È RIDUTTIVO CERCARE DIO SOLO IN CHIESA, di Giampaolo Cassitta

Questo bell’articolo è apparso sabato scorso su La Nuova Sardegna.

Alla fine degli anni Sessanta il catechismo era un affare complicato. Si imparavano a memoria le risposte a delle domande che la signorina d’una certa età ti poneva. E a nove anni non capivi il significato di ciò che ripetevi in base ad una richiesta espressa con voce arcigna e ferma. La domanda più semplice – o quella che continuo a ricordare, mettiamola così – era la seguente: “Dov’è Dio?” e la risposta doveva essere, obbligatoriamente: “Dio è in cielo, in terra ed in ogni luogo”. Negli anni mi resi conto che la domanda era molto impegnativa e la risposta racchiudeva, forse, l’intero pensiero teologico di qualsiasi religione: il tuo Dio, quello a cui credi, quello a cui ti rivolgi deve essere sempre con te.Avevamo, a dire il vero, anche l’Angelo custode ma Dio era Dio e quell’essere “in ogni luogo” rappresentava la sua onnipotenza, la sua onniscienza, la sua immensa forza. Dio era tutto, era il tuo tutto.Ci ho pensato a lungo in questi giorni dispari dove la ricerca di quel Dio silente ci ha portato a farci molte domande e, soprattutto, ci costringe a chiedere a gran voce di poter aprire le chiese, le moschee, le sinagoghe, tutti i luoghi di culto per poter pregare, per poter chiedere a Dio, al nostro Dio, un’attenzione che ci sembra sbiadita, lontana. Eppure, quel Dio non avrebbe bisogno di chiese per manifestarsi, non ha bisogno di Messe per risolvere problemi. Ha bisogno di fede.Mi diceva un carissimo amico: “O ci credi o non ci credi” ed anche questo, se vogliamo, è un grande passaggio teologico valido per tutte le religioni. Ad un sacerdote quando un giorno, dopo il suicidio di un detenuto, chiesi a bruciapelo: “Dov’è Dio?” lui non rispose come facevo io da ragazzino al catechismo. “Dio è negli occhi solitari di quel detenuto che si è ucciso, Dio è dentro le celle dei carcerati, Dio è sempre con chi sa di essere ultimo”. Questa risposta, che mi portai in tasca per molti anni era, a suo modo, parziale. Partiva dal presupposto che Dio non potesse convivere nei palazzi dei ricchi o di chi aveva molte cose, tante da potersi permettere di fare a meno di Dio. È stata una lunga ricerca tra gli eventi e le storie di chi ho incrociato nelle lunghe e tortuose strade. Ho capito che Dio è il bambino a cui è morto il padre, la madre che è stata picchiata dal marito e non ha avuto il coraggio di lasciare quella casa, Dio è il rapinatore incallito, il tossicodipendente perduto, il cantante stonato, il pugile che non ha mai vinto un incontro.Dio è il corpo di tutti quei corpi caricati in silenzio e con molta vergogna in questi mesi trafitti dal coronavirus, Dio è l’arciere che non ha bersaglio, Dio è quella freccia lanciata contro un cielo che non restituisce giustizia e amore. Dio non può essere solo armonia, sarebbe troppo semplice. Dio, a suo modo, è disarmonico ed è, dunque, in terra, in cielo ed in ogni luogo. Ho capito in questi giorni quanto sia importante riflettere su questi passaggi e non ho sopportato questa voglia spasmodica di far aprire le chiese a tutti i costi, di pretendere, minacciando quasi una scomunica, di poter riempire tutti i luoghi di culto perché così possiamo onorare il nostro Dio. Tutti quelli che hanno chiesto a gran voce questo non hanno studiato, come me, il vecchio catechismo e non hanno compreso che se, davvero, credono a qualcosa di immenso e di incommensurabile non possono limitarlo ad un luogo come una chiesa.Lo so, è riduttivo ma serve per comprendere alcuni passaggi. Non è la recita del rosario a fare di noi uomini giusti e vicini a Dio. Dio è rivoluzionario ed è nelle case di chi paga le tasse, di chi sa ascoltare chi è in difficoltà, è nelle comunità degli orfani, nei sorrisi dei ragazzi down; Dio è in quel luogo dove il boia si prepara ad uccidere, in nome di Dio, qualcuno che ha sbagliato. Il problema è che Dio, almeno quello per il quale io personalmente credo, sta seduto tra il boia e l’assassino. Proprio perché è in ogni luogo. Anche in chiesa, certo. Ma non solo.

 

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