L’isola dei piccoli Comuni, di Giacomo Mameli

A Villaverde il progetto curato da Salvatore Ligios fa emergere un universo che resiste a mille difficoltà

I sindaci dei piccoli Comuni sardi emuli di Atlante, re di Mauritania e della mitologia greca. A lui Zeus ordinò di caricarsi sulle spalle l’intera volta celeste. Per riuscire nell’impresa, si era alleato con Crono che aveva guidato i titani sfidando gli Dei dell’Olimpo.

Come in quella notte dei tempi da “Le Opere e i Giorni” di Esiodo. I paesi omicron combattono come titani contro uno Stato assente, contro una Regione assente uguale, burocrazia medievale, paesi di tanti vecchi e pochi bambini, sempre più senza servizi (poste, farmacia, medici invisibili, parroci in condominio).

«Modolo ha 182 abitanti, li potrei raddoppiare solo se ci fosse una rete Internet efficiente, è un dramma anche usare il telefono, niente mail. È accettabile quando con lo smart working i nostri villaggi avrebbero nuova vita?», si chiede Omar Hassan, origini egiziane, sindaco da quindici anni, sposato, due figli, dipendente regionale. C’è una cosa che va bene? «Il servizio idrico, facciamo da noi, bandita Abbanoa».

Pensato dieci anni dal Padre-Maestro della fotografia contemporanea sarda Tore Ligios, il progetto sulle piccole comunità resistenti viene riproposto nei saloni del Move the box (Sveglia la mente) di Villaverde, gioiellino fra i tanti della Marmilla a pochi chilometri da Ales, paese-culla di Antonio Gramsci. Un sit in di immagini, quasi uno sciopero generale silenzioso senza fasce tricolori, una schiera di cinquanta sindaci che ci rimettono la faccia perché «tanto nulla è cambiato».

Fotografie in bianco e nero e cinquanta monitor con filmati con le interviste – sottotitoli in inglese – di Vincenzo Ligios, figlio di Tore e da pochi mesi a guida dell’amministrazione di Villanova Monteleone. Incontrate Marcella Chirra di Lei tra scartoffie e quadri, Tiziano Lasia di Martis nella foresta pietrificata, Francesco Mura (Nughedu Santa Vittoria) e il suo cavallo, Livio Deligia (Tadasuni) sul lago Omodeo, Annarita Cotza (Setzu) col figlio in braccio.

Nel logo generale compare lui, Atlante, in ginocchio e a schiena piegata, sottotitolo “Tracce di identità“. Sul groppone un mappamondo con i nomi dei paesi raccontati e dei sindaci che denunciano l’abbandono. Si comincia con Aidomaggiore, si finisce con Villanova Truschedu, in mezzo Armungia e Ussaramanna, Borutta e Semestene, Elini e Lodine, Simala e Tinnura.

All’ingresso un pannello blu. Martino Demuro (Vigne Surrau) sottolinea «la contemporaneità attraverso una galleria di ritratti con sindaci testimoni oculari di ricchezze che attendono di essere portate ad economia». Sonia Borsato propone «il coraggio dei numeri deboli» e con Giorgio Gaber denuncia «sofferenza e verità». C’è l’antropologo Giulio Angioni («Un paese ci vuole») per sottolineare che «oggi i sindaci, in Sardegna come in Continente, sono i migliori gestori della cosa pubblica». Pietro Soddu, novantenne creativo della politica sarda, da «una modernità riluttante» passa a fotografare «la decadenza perché si rimane fuori dalla storia» ma sogna giovani che «si mettono in gioco e abbiano una grande ambizione alla conoscenza e al progresso». Sindaci che amano i paesi. Lino Zedda, 63 anni, tecnico Asl, presidente del Consorzio Due Giare (13 Comuni con cinquemila abitanti), sindaco per trent’anni di Baradili (73 abitanti): «Il mio paese è la mia casa, lo amo angolo per angolo, strada per strada». Clara Michelangeli, 40 anni, due figli, dottoressa forestale, sindaca di Onanì al terzo mandato: «Non potrei vivere fuori dal mio paese e dal Comune. Era sindaco mio nonno Pietro, lo è stato mio padre Franco. È bello dedicarsi anche agli altri». Quali guai? «Burocrazia retrograda, attendo i fondi dell’alluvione 2013, opere pubbliche ferme. La Regione è lontana. Il medico? Chi è costui? Ma da qui non ci muoviamo». Sandro Marchi, 49 anni, agronomo, sindaco-Atlante padrone di casa. «Intanto ho la residenza a Villaverde, il mio Comune, 294 abitanti. I piccoli paesi vanno vissuti ma rivitalizzati, con i servizi garantirebbero soprattutto un risparmio per i cittadini: le peregrinazioni a Cagliari o a Sassari sono un costo sempre più salato per i singoli. Per non parlare della sanità pubblica diventata un’araba fenice».

La mostra – inaugurata l’11 dicembre – può essere visitata ancora per pochi giorni tra le 10 e le 13 e dalle 15 alle 19 domenica 2 gennaio, giovedì 6 giorno dell’Epifania e chiusura domenica 9 (green pass obbligatorio). L’edificio è alla fine del paese in direzione Pau-Ales.

Ma l’Atlante di Marmilla non smetterà di faticare. Dopo la mostra “A Banda” con i Comuni di Villaverde, Curcuris, Pompu e Albagiara, il bis replicato ad Assolo, Usellus, Gonnosnò e Sini col nuovo anno – sempre sotto la regia dei Ligios – Tore pater e Vincenzo filius – altri fotografi proporranno con l’obiettivo l’anima di Baradili, Baressa, Villa Sant’Antonio, Nureci e Sinis.

Piccolo non solo continua a essere resistente, intelligente e utile: visita consigliata a deputati, presidenti a vario titolo, assessori e consiglieri regionali.Il progetto (Soter Editrice), voluto dall’Associazione culturale Su Palatu di Villanova Monteleone e da Vigne Surrau di Arzachena, ha avuto il sostegno di Anci Sardegna, dell’ Istituto superiore regionale etnografico, della Banca di Sassari e della Fondazione di Sardegna.

Da La Nuova Sardegna, 30 dicembre 2021

 

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    1 Comment to “L’isola dei piccoli Comuni, di Giacomo Mameli”

    1. By Anonimo, 2 gennaio 2022 @ 10:40

      Pessendhe a totu custos Síndhigos (donzi maschilismu a fora e atesu) ti ammódhigat su coro pro s’istima e aprétziu chi meritant, ma benit de prànghere de su fele e arrennegu pro su chi faghet o chi no faghet sa ‘politica’ chi ‘contat’…