Intervento, svolto dall’avv. Antonello Angioni il 19/01/2022 sul preliminare del PUC della città di Cagliari, in adeguamento al PPR.

Pubblichiamo l’importante testo (con alcune integrazioni) dell’intervento in Consiglio comunale del presidente della Commissione “Pianificazione Strategica e dello Sviluppo Urbanistico”.

1.         Dopo 15 anni di attesa, il Consiglio comunale è chiamato a discutere la proposta relativa all’adeguamento del Piano Urbanistico Comunale alle disposizioni contenute nel Piano Paesaggistico Regionale e nel Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale.

Tuttavia, il Piano – che oggi esaminiamo nella sua stesura preliminare – non nasce dal nulla ma si colloca all’interno di un procedimento avviato sin dal 2018 con la deliberazione del Consiglio n. 184 che ha approvato gli “Indirizzi programmatici e operativi per l’adeguamento del PUC al PPR e al PAI”: un documento assai importante che definisce l’ambito della pianificazione, analizza il contesto socio-economico, urbano e territoriale (riferito alla Città metropolitana) e indica il programma delle attività necessarie per la redazione del PUC col relativo cronoprogramma.

Poi, a seguito dell’entrata in vigore della L.R. 1/2019, vi è stata la deliberazione consiliare n. 42 del 26 marzo 2019 con la quale si è preso atto dell’avvenuto “avvio del procedimento” per la formazione del nuovo PUC.

 

2.         In continuità amministrativa, la Giunta in carica, con deliberazione n. 54/2020, ha approvato la “Metodologia operativa e l’articolazione delle attività tecnico-amministrative per l’adeguamento del PUC al PPR e al PAI”. E, con la coeva deliberazione n. 55/2020, ha istituito l’Ufficio del Piano. Va anche ricordato che il Consiglio comunale, con deliberazione n. 61 del 20 aprile 2021, ha adottato lo “Studio comunale di assetto idrogeologico”.

 

3.         Non vi è dubbio che la delibera di adeguamento del PUC costituisca un atto dovuto. Ma ritengo che non debba essere un mero “adeguamento” in quanto il Comune potrà utilizzare tale opportunità per arricchire e integrare l’insieme dei valori ambientali, paesaggistici e storico-culturali nell’ambito di una strategia di valorizzazione del proprio territorio. In pratica, si tratta di conferire contenuti paesaggistici e culturali alla pianificazione urbanistica, andando verso il superamento delle norme di salvaguardia per individuare una disciplina che consenta uno sviluppo sostenibile del territorio al passo coi tempi. Cagliari dovrà dunque dotarsi di uno strumento innovativo flessibile, facile da gestire, lontano dalle incongruenze e dai limiti dell’attuale PUC.

 

4.         In questa fase, dobbiamo avere la capacità di interrogarci su alcune questioni fondamentali riguardanti la storia e le prospettive strategiche della Città: è un interrogativo che può aiutarci anche a capire come e attraverso quali vicende la Città è diventata quella del presente.

 

5.         Ai fini di un inquadramento generale, va detto che il territorio comunale ricade interamente nell’Ambito di paesaggio n. 1 del PPR, denominato “Golfo di Cagliari”. Ambito caratterizzato da un sistema paesistico unitario in cui si riconoscono almeno tre grandi componenti, strettamente interconnesse: 1) il sistema costiero dello stagno di Cagliari – laguna di Santa Gilla; 2) il compendio umido costituito dal Molentargius, delle saline e dal cordone sabbioso del Poetto; 3) la dorsale geologico-strutturale dei colli di Cagliari.

Queste grandi dominanti rappresentano la matrice (funzionale e strutturale) dell’intero ambito paesaggistico: matrice sulla quale ogni stratificazione si è sviluppata nello spazio e nel tempo.

