Nereide Rudas, poetessa: CAGLIARI

Rubrica curata da Maria Michela Deriu, con un ricordo  della poetessa da parte di Cristiana Alziator .

“Chiusa alla tue genti/ di monti e d’altipiani/ non sei volta alle terre che ti fanno corona:/ oltre il mare si inclina il suo diviso sguardo.”

Cagliari Padrona e schiava, vittima spoliatrice.

Da un ricordo di Cristiana Alziator.

“La vedevo per la prima volta, sedeva in salotto con una tazza del the in mano, mi colpivano gli occhi profondi e i capelli bianchissimi.

Sapevo che era un amica di mio padre, si incontravano spesso al cinema Olimpia all’ultimo spettacolo.

Lei perché studiava fino a tardi, lui perché soffriva di insonnia.

Parlammo come se ci conoscessimo da sempre, io passai subito al tu che mi venne naturale con una persona che sembrava conoscermi da sempre.

Mi parve naturale dirle di me; di anni difficili, di sogni, di speranze mai realizzate, così come lei, molto semplicemente diceva di cose vissute e di tristezze del passato.

Aveva la saggezza dell”antico’, la chiarezza dello scienziato e la sensibilità del poeta che sa cogliere l’incanto del vento tra le foglie e il silenzio al limitare del bosco.

Nel descrivere i luoghi della sua infanzia aveva la capacità descrittiva dello pittore, nel rapporto con le persone aveva la capacità di conoscere, comprendere, amare.

La cosa più triste è non poter continuare il dialogo. E’nel leggere le sue poesie che ho ritrovato la possibilità di continuare un dialogo interrotto nel buio.

 

La lirica che vi presentiamo oggi si chiama”Cagliari” ed è dedicata a Marcello Serra.

E’ del 1989 e Francesco Alziator si trova già in quel luogo ove si attende di continuare il dialogo con le persone care.

Cosa ne avrebbe pensato uno degli scrittori più autorevoli della città di queste poesie, in particolare di questa dedicata a Cagliari? Avranno avuto sicuramente visioni diverse Francesco Alziator e Nereide Rudas, lui innammorato della sua città e esperto conoscitore della sua storia dai primi reperti archeologici al progredire dell’asfalto, lei che arrivava dal nord e vede estranea questa città ricca di bastioni, protesa sul mare che non guardava indietro, dove erano le sue terre.

In pochissimi versi Nereide Rudas fa una spietata analisi storica e politica del Capoluogo della Sardegna. Il suo pensiero è  molto lontano dall’atteggiamento di Grazia Deledda, che ne subisce il fascino e nel suo soggiorno a Cagliari nella rivista “Natura e Arte”’ 15 maggio1900 conclude cosi’

”Cagliari , col suo mare luminoso, coi suoi palmizi e il colorato splendore dei suoi crepuscolo, mi parrà sempre un’ oasi.”

 

 

Diversa è la percezione di Nereide Rudas:

“Chiusa alla tue genti

di monti e d’altipiani

non sei volta alle terre che ti fanno corona:

oltre il mare si inclina il suo diviso sguardo.”

 

Cagliari Padrona e schiava, vittima spoliatrice.

Ma tra Grazia e Nereide ci siamo perse il Professor Alziator?

Non c’è fretta. Lassù, nel tempo senza tempo, sarà un ottimo argomento di conversazione per Nereide Rudas, Grazia Deledda, Francesco Alziator e Marcello Serra. Potranno trascorrere e discutere per buona parte dell’eternità, inviandoci magari qualche buon suggerimento, ne abbiamo tanto bisogno.

 

 

 

Cagliari

A Marcello Serra

 

 

 

Fitta e rosa

su compatti Bastioni

fiordi tra alti muri

ne fendono il Castello.

Mulinello di vento

sollevano detriti

di calcinacci e Storia.

Il giorno scivola

su aggrumati sobborghi

e su terrazze aeree

senza musica e fiori.

Il chiarore è in agguato

nelle albe salmastre

da liquide cornici.

Basso carezza

le insonnolite piume

di uccelli altolocati

e le sfoltite imposte

del quartiere del Porto

difese inermi di case non finite

invecchiate e sperando.

Alto duplica l’abbagliante specchio

del mare e degli stagni.

Un’urgenza preme nei ripidi tramonti

infuocati e improbabili come di rabbia

che sbolle nell’azzurro.

Baratti, sale, lance e cavalli,

assedi pestilenze,

vele, metalli,

sconfitte , fame,

stamenti e sagre

passano il guado

nelle assolute notti

delle tue lunghe estati.

Chiusa alla tue genti

di monti e di altipiani

non sei volta alle terre che ti fanno corona:

oltre il mare si inclina il tuo diviso sguardo.

Padrona e schiava

vittima spoliatrice

l’omertà del silenzio

non ha ancora forzato

la chiave delle Torri.

Manufatto di mille tessitrici

serbi l’estremo enigma

del tuo perduto ordito

e l’amara memoria della lacerazione.

Un’altra alba

ti ha rifiutato il sogno,

ti ha offerto un giorno

senza tempo,

come le ombre dei tuoi vani antenati.

Quasi figli illegittimi

ignoriamo i nostri avi,

immemori camminiamo

le strette strade

che già furon loro.

Anche tu sembri estranea

al tuo essenziale senso.

Che tu sia

Castello e Casbah

Igia e Bonaria

Roma e Aragona,

Cartago e Tiro,

Savoia e Pisa

Bisanzio e Spagna,

un giorno forse

lo dirà un navigante

tornato dall’esilio.

Risalirà sino al Prima

le capovolte acque

della cava conchiglia

in cui muta ti specchi.

Per te coglierà un fiore:

sarai una regina

e ti offrirà una rosa

e saprai d’esser bella.

 

Settembre 1989

 

 

 

”Ti offrirà una rosa e saprai d’esser bella”

 

Una città incastonata in un golfo incantato ricco di mare, di fiori, di profumi e di voci:è bella.

Ma come una donna bellissima e con ”vani antenati” dal debole blasone è ancora in attesa del suo Pigmalione.

 

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