RAFFAELLO SANZIO: Il giallo della nascita e il mistero della morte, di Stefano Bucci

 

Seduti davanti a un tavolino rotondo con una veduta di una Roma settecentesca ingombra di bellissime rovine, Barbara Jatta, dal primo gennaio 2017 direttrice di quei Musei Vaticani che quest’anno si avviano a sfondare quota sette milioni di visitatori, racconta in anteprima a «la Lettura» l’anno meraviglioso (il 2020) di Raffaello Sanzio ai Vaticani, l’anno (già ribattezzato Anno Sanzio) del cinquecentesimo anniversario della morte (il 6 aprile 1520) di uno dei protagonisti assoluti dell’arte, «l’artista della bellezza assoluta» come lo definisce Jatta. Un anniversario che arriva a ridosso di quello appena celebrato per i cinquecento anni della morte di Leonardo da Vinci (2 maggio 1519): «Non ci siamo ancora ripresi da quell’anniversario» sorride mentre (con altrettanta ironia) annuncia che le tazzine in cui ci viene servito il caffè sono troppo anonime e che verranno presto sostituite con qualcosa di più «bello e adeguato».

«Vorremmo che Raffaello e la sua bellezza universale rimanessero nel cuore dei visitatori, anche perché la sua è una bellezza che non può essere messa in discussione, pura nella forma e nei contenuti, solida e moderna». A questo dovrà servire la sequenza di progetti espositivi, editoriali, restauri, simposi internazionali, collaborazioni. «Ma con tutto il Raffaello che c’è in Vaticano — aggiunge Jatta — abbiamo deciso di focalizzare le celebrazioni sul nostro patrimonio. Trentasette anni fa, in occasione delle celebrazioni per la nascita, era stata allestita una grande mostra nel Braccio di Carlo Magno; stavolta no, faremo altro». Poco distante, alle Scuderie del Quirinale, dal 3 marzo al 2 giugno sarà ospitata la mostra «ammiraglia» per l’Italia, «come la definisce Antonio Paolucci», che di Barbara Jatta è stato il predecessore alla direzione dei Vaticani. Presterete qualcosa? «Solo un arazzo e delle opere di antichità che hanno influenzato la cultura figurativa classicista di Raffaello». Ma scusi, quanto Raffaello c’è in Vaticano? Jatta sorride: «Come fai a definire con un numero le Stanze? »

Il giallo della nascita

Tra i tanti enigmi a cui dovrà trovare una soluzione il simposio internazionale Raffaello in Vaticano in programma il 20, 21 e 22 aprile, forse l’evento clou delle celebrazioni vaticane, ci potrebbe essere anche quello delle date. La storiografia ufficiale — con qualche discordanza — fa nascere Raffaello il 6 aprile 1483 e sempre il 6 aprile sarebbe stato anche il giorno in cui l’artista sarebbe morto nel 1520. Nelle Vite, Giorgio Vasari fa nascere Raffaello «in venerdì santo». Primo problema: il venerdì santo 1483 cadeva il 28 marzo. Pietro Bembo, invece, scrive nell’epitaffio per Raffaello Quo die natus est, eo esse desiit VIII Id. Aprilis MDXX (ovvero «Venne a mancare nello stesso giorno in cui nacque, nell’ottavo giorno prima delle idi di aprile del 1520», cioè il 6 aprile 1520). Fissata dunque la data di morte, resta poco chiaro se Bembo con quo die (ovvero «lo stesso giorno») intendeva il 6 aprile (e quindi Raffaello sarebbe nato il 6 aprile 1483), oppure se voleva indicare il giorno della settimana, e cioè il venerdì. Considerato però che il 6 aprile 1520 cadeva di martedì, i più hanno interpretato la frase di Bembo in riferimento al numero, 6 aprile.

Gli arazzi tornano nella Cappella Sistina

Se si escludono il prestito della tavola centrale della Pala dei Decemviri del Perugino, maestro di Raffaello, in mostra fino al 26 gennaio alla Galleria nazionale dell’Umbria di Perugia, e l’esposizione dei 34 piatti in maiolica istoriata d’ispirazione raffaellesca della Collezione Carpegna nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, le celebrazioni dei Musei Vaticani iniziano con gli arazzi disegnati da Raffaello, oggi conservati nella Sala VIII della Pinacoteca Vaticana insieme alle tre pale (la Pala Oddi, la Trasfigurazione, la Madonna di Foligno), che per otto giorni a febbraio verranno riportati nella Cappella Sistina, alla quale erano in origine destinati, attaccati agli stessi ganci delle origini per i quali erano stati pensati. «Completeremo così — aggiunge Jatta — la Cappella Magna immaginata da Leone X Medici secondo un’idea di catechesi visiva voluta dal Papa».

Questo ricongiungimento si era già realizzato nel 1983 in occasione delle celebrazioni per i cinquecento anni della nascita e nel 2010, ma solo per poche ore e per un servizio fotografico senza pubblico: stavolta chiunque potrà vederli. «C’è solo un problema da risolvere: la porta da cui si accede alla Sistina, dovremo pensare a come proteggere l’arazzo che sta più vicino alla porta».

Il restauro della Pala Oddi

Nella Sala VIII della Pinacoteca Vaticana si conservano — oltre agli arazzi di Raffaello — anche tre dei suoi maggiori capolavori: l’Incoronazione della Vergine (o

Pala Oddi), la Madonna di Foligno, la Trasfigurazione.