 

6.         Il dato non è ininfluente perché consente di cogliere il ruolo che la pianificazione urbanistica può svolgere per la tutela e la valorizzazione dell’ambiente naturale. L’urbanistica, purtroppo, a Cagliari (e non solo a Cagliari) è sempre stata condizionata dalle vicende legate alla proprietà fondiaria, dai valori e dagli interessi in conflitto che essa riflette e dal modo in cui l’Amministrazione viene coinvolta in questi eventi.

Chi vi parla è ben conscio delle complicate relazioni che esistono tra teoria e metodo nella formazione delle pratiche correnti dell’urbanistica che, in parte, sono il frutto del lavoro meticoloso dell’ingegnere pianificatore e, in parte, costituiscono un esercizio di immaginazione creativa che, partendo dall’analisi delle esigenze generali della collettività, cerca di dare adeguate risposte a singoli problemi. L’urbanistica rappresenta dunque un cosciente sforzo interpretativo e di analisi, una disciplina umanistica attraverso la quale si dovrebbero dare risposte adeguate ai bisogni che la comunità esprime.

 

7.         In tale prospettiva, occorre considerare che il suolo è una risorsa limitata, in via di progressivo esaurimento, nella sostanza una risorsa non rinnovale se non nell’arco temporale di molti secoli. Ce lo ricorda la “Carta Europea del suolo” del 1972 secondo cui «Il suolo è una risorsa limitata che si distrugge facilmente». Il suolo costituisce la matrice ambientale fondamentale per la vita essendo al centro del sistema di relazioni tra l’uomo e la natura: filtra le acque e ne disciplina il ciclo di rinnovo, regola il clima, cattura l’anidride carbonica, è riserva di biodiversità e base per la produzione agricola e zootecnica. Il consumo di suolo, quindi, influisce sull’equilibrio del territorio, sui fenomeni di dissesto, erosione e contaminazione e sui processi di desertificazione, sottraendo inevitabilmente biodiversità e produttività.

Questo dato deve divenire consapevolezza in capo agli amministratori e, in particolare, a quanti si occupano di pianificazione strategica e territoriale.

 

8.         È evidente pertanto la necessità che l’urbanistica assuma le proprie responsabilità per contenere il consumo del suolo, quale “bene comune” e risorsa non rinnovabile che consente di esplicare funzioni fondamentali e di produrre servizi ecosistemici. Al riguardo, è bene ricordare che, nel 2013, la Commissione Europea si è data l’obiettivo di giungere ad un “azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050”.

 

9.         Ed è bene ricordare che il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, nel disciplinare la pianificazione paesaggistica, indica, quale valore e obiettivo da conseguire, il «minor consumo di territorio». Tale normativa dà attuazione all’art. 9 della Costituzione. Il profilo di tutela ambientale assegnato all’urbanistica ha poi trovato piena esplicazione attraverso la previsione dell’obbligo della valutazione ambientale strategica per i piani urbanistici (prevista dalla Direttiva VAS 2001/42/CE e recepita dal “Codice dell’ambiente”).

 

10.      Fondamentale importanza assume anche la disposizione contenuta nell’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea – di immediata applicazione – che pone, tra gli obiettivi della politica europea, la «utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali» alludendo a una finalità che ben può riferirsi alla protezione del suolo da ogni forma di aggressione, inclusa pertanto quella derivante da una urbanizzazione diffusa e incontrollata.

Mi pare che il PUC preliminare colga bene questo aspetto privilegiando, nel suo complesso, il recupero, il riuso e la rigenerazione urbana.

Infatti, si prevede che potranno essere individuate nuove aree da urbanizzare ai fini residenziali solo successivamente alla dimostrazione di reali fabbisogni abitativi non soddisfatti, nell’orizzonte temporale di dieci anni, dal consolidamento e dal recupero dell’esistente. Nella sostanza gli interventi di nuova edificazione e di urbanizzazione dovranno essere orientati a completare l’impianto urbano o a omogeneizzare il tessuto edilizio in forme e modi coerenti con i caratteri del contesto.

