Salone del libro di Torino 2018, stand della Sardegna, salsiccia, coltelli cullurgiones… forse libri, di Maria Michela Deriu

 

Anche quest’anno il Salone del libro di Torino è stato un successo.

Anzitutto i numeri: 144.386 visitatori  di questo 2018 contro i 143.815 del 2017, cui vanno aggiunti i 26.400 al Salone Off contro i 25.000 del 2017. Per un totale di 170.786 visitatori.

Paese Ospite 2018 è la Francia.” Maggio francese” è il titolo della sezione dedicata. Si è parlato del ‘68 e del suo contributo alla cultura.

Dieci le Regioni italiane presenti con proprio stand istituzionale: Piemonte, Valle D’Aosta, Veneto, Friuli Venezia Giulia (con Pordenonelegge.it), Toscana, Marche, Umbria, Calabria, Puglia, Sardegna. Oltre alla Francia, Paese Ospite d’onore, i Paesi presenti al Salone con un proprio spazio sono Azerbaigian, Cina, Romania (con l’Istituto Culturale Romeno), l’Emirato Arabo di Sharja. Trentadue gli editori internazionali da tutto il mondo, presenti con proprio stand.

Quest’anno è stato chiesto, attraverso cinque domande, a  tanti scrittori, scienziati, economisti, filosofi, registi, disegnatori, artisti, musicisti di riflettere sul mondo in cui viviamo e sul mondo che ci aspetta, cinque le questioni individuate, le domande sono queste: «Chi voglio essere?»; «Perché mi serve un nemico?»; «A chi appartiene il mondo?»; «Dove mi portano spiritualità e scienza?»; «Che cosa voglio dall’arte: libertà o rivoluzione?».

Io purtroppo non c’ero e mi sarebbe piaciuto ascoltare come le eccelse menti del nostro pianeta abbiano tentato di risolvere  così semplici e circoscritti quesiti.

In compenso le immagini che compaiono sul web del padiglione Sardegna, sono sicuramente fuori dalle elucubrazioni sui Massimi Sistemi e tra costumi, salsiccia e … libri ci fanno tornare sul nostro pianeta .

Incuriosita, se pure a distanza di tempo, ho chiesto a sei scrittori sardi, presenti alla manifestazione, le loro impressioni sul Salone del Libro di Torino.

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Matteo Porru, studente e scrittore, giovanissimo.

Per Matteo Porru  la  visita al Lingotto è la seconda della sua vita. L’anno scorso aveva 16 anni, quest’anno sono 17. Per un ragazzo della sua età, il cambiamento in un anno può consistere nel cambiare scooter, cambiare sport, cambiare ragazza. Per un giovane scrittore come te dal Salone del Libro 2017 al Salone del Libro 2018 cosa è cambiato?

 

È stato un salone più internazionale, fra interviste e chiacchierate, è sempre bello condividere le tue esperienze con altri. Erano molti gli autori sardi presenti e la cosa mi ha fatto molto piacere. L’impressione dell’editoria in eventi come questi è sempre quella di una macchina di meraviglie. Spesso la gente compra un libro senza sapere quanto lavoro c’è dietro. Penso che la fiera aiuti a capire anche questo: dietro le quinte delle parole c’è un marchio, un editore, delle amicizie e, soprattutto, tanta voglia di raccontare.

 

Hai avuto l’opportunità di presentare il tuo nuovo romanzo al Salone all’interno del padiglione Sardegna, il tuo stato d’animo è facile da indovinare, ma come è stata la risposta del pubblico?

 

Meravigliosa. La presentazione è stata molto seguita e la scenografia che avevo alle spalle (pozzo Santa Cristina di Paulilatino) era veramente impressionante.

 

Sorprese sgradite?

Code eterne (ma era ovvio) e pochi pass messi a disposizione dall’organizzazione e, soprattutto, il non poter uscire dalla struttura. Su un livello umano, allucinante il conto del servizio ristoro.

