SEVRAN, NEL CUORE DELLA RABBIA, di Daniele Zappalà,

Le scene dello scontro tra un poliziotto e un ragazzo durante un controllo degenerato in violenza accendono le tensioni. I sindaci denunciano aggressioni e minacciano di non ricandidarsi. La risposta di  Macron (IL PROGETTO IN 80 QUARTIERI DEL PAESE) ed i precedenti del socialista François Mitterrand, del neogollista Nicolas Sarkozy, del socialista François Hollande. AVVENIRE 15 SETTEMBRE 2019

Basta una barba così e pos<< sono prenderti per un estremista». Nello stadio ancora vuoto di Sevran, dove inanella fin dall’alba giri su giri con falcata costante, Mohamed, sulla quarantìna, ansima e gronda sudore da ogni poro. Ma non si fa pregare per dirci la sua sulle immagini scioccanti che hanno appena fatto il giro di Francia, rimbalzando fra socia! e tv, in mezzo ad accese polemiche: una scena violentissima di pugilato in strada, fra un poliziotto e un giovane, durante un controllo degenerato sotto gli occhi allibiti di tanti. Il teatro? Proprio Sevran, poco più di 50mila abitanti di oltre 50 nazionalità. Uno dei comuni più caldi della cintura Nord di Parigi, a un tiro di schioppo da Aulnay-sous-Bois e Clichy-sous-Bois, dove nel 2o05 partì la scintilla di quel drammatico «autunno dei roghi» che terrorizzò la coda dell’era Chirac.

Figlio di profughi del conflitto congolese ma nato in Francia, Mohamed si sfoga, colpito dall’accaduto: «Conosco il giovane coinvolto, è un tipo tranquillo. Ma qui, c’è ormai una guerra aperta con la polizia, inutile nasconderlo. Finirà male, lo sento». Rievoca l’infanzia nel quartiere-ghetto Beaudottes, la protezione ricevuta dai “grandi fratelli” che arginavano i petits frères, la voglia di farcela partendo da magazziniere in una ditta di calzature fino al posto di capo in un negozio, prima di mettersi in proprio, da padre di una famiglia numerosa.

«Sa cos’è un controllo, qui? C’è modo e modo di perquisire e come tutti ne ho subiti troppi sbagliati. Certe volte, da ragazzo, non ci stavo e finiva male. Solo dopo, ho trovato la forza per fare semplicemente la vittima», continua infervorato. «Sono fiero di essere francese, ma c’è un nocciolo marcio di razzismo. E certe volte, mi chiedo se non sia il caso d’espatriare. Non per me, ma per i miei figli. Non voglio vederli finire a spacciare solo perché nel quartiere nessuno vuole più aiutare, neppure gli allenatori sportivi». Non si ferma, la locomotiva Mohamed, giungendo fino al capolinea delle convinzioni più intime: «Sì, vado alla moschea e prego tutti i venerdì. Le moschee e le chiese svolgono il loro ruolo, tutti chiedono al loro Creatore il perdono e spesso riescono a ricacciare i demoni giù. Ma fra i più giovani, la religione si perde. Laradicalizzazione di alcuni è una boiata. In giro, cova tanta rabbia. Quella frase di Sarkozy che voleva “ripulire” le banlieue ci è rimasta conficcata dentro, perché non mi pare che sia stata poi smentita dagli altri».

Affastellamento chiuso di enormi palazzoni, Beaudottes è una tipica cité, parola dal significato a metà strada fra “quartiere” e “cittadella”. Quando si arriva a bassa quota all’aeroporto Roissy-Charles de Gaulle, assomiglia dall’ alto a un labirinto di Lego chiari, come tanti altri che costellano la banlieue parigina. Proprio i ghetti rivelati nel 1995, a livello internazionale, dall’uscita del film “L’Odio” di Matthieu Kassovitz.

