Carlo Felice e i tiranni sabaudi, seconda edizione: dalla conoscenza alla consapevolezza, recensione di Giuseppe Melis

Carlo Felice e i tiranni sabaudi, il ibro di Francesco Casula, dopo cinque ristampe è arrivato alla seconda edizione.

Recensire un libro uscito per la prima volta nel mese di dicembre del 2016 e arrivato oggi dopo cinque ristampe della prima edizione alla seconda edizione non è facile; anzi, è assai probabile il rischio di essere banali e ripetitivi, perché se i dati sono quelli appena richiamati è evidente che il successo di questo libro è stato certificato proprio dai lettori. Amazon, per esempio, lo colloca al 593° posto dei propri libri più venduti nella categoria “storia moderna e contemporanea dal XVIII° al XX secolo”, su un totale di ben 105.822 libri in catalogo. Se poi consideriamo che si tratta di un libro pubblicato da una piccolissima casa editrice (Grafica del Parteolla con sede a Dolianova, in provincia di Cagliari), il dato sorprende ancora di più.

A oggi, peraltro, sono molte le recensioni e le valutazioni di cui questo libro ha goduto, tutte autorevolissime e qualificate: da Pietro Picciau (giornalista, romanziere e commediografo) ad Andrea Pubusa (studioso di storia sarda, già ordinario di diritto amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Cagliari), da Pino Aprile (giornalista e scrittore meridionalista, studioso anche lui della storia degli ultimi due secoli) a Tonino Bussu (studioso di cultura, storia, letteratura e lingua sarda, già sindaco del comune di Ollolai), da Claudia Zuncheddu (già consigliere regionale della Sardegna) a Francesco Abate (giornalista, scrittore ora responsabile delle pagine cultuali de L’Unione Sarda), da Vito Diana (magistrato, già presidente della Corte militare di Appello di Roma) a tante persone comuni che hanno sentito il piacere di commentare questo libro.

In sintesi, si può dire che si tratta di un libro di storia per tutti e questo grazie ad alcune scelte stilistiche e di linguaggio facilmente accessibili e, nel contempo, assolutamente rigorose sul piano del metodo: chi scrive, infatti, non è uno storico ma il metodo scientifico è parte del mio mestiere di accademico che fa ricerca nell’ampio e variegato campo dell’economia e del management. Ebbene, non tutti sanno che per scrivere un articolo scientifico, prima di tutto, il ricercatore deve fare due cose: conoscere la letteratura su quel campo di studi e, sulla base di questa, individuare eventuali “gap” (lacune) che meritano di essere approfonditi e portati alla conoscenza del pubblico (degli accademici prima di tutto e poi anche di altri). Ebbene, sotto questo profilo Francesco Casula ha seguito alla lettera questo metodo: intanto da docente di storia e letteratura che ha insegnato per oltre quarant’anni nelle scuole secondarie della Sardegna, ha avuto modo di imbattersi, sia per professione che per interesse personale, in tante pubblicazioni di ogni tipo aventi ad oggetto la storia in generale e quella delle diverse aree dell’Europa in particolare, a cominciare da quella che ha visto la Sardegna protagonista.

Ecco, la differenza tra quest’opera e quella di altri è che un primo gap Casula lo ha individuato nell’assumere come punto di osservazione la Sardegna e di capire come la storia si sia evoluta rispetto a questa terra e al popolo che nei secoli l’ha abitata, soprattutto a partire da quando essa venne “regalata” ai principi del Piemonte come premio per aver dato una mano agli inglesi nelle guerre di successione spagnola. Non che prima di questo libro non ci fossero altri testi che abbiano approfondito la storia della Sardegna ma erano e sono tutti validissimi testi accademici, studiati solo da una minoranza di persone che, per esempio, hanno frequentato la Scuola di Specializzazione in Studi Sardi, che oggi, tra l’altro, come tale non esiste più. L’altro gap è stato individuato nel fatto che nessuno prima di quest’opera si era dato carico di raccontare, secondo un approccio longitudinale (basato cioè sulla cronologia degli avvenimenti), i fatti meno noti e, soprattutto, quelli che oggi, col senno di poi, possiamo dire senza tema di smentita, siano stati “nascosti” e “occultati”.

È in questi due gap che quindi si ritrova la “research question” (la domanda di ricerca) che giustifica un testo come quello di Casula: c’era bisogno di un libro che in modo divulgativo potesse permettere al grande pubblico di accedere a dati e fatti ignoti ai più, soprattutto ai Sardi. Ebbene, questa scelta è stata premiata dal pubblico che ha avuto modo di entrare in contatto con il libro e con l’autore, un contatto che è stato reso possibile dalle 118 presentazioni che si sono succedute dal dicembre del 2016 a oggi e che ancora non si sono concluse, perché, questo va esplicitato, c’è una parte dei Sardi (e non solo, visto che il libro è stato venduto in diverse copie anche in diverse città dell’Italia e persino all’estero) che ha voglia di sapere, di conoscere, di capire chi sono e da dove vengono, con linguaggio semplice e comprensibile.

