Un museo nuovo per Tutankhamon

Treasures of the Golden Pharaoh alla Saatchi Gallery di Londra; la maschera di Tutankhamon ( nella foto, con la ricostruzione del suo viso da vivo) in veste di Osiride, esposta a Firenze. Al centro: particolare della valva superiore del sarcofago antropoide di Pa-di-Khonsu, terzo periodo intermedio (X – VIII sec. a.C.), Milano, Civico Museo Archeologico, in via di allestimento al Palazzo Reale di Milano.

È nato nel 1341 a.C., è salito al trono a 8 anni, è morto a 19, il 27 novembre 1922 è stata scoperta la sua tomba, a ottobre verrà aperto il gigantesco museo vicino alle piramidi di Giza, nel 2022 le celebrazioni del centenario della scoperta riporteranno a casa i tesori che stanno percorrendo un tour mondiale. Oggi lo celebrano le più importati città d’Europa. Storia del sovrano reso immortale dagli archeologi.

 

Il Grand Tour del faraone fanciullo non conosce soste, anche se a ottobre sarà pronta la sua nuova casa, quel Grand Egyptian Museum (nome in codice Gem) progettato dallo studio di architettura irlandese Heneghan-Peng e destinato ad accogliere, secondo le aspettative, almeno 5 milioni di visitatori all’anno. Perché è qui che Tutankhamon, o più confidenzialmente Tut, dovrebbe alla fine trovare pace con il suo incredibile tesoro, da anni costretto a un pellegrinaggio senza sosta da un museo all’altro (in formazione più o meno variata e rimaneggiata a seconda delle mostre), all’inseguimento di un successo di pubblico che sembra non subire la minima flessione. Una pace, comunque, ancora lontana. Tutankhamun: Treasures of the Golden Pharaoh, in corso fino al 3 maggio alla Saatchi Gallery di Londra, non è che una delle dieci tappe del final tour di una mostra itinerante di 150 oggetti del tesoro che sarà poi anche a Berlino, Tokyo, Sydney, New York e che nel recente passaggio parigino ha totalizzato 1,4 milioni di ingressi. Il final tour si concluderà nel 2022, nel centenario della scoperta nella Valle dei Re della tomba di questo faraone della XVIII Dinastia (1341 a.C. circa – 1323 a.C. circa) da parte di una missione capeggiata dall’archeologo, ma anche acquarellista, Howard Carter e finanziata da George Herbert, quinto conte di Carnarvon: era il 4 novembre 1922 quando venne individuato il primo dei 16 gradini della scala che portavano alla tomba vera, catalogata come la KV62. Le operazioni di scavo e svuotamento sarebbero terminate solo il 10 novembre 1930.

Così, per parlare soltanto dell’Italia, mentre a Firenze è in corso fino al 2 giugno Tutankhamon: viaggio verso l’eternità (Palazzo Medici Riccardi/ Galleria delle Carrozze, a cura di Maria Cristina Guidotti e Pasquale Barile), per il 4 marzo (tranne variazioni legate al coronavirus) al Palazzo Reale di Milano viene annunciata l’apertura di Viaggio oltre le tenebre.

Tutankhamon RealExperience® (a cura di Miroslav Barta in collaborazione con Zahi Hawass, Christian E. Loeben, Liam McNamara e Gabriele Pieke, fino al 14 giugno). Le due esposizioni ruotano attorno al tema dell’eternità secondo gli Egizi e partono dallo stesso presupposto: unico esempio di sepoltura regale con corredo ritrovato intatto, la tomba di Tutankhamon è la sola a permetterci di sapere come venisse seppellito un faraone.

Gli allestimenti attingono a quel corredo di 5.400 oggetti, mummia compresa, costituito da letti in legno dorato con teste scolpite di animali, sedie, sgabelli, suppellettili, giochi da tavolo in avorio e oro, statue di Anubi e Hapi in quarzo, anfore, remi, canopi in alabastro oltre naturalmente al triplice sarcofago (110 chili di peso) del re, con la maschera d’oro battuto decorata con vetro e lapislazzuli che ne ricopriva il volto. Come l’esposizione londinese, entrambe le mostre miscelano i reperti originali con effetti multimediali di ultima generazione. Così il sarcofago ligneo dipinto di Padihorpakhered, proveniente dai depositi della Sezione Egizia del Museo Archeologico nazionale di Firenze (restaurato in occasione della mostra) si colloca all’interno della visita virtuale da effettuare indossando un visore e impugnando due controller che permettono di entrare in prima persona nell’ambiente ricostruito e di interagirvi: ci si potrà soffermare sui singoli oggetti del corredo, afferrandoli per poterne apprezzare la verosimiglianza rispetto agli originali e potendo ascoltare un loro approfondimento, e si ascolteranno le parole riportate da Carter stesso nelle pagine dei suoi diari.

Cos ì a Pa l a z zo Rea l e , a Mila no, l a splendida statua del dio Amon con le sembianze del giovane Tutankhamon (concessa in prestito dalla Fondazione Fritz Beherens e dal Museo August Kestner di Hannover) e il papiro lungo 7 metri (XIX-XX dinastia, recuperato poco prima del 1850 dal marchese Carlo Busca e conservato nell’Archivio dell’Ospedale Maggiore di Milano) faranno da contraltare — spiegano gli organizzatori — «alla scoperta virtuale full-immersion del viaggio alla conquista dell’immortalità» guidati dallo stesso faraone.

Più della preziosità del tesoro, più del ruolo storico di questo faraone salito al trono a 8 anni e morto a 19, a rendere unico il fascino di Tutankhamon è, proprio come in un film di Indiana Jones, la sceneggiatura della sua morte. Un documentario del 2014 della Bbc, oltre ad avere ricostruito (attraverso circa 2 mila scansioni computerizzate della mummia) il volto di re Tut, ha ipotizzato nell’ordine che potesse essere figlio di un incesto tra fratello e sorella, che soffrisse di  sindrome di Marfan, piede-equino-varo-supinato (a questo si dovrebbero gli oltre 130 bastoni rinvenuti nella tomba), che potesse essere morto per malattia (forse ereditaria o forse malaria), per un incidente con la biga, vittima di un complotto. Ipotesi così affascinanti da aver dato addirittura vita, tra il 2007 e il 2009, a un King Tutankhamon Family Project.

E poi c’è la famosa leggenda della maledizione che avrebbe affascinato anche Sir Arthur Conan Doyle, lo scrittore padre di Sherlock Holmes, e che avrebbe «ucciso» tutti i personaggi coinvolti nella scoperta. In realtà l’unica morte legata direttamente alla tomba sarebbe quella di Lord Carnarvon, avvenuta comunque per cause naturali (un’infezione provocata da una ferita) che gli avrebbe impedito di vedere, ad esempio, la fantastica maschera d’oro. Carter sarebbe invece morto addirittura 17 anni dopo la scoperta, mentre il medico Derry, che eseguì la prima autopsia, sarebbe scomparso a 87 anni. Dunque, nessuna iscrizione del tipo: «La morte verrà su agili ali per colui che profanerà la tomba del faraone». Più realisticamente l’effetto della campagna denigratoria scatenata dall’esclusiva concessa da Lord Carnarvon al quotidiano «The Times».

 

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