Come Mohamed, anche diversi altri che incontriamo per strade, mercati e dispensari conoscono bene quel film. In particolare, la storiella del «fin qui tutto bene» pronunciato dall’uomo che sta precipitando dal cinquantesimo piano. «Perché nasconderlo? Sì, voglio andarmene da qui. Cerco uno stage in qualche zoo, mi piace lavorare con gli animali», dice Philippe, sulla ventina, costretto «provvisoriamente» a tornare a casa dei suoi, una volta finiti gli studi. Il suo morfotìpo chiaro «europeo» salta all’occhio, in mezzo agli altri ampiamente p~evalen~ per strada, come in non pochi comuni della Seine-Saint- Denis, il dipartimento “93″ tanto stigmatizzato dall’ultradestra. Patrick, pensionato di carnagione nordica, sorseggia una birra al banco del solito bar. Poi sbotta: «Faccio ogni giorno il percorso da casa a qui e ritorno. Punto. Come tanti altri della mia età. Meglio non ciondolare troppo, soprattutto la sera. La mescolanza sociale vantata dai politici è uno slogan forse bello, ma spesso viviamo ognuno per conto suo».

L’anno scorso, il sindaco di sinistra della città, Stéphane Gatignon, si è clamorosamente dimesso per denunciare le promesse non mantenute dai poteri centrali nella lotta contro il degrado delle banlieue. Nella sua scia, altri primi cittadini di zone “calde” minacciano di non candidarsi piu alle amministrative dell’anno prossimo. Troppi insulti e aggressioni, ripetono. A pochi chilometri da quell’Eliseo che sogna di pilotare una Francia ddivenuta nuovamente una «potenza di equilibrio brio» internazionale del XXI secolo, i primi garanti politici della pace locale, i sindaci delle penfene difficili, si dicono spesso stremati. Dopo le agitazioni nei mesi scorsi dei gilet gialli delle aree rurali, il vecchio focolaio mai spento delle banlieue rischia di condizionare non poco la «fase due» de quinquennio del presidente Emmanuel Macron.

 

La risposta di  Macron (IL PROGETTO IN 80 QUARTIERI DEL PAESE)

La risposta di Macron: 100 milioni di euro per le <<cittadelle educative»

L’istruzione prima di tutto. È la strategia messa in campo dal presidente francese Emmanuel Macron per contrastare il degrado e la violenza nelle banlieue. Il 5 settembre, l’esecutivo ha rivelato la lista degli 80 quartieri sfavoriti in tutto il Paese coinvolti nel nuovo dispositivo delle “cittadelle educative», elaborato dopo un rapporto commissionato nel 2017 a Jean-Louis Borloo, ex ministro per le politiche urbane.

 

Forte di un finanziamento totale di 100 milioni di euro, lungo 3 anni, il dispositivo intende «creare un ecosistema favorevole attorno alle scuole medie inferiori per offrire agli studenti un’educazione di qualità durante gli orari scolastici e periscolastici … Nella regione parigina, il piano riguarda due quartieri della capitale (XIX e XX arrondissement), accanto a una ventina di comuni limitrofi, con una prevalenza della banlieue Nord multietnica (Aulnay-sous-Bois, bondy, Clichy-sous-Bois, La Courneuve, Sevran, Garges-les-Gonesse, Vii· liers-le-bel, Sarcelles), ma senza dimenticare le enclave urbane difficili situate anche nella ricca banlieue Ovest, come nel comuni di Les Mureaux, Mantes-la-Jolie, Trappes.

Nel resto della Francia, il dispositivo riguarda ben 9 rioni di Marsiglia (una delle città considerate più “problematiche” dopo la capitale) e 3 quartieri della banlieue di Lione, cosi come il sobborgo normanno di Saint-Etienne-duRouvray (non lontano dal capoluogo regionale Rouen), dov’è stato trucidato nel 2016 padre Jacques Hamel. Tutte le principali aree metropolitane transalpine sono interessate, da Strasburgo a Nizza nell’Est, da Calais fino Bordeaux sulla facciata atlantica.

Quattro banlieue difficili sono state individuate pure nei territori dell’Oltremare. (D.Z)

 

Mitterrand ci provò già dal 1981

«Sviluppo sociale dei quartieri•>. Si chiamava così il primo piano per il recupero delle banlieue, lanciato net 1981 dal presidente socialista François Mitterrand. Da allora, ogni inquilino dell’Eliseo ha cercato di · affrontare il nodo, ma con risultati sempre molto deludenti. Deciso a “ripulire” le periferie difficili, il neogollista Nicolas Sarkozy aveva promosso nel 2008 «Speranza batnlieu», promettendo “un piano Marshall” per :1 rioni più a rischio senza però riuscire a scalfire il problema. Il suo successore, il socialista François Hollande ha invece promulgato nel 2014 nuove norme specifiche (legge Lamy) focalizzate sulla riabilitazione architettonica e la lotta contro le dis· criminazioni. (D.Z.)

 

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