TUTELA DELLE LINGUE REGIONALI O MINORITARIE E PROMOZIONE DEL LORO UTILIZZO … DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore GIANNI MARILOTTI

Per tutelare le lingue regionali o minoritarie e promuovere il loro utilizzo al fine di salvaguardare l’eredità e le tradizioni culturali europee, nonché il rispetto della volontà dei singoli di poter usare tali lingue nell’ambito delle attività pubbliche o private.

Nel programma della Fondazione Sardinia, di invito alla discussione sulla “questione linguistica e questione sarda”, risulta attuale la proposta di legge che il senatore Gianni Marilotti (nella foto) ha presentato in Senato due mesi fa e che è in attesa di essere calendarizzata.  Qui di seguito pubblichiamo  la relazione illustrativa, gli 8 articoli della legge e, molto importante, l’Allegato A che si può capire solo alla luce della Carta Europea sulle Lingue Regionali e minoritarie (nota Carta di Strasburgo) che riportiamo al termine del dossier.

 

 

 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

XVIII Legislatura

 

 

 

 

 

 

DISEGNO DI LEGGE

 

d’iniziativa del senatore MARILOTTI

 

 

Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Onorevoli Senatori. –  Il presente disegno di legge si rende necessario per autorizzare la ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, aperta alla firma a Strasburgo il 5 novembre 1992 e firmata dall’Italia il 27 giugno 2000. Tale Carta si pone l’obiettivo di tutelare le lingue regionali o minoritarie e promuovere il loro utilizzo al fine di salvaguardare l’eredità e le tradizioni culturali europee, nonché il rispetto della volontà dei singoli di poter usare tali lingue nell’ambito delle attività pubbliche o private.

Il 16 luglio 2018 l’Alto commissario sulle minoranze nazionali dell’Organizzazione sulla sicurezza e cooperazione in Europa (OSCE), Lamberto Zannier, a margine della conferenza internazionale sul tema dei rapporti tra Stati in materia di minoranze, ha ribadito la necessità di “fare dei passi concreti per proteggere il diritto delle minoranze a mantenere viva la loro cultura” e a tal fine ha invitato il Parlamento italiano ad avviare urgentemente l’iter per la ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie di Strasburgo.

Il “rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze” è, come specificato dal Trattato di Lisbona, uno dei principi su cui si fonda l’Unione Europea. Il rispetto, la tutela e la promozione delle lingue minoritarie e delle comunità che le parlano, figurano inoltre non solo tra i principi della Costituzione della Repubblica italiana (articoli 3 e 6), ma anche tra quelli di diversi Statuti di autonomia regionale e sono all’origine di leggi statali e regionali, a cui si è aggiunta recentemente la Legge regionale per disciplinare l’uso della lingua sarda e degli altri idiomi parlati in Sardegna (catalano, gallurese, sassarese e tabarchino). Tale legge varata il 27 giugno 2018 dal Consiglio regionale sardo si pone l’obiettivo di garantire uno status ufficiale all’idioma dell’Isola e riattivare la trasmissione delle competenze linguistiche tra le diverse generazioni.

La firma della Carta di Strasburgo da parte italiana è stata preceduta nel 1999 dalla predisposizione di un’apposita legge in materia, in modo da poter già disporre di una normativa coerente con le prescrizioni della Carta. La legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche», infatti, sebbene non costituisca formale recepimento della Carta nell’ordinamento italiano, fornisce il quadro di riferimento normativo interno in materia di lingue regionali o minoritarie.

Inoltre la Corte costituzionale, con le sentenze n. 159 del 2009 e n. 170 del 2010, ha espressamente affermato come la legge n. 482 del 1999 costituisca, nell’ordinamento interno, il quadro di riferimento normativo per la disciplina e la tutela delle minoranze linguistiche; tale legge può pertanto essere ricondotta ai princìpi sanciti dalla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.

Nel corso della XVII Legislatura è stato incardinato al Senato il DDL per la ratifica della Carta di Strasburgo (AS 560 e 1433) e sono state audite associazioni ed esperti di settore.

Nella memoria, presentata da ARLEF (Agenzia Regionale per la Lingua Friulana) in Commissione Affari Costituzionali, veniva proposto di includere nel testo “la possibilità di insegnare le lingue di minoranza nelle Università: possibilità già prevista dalla legge statale 482/99 e qui invece assente”. ARLEF suggeriva inoltre “l’inserimento del punto e(ii) dell’art. 8, paragrafo 1, dell’allegato, almeno per le minoranze linguistiche sul cui territorio sono presenti una o più sedi universitarie come friulani, sardi e sloveni”, proposta che è stata accolta nella formulazione del presente disegno di legge.

Nella memoria di ARLEF veniva inoltre evidenziato che, di fronte alle preoccupazioni espresse da alcuni rappresentanti politici sull’aumento dei costi per l’erario statale derivanti dalla ratifica della Carta: “Ci preme sottolineare che tutti i livelli di tutela previsti dai testi in discussione, anche con le modifiche appena esposte, rappresentano semplicemente la conferma di misure già previste dalle leggi in vigore. Risulta dunque evidente che non sarebbe certamente la ratifica della Carta a determinare costi aggiuntivi”.

Elementi questi ultimi che erano già emersi nella XVI Legislatura dove nell’AC 5118 si affermava che dall’attuazione del presente provvedimento non discendono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, avuto riguardo alla circostanza che le attività ivi previste non presentano carattere innovativo dell’ordinamento in quanto già sostanzialmente svolte da parte delle competenti amministrazioni dello Stato e delle regioni ai sensi della legge n. 482 del 1999 e conseguentemente coperte dalle risorse autorizzate dalla medesima legge.  Anche per quanto concerne le attività derivanti dall’applicazione della disposizione di cui all’articolo 4 del disegno di legge (AC 5118), non sarebbero derivati nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, atteso che la diffusione di programmi radiotelevisivi sarebbe avvenuta nell’ambito delle lingue regionali o minoritarie, individuate nella legge n. 482 del 1999 e comunque tale aspetto sarebbe stato disciplinato nel contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo nell’ambito delle risorse a tale scopo preordinate. Nel presente disegno di legge all’art. 6, si conferma la volontà di assicurare la diffusione di programmi radiotelevisivi, anche prevedendo adeguato sostegno alla comunicazione via web nelle lingue regionali o minoritarie.