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Giampaolo Manca, avvocato civilista del Foro di Cagliari, scrittore per diletto e fotografo per passione, personalità poliedrica che spazia dalla scrittura allo spettacolo, grazie anche alle diverse collaborazioni e alle partecipazioni teatrali con l’attore e regista Gianluca Medas.

Prima volta al Salone del libro? Impressioni prevedibili o imprevedibili?

Si, prima volta. È stata un’esperienza personale straordinaria soprattutto perché vissuta da sconosciuto autore che si affaccia curioso e timido al tempio della cultura internazionale. Mi hanno stupito le lunghissime file di migliaia e migliaia di persone di tutte le età che aspettavano pazienti ogni giorno l’apertura dei cancelli, come se avessero fame e sete di libri, di storie, di vita. Non si possono descrivere le sensazioni e le emozioni, bisogna esserci e arricchirsi lo spirito di ricerca, sapere, conoscenza. Perciò, direi tutto, tutto assolutamente imprevedibile e straordinario.

 

Scorrendo il programma del Salone – tra presentazioni, eventi, incontri e vere e proprie lezioni –  c’era da perdersi. Per un “curioso” della cultura come te, sicuramente un invito a nozze. Da quali eventi ti sei fatto attrarre?

Alle esposizioni delle case editrici negli stand facevano da contorno ogni giorno innumerevoli eventi e presentazioni di libri nelle sale prospicienti il Lingotto. Ho seguito la lezione sulla Carta costituzionale e i padri costituenti tenuta da Corrado Augias che, con un linguaggio semplice ma appassionato, ha spiegato alla platea, costituita per la gran parte da giovani studenti, diritti, ideali e regole di democrazia che sono diventati il vangelo laico della nostra Repubblica. Bella la presentazione del libro di Dori Ghezzi su De André, una storia d’amore e poesia accompagnata da alcune canzoni interpretate dall’amico Roberto Vecchioni. Ma c’era molto, molto altro, dalla lectio magistralis di apertura del Salone, tenuta da Javier Cercas sull’Europa e l’eroismo, a Herta Muller, premio Nobel per la letteratura nel 2009. Impossibile seguire tutto con eventi che si sovrapponevano l’un l’altro e per i quali occorreva fare file interminabili ai controlli di sicurezza.

Il padiglione Sardegna secondo te era adeguato alle esigenze delle case editrici e, ancor di più, era una mostra efficace per gli scrittori?

Se debbo essere sincero, la risposta è no. Parlo da autore e da osservatore senza alcuna vena polemica, sia ben chiaro. Ho assistito sbigottito prima, durante e dopo alcune presentazioni a degustazioni di ravioli, assaggi di affettati di salsicce e mescite di Cannonau. Non l’ho trovato per niente coerente con il luogo e l’evento, non era una sagra per promuovere prodotti enogastronomici e nulla aveva a che fare con la promozione della scrittura. Come penso non si promuovano i libri sardi facendo fare un giro di valzer ai Mamuthones di Mamoiada, come purtroppo è stato fatto. Non ho visto personale o addetti allo stand promuovere i libri, fermare i visitatori e incuriosirli sulle opere delle varie case editrici, tutto molto approssimativo e privo di iniziative volte a incentivare i lettori a conoscere e ad acquistare le nostre opere. Quando un cliente entra in libreria il libraio (o chi per lui) gli va incontro, si presenta, chiede gusti e inclinazioni alla lettura, suggerisce, propone. Ecco, niente di tutto questo. La gente passava, qualcuno sbirciava ma raramente si fermava ad acquistare. Un vero peccato. Perché i lettori vanno presi per mano e conquistati, non con vino e ravioli ma con la capacità di saper proporre e vendere un prodotto.

- Mi pare che ci fossero oltre 10 stand istituzionali di altre regioni, né hai visitato qualcuno? Hai notato delle differenze?

Sì, ho visto quello del Piemonte, decisamente più piccolo di quello della Sardegna ma forse più ordinato e sobrio. Distribuivano materiale informativo e invitavano il pubblico a soffermarsi sulle opere proposte. Forse, la differenza stava tutta qui. Si può fare decisamente di mglio ma con una mentalità diversa, da imprenditori…

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Giovanna Uccheddu, blogger, scrittrice. Appassionata di storia.

