La Barbagia narrata attraverso la musica dei sardi nuragici, di Michela Columbu

 

Provare a immaginare le Civitates Barbariae attraverso la musica, magari con un progetto che instilli curiosità, e porti a prestare maggiore attenzione verso un pezzo di storia della Sardegna praticamente sconosciuto.

È ciò che ha fatto il gruppo Ilienses, del musicista Mauro Medde, gavoese, e della freelance nel settore culturale Natascia Talloru, tonarese, uniti dalla passione per la musica, la storia della Sardegna e l’amore per l’aspra e dura Barbagia.

I due giovani hanno messo assieme le proprie attitudini, e hanno confezionato un prodotto nuovo, un documento sonoro, visivo e sensoriale capace di regalare un viaggio verso l’ignota Barbagia, impregnata di riti, sacrifici, adorazione della natura e strenua difesa dei propri luoghi.

“Civitates Barbariae” è prima di tutto un disco autoprodotto, uscito il 10 febbraio scorso, con 7 brani inediti e una ghost track, scritti e composti dai due autori. «Una colonna sonora immaginaria – spiega Natascia Talloru -, che narra di un grande popolo con una marcata spiritualità e attaccamento alla terra, ma al contempo ne fa emergere le divisioni interne e le lotte circoscritte agli stessi confini territoriali».

Un progetto nato da uno studio approfondito delle sonorità locali, infatti «l’essenza della nostra storia e del carattere della Sardegna – spiega invece Mauro Medde – è raccontata in musica attraverso l’utilizzo di strumenti come tumbarinos, pipiolos, tumborro, corno, triangulu, dei campanacci di Tonara e delle voci gutturali del canto a tenore, inseriti all’interno della musica contemporanea con l’uso del basso elettrico, del pianoforte, della chitarra elettrica, del sinth e della batteria, ma anche nell’utilizzo della lingua».

Un sincretismo musicale che fonde suoni antichi e moderni, che ha una chiara ambientazione barbaricina, rintracciabile, oltre che nei suoni, anche in alcuni versi di Peppino Mereu a corredo del disco, e grazie alla realizzazione e pubblicazione di un videoclip omonimo, è ben visibile nelle immagini che in chiave fantasy regalano un momento di vita di una antica tribù.

«La narrazione si apre e si chiude in italiano – spiega ancora Natascia Talloru – come un narratore esterno che gradualmente introduce e distoglie da questo mondo fantasy dove, attraverso l’immaginazione, vivono le tribù Ilienses: esse sussurrano fatti, aneddoti, trasmettono la saggezza del nostro popolo.

Nello stessa modalità con cui i nonni e gli anziani della Sardegna attraverso le poesie, la lingua e la memoria hanno permesso alla nostra storia e tradizione di giungere fino ai giorni nostri.

Durante la realizzazione e maturazione dell’idea – continua – è emersa l’importanza nel trasmettere in arte certe conoscenze, seppure non documentate con certezza e, proprio per questo motivo, ne è derivata la scelta di rappresentarle in chiave fantasy, affinché le epoche storiche attraversate dalla nostra isola e le sue ricchezze, talvolta poco considerate, siano sempre più oggetto di studio ma anche motivo di interesse e riflessione collettiva».

Un progetto che a marzo, in tempo di programmazione di eventi dal vivo, è stato frenato per via delle restrizioni e che ha portato il gruppo a concentrarsi sul lavoro di promozione via web, il disco infatti è disponibile online sui maggiori stores digitali.

Ora invece, in quest’ultimo sprazzo d’estate è possibile assaporarne le sonorità «a Gavoi sabato 5 settembre – concludono – al Porticciolo del Lago di Gusana, a Sa Valasa grazie a un evento organizzato da Inter-Nos Interazioni Musicali con il patrocinio del Comune. Inoltre saremo al “Festival Isole che Parlano” organizzato da Paolo Angeli e Nanni Angeli alla Fortezza di Monte Altura di Palau il 12 settembre alle 18:30 con special guest il Tenore Murales di Orgosolo che farà le parti di Cuncordu del nostro disco».

La Nuova Sardegna, 3 settembre  2020

 

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