Sono trascorsi ormai circa vent’anni dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482, che intendeva promuovere e valorizzare il ricco mosaico di lingue che caratterizza il territorio nazionale, ma non molto tempo ci separa dal trentesimo anniversario della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, che, redatta in seno al Consiglio d’Europa e aperta alla firma il 5 novembre 1992 a Strasburgo, risulta a oggi firmata da 33 Stati membri del Consiglio d’Europa, per tutelare l’insieme delle lingue storiche regionali o minoritarie del «vecchio Continente» che rischiano purtroppo di scomparire. Il recepimento della Carta è una delle condizioni richieste dalle istituzioni europee, in particolare dal Consiglio d’Europa, per l’adesione di nuovi Paesi al contesto europeo; si ritiene pertanto non più derogabile che un Paese fondatore del Consiglio d’Europa, qual è l’Italia, provveda sollecitamente all’esecuzione di questo importante strumento internazionale.

Il diritto a poter usufruire di una lingua regionale o minoritaria nella vita sociale, culturale ed economica rappresenta un diritto inalienabile dell’uomo, ed è stato sancito nel Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato e aperto alla firma a New York il 19 dicembre 1966 e reso esecutivo ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881, e conforme altresì alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848.

Atteso che le minoranze nomadi presenti nel nostro Paese non sono state riconosciute dalla citata legge n. 482 del 1999 proprio perché si tratta di gruppi non ancorati a un territorio, occorre che, in sede di ratifica della Carta, venga formulata la riserva disposta all’articolo 21 della medesima Carta, relativamente al paragrafo 5 dell’articolo 7 della stessa, nel quale è prevista la tutela delle «lingue non territoriali».
Il presente provvedimento è sostanzialmente analogo per portata e per contenuto, sebbene non identico, alle proposte di legge già presentate nella XVI e XVII legislatura.

Il presente disegno di legge consta di otto articoli e un allegato che specifica le modalità di applicazione delle disposizioni della Carta.

Considerata l’importanza del presente disegno di legge, si auspica una rapida e definitiva conclusione del suo iter parlamentare.

 

 

Disegno di Legge

 

 

 

Art. 1

(Autorizzazione alla ratifica)

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992, di seguito denominata: «Carta».

 

Art. 2

(Ordine di esecuzione)

1. Piena ed intera esecuzione è data alla Carta, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall’articolo 19 della Carta stessa.

 

Art. 3

(Ambito di applicazione)

1. Ai fini di quanto previsto dall’articolo 2, paragrafo 2, e dall’articolo 3, paragrafo 1, della Carta, le disposizioni ivi contenute si applicano, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, alle lingue regionali o minoritarie di cui all’articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, secondo quanto contenuto nell’allegato A annesso alla presente legge.

Art. 4

(Effettività dell’offerta formativa)

1. Ai fini di quanto previsto dall’articolo 7 lettera f) e dall’articolo 8 della Carta, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, nell’ottica di una reale contestualizzazione dell’apprendimento, garantisce l’effettivo studio e insegnamento delle lingue regionali o minoritarie secondo quanto contenuto nell’allegato A annesso alla presente legge e conformemente a quanto previsto agli articoli 4, 5 e 6 della legge 15 dicembre 1999, n. 482.

2. Nel pieno rispetto dell’autonomia scolastica, ai docenti o agli esperti che contribuiscono all’offerta formativa con l’insegnamento della lingua regionale o minoritaria, ovvero cui viene affidata la realizzazione di progetti che usufruiscano della stessa, è fatto obbligo di presentare all’Istituzione scolastica presso cui svolgono servizio l’eventuale certificazione linguistica di cui sono in possesso in base alle specifiche normative regionali in materia.

3. Le istituzioni scolastiche monitorano le competenze linguistiche dei docenti/esperti di cui al comma 2, riconoscendo loro adeguati punteggi nelle graduatorie d’istituto sulla base di tabelle predisposte dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca.

Art. 5

(Giustizia e amministrazione)

1. Ai fini di quanto previsto dall’articolo 9 e dall’articolo 10 della Carta, i Ministeri competenti garantiscono al cittadino l’uso della lingua regionale o minoritaria nell’amministrazione della Giustizia e nei rapporti con la pubblica amministrazione, in conformità a quanto previsto agli articoli 7, 8 e 9 della legge 15 dicembre 1999, n. 482.

 

Art. 6

(Programmazione radiotelevisiva)

1. In applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della Carta, nel contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo sono introdotte misure dirette ad assicurare la diffusione di programmi radiotelevisivi, anche prevedendo adeguato sostegno alla comunicazione via web nelle lingue regionali o minoritarie di cui all’articolo 3 della presente legge, in conformità a quanto disposto dell’articolo 12 della legge 15 dicembre 1999, n. 482.

 

Art. 7

(Norma di salvaguardia)

1. Ai fini di quanto previsto dall’articolo 4 della Carta, sono comunque fatte salve eventuali disposizioni nazionali vigenti più favorevoli.

 

Art. 8

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 

 

 

ALLEGATO A

 

DISPOSIZIONI DELLA CARTA EUROPEA
DELLE LINGUE REGIONALI O MINORITARIE

 

Articolo 8, paragrafo 1:

a(i): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

b(i): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate, Rom e Sinti, e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

c(i): lingue delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol e slovene;

c(ii): lingua delle popolazioni parlanti il francese;

c(iii): lingua delle popolazioni parlanti il ladino, friulano e sardo;

c(iv): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell’Alto Adige/Südtirol), greche, croate e di quelle parlanti il franco-provenzale e l’occitano;

d(i): lingue delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol e slovene;

d(ii): lingua delle popolazioni parlanti il francese;

d(iii): lingua delle popolazioni parlanti il ladino;

d(iv): il sardo;

e(ii): lingue delle popolazioni, germaniche, slovene e di quelle parlanti il francese, il friulano e il sardo;

f(iii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

h: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

i: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 9, paragrafo 1:

a(i): lingua delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol;

a(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

a(iii): lingue delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol e slovene;

a(iv): lingua delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, il sardo;

b(i): lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell’Alto Adige/Südtirol;

b(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

b(iii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

c(i): lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell’Alto Adige/Südtirol;

c(ii): lingua delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol;

c(iii): lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell’Alto Adige/Südtirol;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

Articolo 9, paragrafo 2:

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 9, paragrafo 3:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 10, paragrafo 1:

a(i): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

a(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, slovene e di quelle parlanti il francese, il friulano, il ladino e il sardo.

