Contro le logiche di rapina meglio il turismo sostenibile, di Antonietta Mazzette

Riqualificare i luoghi in un’ottica di miglioramento della qualità della vita. Capitale finanziario, organizzativo e sociale devono agire in maniera integrata

Pubblichiamo un estratto dall’intervento di Antonietta Mazzette (nella foto), docente di Sociologia urbana all’Università di Sassari, che oggi apre la nona edizione della Scuola di alta formazione, organizzata dall’Associazione italiana di sociologia con il titolo “Turismo e regolazione”. La scuola si svolgerà da oggi al 17 settembre a Olbia e dal 19 al 24 settembre a Venezia.* * *di Antonietta Mazzette

 

Pur nella specificità di ogni singolo territorio, le strategie prevalentemente adottate un po’ ovunque per promuovere il turismo sostenibile sono state simili tra loro negli strumenti e nella sostanza, anzitutto, perché il consumo dello svago ha assunto una crescente funzione di centralità; in secondo luogo perché tutte le altre funzioni hanno subito un’opera di marginalizzazione e di supporto al turismo, soprattutto quelle produttive (a partire da quelle legate alla terra) e quelle abitative. È emersa, perciò, la necessità di applicare strumenti di marketing per molti versi simili a quelli che si utilizzano quando si deve vendere un prodotto. Ecco che città e territori mettono in vetrina se stessi e le loro qualità, allo stesso modo in cui un prodotto viene promosso ed esposto per essere venduto sul banco di un supermercato. Ossia, le diverse attività legate al tempo libero diventano uno dei motori più importanti dello sviluppo economico. Va però sottolineato che il territorio è un prodotto eccezionale e non standardizzabile che “si sottrae” a letture monodimensionali. Eppure, alla fine di questa operazione di marketing, tutti i luoghi sembrano assomigliarsi tra loro, quantomeno per ciò che offrono: dalle mostre ai percorsi eno-gastronomici; dallo shopping alla musica, dalle sagre ai festival del libro, e così via. Paradossalmente, proprio quando si mettono in vetrina le specificità e unicità del luogo, si mette anche in atto una sorta di omologazione culturale, per cui alla fine ogni luogo finisce per assomigliare a tutti gli altri, o almeno a quelli che usano le stesse tecniche promozionali. Se poi un’idea promozionale ha successo, ecco che altri territori se ne appropriano, imitandola e riconducendola alla singola e specifica esperienza. Naturalmente ci sono eccezioni, ad esempio in Italia vi sono buoni esempi in cui l’esperienza del luogo è stata il risultato finale alla cui costruzione hanno partecipato tanto il pubblico quanto il privato: dal borgo di Solomeo, trasformato in marchio grazie all’intervento di un imprenditore che ha saputo rappresentare una filosofia di vita del luogo, conservando professionalità, tecniche di produzione, conoscenza, saper fare artigianale, al caso di Rosora nelle Marche dove, grazie a un’impresa artigiana dedita alle installazioni elettriche e che dal 1968 in poi si è diversificata e innovata fino ai settori dell’Information and Communication Technologies, ha sviluppato un solido rapporto pubblico-privato che ha portato alla valorizzazione del luogo. Ma sono tanti i buoni esempi diffusi nella cosiddetta Italia minore come, ad esempio, il festival “Sette sere sette piazze”, che pone da sei anni i libri di qualità, ma soprattutto le qualità del territorio del paese dei centenari sardi, Perdasdegogu in Ogliastra, al centro di iniziative turistiche e, grazie a questa esperienza, ha dato nuova linfa al luogo.In tutti questi casi, la progettualità è stata creata da una pluralità di soggetti che si sono costituiti in una rete, propriamente intesa, e che hanno saputo mettere insieme e valorizzare gli aspetti tangibili e quelli intangibili del luogo.Fondare l’attrattività turistica sull’esperienza del luogo implica un insieme di interventi e di politiche che si fondano su due passaggi essenziali. Il primo è riqualificare i luoghi, in un’ottica di sostenibilità degli interventi e di miglioramento della qualità della vita. É il primo passaggio secondo il noto principio “make it the place better”. Il secondo passaggio essenziale è intervenire in un’ottica integrata. Ciò significa saper mettere insieme tre tipi di capitale: finanziario (pubblico e privato), organizzativo e sociale.L’importanza del capitale sociale è stata una scoperta recente per approcci disciplinari non sociologici, ad esempio quelli che riguardano il marketing, perché si è compreso che l’insieme delle relazioni sociali, se danno credibilità e reputazione a determinati luoghi, costituisce un vero e proprio valore aggiunto all’esperienza del luogo.In altre parole, la qualità del luogo non è data soltanto da fattori tangibili (come le architetture e le attività produttive), ma deriva anzitutto da tutti quei fattori intangibili costituiti da un insieme di aspetti propri dell’umana esperienza e che sono anzitutto relazionali (la fiducia è uno degli ingredienti base).Naturalmente, la prospettiva esperenziale non è esente da rischi, ad esempio, il luogo può essere assimilato a (e perciò gestito come) un’impresa, come hanno criticamente messo in evidenza diversi studi. Questo è un rischio che va tenuto sempre presente perché ogni luogo contiene ed è fatto di beni indivisibili, non scambiabili e non monetizzabili, e perché i primi interlocutori del luogo sono i cittadini con diritti e doveri riconoscibili, al di là delle loro capacità individuali di accesso alle risorse del territorio.

LA NUOVA SARDEGNA 12 SETTEMBRE 2019

 

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