Per la prima volta al salone del libro?

Ho desiderato per anni di andare a visitare il Salone da semplice lettrice appassionata. Puoi immaginare cos’abbia significato per me quest’anno riuscire ad andarci, e farlo nella veste di autrice. Un sogno che si realizza andando ben oltre le tue fantasie

 

Hai due splendide figlie e un blog dedicato alla maternità.

Loro sono il motore di tutto e il mio punto di approdo. Il blog “Mammadilettante” è nato come una sorta di diario tragicomico che trattava gli argomenti classici della maternità con un pizzico di autoironia, per non prendersi troppo sul serio e ridere dei nostri goffi tentativi di essere buone madri. È cresciuto con le mie figlie, diventando sempre più un racconto intimistico della vita di famiglia, man mano che si parlava meno di pannolini e più di scelte per il futuro.

 

Quando sei entrata  nella Cattedrale del libro , e ci sei entrata da scrittrice, ti sei sentita: la bambina che entra nel paese delle meraviglie o la mamma che vorrebbe dividere tanta bellezza con le sue figlie e magari si sente un pò in colpa?

Credo che i sensi di colpa siano un compagno di viaggio fedele delle mamme: abbiamo sempre la sensazione che avremmo potuto fare qualcosa di più e di meglio per i nostri figli. Qualche volta però possiamo provare a smettere di bacchettarci e godere di un’esperienza che è solo nostra, e che i figli a casa vivranno attraverso i racconti. Io ho fatto così e ho trascorso i tre giorni a Torino come un’adulta che non ha perso la capacità di meravigliarsi e di emozionarsi. Al Salone sei letteralmente immerso in una sorta di organizzato caos brulicante, in cui tutto ti colpisce: suoni, colori, profumi. Ogni cosa ti stimola i sensi fino quasi a sopraffarti e vorresti vedere tutto, fare tutto, ascoltare tutto, prendere in mano ogni libro. Quindi sei costretto a  fare una selezione delle cose da fare e vedere e questo è una piccola sofferenza. Come quando sei in gelateria e sai che per il tuo cono devi scegliere solo due gusti, ma te ne piacerebbero ventiquattro.

 

Al salone del Libro c’erano i grandi colossi dell’editoria e i piccoli editori, quale è stato l’atteggiamento del pubblico rispetto a queste diverse realtà?

 

Il pubblico che frequenta il Salone secondo me è un pubblico curioso di tutte quelle nuove realtà editoriali che è meno facile trovare nelle librerie. È un pubblico con gusti ben definiti, magari anche di nicchia, per cui ho notato che gli stand dei piccoli editori erano affollati tanto quanto quelli dei colossi del publishing, dove sai più o meno cosa aspettarti di trovare. Ed è entusiasmante vedere tutte queste persone curiose di scoprire che cosa il piccolo editore è in grado di proporre: spesso libri di altissima qualità, che semplicemente non beneficiano dei canali promozionali di cui possono disporre i grandi nomi.

 

Il selfie con Erri De Luca è stato solo un selfie o un interessante momento di conversazione?

In generale non sono una persona che si fa affascinare dai personaggi famosi; mi attraggono invece le persone intelligenti e che hanno qualcosa da dire che ti arricchisce. Anche quando esprimono punti di vista diversi dai miei. In Erri De Luca in particolare ho trovato una persona alla mano, di grande carisma, autenticamente interessata a conoscere l’interlocutore. Per questo mi ha fatto piacere avere un ricordo di questo incontro, che in pochi minuti mi ha lasciato una forte impressione.

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Claudia Musio, ingegnere elettrico, scrittrice

Una domanda tecnica, da ingegnere, lo spazio, la struttura  della ex fabbrica della FIAT, che vantaggi offre al grande pubblico dei lettori, degli editori, di chiunque si muove nel mondo dei libri?