Articolo 10, paragrafo 2:

a: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

e: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

f: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 10, paragrafo. 3:

a: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 10, paragrafo 4:

a: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 10, paragrafo 5:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 11, paragrafo 1:

a(i): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

b(i): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino e il sardo.

e(i): lingue delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

f(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 12, paragrafo 1:

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

f: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

h: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 12, paragrafo 3:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 13, paragrafo 1:

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Articolo 13, paragrafo 2:

a: lingua delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol e ladino;

b: lingua delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol e ladino;

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

e: lingua delle popolazioni germaniche dell’Alto Adige/Südtirol e ladino.

Articolo 14:

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche dell’Alto Adige/Südtirol, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

 

 

 

 

 

 

SINTESI

Tale trattato prevede la protezione e la promozione delle lingue storiche regionali e di minoranza. La sua elaborazione è dovuta, da un lato, alla conservazione ed allo sviluppo delle tradizioni e del patrimonio culturale europeo, d’altra parte, al rispetto del diritto imprescrittibile e universalmente riconosciuto di usare una lingua regionale o di una minoranza nella vita privata e pubblica.

Innanzitutto, essa indica degli obiettivi e dei principi che le Parti si impegnano a applicare a tutte le lingue regionali o di minoranza esistenti sul loro territorio: rispetto dell’aria geografica di ognuna di queste lingue, necessità di promozione, facilità ed/o incoraggiamento del loro uso scritto ed orale nella vita pubblica e privata (attraverso adeguati mezzi di insegnamento e di studio, attraverso scambi transnazionali per quelle lingue che sono praticate in forme ientiche o similari in altri Stati).

In seguito, la Carta indica una serie di misure che devono essere prese per agevolare l’uso delle lingue regionali o di minoranza nella vita pubblica. Tali misure coprono i seguenti campi: l’insegnamento, la giustizia, le autorità amministrative ed i servizi pubblici, i media, le attività e le strutture culturali, la vita economica e sociali e gli scambi transfrontalieri. Ogni Parte si impegna ad applicare al meno 35 paragrafi o sottoparagrafi scelti tra queste misure, di cui un numero deve essere scelto da un « nocciolo duro ». Ancora, ogni Parte deve specificare nel suo strumento di ratifica a quale lingua regionale o di minoranza parlata in tutto o in una parte del suo territorio si applicano le disposizioni scelte.

Carta europea delle lingue regionali o minoritarie

Strasburgo, 5 novembre 1992

Traduzione ufficiale della Cancelleria federale della Svizzera


Preambolo

Gli Stati membri del Consiglio d’Europa, firmatari della presente Carta,

considerato che il Consiglio d’Europa ha lo scopo di attuare un’unione più stretta fra i Membri per tutelare e promuovere gli ideali e i principi che sono loro comune patrimonio,

considerato che la protezione delle lingue regionali o minoritarie storiche dell’Europa, alcune delle quali rischiano di scomparire col passare del tempo, contribuisce a conservare e a sviluppare le tradizioni e la ricchezza culturali dell’Europa,

considerato che il diritto di usare una lingua regionale o minoritaria nella vita privata e pubblica costituisce un diritto imprescrittibile, conformemente ai principi contenuti nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite e conformemente allo spirito della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d’Europa,

tenuto conto del lavoro effettuato nell’ambito della CSCE, segnatamente dell’Atto finale di Helsinki del 1975 e del documento della riunione di Copenhagen del 1990,

sottolineato il valore dell’interculturalità e del plurilinguismo e considerato che il promovimento delle lingue regionali o minoritarie non dovrebbe avvenire a scapito delle lingue ufficiali e della necessità di apprenderle,

coscienti del fatto che la tutela e il promovimento delle lingue regionali o minoritarie nei diversi Paesi e regioni d’Europa contribuiscano in modo considerevole a costruire un’Europa fondata sui principi della democrazia e della diversità culturale, nell’ambito della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale,

tenuto conto delle condizioni specifiche e delle tradizioni storiche proprie di ogni regione dei Paesi d’Europa,

hanno convenuto quanto segue:

Parte I – posizioni generali

Articolo 1 – Definizioni

Ai sensi della presente Carta:

aper «lingue regionali o minoritarie» si intendono le lingue:

iusate tradizionalmente sul territorio di uno Stato dai cittadini di detto Stato che formano un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato; e

iidiverse dalla(e) lingua(e) ufficiale(i) di detto Stato;

questa espressione non include né i dialetti della(e) lingua(e) ufficiale(i) dello Stato né le lingue dei migranti;

bper «territorio in cui è usata una lingua regionale o minoritaria» si intende l’area geografica nella quale tale lingua è l’espressione di un numero di persone tale da giustificare l’adozione di differenti misure di protezione e di promovimento previste dalla presente Carta;

cper «lingue non territoriali» si intendono le lingue usate da alcuni cittadini dello Stato che differiscono dalla(e) lingua(e) usata(e) dal resto della popolazione di detto Stato ma che, sebbene siano usate tradizionalmente sul territorio dello Stato, non possono essere ricollegate a un’area geografica particolare di quest’ultimo.

Articolo 2 – Impegni

1Ogni Parte si impegna ad applicare le disposizioni della parte II a tutte le lingue regionali o minoritarie usate sul proprio territorio relative alle definizioni dell’articolo 1.

2Per quanto concerne qualsiasi lingua indicata al momento della ratifica, dell’accettazione o dell’approvazione, conformemente all’articolo 3, ogni Parte si impegna ad applicare almeno trentacinque paragrafi o capoversi scelti fra le disposizioni della parte III della presente Carta, di cui almeno tre scelti in ciascuno degli articoli 8 e 12 e uno in ciascuno degli articoli 9, 10, 11 e 13.

Articolo 3 – Modalità

1Ogni Stato contraente deve specificare nel proprio strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione ogni lingua regionale o minoritaria oppure ogni lingua ufficiale meno diffusa in tutto o parte del suo territorio, cui si applicano i paragrafi scelti conformemente all’articolo 2 paragrafo 2.

