L’eredità di ANTONIETTA BONINU, di Federico Francioni

Sommario: Antonietta ci ha lasciato – La fucina di Li Punti – I Giganti sulla scena del mondo – Un convegno a Porto Torres – Come conclusione.


Anonietta Boninu (nella foto) diresse il restauro dei giganti di Monte Prama, ma non solo.

Antonietta ci ha lasciato.Venerdì 30 ottobre ci ha lasciato Antonietta Boninu, 73 anni, archeologa della Soprintendenza di Sassari dal 1975 al 2012. Il rito funebre si è svolto sabato nella parrocchia sassarese di Mater Ecclesiae: commosse parole sono state pronunciate dal suo collega Rubens D’Oriano.

Per molti anni la Boninu è stata responsabile dell’area della colonia romana di Turris Libisonis; a lei si devono, fra l’altro, la creazione dell’Antiquarium turritano e la sistemazione dei siti aperti al pubblico, a cominciare dalle Terme centrali; il ritrovamento del mosaico rappresentante Orfeo; il restauro e la sistemazione del nuraghe di Santu Antine a Torralba: un elenco che potrebbe continuare.

La fucina di Li Punti. Senza dimenticare i molteplici,  indubbi meriti scientifici di Antonietta, la comunità sarda – e non solo – le deve somma gratitudine per le capacità che ha dimostrato nel dirigere un’operazione epocale (non è esagerato affermarlo): quella sui Giganti di Monte Prama. Nel 2004, ben 5.178 frammenti scultorei vengono trasferiti presso il Centro restauro di Li Punti, a Sassari: un’équipe diretta dalla stessa Boninu e da Luisanna Usai conduce un’accuratissima opera di restauro, utilizzando, fra l’altro, i più sofisticati supporti informatici e digitali. In questo modo viene conseguito un risultato davvero mirabile. Vanno citati i componeni dell’équipe, che hanno collaborato con la Boninu e la Usai: si tratta di Alba Canu, Andreina Costanzi Cobau, Gonaria Demontis, Valentina Leonelli e Patrizia Luciana Tommassetti.

Nel 2011 i lavori si concludono. Da allora e fino al 2012, il Centro ha  esposto sculture e frammenti, con un notevole concorso di pubblico che ha contribuito al successo dell’iniziativa, colto anche dai mass media. Avendo visto e rivisto la mostra,  posso confermare che Antonietta si era impegnata a fondo anche sul piano didascalico-didattico, per avvicinare e coinvolgere il più possibile i visitatori alla portata dell’evento. Tutto ciò ha contribuito a rilanciare gli studi, le ricerche ed il dibattito generale che ovviamente non riguarda solo gli archeologi, per quanto sia indispensabile partire dalle loro preziosissime, insostituibili competenze.

I Giganti sulla scena del mondo. Nel 2017, un convegno svoltosi fra Shangai e Pechino ha posto a confronto le scoperte di Monte Prama con l’esercito di terracotta di Xi’an. I Giganti, già esposti e conosciuti anche in precedenti mostre ed iniziative internazionali,  hanno ormai conquistato un ruolo di assoluto rilievo nella scena archeologica e culturale del mondo.

Si rende indispensabile rammentare, a questo punto che Antonietta, per niente propensa a facili e scontate mitizzazioni del passato della Sardegna, proponeva tuttavia di retrodatare i secoli in cui avrebbe preso corpo la grande statuaria nuragica: per lei, essa risaliva all’XI-X secolo a. C. Un grande maestro come Giovanni Lilliu li aveva attribuiti all’VIII secolo; anche Raimondo Zucca si è dichiarato dello stesso avviso; per Carlo Tronchetti sono invece ascrivibili al VII. Insomma, per la Boninu, la civiltà dei nuraghi avrebbe raggiunto una sua piena maturità artistica e stilistica circa mille anni prima di Cristo, ben prima dell’emersione della Grecia classica.