Lo spazio del Lingotto secondo me si adatta bene al Salone del libro di Torino. Prima di tutto perché, essendo una ex fabbrica, presenta degli ambienti ampi, soffitti molto alti, che danno un’idea di libertà, di grandezza, è come se l’ambiente stesso con le sue caratteristiche sia in grado di trasmettere a chi si muove al suo interno gli spazi straordinari che i libri sono in grado di donare a chi legge. Architettura industriale e cultura si fondono bene anche perché l’industria è conoscenza, è sapere, l’industria si sviluppa dall’intelletto umano, esattamente come i libri. Poi, per me che sono ingegnere, questo connubio è entusiasmante.

 

Molti di noi che ci occupiamo di libri sogniamo di andare al Lingotto per vedere l’effetto che fa.

Entrare da scrittrice?

 

Quando mi hanno chiesto in qualità di quale figura entrassi al Salone e la mia voce ha detto “Scrittrice “, mi è scoppiata dentro una sensazione di incredulità, orgoglio ed entusiasmo. Il Salone del libro è sempre stato il mio sogno, per tanti anni ho immaginato di entrare, di attraversare gli stand e riuscire a cogliere almeno una piccola parte dei bellissimi libri che c’erano al suo interno. Ma fare tutto questo sapendo di essere lì come scrittrice, incontrare gli addetti ai lavori, conoscere Erri De Luca, la sua meravigliosa e semplice umanità, dire a un altro scrittore “Sai, siamo colleghi, io sono allo stand della Sardegna!”, beh, tutto questo è difficile da identificare con delle semplici parole. Tuttavia posso dire che il sentimento più forte di tutti è stato senza dubbio l’orgoglio.

Questo soggiorno al Lingotto cosa ha aggiunto alla tua professionalità di scrittrice?

Come scrittrice ho potuto vedere il “dietro le quinte” e quindi come si costruiscono i rapporti con distributori, editori e altri scrittori. Ho imparato tanto, raccolto materiale per il mio prossimo romanzo, sono tornata ancora più motivata.

 

Ci son stati disagi?

Nessuna manifestazione è perfetta e ovviamente ci sono stati anche dei disagi. In particolare, l’impossibilità di lasciare il Salone per poi tornare. Una volta all’interno, non potevi più uscire, pena dover ripagare nuovamente il biglietto. Credo che questo aspetto potrebbe essere tranquillamente gestito in maniera più efficiente. Per quanto riguarda lo stand della Sardegna, credo sia da ripensare la struttura stessa dello stand che certo non favoriva l’acquisto dei romanzi, e anche l’idea che della Sardegna si vuole trasmettere: non possiamo essere sempre visti come sole, mare, coltelli, cucina e costumi. La Sardegna è molto altro, soprattutto è fatta da scrittori in gamba che non devono dover per forza parlare di Sardegna (o scrivere nella nostra bellissima lingua sarda) per poter essere apprezzati. Si deve andare oltre, in modo che il pubblico stesso quando entra nello stand non pensi che la prima cosa da chiedere sia appunto un libro sulle tradizioni sarde, o sulla cucina, o sui paesaggi.

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Roberta Patrizia Giannotte, avvocato, blogger e scrittrice

 

 

 

Roberta è la seconda volta che visita il Lingotto..

La prima volta si trovava a Torino in quanto era stata selezionata per uno scambio tra licei storici italiani , esattamente tra il Liceo  Dettori di Cagliari e il Liceo Alfieri di Torino. Quali sono i ricordi di quella adolescente appassionata di libri che entra per la prima volta al grandioso Salone del libro?

La parola che mi viene in mente per quell’esperienza è grandiosità: tantissimi stand, tanti tipi di libri, una tentazione continua. Mi sentivo una bambina in un negozio di caramelle! Peraltro, Torino mi era sembrata una città stupenda: elegante, viva. Avendo potuto frequentare anche delle lezioni nel Liceo Alfieri per una settimana, ho potuto constatare anche che i torinesi sono delle persone molto accoglienti.

 

Da scrittrice, far conoscere e vendere il tuo libro di fronte al padiglione della Mondadori ti ha creato problemi o è stata una sfida da vincere?

