Appello ai cattolici sardi. Al via il cammino sinodale, di Mario Girau

Il 17 ottobre, nelle 10 cattedrali dell’isola la celebrazione eucaristica che aprirà i lavori. Dal 18 ottobre fino al maggio 2022 la raccolta delle proposte. Coinvolte 619 parrocchie.

Una Chiesa che si apre e dialoga. E’ questo il primo obiettivo dell’inizio, oggi, di un cammino sinodale – insieme preti, religiosi, operatori pastorali, uomini e donne anche non cattolici – che per due anni coinvolgerà tutte le diocesi del mondo. Nelle 10 cattedrali sarde i vescovi, con una solenne celebrazione eucaristica, avviano una fase cosiddetta “narrativa” che raccoglierà nel primo anno, fino al prossimo maggio, racconti, desideri, sofferenze e proposte di tutti coloro che vorranno intervenire; nel 2023 attenzione focalizzata su alcune priorità pastorali. Il secondo obiettivo del sinodo è «sottoporre con decisione al discernimento comunitario l’assetto della nostra pastorale, lasciando da parte – scrivono i vescovi italiani – le tentazioni conservative e restauratrici e, nello spirito della viva tradizione ecclesiale, tutt’altra cosa dagli allestimenti museali, affrontare con decisione il tema della “riforma” cioè del recupero di una “forma” più evangelica”. Il titolo del programma affidato da Papa Francesco alle diocesi è chiaro: “Per un Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”.Da qualche settimana gli 8 vescovi sardi alla guida delle diocesi, 4 unite “in persona episcopi”, hanno aperto il cantiere organizzativo di un percorso che arriverà a buon fine solamente se sarà partecipato. L’arcivescovo di Sassari ha addirittura anticipato i tempi con l’assemblea diocesana del 24 settembre scorso sul tema “Chiesa-casa che si rinnova nel cammino della sinodalità”. Monsignor Gianfranco Saba, che oggi inizierà la “visita” alla diocesi, ha indicato lo stile sinodale richiesto: «Vivere questo periodo non come un nuovo impegno pastorale, ma nello spirito, oltre legami e interessi umani».«Le parole chiave che indirizzeranno il cammino del sinodo possono essere sintetizzate – dice l’arcivescovo di Oristano e vescovo di Ales-Terralba, padre Roberto Carboni – nel seguente metodo di lavoro: ascolto, ricerca e proposta. Si vogliono, in un primo momento, ascoltare le domande di senso e i bisogni emergenti che toccano l’accompagnamento delle famiglie, i giovani, i poveri, l’annuncio, l’iniziazione cristiana. Quindi ripensare le strutture e le istituzioni per renderle agili e accoglienti. A questo seguirà una fase di discernimento e lettura sapienziale di quanto raccolto dalla riflessione e quindi una fase di “proposta” che guarda al futuro ma con lo stile della profezia, per un annuncio che sia evangelico, umile, libero, che susciti interesse».Le condizioni per fare un sinodo partecipato al massimo ci sono: basta mobilitare 619 parrocchie distribuite in tutti comuni dell’isola, 758 sacerdoti secolari, 235 religiosi, 95 diaconi permanenti, oltre 200 aggregazioni laicali. Forse questa capillare mobilitazione sarà la fatica più grande dei vescovi come anche convincere i fedeli che non si tratta di assemblee inutili dove tutto resta come prima, mentre prosegue, anche nell’isola, la fuga dalle Chiese. Nella cattolicissima Sardegna i praticanti adulti, infatti, sarebbero intorno al 28% e l’indice di vicinanza alla Chiesa è pari a 4,7 in una scala tra 1 e 10. «Il discernimento comunitario ci aprirà a uno sguardo di fede sul presente che viviamo. I cambiamenti in atto nella nostra società – dice l’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi – devono essere considerati con attenzione e senza paura. Serve lungimiranza, saper guardare oltre il momento presente, ordinare le cose presenti in relazione a quelle future. Come lo scriba del Vangelo che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche, la Chiesa non cessa di scrutare la ricchezza del Vangelo».

LA NUOVA SARDEGNA, 17 OTTOBRE 2021

 

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