2Ogni Parte può notificare al Segretario Generale in qualsiasi momento successivo che accetta gli obblighi derivanti dalle disposizioni di ogni altro paragrafo della Carta, che non era stato specificato nel proprio strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione, o che applicherà il paragrafo 1 del presente articolo ad altre lingue regionali o minoritarie o ad altre lingue ufficiali meno diffuse in tutto o parte del suo territorio.

3Gli impegni previsti nel paragrafo precedente sono considerati parte integrante della ratifica, dell’accettazione o dell’approvazione e hanno gli stessi effetti a decorrere dalla data della loro notifica.

Articolo 4 – Statuti attuali di protezione

1Nessuna disposizione della presente Carta può essere interpretata quale limite o deroga ai diritti garantiti dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.

2Le disposizioni della presente Carta non pregiudicano le disposizioni più favorevoli che disciplinano la situazione delle lingue regionali o minoritarie o lo statuto giuridico delle persone appartenenti a minoranze, che esistono già in una Parte o sono previste da relativi accordi internazionali bilaterali o multilaterali.

 

Articolo 5 – Obblighi esistenti

Nella presente Carta nulla può implicare il diritto di intraprendere un’attività qualunque o di compiere un’azione qualunque contrarie agli scopi della Carta delle Nazioni Unite o ad altri obblighi sanciti dal diritto internazionale, compreso il principio della sovranità e dell’integrità territoriale degli Stati.

Articolo 6 – Informazione

Le Parti si impegnano a vegliare affinché le autorità, le organizzazioni e le persone interessate siano informate dei diritti e dei doveri stabiliti dalla presente Carta.

Parte II – Obiettivi e principi perseguiti conformemente all’articolo 2 paragrafo 1

Articolo 7 – Obiettivi e principi

1.   In materia di lingue regionali o minoritarie, nei territori in cui tali lingue sono usate e secondo la realtà di ogni lingua, le Parti fondano la loro politica, la loro legislazione e la loro pratica sugli obiettivi e principi seguenti:

a) il riconoscimento delle lingue regionali o minoritarie quale espressione della ricchezza culturale;

b) il rispetto dell’area geografica di ogni lingua regionale o minoritaria, facendo in modo che le divisioni amministrative già esistenti o nuove non ostacolino il promovimento di tale lingua regionale o minoritaria;

c) la necessità di un’azione risoluta per promuovere le lingue regionali o minoritarie al fine di salvaguardarle;

d) la facilitazione e/o l’incoraggiamento all’uso orale o scritto delle lingue regionali o minoritarie nella vita pubblica e privata;

e) il mantenimento e lo sviluppo di relazioni, negli ambiti contemplati dalla presente Carta, fra i gruppi che usano una lingua regionale o minoritaria e altri gruppi dello stesso Stato che parlano una lingua usata in una forma identica o simile, come pure l’instaurarsi di relazioni culturali con altri gruppi dello Stato che usano lingue diverse;

f) la messa a disposizione di forme e mezzi adeguati di insegnamento e di studio delle lingue regionali o minoritarie a tutti gli stadi appropriati;

g) la messa a disposizione di mezzi che consentono ai non parlanti di una lingua regionale o minoritaria, che abitano nell’area in cui tale lingua è usata, di apprenderla se essi lo desiderano;

h) il promovimento degli studi e della ricerca sulle lingue regionali o minoritarie nelle università o negli istituti equivalenti;

i)                     il promovimento delle forme appropriate di scambi sopranazionali, negli ambiti contemplati dalla presente Carta, per le lingue regionali o minoritarie usate in una forma identica o simile in due o più Stati.

 

2.   Le Parti si impegnano a eliminare, se non l’hanno ancora fatto, qualsiasi distinzione, esclusione, restrizione o preferenza ingiustificate che concernono l’uso di una lingua regionale o minoritaria e hanno lo scopo di dissuadere o di minacciare il mantenimento o lo sviluppo di quest’ultima. L’adozione di misure speciali a favore delle lingue regionali o minoritarie, destinate a promuovere l’uguaglianza fra i parlanti di tali lingue e il resto della popolazione o miranti a considerare le loro situazioni particolari, non è ritenuta un atto discriminatorio nei confronti dei parlanti delle lingue più diffuse.

3.    Le Parti si impegnano a promuovere, mediante misure appropriate, la comprensione reciproca fra tutti i gruppi linguistici del Paese, in particolare facendo in modo che il rispetto, la comprensione e la tolleranza nei confronti delle lingue regionali o minoritarie figurino fra gli obiettivi dell’educazione e della formazione impartite nel Paese, e a esortare i mezzi di comunicazione di massa a perseguire il medesimo obiettivo.

4.   Definendo la loro politica nei confronti delle lingue regionali o minoritarie, le Parti si impegnano a considerare i bisogni e i desideri espressi dai gruppi che usano tali lingue. Esse sono esortate a istituire, se del caso, organi incaricati di consigliare le autorità in merito a tutte le questioni inerenti alle lingue regionali o minoritarie.

5.   Le Parti si impegnano ad applicare, mutatis mutandis, alle lingue non territoriali i principi enunciati ai paragrafi 1–4 succitati. Tuttavia per tali lingue la natura e la portata delle misure da adottare per rendere effettiva la presente Carta saranno determinate in modo flessibile, tenendo conto dei bisogni e dei desideri e rispettando le tradizioni e le caratteristiche dei gruppi che usano le lingue in questione.

 

Parte III –Misure a favore dell’uso delle lingue regionali o minoritarie nella vita pubblica, da adottare conformemente agli impegni sottoscritti in virtù dell’articolo 2 paragrafo 2