 

Un convegno a Porto Torres. Ho, in particolare, un bel ricordo personale di Antonietta (mi era stata presentata dal comune amico Stefano Flore, fotografo della Soprintendenza): sapevo della sua disponibilità non solo per le iniziative scientifiche, ma anche verso quelle di carattere prevalentemente divulgativo. Nel 2007, la invitai a tenere una relazione al convegno su “Porto Torres fra passato, presente e futuro”, per ricordare il geniale architetto e poliedrico intellettuale sardista/indipendentista Antonio Simon Mossa, consigliere comunale della città.

Organizzato dalla Consulta intercomunale per la Lingua, la Storia e la Cultura della Sardegna (l. r. 26/1997), comprendente i Comuni di Sassari, Porto Torres, Sorso, Sennori e Stintino (di cui ero presidente), nonché da altri organismi, si tenne nell’aula magna del Liceo scientifico turritano. Furono presenti l’allora sindaco di Porto Torres Luciano Mura, amministratori cittadini e regionali, alunni delle scuole di Sassari (e non solo), qualificati studiosi: oltre alla Boninu, tennero impegnative relazioni Attilio Mastino, allora pro-rettore dell’Università di Sassari, Giampiero Pianu, anch’egli docente nell’Ateneo turritano, Giovanni Azzena, professore universitario e soprintendente nella Soprintendenza ai Beni archeologici delle Province di Sassari e Nuoro (si vedano in proposito le cronache de “La Nuova Sardegna” e quanto scrisse Emanuele Fancellu).

I drammatici nodi dell’ambiente, dei tumori e delle bonifiche vennero affrontati dall’epidemiologo Mario Budroni e dal compianto radiologo Vincenzo Migaleddu.

All’invito che le avevo rivolto, Antonietta rispose subito affermativamente: “Per Porto Torres, questo ed altro!”. In tal modo ella confermava il suo profondo attaccamento alla città, manifestatosi specialmente con la cura amorevole per il complesso di Turris Libisonis.

La drammatica crisi in cui versa oggi la città, con i suoi 7.000 disoccupati, può essere fra l’altro ripensata grazie alla mole di lavoro svolta da Antonietta, dichiaratasi sempre convinta della necessità di valorizzare le risorse archeologiche per prospettare un futuro diverso anche sul piano economico. Era stata da lei sottolineata più volte la deprimente, costante incapacità e non volontà dei ceti dirigenti sardi di dare giusto e adeguato rilievo ad un patrimonio di enorme valore.  Nel ricordo di quell’incontro, ci sono gli interventi non solo di Alba Canu, ma anche di Giampiero Marras (uno degli organizzatori), Nando Nocco, Sandro Ruju, Benedetto Sechi, soprattutto dei cari amici Gigi Pittalis e Giancarlo Pinna, a suo tempo vicesindaco ed assessore ai Lavori pubblici, instancabile animatore politico-culturale: anche loro, purtroppo, ci hanno lasciato.

Come conclusione. Ripensiamo per un momento alle sciagurate decisioni che hanno portato alla costruzione dei mortiferi bidoni della petrolchimica, a pochi passi da Turris Libisonis, Colonia Julia, città fondata su impulso di un certo Caio Giulio Cesare, la cui statura non è stata sufficiente a fermare un imperversante Nino Rovelli. Ebbene, dobbiamo fissare nella nostra mente gli studi, le scoperte, l’instancabile attività di cura e di organizzazione propria della Boninu, che oggi ci aiutano a pensare ad un’alternativa per Porto Torres: un centro che conta oggi 7.000 disoccupati e non ha ancora trovato una sua nuova identità. Essa è da ricercare fra il mare, L’Asinara, il turismo, attività produttive non dipendenti da monopoli e colossi – esterni ed estranei (altro che chimica pseudoverde!) – conservazione, salvaguardia di un patrimonio storico-archeologico insostituibile, irripetibile e, come tale, dotato di una sua sacralità (diciamolo pure). Se – grazie anche all’insegnamento di Antonietta – continueremo la lotta per un futuro diverso, per una riconversione economico-sociale, produttiva e culturale in chiave ecocompatibile, possiamo essere ben sicuri che, dalla stupenda basilica e da Monte Agellu, San Gavino ed i protomartiri  turritani non ci faranno mancare la loro protezione!

 

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