Quest’ultima era stata pulita qualche anno fa, la Madon

na di Foligno è stata ripulita «sotto Paolucci», ora tocca alla Pala Oddi. Spiega Barbara Jatta: «Sono tre tavole chiave che mettono insieme tre età di Raffaello: la giovinezza della Pala Oddi, la maturità della Madonna di Foligno, il senso della fine della Trasfigurazione dipinta pochi giorni prima di morire».

Il lavoro di Paolo Violini e del suo gruppo di restauratori è stato clamoroso: «Ha riportato alla luce dei toni e un blu incredibile, pieno di sfumature che sembravano essere andate perdute. E un panneggio che sembrava piatto, senza volume, impossibile per Raffaello… Ora sono tornati alla luce un azzurro e un blu, quello del manto della Madonna, stupefacenti».

Le cornici dell’Ottocento, una nuova luce fredda

«Un anno fa, nel deposito di Santa Maria Galeria —spiega la direttrice dei Vaticani — ho visto delle casse polverose con scritto Trasfigurazione, Pala Oddi, Madonna Foligno… le ho aperte e ci ho trovato le tre cornici dorate ottocentesche realizzate in Francia, dove erano state portate da Napoleone. Le abbiamo ripulite e restaurate rimettendo la foglia d’oro e, in occasione del simposio di aprile, le rimonteremo in maniera definitiva».

Per aprile sarà anche pronta la nuova illuminazione a luce fredda (firmata Osram), «meravigliosa, molto costosa, realizzata grazie ai Patrons of the Arts in the Vatican Museum, un gruppo internazionale di mecenati che da sempre ci sono vicini».

Altro capitolo delle celebrazioni sarà legato alla fototeca. «Proporremo — annuncia Jatta — una mostra di tutte le immagini delle opere di Raffaello presenti nella nostra fototeca: 80 mila lastre fotografiche in vetro. Le stiamo digitalizzando e mettendo online. Insieme a queste foto storiche metteremo in mostra anche una grande polaroid in formato 1:1 della Trasfigurazione realizzata nel 1983 e riemersa da un deposito».

La Sala di Costantino

«Il restauro della Sala di Costantino, un restauro che nell’ultima fase ha riguardato in particolare le pareti con la Battaglia di Ponte Milvio e le due pareti laterali, è praticamente terminato — racconta Jatta —, i ponteggi sono stati smontati, ma gli affreschi sono ancora coperti con veli, perché dovrà essere una delle sorprese che verranno presentate in occasione del simposio di aprile». Poi aggiunge: «Ci sono novità sensazionali che per ora non posso svelare». Va ricordato che, dopo il restauro iniziato nel marzo del 2015, era già stata accertata la presenza di due figure realizzate da Raffaello stesso, quella dell’Amicizia e della Giustizia dipinte vicino alla Visione della Croce e alla Battaglia di Ponte Milvio.

Le celebrazioni si chiuderanno con la mostra dei santi Pietro e Paolo dipinti da Raffaello con Fra’ Bartolomeo: «Iniziamo con il suo maestro, Perugino; finiamo con l’allievo, Fra’ Bartolomeo e la sua scuola, e con un prestito eccellente che arriva dallo studio del Santo Padre».

Il mistero della morte

Raffaello muore a trentasette anni (si dice per la sifilide; Raffaello ebbe in vita numerose amanti). L’Anno Sanzio potrebbe riaprire definitivamente questo cold case… «A un certo momento è venuto da me Pio Baldi, nominato dal cardinale Gianfranco Ravasi direttore dell’Accademia dei virtuosi al Pantheon — spiega Jatta —. Proprio al Pantheon c’è la tomba di Raffaello che era stata già aperta nel 1930 e di cui l’Accademia conserva tutta la documentazione. Con l’Accademia dei virtuosi al Pantheon, l’Accademia di belle arti e l’ufficio di anatomopatologia della Sapienza è nata l’idea del progetto Enigma

Raffaello, che si propone di riaprire la tomba, forse a gennaio, per capire il vero motivo di questa morte precoce consumata in un giorno e mezzo».

Non va dimenticato che Raffaello era invidiatissimo e che solo tre giorni dopo di lui muore il suo grande committente, Agostino Chigi, anche lui nel pieno delle sue forze, a meno di un mese dalle nozze, celebrate da Raffaello e dalla sua scuola negli affreschi di Villa Farnesina. «Con le tecniche di investigazione attuali — conclude Barbara Jatta — potremmo capire se invece sia morto avvelenato o per un’infezione generalizzata». Aggiungendo l’ultimo scoop: « Nei nostri archivi è stata ritrovata una cassetta con i pennelli, stoffe e alcuni oggetti che stiamo analizzando e che potrebbero essere proprio di Raffaello».

I Musei Vaticani, che custodiscono i maggiori capolavori di Raffaello, annunciano un ciclo straordinario di iniziative per celebrare l’«Anno Sanzio» a cinquecento anni dalla morte dell’artista nato a Urbino e diventato leggenda a Roma. La direttrice Barbara Jatta: «Indagheremo anche le cause della morte, forse veleno e non sifilide».

LA LETTURA, 29 dicembre 2019

 

Condividi su:

    Comments are closed.