Articolo 8 – Insegnamento

  1. In materia di insegnamento, le Parti si impegnano, per quanto concerne il territorio sul quale queste lingue sono usate, secondo la realtà di ciascuna lingua e senza pregiudicare l’insegnamento della(e) lingua(e) ufficiale(i) dello Stato:

a)                                      a garantire l’educazione prescolastica nelle lingue regionali o minoritarie in questione; oppure ia garantire una parte notevole dell’educazione prescolastica nelle lingue regionali o minoritarie in questione; oppure iiiad applicare una delle misure di cui ai capoversi i e ii succitati almeno agli allievi le cui famiglie lo desiderano e il cui numero è ritenuto sufficiente; oppure se i poteri pubblici non sono direttamente competenti nell’ambito dell’educazione prescolastica, a favorire e/o promuovere l’applicazione delle misure di cui ai capoversi i–iii succitati;

b)                                      a garantire l’insegnamento primario nelle lingue regionali o minoritarie in questione; oppure a garantire una parte notevole dell’insegnamento primario nelle lingue regionali o minoritarie in questione; oppure a prevedere, nell’ambito dell’educazione primaria, che l’insegnamento delle lingue regionali o minoritarie in questione sia parte integrante del curriculum; oppure ad applicare una delle misure di cui ai capoversi i–iii succitati almeno agli allievi le cui famiglie lo desiderano e il cui numero è ritenuto sufficiente;

c)                                      a garantire l’insegnamento secondario nelle lingue regionali o minoritarie in questione; oppure a garantire una parte notevole dell’insegnamento secondario nelle lingue regionali o minoritarie; oppure a prevedere, nell’ambito dell’educazione secondaria, l’insegnamento delle lingue regionali o minoritarie quale parte integrante del curriculum; oppure ad applicare una delle misure di cui ai capoversi succitati almeno agli allievi che lo desiderano – o, se del caso, le cui famiglie lo auspicano – in numero ritenuto sufficiente;

d)                                     a garantire l’insegnamento tecnico e professionale nelle lingue regionali o minoritarie in questione; oppure a garantire una parte notevole dell’insegnamento tecnico e professionale nelle lingue regionali o minoritarie in questione; oppure a prevedere, nell’ambito dell’educazione tecnica e professionale, l’insegnamento delle lingue regionali o minoritarie in questione quale parte integrante del curriculum; oppure ad applicare una delle misure di cui ai capoversi succitati almeno agli allievi che lo desiderano – o, se del caso, le cui famiglie lo auspicano – in numero ritenuto sufficiente;

e)                                      a prevedere l’insegnamento universitario e altre forme di insegnamento superiore nelle lingue regionali o minoritarie; oppure a prevedere lo studio di tali lingue quali discipline dell’insegnamento universitario e superiore; oppure iqualora i capoversi I) e II) non possano essere applicati, dato il ruolo dello Stato nei confronti degli istituti di insegnamento superiore, a promuovere e/o autorizzare l’istituzione di un insegnamento universitario o di altre forme di insegnamento superiore nelle lingue regionali o minoritarie oppure di mezzi che consentano di studiare tali lingue all’università o in altri istituti di insegnamento superiore;

f)                                       ad adottare disposizioni affinché i corsi di educazione per gli adulti o i corsi di educazione permanente siano impartiti interamente o parzialmente nelle lingue regionali o minoritarie; oppure iia proporre tali lingue quali discipline dell’educazione per gli adulti e dell’educazione permanente; oppure iiise i poteri pubblici non sono direttamente competenti nell’ambito dell’educazione degli adulti, a favorire e/o promuovere l’insegnamento di tali lingue nell’ambito dell’educazione degli adulti e dell’educazione permanente;

g)       ad adottare disposizioni per garantire l’insegnamento della storia e della cultura di cui la lingua regionale o minoritaria è l’espressione;

h)       a garantire la formazione iniziale e permanente degli insegnanti necessaria all’applicazione dei paragrafi tra a e g accettati dalla Parte;

i)         ad istituire uno o più organo(i) di controllo incaricato(i) di seguire le misure adottate e i progressi fatti nell’istituzione e nello sviluppo dell’insegnamento delle lingue regionali o minoritarie e a redigere in merito a tali punti rapporti periodici che saranno resi pubblici.

  1. In materia di insegnamento e per quanto concerne i territori diversi da quelli in cui le lingue regionali o minoritarie sono tradizionalmente usate, le Parti si impegnano ad autorizzare, promuovere o istituire, qualora il numero dei parlanti di una lingua regionale o minoritaria lo giustifichi, l’insegnamento nella o della lingua regionale o minoritaria agli stadi appropriati dell’insegnamento.

Articolo 9 – Giustizia

1Le Parti si impegnano, per quanto concerne le circoscrizioni delle autorità giudiziarie in cui risiede un numero di persone che usa le lingue regionali o minoritarie tale da giustificare le misure specificate qui di seguito, secondo la realtà di ciascuna lingua e a condizione che l’uso delle possibilità offerte dal presente paragrafo non sia considerato dal giudice un ostacolo alla buona amministrazione della giustizia:

a)       nelle procedure penali:

I)                    a prevedere che le giurisdizioni, su domanda di una delle Parti, svolgano la procedura nelle lingue regionali o minoritarie; e/o

II)                                     a garantire all’accusato il diritto di esprimersi nella sua lingua regionale o minoritaria; e/o

III)                                   iiia prevedere che le richieste e le prove, scritte o orali, non siano considerate improponibili solo perché formulate in una lingua regionale o minoritaria; e/o

iv) a stabilire nelle lingue regionali o minoritarie, su domanda, gli atti relativi a una procedura giudiziaria,

se necessario ricorrendo a interpreti e traduttori che non causino spese aggiuntive per gli interessati;

b)       nelle procedure civili:

  1. a prevedere che le giurisdizioni, su domanda di una delle Parti, svolgano la procedura nelle lingue regionali o minoritarie; e/o
  2. a permettere, qualora una Parte in una vertenza debba comparire personalmente dinanzi a un tribunale, che essa si esprima nella sua lingua regionale o minoritaria senza tuttavia incorrere in spese aggiuntive; e/o
    1. a permettere la produzione di documenti e di prove nelle lingue regionali o minoritarie, se necessario, ricorrendo a interpreti e traduttori;

c)        nelle procedure dinanzi alle giurisdizioni competenti in materia amministrativa;

I)                    a prevedere che le giurisdizioni, su domanda di una delle Parti, svolgano la procedura nelle lingue regionali o minoritarie; e/o

II)                  a permettere, qualora una Parte in una vertenza debba comparire personalmente dinanzi a un tribunale, che essa si esprima nella sua lingua regionale o minoritaria senza tuttavia incorrere in spese aggiuntive; e/o

III)                a permettere la produzione di documenti e di prove nelle lingue regionali o minoritarie,

se necessario, ricorrendo a interpreti e traduttori;

d)       ad adottare misure affinché l’applicazione dei capoversi i e iii dei paragrafi b e c succitati e l’impiego eventuale di interpreti e traduttori non causino spese aggiuntive per gli interessati.