 

11.      Quindi, finita l’urbanistica dell’espansione, la nuova finalità della pianificazione – per riprendere le parole che si trovano in diverse sentenze del Consiglio di Stato – dovrà essere individuata nello sviluppo complessivo ed armonico del territorio: uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli (in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità e alla concreta vocazione dei luoghi), sia dei valori ambientali e paesaggistici e sia delle ragioni di tutela della salute e di sviluppo economico-sociale dei territori interessati. Questa è la direzione di marcia che la città di Cagliari ha intrapreso con l’avvio – sin dal 2018 – della procedura di adeguamento del PUC al PPR e al PAI.

 

12.      Il raggiungimento della finalità in parola – vale a dire il contenimento del consumo di suolo – peraltro, in coerenza col principio di sussidiarietà, richiede la partecipazione dei vari livelli di governo territoriale. La speranza è che i diversi soggetti coinvolti siano in grado di recepire sempre più, come propri principi ordinatori, assiomi del diritto ambientale quali i principi di precauzione, prevenzione, responsabilità intergenerazionale e sviluppo sostenibile.

 

13.      Avuto riguardo all’ambito regionale, va detto che la Regione Sardegna – avvalendosi delle proprie competenze in materia – ha approvato, nel 2006, il Piano Paesaggistico Regionale che si prefigge lo scopo di preservare, tutelare, valorizzare e tramandare alle future generazioni l’identità ambientale, storica, culturale e insediativa del territorio sardo; proteggere e tutelare il paesaggio culturale e naturale e la relativa biodiversità; assicurare la salvaguardia del territorio e promuovere forme di sviluppo sostenibile, al fine di conservarne e migliorarne la qualità. Si tratta di un moderno quadro legislativo che guida e coordina la pianificazione e lo sviluppo sostenibile dell’Isola partendo dalle coste: un orlo di mare che definisce un’identità ma apre anche a nuovi mondi.

 

14.      Tale contesto normativo, costituendo fonte sovraordinata, è destinato a condizionare l’urbanistica dei comuni sardi i quali peraltro, nel regime transitorio, possono richiedere l’attivazione dell’intesa per quelli interventi che intendono realizzare nel proprio territorio, sempre che risultino coerenti con la disciplina urbanistica e paesaggistica regionale. Al riguardo va detto che il Comune di Cagliari si è già avvalso, in diverse occasioni, dell’intesa.

 

15.      Particolare importanza rivestono nel nuovo PUC gli interventi di rigenerazione urbana, espressione che indica un insieme coordinato di interventi urbanistici, edilizi e socio-economici nelle aree urbanizzate, finalizzati alla sostituzione, al riuso e alla riqualificazione dell’ambiente in un’ottica di contenimento di consumo di suolo, di sostenibilità dei nuovi interventi di trasformazione, di innalzamento del potenziale ecologico-ambientale, di riduzione dei consumi idrici ed energetici e di realizzazione di adeguati servizi primari e secondari. Si tratta di programmi complessi che presuppongono non solo il degrado fisico di una parte della città, ma anche il disagio abitativo ed economico-sociale che in essa alberga per cui comprendono interventi socio-economici oltre che urbanistici ed edilizi.

 

16.      Il territorio di Cagliari, connotato da forti caratteri ambientali, costituisce una equilibrata sintesi di storia, natura e cultura, e ha visto, nel corso dei secoli, anche l’affermarsi di importanti storie di lavoro. Alla città, oggi, si presenta l’occasione per realizzare un intervento di riqualificazione urbana su un vasto compendio che si estende, tra terra e acque, all’incirca dall’ex Centrale Enel di Santa Gilla sino al Molo Dogana del Porto storico e comprende tutta l’area che, dalla via San Paolo, conduce alla laguna, oltre quella retrostante la stazione dei treni e il parco ferroviario e, infine, il tratto delimitato dalla via Riva di Ponente, dal viale La Playa e dal molo pescherecci, non distante da Giorgino.

