A proposito dei 130 anni de La Nuova Sardegna. 1980, finisce l’era Sir arriva L’Espresso

La Nuova Sardegna cambia editore. Carlo Caracciolo (nella foto): venni convocato negli uffici della Regione e l’intera Giunta, schierata, mi sottopose ad esame.

Nel 1980, a quasi novant’anni di età, La Nuova Sardegna ringiovanisce improvvisamente. Coinvolta nel fallimento della Sir, viene acquistata dal gruppo L’Espresso ed entra a far parte di una catena di quotidiani regionali e provinciali, diventando protagonista di una stagione di cambiamento della stampa locale italiana. Nel 2005, in un libro-intervista, l’editore Carlo Caracciolo (nella foto) racconterà al giornalista Nello Ajello alcuni retroscena di quell’operazione.

N.A. Non sempre le trattative per l’acquisto di quotidiani locali si sono svolte in maniera facile. Puoi fare qualche esempio?

C.C. Quello che ricordo come il più lungo e faticoso fu il negoziato per entrare in possesso della «Nuova Sardegna» di Sassari, che rientrava tra le proprietà della Sir di Nino Rovelli. Mi illudevo di essere già abbastanza avanti nella contrattazione quando venni convocato negli uffici della Regione Sardegna. L’intera Giunta, schierata, mi sottopose ad esame. Volevano sapere tutto sui motivi che mi inducevano a comprare il giornale. Mi chiesero che cosa avessi intenzione di farne. Cercarono di indagare su quale trattamento avrei riservato al personale. La preoccupazione dominante che mi venne espressa riguardava il rispetto o meno, da parte mia, del carattere «insulare» del quotidiano. Alla fine dichiararono che l’operazione poteva andare in porto soltanto se il cinquanta per cento della proprietà del giornale fosse rimasta in mano sarda. Ero arrivato quasi al punto di mollare tutto e tornarmene a Roma quando mi ricordai di un amico sassarese di mio padre del quale avrei potuto invocare l’aiuto. Si trattava del marchese Franco Di Suni, a suo tempo attendente di Umberto di Savoia e poi, fino alla morte, fervente monarchico. (…) Gli proposi di acquistare, dietro mia garanzia, una piccola quota del giornale. Accettò, ma era solo il primo passo.Le condizioni poste dalla Regione mi costringevano a estendere la mia ricerca di eventuali azionisti in una Sardegna di cui non conoscevo quasi per nulla gli assetti politici, ma dalla quale mi sentivo attentamente vigilato. Mi convocò ad esempio il presidente della Regione, il democristiano Angelo Rojch. Fui condotto in casa sua, a Nuoro, da una persona che mi aveva prelevato nella piazza centrale della città. Nel salotto, accanto alla signora Rojch, c’era un giovanotto che appresi chiamarsi Flavio Carboni, e che mi venne presentato come un immobiliarista assai interessato all’affare. Verrà coinvolto in varie vicende giudiziarie. A prima vista, mi sembrò simpatico. In conclusione, Carboni acquisì nel giornale una quota del venti per cento. Oltre a lui e Di Suni entrarono altri azionisti sardi, come Piero Bua. Con Carboni sono rimasto, da allora, in buoni rapporti. Mi manda periodicamente dalla Sardegna eccellenti prodotti alimentari.

N.A. Ti è capitato spesso di incontrare, durante la tua carriera, personaggi misteriosi e, per così dire, improbabili. Fa parte del tuo gusto per l’avventura avvicinare gente strana, così diversa dal genere di persone che sei solito trattare…

C.C. Diciamo pure che mi diverto ad avere a che fare, ogni tanto, con persone fuori dagli schemi. Mi trasportano in una dimensione ludica. Quello che in francese si direbbe un «douteux personnage» suscita certamente più curiosità di un normale conoscente.

Da LA NUOVA SARDEGNA,  9 giugno 2021

 

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