Puntare sui droni per tornare a su connottu, di Giacomo Cao

 

 

Aspettando che il Distretto aerospaziale della Sardegna prenda il volo, sulla strada che da Perdasdefogu porta a Ulassai da 12 anni si fanno voli amatoriali. Se ne occupa la società Aliquirra (presidente Marco Corongiu, vice Luigi Loi, tesoriere Sabatino Scipione), affiliata all’aeroclub d’Italia. Nel pianoro di “S’abba siccània”, a due chilometri da Foghesu, gestisce un’aviosuperficie di 680 metri (presto di 1300). Nell’hangar è stato costruito l’ultraleggero Savannah (in omaggio al deserto africano) sul quale si esercitano i fans. Voli su vallate da sogno e puntate alle cascate di Luesu. Settecento ore di volo all’anno, frequenti raduni con una media da 25 e 32 velivoli che giungono da tutta l’isola. Corongiu: «Facciamo divulgazione aeronautica per la cultura del volo sportivo e costruzione amatoriale dei velivoli. Arrivano anche dall’estero: passano le ferie volando in cielo».Chissà se con i droni, con l’aviazione civile, la Sardegna tornerà a Su Connottu. A metà anni ’50 del Novecento Perdasdefogu accoglieva diciotto presidi di facoltà di Fisica di tutt’Europa. Comandava “la base” un generale simpatico dell’aeronautica, Adalberto Zanchi, ballava in piazza. Venivano a “veder le stelle” dal tavoliere Su Pranu, in un paese povero, economia primitiva, la luce delle candele a carburo, l’istruzione ferma alla quinta elementare. Il battesimo del primo razzo europeo fu dalla Torre Gigli di “Perda is furonis”, check point di ladri di bestiame. Fulminante il passaggio preistoria-futuro. I fisici erano capitanati da Robert Pooley, direttore scientifico dei programmi. Di giorno si occupava di astrofisica e missilistica. Di sera beveva filuferru nelle cantine e ballava su passu torràu. Era appena nata la Esro, l’Europa unita dello spazio, European spatial research organisation. Furono anni di crescita economica. Con scienziati che volevano esplorare il cielo (parlavano di ionosfera). Il vecchio Continente, uscito da due guerre, voleva competere con Stati Uniti e Russia che puntavano a conquistare lo spazio. Quel progetto – che per The Times, Le Figaro, la Süddeutsche Zeitung «veniva sperimentato nella Cape Canaveral Italiana», forse riprenderà quota in quest’avvio di 2020 col Dass, acronimo che sta per Distretto aerospaziale della Sardegna. Lo presiede un cagliaritano doc, Giacomo Cao, 59 anni, professore ordinario di Principi di ingegneria chimica nella facoltà di piazza d’Armi, esperienze accademiche tra le università Notre Dame dell’Indiana (Usa) e Davis in California. Nuova frontiera. Dice: «Infrastrutture militari della Sardegna verranno utilizzate anche per scopi scientifici con più progetti». Tra i principali: costruzione di una piattaforma di test per droni che Cao chiama «velivoli senza pilota di tipo assolutamente civile». È una nuova frontiera dell’uso dello spazio con la Sardegna in campo. I droni – si legge nelle riviste specializzate – diventeranno come i nostri telefonini, una consuetudine quotidiana. Già oggi ne esistono tanti tipi: vanno da quelli micro da 20 centimetri di diametro fino al colosso P1hh della Piaggio, quasi un jet executive, 14 metri di lunghezza, 4 di altezza, pesa più di sei tonnellate. Vola da solo, telecomandato, uno 007 celeste.Cao illustra questi programmi nel suo Dipartimento tra computer che sembrano quasi preistoria informatica, maxi foto di Albert Einstein, la targa Laboratorio tecnologie per l’esplorazione dello spazio, poster del Cosmic Project e dello Spark Plasma Sintering, locandine di un Symposium internazionale di anni fa. C’è di tutto e di più, qui nascono alcuni degli aggeggi che si trovano in varie applicazioni aerospaziali. Si entra in un mondo off limits per i comuni mortali. Nelle aule, anche in questi giorni di festa, studenti chini sui libri o davanti a ingranaggi. Ecco un reattore Shs: «Produciamo le polveri per realizzare materiali resistenti all’ossidazione a temperature di oltre duemila gradi centigradi». Più avanti un sinterizzatore: «Passiamo dalle polveri al materiale denso, sotto forma di cilindri di varie dimensioni». Una fornace, una camera a guanti, guanti neri come maniche a vento e che i ricercatori maneggiano come tastiere di un portatile. Cao: «Questa camera ci consente di lavorare in atmosfera controllata». Alcuni piani sono realtà. Con la società Avio, leader mondiale nel settore dei lanciatori spaziali, proprio all’interno del Poligono di