 

17.      In questo compendio, che ruota intorno a Santa Gilla, terre e acque si fronteggiano in un delicato equilibrio tra emerso e sommerso. Si è in presenza di territori dove il vento, le mareggiate e le alluvioni possono mettere nel nulla l’opera paziente dell’uomo modificando il paesaggio e i suoi confini.

Vien da pensare – davanti alla maestà di questa grande laguna, alla sua perennità e indifferenza davanti agli eventi della storia, all’avvicendarsi delle generazioni, al sorgere ed al perir delle fortune – che il termine vero di tutto debba essere un silenzio senza memoria, una natura senza storia.

Ricordo che, proprio qui, tra i detriti alluvionali, nel fango della laguna, potrebbero essere sepolti resti significativi dell’antica città di Santa Igia, che fiorì tra queste sponde e costituì la capitale del Giudicato di Cagliari: un importante tassello della nostra storia e memoria collettiva.

Ma la vicenda dell’uomo in questo compendio è assai più antica. Come è testimoniato dai reperti archeologici, intorno alla laguna di Santa Gilla si registrò la frequentazione neolitica e poi si sviluppò la Karali punica col suo porto che rimase in attività anche nella Roma repubblicana. A breve distanza, dove ora scorre la via San Paolo, forse c’era il tophet.

 

18.      Nel presente, si tratta di luoghi che hanno in comune il fatto di essere scarsamente utilizzati e talvolta anche difficilmente accessibili, di luoghi separati dal contesto urbano, benché si tratti di territori che, in un passato non lontano (la seconda metà dell’Ottocento), hanno avuto un’importanza non secondaria nella storia economica della città. In particolare, nel 1862, dove ora si trova la darsena Sant’Agostino (ma occorre considerare che, allora, la linea di costa era più arretrata), in località Sa Perdixedda, venne inaugurato da don Michele Carboni il primo stabilimento balneare della città di Cagliari.

Circa dieci anni dopo, e precisamente il 1 gennaio 1873, nella stessa area, era entrato in funzione il cantiere navale di Luigi Falqui Massidda, sfortunato imprenditore che, prima del tracollo economico, culminato con la sentenza del Tribunale dichiarativa di fallimento del 5 febbraio 1876, aveva quasi ultimato la costruzione di una goletta che verrà acquistata all’incanto dal cav. Efisio Timon il quale, completati i lavori, il 24 dicembre 1876, dove oggi si trova il Molo Sabaudo, poté varare la prima nave (la “Cagliari”): evento che non si ripeterà più in città e in Sardegna.

 

19.      Molti anni sono passati da allora e il tempo e la memoria hanno allontanato dal quotidiano questi luoghi “non luoghi”, che ora possono costituire oggetto di un processo di trasformazione finalizzato al loro reinserimento nella vita complessa della città: è la sfida della riconversione, della rigenerazione urbana. Una sfida che impone un ripensamento del sistema di relazioni di quest’area col restante tessuto urbano, nell’ambito di un modello di sviluppo che sia inclusivo e sostenibile. La via San Paolo, la via Riva di Ponente e il viale La Playa oggi sono “aree di margine” tra la laguna, il mare e l’insediamento urbano. Ma sono anche “aree marginali”, in quanto alla condizione geografica – l’essere il margine, il confine di un territorio – si accompagna quella socio-economica (la marginalità) e talvolta l’emarginazione. Eppure, questa parte della città racchiude gran parte del futuro della città.

