Marina Saba e Assunta Trova: due storiche valorose ci hanno lasciato, di Federico Francioni

Due donne cui dobbiamo tanto – Dagli studi sul fascismo ed il socialismo alla storia delle donne – Fra Ottocento e Novecento – Per concludere.

 

 

 

 

Marina Saba                                                                                                                                                           Assunta Trova

Due donne cui dobbiamo tanto. La recente scomparsa di Marina Saba e di Assunta (Susi) Trova ha creato un vuoto in tutti coloro che hanno conosciuto, stimato e voluto bene alle due docenti di Storia contemporanea nell’Università di Sassari. Nel mio ricordo personale, Marina è legata in primo luogo all’insegnamento, assai apprezzato, nel Liceo scientifico “Giovanni Spano” di Sassari, dove ebbe colleghi e colleghe di indubbio valore come Mavanna Puliga e specialmente Gabriella Contini, studiosa di Italo Svevo: anch’ella, come Marina, era destinata, per le sue indubbie capacità, a transitare verso l’insegnamento accademico. Per alcuni aspetti, associo Marina a Rina Fancellu, moglie di Antonio Pigliaru che, d’altronde, fu maestro anche di Marina. Ho voluto bene ad entrambe queste donne per la loro rara capacità di abbinare un affetto quasi materno ad una reale amicizia. Davvero, mi hanno dato ed insegnato molto. Avverto tanto la loro mancanza, ma non per questo le sento lontane, anzi!

Anche con Susi continuerà inesausto il dialogo amicale ed io potrò avvalermi – potremo tutti avvalerci – della sua produzione scientifica, della sua serietà, di libri, volumoni e riviste che generosamente ci ha donato.

 

Dagli studi sul fascismo e sul socialismo alla storia delle donne. Di Marina vorrei innanzitutto ricordare il suo interesse per la “generazione degli anni difficili”, quella cresciuta fra due guerre mondiali, i giovani del “lungo viaggio attraverso il fascismo” (per ricordare un volume di Ruggero Zangrandi, diventato un classico): quello compiuto con prospettive, scelte ed esiti diversi, per citare solo due casi, dallo stesso Pigliaru e da Antonio Simon Mossa, architetto, intellettuale poliedrico, convinto sardista-indipendentista. A questi temi Marina dedicò il suo Gioventù italiana del Littorio. La stampa dei giovani nell’era fascista (prefazione di Ugoberto Alfassio Grimaldi, Feltrinelli, Milano, 1973).

Nel 1977 apparve Emilio Lussu (1919-1926), pubblicato dalla Edes, nelle cui pagine Marina ricostruiva, fra l’altro, le trattative (del 1922-23) per la confluenza, nel fascismo ormai trionfante, del Partito sardo d’azione: a tal uopo Benito Mussolini aveva inviato a Cagliari il prefetto Asclepia Gandolfo. Lussu ricevette pieni poteri dal Direttorio sardista; dal canto loro, Camillo Bellieni, Luigi Battista Puggioni ed altri dirigenti sardisti bollarono il fascismo come bestiale reazione di classe, schierandosi risolutamente contro la fusione e richiamando Lussu alla grave responsabilità di salvaguardare ad ogni costo l’autonomia del Partito: alla fusione aderirono invece Adriano Putzolu, Paolo Pili ed altri.

Marina mi disse che il suo libro non era piaciuto a Joyce Salvadori Lussu che evidentemente non aveva gradito il risalto dato a quella vicenda nell’ambito della ricostruzione della vita di un leader il cui contributo complessivo alla lotta antifascista rimane in ogni caso di primordine. Ma tant’è: la ricerca storica – e Marina lo sapeva bene – non può, non deve fare sconti a nessuno, deve proseguire severa, anche se si tratta di focalizzare una fase di disorientamento nella biografia di un leader prestigioso e sempre attuale come Lussu (per approfondire, si veda il primo dei tre volumi di Sardisti. Viaggio nel Partito Sardo d’Azione tra cronaca e storia, di Salvatore Cubeddu).

Le ricerche di Marina sul fascismo proseguirono e si articolarono attraverso un saggio sulle donne partigiane che, va doverosamente ribadito, non si limitarono certo a fare le staffette e le portaordini ma furono protagoniste nell’attività politica e imbracciarono le armi anche nelle azioni militarmente più pericolose: un ruolo in parte rimosso dopo la Liberazione dal nazifascismo, quando a marciare negli anniversari e nei cortei furono solo schiere di uomini.

A questo libro va accostato un altro di Marina, per niente scontato, sulle donne che invece fecero la scelta di schierarsi con la Repubblica di Salò.

I risultati delle più recenti indagini sui partigiani sardi (i quali furono in numero notevole e fino a poco tempo fa del tutto insospettabile, come apprendiamo dalle documentate indagini di Aldo Borghesi), unitamente ai testi di Marina e di altri autori, hanno consentito un netto salto qualitativo alla ricerca storica ed al relativo dibattito storiografico.