Perdasdefogu, verrà realizzata con il Dass una piattaforma per test su motori a propellente liquido del razzo tutto italiano Vega. Il progetto Sptf sta per Space propulsion test facility. Da Parigi, dove si trova per lavoro, Giuseppe Coccon, direttore delle relazioni esterne dell’azienda di Colleferro, conferma: «Nelle prossime settimane presenteremo il progetto pubblicamente e diremo nel dettaglio quali saranno le ricadute economiche sul territorio per rafforzare la presenza di Avio nell’isola». Coccon aggiunge: «Dopo Villaputzu, grazie al nuovo insediamento a Perdasdefogu, la Sardegna avrà un ruolo strategico in Europa nello sviluppo delle nuove tecnologie spaziali dei prossimi decenni». Si parla di 35 posti di lavoro per professionalità altamente specializzate, rappresentate da ingegneri, chimici, informatici e tecnici. Costo complessivo, cofinanziato – lo ha annunciato alcuni giorni fa l’assessore regionale alla difesa dell’Ambiente Gianni Lampis – è di 33 milioni di euro. Un altro progetto è chiamato Generazione E, capofila è il Dass. Cao: «Dobbiamo realizzare un prototipo per l’abbattimento delle emissioni per prove a terra di motori a propellente solido e lo sviluppo di tecniche di diagnostica avanzata: misurazione di temperature, deformazioni, sforzi». È di pochi giorni fa l’approvazione da parte della Giunta regionale della deliberazione sulla compatibilità ambientale per la costruzione di un banco di prova per motori a liquido (LRE, Liquid rocket engines) e di un impianto per la realizzazione di componenti in carbon-carbon nel territorio del Comune di Perdasdefogu. Deliberazione che, dopo decenni di disinteresse da parte dei miliari in altre faccende affaccendati, apre uno spiraglio per il paese: «Ci auguriamo – dice il sindaco Mariano Carta – che alle parole seguano i fatti. Perché il paese, con gli investimenti fermi al Poligono, si è spopolato, ha un disperato bisogno di posti di lavoro, soprattutto di quelli qualificati per i ragazzi che si diplomano all’istituto professionale Ipsia». Luce verde anche per gli atenei. Nei laboratori dell’università di Cagliari verranno testati i materiali Uhtc, ultra high temperature ceramics di cui già da anni si stanno occupando i ricercatori sardi Roberta Licheri e Roberto Orrù. In questo campo – materiali sofisticatissimi – l’università del capoluogo ha avuto riconoscimenti a livello internazionale. La parola al professor Cao: «Oggi in Sardegna gli occupati nel settore dell’aerospazio sono poco meno di trecento, le professionalità sono alte e c’è garanzia di nuova occupazione anche per operai. Possiamo disporre, per scopi civili, di strutture militari che altre regioni non hanno: c’è un progetto interamente finanziato dalla Regione per 1.6 milioni di euro. Per i droni potremmo servirci degli spazi di Decimomannu, dell’aeroporto di Tortolì e forse di Fenosu oltre che dell’aviosuperficie Aliquirra di Perdasdefogu». Il distretto aerospaziale sardo userà le infrastrutture dei poligoni. Cao: «L’accordo è stato siglato con il ministero della Difesa, fondamentale per il settore civile aeronautico e aerospaziale. Ciò ci consente di essere unici in Italia».Soci pubblici e privatiIl Dass presieduto da Cao ha cinque soci pubblici: Cnr, Inaf (Istituto italiano di astrofisica), i due atenei sardi e, per la Regione, il Crs4. I soci privati sono 24: tra gli altri la società Avio, la Vitrociset ormai al cento per cento del gruppo Leonardo, il Cira (Centro italiano per le ricerche aerospaziali). E, unico caso in Italia, anche una fondazione di origine bancaria, la Fondazione di Sardegna. Se questi progetti si attuassero sarebbe la svolta. Si tornerebbe al feeling tra mondo accademico, militare e agropastorale. A Giovanni Corona che lo aveva accolto nell’ovile, mister Pooley aveva detto: «Questa grappa è buona come il nostro whisky». L’inviato-mito di guerra del Corriere della Sera Egisto Corradi scriveva di «un villaggio di pietre e capre ma col futuro davanti a sé, perché qui nascerà l’Europa che competerà con America e Russia». La prima avventura spaziale europea, coi lanci dei razzi Contraves, degli Hawk, degli Skylark, avvenne alle 13.30 del 25 ottobre 1956 con quattro missili «a carica di combustibile ridotta». Di sardo c’era solo il territorio. La tecnologia ha fatto passi da gigante. Se i droni fossero made anche in Sardinia sarebbe davvero un miracolo.

la nuova sardegna, 8 gennaio 2020

 

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