La Cina era vicina, di Enrico Cocco

EDITORIALE  DELLA DOMENICA,  della  FONDAZIONE.

La chiamano Bealt and road initiative, traducibile grossolanamente “una cintura e una via”, ma che tra noi europei s’aggira sinuosa in una più elegante e soprattutto promettente forma: la “nuova via della seta”, con tutto quel carico simbolico e prosaico che rappresenta per noi europei.

Correva l’anno 2013 ed il presidente/segretario/tuttofare Xi Jinping annunciava al mondo un piano organico di collegamenti terrestri e marittimi tra la Cina, Asia, Europa e persino Africa: un mastodontico progetto logistico infrastrutturale puntellato da un bancomat mica da ridere: la neonata Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture, 100 miliardi di dollari di capitale, sottoscritto di corsa dalle quote di 57 paesi fondatori (Italia compresa) di cui Pechino è socio principale. Alla faccia, o quasi, di Washington e del mitico Bretton Woods.

Questa struttura d’investimento infatti sarebbe capace, secondo gli analisti, di catalizzare interventi sulle infrastrutture ferroviarie e portuali per un totale di 1400 miliardi di dollari in dieci anni[1]: il Piano Marshall, che in Europa ricordiamo con occhi umidi e la mano sul cuore, ne muoveva, attualizzati ad oggi, circa 110. Una mancetta, a confronto.

Aria fresca per l’Europa martoriata di ieri, balsamo sulle piaghe di oggi: ed infatti all’uscio del potente dominus della Repubblica Popolare Cinese hanno bussato premurosi i big della politica del vecchio continente, chi metteva capitali, chi strade e ferrovie, chi offriva porti: nel Mediterraneo e nel Nord Europa, la Cina ha investito, tra maggio 2015 e giugno 2017, in otto porti europei (Haifa, Ashdod, Ambarli, Pireo, Rotterdam, Vado Ligure, Bilbao e Valencia) oltre 3,1 miliardi di euro.

E con il più classico dei divide et impera, Xi Jinping sta scalfendo la già fragile di suo costruzione europea, con la UE teoricamente unica voce nelle questioni commerciali ma che vede i suoi membri corteggiati e sedotti dall’indiscutibile e munifico fascino del partner del Sol Levante.

E che succede in Sardegna?

Nella placida isola mediterranea si è imparato presto a convivere con i nuovi sardi dagli occhi a mandorla, vicini di casa silenziosi ma educati, comunità ormai installatasi da qualche generazione, con cui ci si rapportava la sera a cena o nei pomeriggi di shopping a basso costo. Sono poco più di 3.000 i cinesi residenti attualmente in Sardegna, quota estremamente ridotta dei 55.000 stranieri che hanno messo radici da noi, eppure l’impressione d’invasione e conquista è diffusa e palpabile.

Ma se tra ristoranti e parrucchieri l’occhio è già allenato, è ai livelli più alti che il movimento è frenetico ma poco inquadrato.

Galeotta fu la cena al Forte Village tra lo stesso Xi Jinping ed il fu premier Matteo Renzi il 16 novembre 2016, che anticipò di poco lo sbarco di Huawei (secondo produttore al mondo di smartphone dopo la coreana Samsung) al Parco Tecnologico di Pula, complesso d’innovazione da qualche tempo con il polso più che flebile: qui l’azienda cinese, insieme a ciò che resta del CRS4, ha creato un laboratorio di sviluppo software orientato verso settori come la salute, i rifiuti, la logistica, la sicurezza e l‘industria 4.0 , qualunque cosa questo ultimo termini significhi.

Gli stessi Pigliaru e Paci hanno ormai appuntamenti costanti con importanti fondi di investimento (Only Italia, Eurasia Med Zhongjing Jinyi Investment Fund Management e soprattutto i rappresentanti del Fosun International, primo fondo privato cinese d’investimento) interessati ad appetibili occasioni nel florido e, nonostante le fanfare, poco sviluppato comparto turistico. In viale Trento non si è soliti farsi pregare due volte e gli stessi Chiarissimi si sono adoperati solerti per mettere in mostra il succoso catalogo: dalle strutture del quasi G8 a La Maddalena, alle servitù militari vista mare di Calamosca a Cagliari, fino alla dismessa Scuola della Polizia a cavallo di Burgos, di cui si ipotizza, si stenterà a credere, addirittura una destinazione legata al turismo equestre.

Tra tentate vendite e mancati acquisti, gli episodi recenti non sono finiti, protagonista il citato fondo Fosun: qualche mese fa ha partecipato, sconfitto da Alpitour, alla gara per la gestione del resort Tanka Village di Villasimius mentre si rincorrono le mezze voci di frequenti incontri per l’acquisto del Forte Village a Santa Margherita di Pula, prezzo di listino 350 milioni di euro, non proprio per tutte le tasche, anche con sconti da black friday. Nel novero delle trattative fallite non si può omettere le visite villacidresi dei rappresentanti della Crrc Zhuzhou Locomotive Ltd interessati al destino della Keller: viste le carte ed il contesto, la ritirata è stata rapida e silenziosa.

Ma in qualche modo la nuova via della seta già penetra con efficacia in Sardegna, particolarmente nel Marghine: è di qualche mese fa la join venture da 50 milioni di euro tra l’azienda macomerese Alimenta del gruppo Cualbu (che produce e distribuisce prodotti lattiero caseari in polvere) e la cinese Blue River Dairy  (impegnata nel settore lattiero per l’infanzia).

Ma non tutto purtroppo si sviluppa nella concordia, permangono grandi e vecchi problemi che affliggono il commercio quotidiano sulle nostre strade. Solo quest’anno sono stati numerosi gli interventi della guardia di finanza rispetto alla vendita di prodotti non conformi ai regolamenti: ad Ottobre, in un grande magazzino di Sestu, sono stati sequestrati 355 mila articoli per un valore totale di 5,4 milioni di euro, del tutto sprovvisti delle minime specifiche in merito a provenienza, sicurezza e materiali impiegati; stessa situazione durante l’anno a Cagliari, Sanluri, Villasimius e Sarroch.

Eppure, con il tempo, la consueta impermeabilità della comunità cinese pare lentamente sgretolarsi, con attività ed iniziative che si aprono alla cittadinanza. Nel 2018 a Cagliari per la prima volta viene festeggiato con manifestazioni pubbliche il Capodanno Cinese, che con il consueto scarto di calendario ha animato la città a metà febbraio: tra gli eventi, la tradizionale sfilata di maschere, degustazioni gastronomiche, il volo in cielo delle tipiche lanterne e l’esibizione nelle acque di Su Siccu delle “barche del Dragone”. Nella regia della manifestazione due importanti organismi: l’Associazione della Sardegna per l’amicizia e la cultura cinese (che rappresenta la comunità cinese nell’isola e che collabora con scuole ed Università in tante iniziative culturali e linguistiche) e l’Associazione Cina più vicina, animata da Ispina Wang (vero nome Chiara Sini, sarda doc), interprete durante la visita sarda dello stesso Xi Jinping.


[1]https://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2017-07-25/la-cina-conquista-porti-d-europa-194947.shtml?uuid=AEZVDF3B

 

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    1 Comment to “La Cina era vicina, di Enrico Cocco”

    1. By Enrico Lobina, 2 dicembre 2018 @ 07:55

      Bravo Enrico