Si, perché fino a oggi i Sardi sono cresciuti e si sono formati (quelli che lo sono) studiando la storia di altre terre e di altri popoli, generando in questo modo una sorta di legame schizofrenico con la propria realtà: profondo sul piano sentimentale ma effimero perché non ancorato a elementi cognitivi solidi. Non a caso apposi alla precedente recensione come esplicitazione al libro “un libro a scoprire per scoprire se stessi” (https://www.manifestosardo.org/carlo-felice-e-i-tiranni-sabaudi-un-libro-da-scoprire-per-scoprire-se-stessi/).

Ecco, questo aspetto di tipo qualitativo aiuta a spiegare ancora meglio il successo del libro di Casula: i Sardi, per lo più, non hanno coscienza di se stessi, non hanno coscienza dei luoghi che abitano, proprio perché non hanno conoscenza della propria storia, il che ha concorso, negativamente, alla costruzione della nostra identità, come individui e come popolo. Siamo cresciuti e ci siamo formati in base a modelli “altri”, estranei alla nostra realtà. Questo non significa che in un approccio complesso alla formazione dell’individuo non sia importante contaminarsi con altre culture e con altre storie ma è quanto meno paradossale (se non del tutto assurdo e inaccettabile) che lo si faccia solo con quelle degli altri e non con la nostra, anche perché come attestano studi moderni di diverse discipline, non esiste una storia più importante di altre, le storie sono tutte importanti poiché rappresentano il vissuto di qualcuno e di qualche territorio.

Un altro aspetto di metodo fondamentale nella valutazione dei lavori di ricerca riguarda la bibliografia citata a testimonianza del fatto che ciò che si scrive non è frutto della fantasia o dell’interpretazione dell’autore, ma, per dirla con le parole attribuite a Isaac Newton, di poggiare le proprie argomentazioni e le proprie tesi “sulle spalle di giganti”, cioè di quanti prima di lui si sono cimentati nello studio di quegli argomenti. E qui ecco il testo è ampiamente infarcito di citazioni con indicazione puntuale delle opere e delle pagine da cui sono stati tratti i contenuti riportati nel testo. Questa operazione, oltre che essere valida di per sé ha avuto anche un altro grande pregio, forse inaspettato inizialmente: chi legge questo libro ha preso talmente gusto nel conoscere e nell’approfondire la storia sarda che sta andando a riprendersi le citazioni di Casula per leggere i testi originali di Aldo Accardo, Giulio Angioni, Carta Raspi, Francesco Cesare Casula, Carlo Baudi di Vesme, Antonio Gramsci, Gianfranco Pintore, Eliseo Spiga, Emilio Lussu, Giuseppe Manno, Giuseppe Dessì, ecc. Insomma, gli stessi accademici dovrebbero trovare piacere nel fatto che grazie a questo libro una parte dei Sardi, che pure non studia storia all’università, inizi a trovare interessanti le letture di testi che, altrimenti, non prenderebbe neppure in considerazione.

Sono queste argomentazioni che supportano ancora una volta di più l’idea che questo testo non possa mancare nelle librerie di ogni comune della Sardegna, nelle librerie di ogni famiglia, nelle biblioteche di ogni scuola secondaria della Sardegna. E sarebbe altresì necessario che questo libro potesse essere presentato, quanto prima, all’Assemblea del popolo sardo in quanto decisori pubblici che dal canto loro, visto che decidono sulle sorti di noi tutti, spesso lo fanno totalmente ignari della conoscenza della nostra storia. Significativa in proposito è la recente dichiarazione dell’Assessore dei lavori pubblici della Regione sarda che ha proposto la modifica della intitolazione della SS 131 che collega Cagliari con Porto Torres: la sua proposta, infatti, è nata dopo che ha partecipato ad una delle presentazioni del libro di Casula durante la quale si espresse pubblicamente dicendo, sostanzialmente (le parole sono le mie ma il concetto è fedele) che si, sapeva che i Savoia non avevano fatto del bene ma che non immaginava minimamente che ne avessero combinato di così gravi.

Ecco, noi Sardi abbiamo tutti bisogno di studiare, la storia prima di tutto, e i questo modo potremo essere artefici del nostro destino senza dover ogni vota aspettare un “messia” che venga da fuori a toglierci le castagne dal fuoco.

 

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