Una saldatura fra l’attenzione per la storia delle donne e quella per il fascismo ed il socialismo condusse Marina a scrivere quella che, a mio avviso, è forse la sua monografia più ampia e suggestiva: Anna Kuliscioff. Vita privata e passione politica (Mondadori, Milano, 1993) che si aggiudicò il Premio Tobagi. Catturato dalla narrazione, lessi ai miei alunni del Liceo “Spano” (dove ho avuto la fortuna di insegnare) le impressionanti pagine dove l’autrice descrive l’abbietto assalto dei fascisti al funerale della Kuliscioff: la bara venne gettata per terra da questi vigliacchi di fronte a Filippo Turati, il leader socialista compagno di quella donna affascinante e dall’indomito coraggio. Anche questo episodio può efficacemente contribuire a fornirci un’idea del baratro di vergogna e di squallore in cui il fascismo peraltro è sempre stato solito voltolarsi.

Sia ben chiaro: il curriculum e la produzione scientifica a di Marina vanno ben al di là di quanto fin qui si è scritto di lei.

 

Fra Ottocento e Novecento. Di Susi è da sottolineare in primo luogo l’interesse per la storia degli scout che la spinse a scrivere un libro ben documentato: Alle origini dello scoutismo cattolico in Italia. Promessa scout e educazione religiosa (1905-1928). La sua attività di studiosa si incardinava in primo luogo su una vasta e profonda conoscenza del materiale archivistico: impressionante la lista di archivi, fondi pubblici e privati, istituti di ricerca e biblioteche alla base della sua monografia su un personaggio importante e controverso del Risorgimento italiano come Cesare Correnti (1815-1888): questi passò dagli studi universitari pavesi agli incarichi amministrativi a Milano, dalle indagini accurate di economia e statistica all’impegno politico ed all’azione militare durante le Cinque giornate. Eletto deputato di Stradella nella Camera subalpina, Correnti sedette all’opposizione con Angelo Brofferio e Lorenzo Valerio, dai quali poi si distaccò per aderire alla maggioranza guidata dal conte di Cavour, di cui fu anche consigliere.

Correnti guidò il Ministero della Pubblica istruzione nel 1867, incarico che ricoprì inoltre dal 1869 al ’72. Nel 1876 – in seguito alla caduta della Destra storica dei successori di Cavour ed all’ascesa della Sinistra costituzionale – egli aderì a questo schieramento, guidato dal suo amico Agostino Depretis. Nel 1866, Correnti divenne membro del Senato, allora di nomina regia.

Di rilievo anche il suo ruolo nel mondo del giornalismo, dove fu fra i promotori del quotidiano torinese “Il Diritto”, cui Susi dedica stimolanti pagine: il giornale sarà acquistato nel 1860 dal sassarese Giovanni Antonio Sanna, figura davvero notevole di imprenditore minerario, banchiere, collezionista di reperti archeologici e di opere d’arte (si veda A. Trova, Coscienza nazionale e rivoluzione democratica. L’esperienza risorgimentale di Cesare Correnti, Franco Angeli, Milano, 1995, pp. 225 e seguenti). La personalità di Sanna è stata al centro di un convegno svoltosi a Sassari poco prima della pandemia – meritoriamente organizzato da Antonello Mattone, Salvatore Mura e Sandro Ruju – cui ha partecipato anche Susi.

Le sue indagini investirono anche altre personalità del Risorgimento italiano, come Carlo Cattaneo e Vincenzo Brusco Onnis (nato a Cagliari nel 1822), repubblicano intransigente, il quale, come sappiamo, ruppe con Giuseppe Garibaldi quando si accorse che questi avrebbe inserito la spedizione dei mille nella “conquista regia”. Purtroppo, la morte di Susi ci priverà di una biografia di Brusco Onnis che ella aveva in animo di scrivere. Analogamente a quanto si è detto di Marina, le presenti note sono ben lungi dal fornire un quadro completo della produzione scientifica di Susi.

Questa nostra cara amica non teneva gelosamente per sé e non nascondeva mai la conoscenza di materiali inediti, ma dava sempre indicazioni preziose ai ricercatori che dialogavano con lei: un tratto inconfondibile della sua generosità e delle sue doti di studiosa. Erano davvero piacevoli le chiacchierate nel suo appartamento di via Rockfeller ad Alghero, colmo di libri allineati in bell’ordine.

 

Per concludere. Un forte abbraccio al figlio di Marina, Francesco, nel ricordo commosso dei suoi fratelli Antonio ed Elisabetta – valentissima docente di economia politica nell’Ateneo turritano – entrambi prematuramente scomparsi. Marina affrontò con grande forza d’animo anche la scomparsa del suo primo marito, il professor Addis, microbiologo e primario del Laboratorio di analisi degli Ospedali di Sassari. Un sentito, solidale abbraccio anche a Gavino, secondo marito di Marina, vicino a lei fino all’ultimo. La nostra partecipazione va infine al dolore dei familiari di Susi.

Carissime Marina e Susi, continueremo a sentirvi al nostro fianco, con la vostra sete di nuove conoscenze, con la vostra disponibilità al dialogo e soprattutto all’ascolto, con la sensibilità, intellettuale ed umana – di donne – che vi ha sempre accompagnato. Dal profondo del cuore, grazie per l’amicizia di cui ci avete, mi avete onorato! Non vi dimenticherò, non vi dimenticheremo mai!

 

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