2   Le Parti si impegnano:

a  a non rifiutare la validità degli atti giuridici stabiliti nello Stato solo perché redatti in una lingua regionale o minoritaria; oppure

b  a non rifiutare la validità, fra le Parti, degli atti giuridici stabiliti nello Stato solo perché redatti in una lingua regionale o minoritaria e a prevedere che siano opponibili ai terzi interessati che non parlano tali lingue, a condizione che siano informati del contenuto dell’atto da colui che lo fa valere; oppure

c  a non rifiutare la validità, fra le Parti, degli atti giuridici stabiliti nello Stato solo perché redatti in una lingua regionale o minoritaria.

3  Le Parti si impegnano a rendere accessibili, nelle lingue regionali o minoritarie, i testi legislativi nazionali più importanti e quelli che concernono in particolare gli utenti di tali lingue, a meno che tali testi non siano già disponibili altrimenti.

Articolo 10 – Autorità amministrative e servizi pubblici

1)       Nelle circoscrizioni delle autorità amministrative dello Stato, nelle quali risiede un numero di parlanti delle lingue regionali o minoritarie tale da giustificare le misure menzionate qui di seguito e secondo la realtà di ogni lingua, le Parti si impegnano, entro limiti ragionevoli e possibili:

a)       a vegliare affinché tali autorità amministrative usino le lingue regionali o minoritarie; oppure a vegliare affinché gli agenti in contatto con il pubblico usino le lingue regionali o minoritarie nelle loro relazioni con le persone che si rivolgono a loro in tali lingue; oppure a vegliare affinché i parlanti delle lingue regionali o minoritarie possano presentare domande orali o scritte e ricevere una risposta in tali lingue; oppure a vegliare affinché i parlanti delle lingue regionali o minoritarie possano presentare domande orali o scritte in tali lingue;

b)       a mettere a disposizione della popolazione formulari e testi amministrativi di uso corrente nelle lingue regionali o minoritarie o in versioni bilingui;

c)        a permettere alle autorità amministrative di redigere documenti in una lingua regionale o minoritaria.

 

2.     Per quanto concerne le autorità locali e regionali sui cui territori risiede un numero di parlanti delle lingue regionali o minoritarie tale da giustificare le misure menzionate qui di seguito, le Parti si impegnano a permettere e/o promuovere:

a  l’uso delle lingue regionali o minoritarie nell’ambito dell’amministrazione regionale o locale;

b  la possibilità per i parlanti delle lingue regionali o minoritarie di presentare domande orali o scritte in tali lingue;

c   la pubblicazione da parte delle collettività regionali dei loro testi ufficiali anche nelle lingue regionali e minoritarie;

d   la pubblicazione da parte delle collettività locali dei loro testi ufficiali anche nelle lingue regionali e minoritarie;

e   l’uso da parte delle collettività regionali di lingue regionali o minoritarie nei dibattiti delle loro assemblee, senza escludere tuttavia l’uso della(e) lingua(e) ufficiale(i) dello Stato;

f   l’uso da parte delle collettività locali di lingue regionali o minoritarie nei dibattiti delle loro assemblee, senza escludere tuttavia l’uso della(e) lingua(e) ufficiale(i) dello Stato;

g  l’uso o l’adozione, se del caso congiuntamente con l’adozione della denominazione nella(e) lingua(e) ufficiale(i), di forme tradizionali e corrette della toponomastica nelle lingue regionali o minoritarie.

3.   Per quanto concerne i servizi pubblici assicurati dalle autorità amministrative o da altre persone che agiscono per conto di queste ultime, le Parti contraenti, sui cui territori sono usate le lingue regionali o minoritarie, si impegnano, in funzione della realtà di ogni lingua ed entro limiti ragionevoli e possibili:

a a vegliare affinché le lingue regionali o minoritarie siano usate in occasione della prestazione di servizio; oppure

b a permettere ai parlanti delle lingue regionali o minoritarie di presentare una domanda e di ricevere una risposta in tali lingue; oppure

c a permettere ai parlanti delle lingue regionali o minoritarie di presentare una domanda in tali lingue.

4) Ai fini dell’applicazione delle disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3 accettate dalle Parti, esse si impegnano ad adottare una o più misure seguenti:

a la traduzione o l’interpretazione eventualmente richieste;

b il reclutamento e, se del caso, la formazione dei funzionari e degli altri agenti pubblici in numero sufficiente;

c la soddisfazione, per quanto possibile, delle domande degli agenti pubblici che conoscono una lingua regionale o minoritaria e che desiderano essere assegnati al territorio sul quale tale lingua è usata.

5) Le Parti si impegnano a permettere, su richiesta degli interessati, l’uso o l’adozione di patronimici nelle lingue regionali o minoritarie.

Articolo 11 – Mezzi di comunicazione di massa

1   Le Parti si impegnano, per i parlanti delle lingue regionali o minoritarie, sui territori in cui sono usate tali lingue, a seconda della realtà di ogni lingua e nella misura in cui le autorità pubbliche, direttamente o indirettamente, siano competenti, abbiano poteri o una funzione in questo campo, rispettando i principi d’indipendenza e di autonomia dei media:

a nella misura in cui la radio e la televisione abbiano una missione di servizio pubblico:

a) garantire l’istituzione di almeno una stazione radiofonica e di una rete televisiva nelle lingue regionali o minoritarie; oppure ia promuovere e/o facilitare l’istituzione di almeno una stazione radiofonica e di una rete televisiva nelle lingue regionali o minoritarie; oppure iiad adottare disposizioni adeguate affinché le emittenti diffondano programmi nelle lingue regionali o minoritarie;

b) a promuovere e/o facilitare l’istituzione di almeno una stazione radiofonica nelle lingue regionali o minoritarie; oppure a promuovere e/o facilitare l’emissione, in maniera regolare, di programmi radiofonici nelle lingue regionali o minoritarie;

c) a promuovere e/o facilitare l’istituzione di almeno una rete televisiva nelle lingue regionali e minoritarie; oppure ia promuovere e/o facilitare l’emissione, in maniera regolare, di programmi televisivi nelle lingue regionali o minoritarie;

d) a promuovere e/o facilitare la produzione e l’emissione di programmi audio e audiovisivi nelle lingue regionali o minoritarie;

e) ia promuovere e/o facilitare l’istituzione e/o il mantenimento di almeno un organo di stampa nelle lingue regionali o minoritarie; oppure a promuovere e/o facilitare la pubblicazione, in maniera regolare, di articoli di stampa nelle lingue regionali o minoritarie;

fia coprire le spese supplementari dei media usando le lingue regionali o minoritarie, qualora la legge preveda un’assistenza finanziaria in generale per i media; oppure

i) ia estendere le misure esistenti di assistenza finanziaria alle emissioni audiovisive in lingue regionali e minoritarie;

g) a sostenere la formazione di giornalisti e di altro personale per i media usando le lingue regionali o minoritarie.