Sfida da vincere! Io amo le sfide e finire tutte le copie del mio romanzo ‘La finestra al sole’ in sole tre ore è stata una bella vittoria.

Problemi?

Ci sono stata il giorno sabato, forse il più affollato in assoluto. Questo ha creato notevoli file, soprattutto per acquistare i pasti.

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Pierluigi Serra, giornalista e scrittore, per la terza volta al Salone del libro. Un contesto internazionale nel quale la cultura si confronta e mette a confronto autori ed editori, pubblico e addetti ai lavori.

 

A Torino è di casa, la città  compare spesso nei libri di Pierluigi Serra. I suoi racconti,   infatti, viaggiano spesso sulla scia della magia e dell’occulto e la città dell’occulto per eccellenza è appunto Torino.

Al dominus sardo della magia chiediamo: qual è l’essenza magica del Lingotto?

 

Torino, per i suoi legami con la città di Cagliari, rappresenta un punto di forza nella ricerca e nella trattazione dei miei racconti. La base storica sulla quale si muovono le singole storie ha necessariamente un suo fulcro in questo luogo dal quale si dipartono vicende intriganti. L’aura di mistero che circonda la città piemontese è ben nota e si respira costantemente tra le vie più antiche e le piazze storiche. Così,  immaginare la vita quotidiana di personaggi che hanno qui vissuto, uomini e donne che si sono ritrovati in Sardegna esportando “magia” ha un suo grande fascino. Il Lingotto poi rispecchia in pieno tutta la magia della cultura. Ci si ritrova in un contesto internazionale, nel quale si avverte in pieno la forza e la capacità della narrazione. Essenza magica del Salone Internazionale del Libro è forse quella di aver saputo coniugare al meglio la nuova tecnologia con il sapore antico del libro. Chi dava, qualche tempo orsono, oramai in decadenza il cartaceo si è dovuto ricredere: i profumi, il tatto, il gusto sensuale del libro stampato non potranno mai essere soppiantati – per quanto possano sembrare utili e comodi – dai lettori multimediali.

 

Quest’anno l’ospite d’onore del salone del Libro era la Francia. Chissà che idee. Ma penso alla lezione di Gaber:  “Un concetto, un idea, finché resta un’idea è soltanto un astrazione. Se potessi mangiare un idea avrei fatto la mia rivoluzione.”

Hai trovato nel padiglione dell’ ospite d’onore un idea commestibile che si possa importare dalla Francia alla Sardegna?

 

La Francia ha esportato molto, in un passato recente, tanta della sua cultura nel contesto cagliaritano: basta pensare alla comunità francese che nella fine del 1800 operava nel quartiere della Marina a stretto contatto con le realtà produttive della città. Vi è molto da osservare nel contesto attuale francese, soprattutto per il loro modo di narrare e raccontare. Ho apprezzato molto la dinamicità e la freschezza del linguaggio, la delicatezza di molti romanzi e di molti racconti storici, che ripropongono un passato culturale di grande pregio. Forse questa è una delle ricette più accattivanti per il palato culturale. Gusti delicati e saggia miscela di espressioni.

 

Pierluigi Serra è anche un esperto calligrafo.

Per caso al salone, in qualche stand, hai visto se esistono ancora libri scritti da amanuensi?

Il Salone è un mondo nel quale trovare: è stato entusiasmante ritrovare riproduzioni di pregio, di grande valore culturale, che hanno riproposto testi antichi redatti nelle scuole amanuensi europee. Anche quest’anno ha fatto bella mostra di sé il Libro Rosso di Jung, un prezioso manoscritto del pensatore tedesco nel quale – per dieci anni di seguito – è stato annotato e trascritto un percorso dello spirito e dell’anima. Un libro imperdibile. Ma tra le altre curiosità figurava anche un piccolo spazio dedicato alla calligrafia, dell’Officina della Scrittura, con dimostrazioni e tecniche legate alla bella scrittura. La considerazione ultima è quella che anche la nostra regione non ha nulla da invidiare in questo ambito ed anzi si propone come una delle migliori scuole calligrafiche italiane.

 

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