 

20.      Ricordo anche che, nel 2016, il Comune di Cagliari ha vinto la procedura di selezione del “Programma straordinario d’intervento per la riqualificazione delle periferie” (il c.d. “Bando periferie”) e che, in tale direzione, da diversi anni, l’Amministrazione sta orientando la propria azione. Per rendere più incisivi gli interventi di trasformazione, tuttavia, occorre andare verso strumenti urbanistici più agili, flessibili, perché i tempi lunghi della pianificazione non sono più sostenibili per le nostre città che richiedono capacità di ripensamento rapido, come purtroppo ci ha insegnato la pandemia da Covid-19 che ha posto in luce l’estrema vulnerabilità delle città, la loro inadeguatezza e, al tempo stesso, la necessità di misure di rapida attuazione.

Col PUC preliminare, si va quindi dal “piano” al “progetto”: e non è solo un problema di dimensione. La differenza fondamentale risiede nel programma di gestione e di realizzazione dell’intervento. Un progetto comporta la proposta di una realizzazione programmata in un termine concreto. Invece, molte pianificazioni irrealizzate, come accaduto col PUC vigente, hanno bloccato inutilmente delle aree sulle quali non si interverrà mai. Deve essere progettato solo ciò che si può realizzare in tempi compatibili.

 

21.      Ad esempio, i residenti del quartiere della Marina soffrono a causa degli eccessi di rumore prodotti anche dal concentramento delle attività di ristorazione: si tratta di una criticità che esiste da oltre dieci anni. Il piano di risanamento acustico del Comune di Cagliari arriva in ritardo al punto che i rimedi non sono più tali a fronte di una realtà in rapida e continua evoluzione. Il contesto sta cambiando e noi dobbiamo entrare in sintonia con esso per governarlo.

Qui la soluzione potrebbe consistere nel realizzare un nuovo insediamento, non residenziale, nella zona adiacente la Riva di Ponente: un’area da destinare al tempo libero (attività di ristorazione, culturali, di spettacolo e ricreative in genere); un’area dove ci si possa trattenere sino a tarda notte anche per ascoltare musica e parlare senza arrecare disturbo ai residenti. L’ipotesi dovrà essere approfondita.

 

22.      Assai interessante anche l’idea dell’idrovia che, partendo dall’aeroporto di Elmas, dovrebbe concludere il percorso nei pressi della Cantina Sociale di Monserrato, passando attraverso la laguna di Santa Gilla, il porto storico, la marina di Su Siccu e il canale di San Bartolomeo.

 

23.      Si tratta forse di progetti visionari ma plausibili (in grado di dare concrete direzioni di marcia e risposte alla città) e che, tra l’altro, creano opportunità di sviluppo che, sotto la regia pubblica, consentono ai privati di inserirsi in modo virtuoso. Cagliari è una città interessantissima e straordinariamente aperta verso il possibile. È una città dove, anche per le condizioni climatiche esistenti, è possibile trasformare, è possibile dare risposte in chiave ambientale (senza peraltro cedere a inutili eccessi e facili demagogie).

 

24.      Parafrasando un grande storico, John Day, che ha studiato la Sardegna come “laboratorio per la storia”, Cagliari potrebbe costituire un laboratorio di progettazione urbanistica dove “sperimentare” soluzioni, dove il tempo (e non solo lo spazio) può essere visto come materia di progetto, secondo uno schema cartesiano. Ma occorre procedere con responsabilità e con generosità. E l’assunzione di responsabilità costituisce uno dei maggiori problemi della modernità, a tutti i livelli.

25.      In questo contesto, non vi è dubbio che la pianificazione strategica, segnando il punto d’incontro tra l’immaginario e il reale, può costituire anche un esercizio di fantasia e soprattutto un grande momento di democrazia se si sa cogliere il rapporto tra il dialogo e il progetto, laddove è il dialogo (strumento attraverso il quale si esprimono le esigenze della collettività) a generare il progetto che, a sua volta, deve costituire strumento di dialogo nell’ambito di un rapporto dialettico di tipo hegeliano fuori da ogni tentazione meccanicista e gerarchica. Perché la città non può essere ridotta ad esprimere solo la dimensione di una funzione, dovendo contribuire a caratterizzare la dimensione dell’esistenza.

Antonello Angioni

 

 

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