 

2 Le Parti si impegnano a garantire la libertà di ricezione diretta delle emissioni radiofoniche e televisive dei Paesi vicini in una lingua usata in una forma identica o simile a una lingua regionale o minoritaria e a non ostacolare la ridiffusione in una tale lingua di emissioni radiofoniche e televisive dei Paesi vicini. Esse si impegnano inoltre a vegliare affinché non sia imposta alla stampa scritta alcuna restrizione alla libertà di espressione e alla libera circolazione dell’informazione in una lingua usata in una forma identica o simile a una lingua regionale o minoritaria. L’esercizio delle libertà summenzionate, che comportano doveri e responsabilità, può essere soggetto ad alcune formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge, che costituiscono le misure necessarie, in una società democratica, a garantire la sicurezza nazionale, l’integrità territoriale o la sicurezza pubblica, la difesa dell’ordine e la prevenzione del crimine, la protezione della salute o della morale, la protezione della reputazione o dei diritti altrui, a impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o ad assicurare l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.

3 Le Parti si impegnano a vegliare affinché gli interessi dei parlanti di lingue regionali o minoritarie siano rappresentati o considerati nell’ambito delle strutture eventualmente create in conformità con la legge per garantire la libertà e la pluralità dei mezzi di comunicazione di massa.

Articolo 12 – Attività e infrastrutture culturali

1.    In materia di infrastrutture culturali – in particolare biblioteche, videoteche, centri culturali, musei, archivi, accademie, teatri e cinema, come pure lavori letterari e produzione cinematografica, espressione culturale popolare, festival, industrie culturali, che includono segnatamente l’utilizzazione di nuove tecnologie – le Parti si impegnano, per quanto concerne il territorio sul quale tali lingue sono usate e nella misura in cui le autorità pubbliche siano competenti, abbiano poteri o una funzione in questo campo:

a) a promuovere l’espressione e le iniziative proprie delle lingue regionali o minoritarie e a favorire i differenti metodi di accesso alle opere prodotte in tali lingue;

b) a favorire i diversi metodi di accesso nelle altre lingue alle opere prodotte nelle lingue regionali o minoritarie, promuovendo e sviluppando le attività di traduzione, di duplicazione, di postsincronizzazione e di sottotitolazione;

c) a favorire l’accesso, nelle lingue regionali o minoritarie, a opere prodotte in altre lingue, promuovendo e sviluppando le attività di traduzione, di duplicazione, di postsincronizzazione e di sottotitolazione;

d) a vegliare affinché gli organismi incaricati di intraprendere o di sostenere diverse forme di attività culturali integrino in misura appropriata la conoscenza e l’uso delle lingue e delle culture regionali o minoritarie nelle operazioni di cui hanno l’iniziativa o che sostengono;

e) a favorire la messa a disposizione degli organismi incaricati di intraprendere o di sostenere attività culturali del personale che padroneggia la lingua regionale o minoritaria, oltre alla(e) lingua(e) del resto della popolazione;

f) a favorire la partecipazione diretta, per quanto concerne le infrastrutture e i programmi di attività culturali, di rappresentanti dei parlanti della lingua regionale o minoritaria;

g) a promuovere e/o facilitare l’istituzione di uno o più organismi incaricati di raccogliere, ricevere in deposito e presentare o pubblicare le opere prodotte nelle lingue regionali o minoritarie;

 

h) se del caso, a istituire e/o promuovere e finanziare servizi di traduzione e di ricerca terminologica, in vista, in particolare, di mantenere e di sviluppare in ogni lingua regionale o minoritaria una terminologia amministrativa, commerciale, economica, sociale, tecnologica o giuridica adeguata.

2.   Per quanto concerne i territori diversi da quelli in cui le lingue regionali o minoritarie sono tradizionalmente usate, le Parti si impegnano ad autorizzare, a promuovere e/o prevedere, se il numero dei parlanti di una lingua regionale o minoritaria lo giustifica, attività o infrastrutture culturali appropriate conformemente al paragrafo precedente.

3.   Le Parti si impegnano, nella politica culturale da loro avviata all’estero, a valorizzare adeguatamente le lingue regionali o minoritarie e la cultura di cui sono l’espressione.

Articolo 13 – Vita economica e sociale

1.  Per quanto concerne le attività economiche e sociali, le Parti si impegnano, per tutto il Paese:

a) a escludere dalla loro legislazione qualsiasi disposizione che proibisca o limiti senza ragioni giustificabili il ricorso a lingue regionali o minoritarie nei documenti relativi alla vita economica e sociale e in particolare nei contratti di lavoro e nei documenti tecnici quali le istruzioni d’uso di prodotti o di attrezzature;

b) a proibire l’inserzione, nei regolamenti interni delle imprese e negli atti privati, di clausole che escludono o limitano l’uso delle lingue regionali o minoritarie, almeno fra i parlanti della medesima lingua;

c) a opporsi alle pratiche che tendono a scoraggiare l’uso delle lingue regionali o minoritarie nell’ambito delle attività economiche o sociali;

d) a facilitare e/o promuovere con metodi diversi da quelli di cui ai capoversi summenzionati l’uso delle lingue regionali o minoritarie.

