Remo Bodei: filosofo del mondo col cuore nell’isola, di Giacomo Mameli

Bodei si è congedato con Seneca. Nel suo ultimo libro “Dominio e sottomissione”, sottotitolo “Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale” (Il Mulino, pagine 407, euro 28), nell’ultimo paragrafo aveva riassunto le passioni di un filosofo errante di gente in gente, scrutando fra le angosce, i dubbi, le incertezze dell’uomo canna al vento del Ventesimo Secolo. Aveva scritto: «Quanto potranno resistere quei valori di libertà, eguaglianza, dignità, emancipazione, umanesimo, pluralismo, misericordia, rispetto relativo per una realtà non degradata a semplice opinione, che hanno finora caratterizzato la nostra civiltà?». E ancora, dopo altri dilemmi: «O si ritornerà al sacro egoismo di Antonio Salandra degli anni della Grande guerra o agli anni Trenta del Novecento, caratterizzati da nazionalismo e protezionismo?». Ma ci aveva ricordato che la storia è “astuta” e che – secondo le sagge parole di Seneca – tendiamo spesso a dimenticare: «Quante cose sono avvenute inaspettate e, viceversa, quante, che erano aspettate, sono avvenute!». Quasi un manifesto del pensiero plurale dello studioso cagliaritano scomparso il 7 novembre scorso a Pisa dove abitava in una bella casa sul Lungarno. Prevedendo di dover “srotolare la gomena”, aveva usato alcuni titoli-dogma: “Il buon uso del tempo”, “La lezione dei classici”, “Ricomporre sé stessi” e, infine, “Non ci sono vie di fuga”. L’àncora – dalla California alla Sardegna – era la cultura, il dialogo, l’apertura agli altri. Ripeteva quasi in ogni incontro, le tre parole di Antonio Gramsci: «Istruitevi, istruitevi, istruitevi». Col pensatore di Ales ha ripetuto, anche nel suo ultimo testo: «Non è possibile staccare il vivere dal filosofare». Della versatilità di questo studioso che ha insegnato nei cinque Continenti, col piede sempre pronto a ricalpestare la città dov’era nato nel 1938 (quartiere di Sant’Avendrace), si è parlato sabato scorso per iniziativa della Fondazione di Sardegna. Nell’auditorium di via San Salvatore da Horta 2, dopo l’introduzione del presidente Antonello Cabras, la vita e le opere di Bodei sono state  affidate a Massimo Cacciari (dopo Venezia, Padova e altri atenei ora insegna al San Raffaele di Milano), Michela Marzano (allieva di Bodei a Pisa e docente a Parigi René Descartes dopo aver diretto il Dipartimento di Scienze sociali alla Sorbona) e dalla figlia Chiara (insegna Informatica alla Normale di Pisa). Con altri familiari, parteciperà anche la vedova di Bobei, Gabriella Giglioni. Alla Fondazione, Bodei aveva presentato quasi tutti i suoi lavori tradotti in mezzo mondo.La radiografia dell’oggi. Nell’edizione “Universale economica” di Feltrinelli del 2015, ripercorrendo le tesi sostenute nel libro “La filosofia del Novecento (e oltre)” molto si era soffermato su un concetto, il tormento per la “radiografia dell’oggi”. Scriveva e diceva: «Il tramonto delle grandi attese collettive porta tendenzialmente a una privatizzazione del futuro stesso e alla fabbricazione di utopie su misura, fatte in casa. Gli ideali di abolizione delle disuguaglianze che colpiscono l’intera umanità o di espansione della liberà al maggior numero di individui, finisce – soprattutto in Occidente – per difendere le frustrazioni». Nella lettura critica della società contemporanea non cedeva al pessimismo: «Ci troviamo dinnanzi a una lacuna del presente, a una sorta di vuoto che non è soltanto privativo ma anche ricco di chance inespresse. Il presente è sguarnito. Il peso del passato, che fungeva da zavorra stabilizzatrice nelle società tradizionali, è diventato leggero mentre lo slancio verso il futuro è diventato debole». E concludeva: «Il presente non somiglia più al passato, la prevedibilità del futuro diminuisce». E se gli dicevi che neanche la filosofia dà risposte certe, affermava: «La filosofia, al pari dell’arte, non è affatto morta. Rivive a ogni stagione perché corrisponde a bisogni di senso che vengono continuamente, e spesso inconsapevolmente, riformulati. La filosofia esplora la deriva, la conformazione e le faglie di quei continenti simbolici su cui poggia il nostro comune pensare sentire». Dalla teoria alla pratica. Nel 2016, intervistato su “Scomposizioni”, la Nuova Sardegna gli aveva chiesto: la politica ha bisogno dei tecnici, ma anche i tecnici non tirano più, la burocrazia è sotto attacco da Roma a Bruxelles. Bodei: «Quando uno va al governo – Palazzo Chigi, il LungoSenna o la Casa Bianca poco importa – diventa automaticamente classe dirigente. Tutte le leadership oggi sono considerate corrotte o incapaci. Se poi arriva un professore emerito, la gente vede quanti nuovi sacrifici deve affrontare e reagisce come sappiamo. La linea vincente non è il rigore, non sono i conti in ordine. Lo specchietto per le allodole è quello di Trump percepito come uomo nuovo mentre altro non è che l’establishment, è sempre stato alleato con i grandi, è infedele nelle dichiarazioni fiscali. Alla gente piace così. Spiace dirlo ma osservo che la gente ama gli incantatori di serpenti. Penso alla narrazione renziana dell’Italia che è andata al voto: con una disoccupazione giovanile record si mostra con Sergio Marchionne, va alla Maserati e alla Ferrari. E il deserto industriale di Ottana e di Portotorres non esistono? E il cimitero di Taranto con l’Ilva che tiene a casa 10mila lavoratori?».L’isola da rivedere. Pensiero globale con la Sardegna sempre presente. In aprile, nell’email a un amico, aveva scritto: «Sono stanchissimo e con brevi momenti di lucidità. Però, appena mi rimetto in forma, voglio vedere e rivedere alcuni luoghi della Sardegna. Prepara il tragitto come meglio credi. La benzina la pago io. Vorrei rivedere: le case di Ales e Ghilarza di Gramsci, il pozzo di Santa Cristina di Paulilatino e di Su Tempiesu a Orune, la chiesa preromanica di San Sebastiano a Foghesu ma soprattutto le nicchie con i lacerti pittorici dell’albero della vita. E poi pezz’e craba. Vorrei tornare a Cabras e rivedere i luoghi di “Baroni in laguna”. Di Peppino Fiori rileggo spesso “La società del malessere”. E poi mi piacerebbe tornare a San Sperate alle pietre parlanti di Sciola e a Ulassai a vedere il paese di Maria Lai, a Orani a vedere il museo Nivola. Vorrei chiudere la gita con la Reggia di Barumini e la mia vecchia città, quella di Tuvixeddu. Lì sotto sono nato. Quando sarà un parco per tutti i visitatori del mondo?».

 

la nuova Sardegna, 15 febbraio 2020

 

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