enrico Atzeni in un articolo inserito nel volume su Santa Igia pubblicato nel 1986 e curato dalla medievalista Barbara Fois. I reperti trovati nei siti di Bonaria, via Campidano, nella zona di via Brenta e via Po, di Sa Illetta fanno pensare a vari insediamenti nuragici presenti nell’area cagliaritana, ma non era stata individuata con certezza la traccia concreta di un nuraghe, mentre più copiosi risultano le testimonianze prenuragiche: le grotte, frequentate fin dal Neolitco, di Sant’Elia e San Bartolomeo, le tombe eneolitiche di Monte Claro e Sa Duchessa».

L’emozione e la sorpresa di Giovanni Ugas che avverte una gioia immensa: «Pensavo che Filippo Nissardi avesse intravvisto il rudere di un piccolo nuraghe, una torre di guardia, e invece, con mia sorpresa, ho notato in mezzo ai lentischi e alle euforbie i resti di ben altro monumento: un grandioso edifico che doveva dominare da oltre 20 metri di altezza uno stupendo panorama con lo sguardo a 360 gradi».

Secondo Dessì «i resti del nuraghe, bianco come lo splendido Nuraghe Mereu di Orgosolo, costruito con massi di calcare recuperati a Monte Urpinu, consentono di capire la forma del suo disegno originale, quello di un grande nuraghe con il bastione quadrilobato circondato da una cinta esterna e l’antemurale comprendente un numero imprecisato di torri. Della fortezza sono visibili tre o quattro filari di un’intera cortina muraria del quadrilobato, lunga oltre 20 metri, e l’abbozzo delle curvature delle due torri adiacenti, oltre che la sommità del perimetro di una torre della cinta antemurale».

Ugas indica l’ampio orizzonte: «L’attenzione viene catturata dai tanti villaggi e nuraghi del circondario. Tra gli altri si osservano sul versante est il Nuraghe Diana di Quartu, Cuccuru Nuraxi di Settimo San Pietro, Bi’e Palma di Selargius, Monte Olladiri e Monte Zara di Monastir, Sant’Uanni di Dolianova, e sul versante ovest Antigori di Sarroch, Niu de su Pilloni di Uta, Monte Idda e Casteddu de Fanari di Decimoputzu, Su Sonadori di Villasor. La “reggia” di Monte Urpinu era il tassello mancante, l’anello più importante, del disegno insediativo nuragico del Campidano meridionale comprendente anche le altre regge nuragiche di Sant’Uanni, Casteddu de Fanari e Su Sonadori, che controllavano e guidavano altrettanti territori tribali. Cagliari evidentemente era già in età nuragica la porta del Campidano, dove iniziava la terra del popolo degli Iliesi. Il dominio dello spazio era la funzione fondamentale del nuraghe e viene alla mente il controllo, sulle vie del mare, delle navi che dalla Sicilia e più lontano dalla Grecia e da Creta giungevano verso i porti della Sardegna».

Giovanni Ugas mette in evidenza che il nuraghe di Monte Urpinu non riveste solo un’importanza archeologica. La storia di Cagliari acquista una nuova centralità e un senso più compiuto: «Lo storico greco della Sicilia Diodoro, nel I secolo a.C., narrava, in un racconto mitizzante, che Cagliari fu fondata, insieme a Olbia, da Iolao, l’eroe di Tebe compagno di Eracle. In effetti, Diodoro Siculo chiamò Agryle, grecizzandola, la città che ai Cartaginesi era nota come Karel e ai romani come Karales. Dunque quello di Cagliari è un nome dalle radici antichissime, almeno di origine nuragica. Non meno interessante è la narrazione di Pausania sull’eroe culturale Aristeo che, venuto dalla Beozia, secondo il mito, insegnò ai Sardi come produrre il vino, l’olio, il latte, il miele e il formaggio di cui l’isola evidentemente era ricca. Aristeo avrebbe chiamato Dedalo per costruire i nuraghi, in un tempo che precedeva Iolao. Di Aristeo si dice che fu Signore di Cagliari e che pacificò i popoli dei Libi e degli Iberi. L’appellativo “Signore di Cagliari” di Aristeo è molto significativo e può far pensare a un culto dedicato a una divinità sarda equiparata al greco Aristeo, oppure al fatto che, già in età nuragica, Aristeo era il corrispondente di un re e allora Cagliari doveva essere già il più importante centro della Sardegna, come ci conferma il nuraghe di Monte Urpinu».

La Soprintendenza ai Beni archeologici è stata informata del ritrovamento. Si aprono scenari inediti con la possibilità di acquisire dati del tutto nuovi. Il nuraghe bianco alla sommità del colle cagliaritano è una pagina originale: «Adesso – concludono Giovanni Ugas e Nicola Dessì – si pone l’esigenza della tutela, del restauro, e della valorizzazione del monumento, attraverso la ricerca scientifica che faccia piena luce sulla sua presenza sulla sommità di Monte Urpinu, alle porte del Campidano e della Sardegna».

L’Unione Sarda, 31 gennaio 2022

 

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