2.   In materia di attività economiche e sociali, le Parti si impegnano, nella misura in cui le autorità pubbliche siano competenti, nel territorio in cui le lingue regionali o minoritarie sono usate ed entro limiti ragionevoli e possibili:

a) a definire, mediante regolamentazioni finanziarie e bancarie, modalità che permettano, in condizioni compatibili con gli usi commerciali, l’uso delle lingue regionali o minoritarie nella redazione di ordini di pagamento (assegni, tratte, ecc.) o di altri documenti finanziari o, se del caso, a vegliare affinché tale processo sia messo in atto;

b) nei settori economici e sociali che dipendono direttamente dal loro controllo (settore pubblico), a effettuare azioni che promuovano l’uso delle lingue regionali o minoritarie;

c) a vegliare affinché le infrastrutture sociali, quali ospedali, case di riposo e foyer, offrano la possibilità di ricevere e di curare nella loro lingua i parlanti di una lingua regionale o minoritaria che necessitano di cure per motivi di salute, di età o altro;

d) a vegliare, secondo le modalità appropriate, affinché anche le istruzioni di sicurezza siano redatte nelle lingue regionali o minoritarie;

e) a rendere accessibili nelle lingue regionali o minoritarie le informazioni fornite dalle autorità competenti concernenti i diritti dei consumatori.

 

Articolo 14 – Scambi transfrontalieri

Le Parti si impegnano:

a)       ad applicare gli accordi bilaterali e multilaterali esistenti che li vincolano con gli Stati in cui è usata la medesima lingua in modo identico o simile o a sforzarsi di concluderne, all’occorrenza, in modo da favorire i contatti tra i parlanti della stessa lingua negli Stati interessati, nei settori della cultura, dell’insegnamento, dell’informazione, della formazione professionale e dell’educazione permanente;

b)       nell’interesse delle lingue regionali o minoritarie, a facilitare e/o promuovere la cooperazione transfrontaliera, in particolare fra collettività regionali o locali, sul cui territorio è usata la stessa lingua in modo identico o simile.

Parte IV – Applicazione della Carta

Articolo 15 – Rapporti periodici

1   Le Parti presentano periodicamente al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, in una forma che deve essere determinata dal Comitato dei Ministri, un rapporto sulla politica perseguita, conformemente alla parte II della presente Carta, e sulle misure adottate in applicazione delle disposizioni della parte III da esse accettate. Il primo rapporto deve essere presentato nell’anno successivo all’entrata in vigore della Carta nei confronti della Parte in questione, gli altri rapporti a intervalli di tre anni dopo il primo rapporto.

2   Le Parti rendono pubblici i loro rapporti.

Articolo 16 – Esame dei rapporti

1. I rapporti presentati al Segretario Generale del Consiglio d’Europa in applicazione dell’articolo 15 sono esaminati da un comitato di esperti costituito conformemente all’articolo 17.

2. Organismi o associazioni legalmente stabiliti in una Parte possono attirare l’attenzione del comitato di esperti in merito alle questioni relative agli impegni presi da tale Parte in virtù della parte III della presente Carta. Dopo aver consultato la Parte interessata, il comitato di esperti può tener conto di tali informazioni nella preparazione del rapporto di cui al paragrafo 3 del presente articolo. Tali organismi o associazioni possono inoltre sottoporre dichiarazioni relative alla politica seguita da una Parte, conformemente alla parte II.

3. In base ai rapporti di cui al paragrafo 1 e alle informazioni di cui al paragrafo 2, il comitato di esperti prepara un rapporto per il Comitato dei Ministri. Tale rapporto è corredato da osservazioni che le Parti sono invitate a formulare e può essere reso pubblico dal Comitato dei Ministri.

4. Il rapporto di cui al paragrafo 3 contiene in particolare le proposte che il comitato di esperti sottopone al Comitato dei Ministri in vista della preparazione e, se del caso, di qualsiasi raccomandazione di quest’ultimo a una o più Parti.

5. Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa stende un rapporto biennale dettagliato per l’Assemblea parlamentare in merito all’applicazione della Carta.

Articolo 17 – Comitato di esperti

1)       Il comitato di esperti è composto di un membro per ogni Parte, designato dal Comitato dei Ministri su un elenco di persone contraddistinte da un’alta integrità morale e competenti nelle materie trattate dalla Carta, che sono proposte dalla Parte interessata.

2)       I membri del comitato sono nominati per un periodo di sei anni e il loro mandato è rinnovabile. Se un membro non può adempiere il suo mandato, è sostituito conformemente alla procedura prevista al paragrafo 1 e il membro nominato in sostituzione termina il mandato del suo predecessore.

3)       Il comitato di esperti adotta il proprio regolamento interno. La sua segreteria sarà assicurata dal Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Parte V – Disposizioni finali

Articolo 18

La presente Carta è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Essa sarà sottoposta a ratifica, accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Articolo 19

1. La presente Carta entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi a partire dalla data alla quale cinque Stati membri del Consiglio d’Europa avranno espresso il loro consenso ad essere vincolati dalla Carta, in conformità con quanto disposto all’articolo 18.

2. Per ogni Stato membro che esprima successivamente il proprio consenso ad essere vincolato dalla Carta, essa entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi a partire dalla data di deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione.

Articolo 20

1, Dopo l’entrata in vigore della presente Carta, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa potrà invitare ogni Stato non membro del Consiglio d’Europa ad aderire alla Carta.

2. Per ogni Stato che aderisce alla Carta, essa entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi a decorrere dalla data di deposito dello strumento di adesione presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Articolo 21

1. Ogni Stato può, al momento della firma o del deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, formulare una o più riserve ai paragrafi 2–5 dell’articolo 7 della presente Carta. Non è ammessa alcuna altra riserva.

2. Ogni Stato contraente che ha formulato una riserva in virtù del paragrafo precedente può ritirarla totalmente o parzialmente indirizzando una notifica al Segretario Generale del Consiglio d’Europa. Il ritiro avrà effetto alla data di ricezione, da parte del Segretario Generale, di detta notifica.

Articolo 22

1, Ogni Parte può denunciare, in ogni tempo, la presente Carta mediante notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

2, La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di sei mesi a decorrere dalla data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Articolo 23

Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa notificherà agli Stati membri del Consiglio e ad ogni Stato che avrà aderito alla presente Carta:

a)         ogni firma;

b)         il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione;

c)          la data di entrata in vigore della presente Carta, in conformità con gli articoli 19 e 20 della Carta stessa;

d)         ogni notifica ricevuta in applicazione delle disposizioni dell’articolo 3 paragrafo 2;

)    altro atto, notifica o comunicazione relativa alla presente Carta.

 

In fede di che i sottoscritti, a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato la presente Carta.

Fatto a Strasburgo, il 5 novembre 1992, in francese e in inglese, entrambi i testi facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d’Europa. Il Segretario Generale ne comunicherà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa e a ogni Stato invitato ad aderire alla presente Carta.

 

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