C’è grande confusione sotto il cielo, ma la situazione sarà eccellente? di Salvatore Cubeddu

L’EDITORIALE DELLA DOMENICA  della FONDAZIONE SARDINIA.

 

Non abbiamo iniziato bene. Proporre a titolo del primo incontro romano dell’80 per cento dei parlamentari eletti nell’Isola “i sardi alla corte di Di Maio” (L’Unione Sarda  di avanti’eri) offende, con loro, le centinaia di migliaia di cittadini sardi che li mandano  a Roma,  oltre che essere un’illazione altrettanto offensiva e illegittima nei confronti di questi sedici cittadini che niente al momento hanno fatto per meritarsi di essere individuati come ‘cortigiani” e servi. Soprattutto constatando che nello stesso modo non si è titolato per la corte di Silvio Berlusconi, o di D’Alema, o di Rovelli.

Non ho votato ‘5 stelle’, conosco solo uno degli eletti, so che è in grado di insegnare tanto  a Di Maio, non solo i congiuntivi di cui si è ironizzato, ma come si fa politica e, soprattutto, che non entrerebbe alla corte di nessuno.

Oltre a dirci ed allarmarci su dove possa portare una certa cultura politica di chi osserva la nostra vicenda, è pure doveroso  attendersi novità negli atteggiamenti, nelle scelte, nell’organizzarsi tra i nuovi eletti. Come è stato apprezzabile quanto gli stessi giornali hanno raccontato di Gianpiero Scanu nel suo scontrarsi con i militari, di Mauro Pili nella vigilanza e nella denuncia puntuale dei torti governativi alla Sardegna e di Silvio Lai nella commissione del disastro Moby Prince.

Non cogliere le differenze ed il valore ci porta al nichilismo ed allo scoramento,  rendendo un pessimo servizio allo stesso  giornalismo.

Ma passiamo a quanto abbiamo visto noi.

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L’hanno chiamato tzunami, sconquasso, terremoto, rivoluzione, l’assalto al cielo e tant’altro ancora, l’esito del voto di domenica scorsa, che già vede attutirsi il trionfo dei vincitori ed acquistare lucidità la disperazione degli sconfitti. Prendersi il giusto tempo, seguire le regole stabilite, fare tesoro di esperienze già valutate: in fondo, mutate le dimensioni, la situazione politica post-elettorale italiana mantiene i tre blocchi di voto delle ultime elezioni  sostanzialmente impotenti, dove i due maggiori hanno bisogno che uno si disgreghi e/o arrivi a patti di un qualche tipo con uno dei vincenti. Con la fondata possibilità che questo non avvenga  (cosa che ha bloccato per tanto tempo la Spagna) o che possa realizzarsi solo in tempi non brevi (vedi i 4-5 mesi impiegati per arrivare alla nuova grosse-coalition tedesca).

Sarebbe l’accelerazione del suicidio, se il PD si dividesse tra i favorevoli ed i contrari agli accordi ora possibili solo con i ‘5 stelle’.  E’ inevitabile che, prima, i ‘bisognosi’ della loro alleanza la richiedano esplicitamente e la contrattino, con i prevedibili compromessi. Il PD ha dimostrato di essere in grado di fare uscire (almeno allo stato iniziale)  l’Italia dallo sfascio conseguente al  ventennio berlusconiano ed è questo che, prima o poi, ritornerà quale sua dote e come necessaria risorsa. Quindi, non è solo Minniti il ministro che  i ‘5 stelle’ desidererebbero in un loro governo, ma tutto il patrimonio di esperienza e  di competenza, che lo suggerirebbe. ‘A vantaggio del Paese’, si dirà tra qualche settimana, con Mattarella che insisterà ed il PD … che ancor di più si tormenterà…

Dopo i furori elettorali, che giustamente hanno utilizzato limiti evidenti dell’azione del centro sinistra, inizierà tra non molto la messa in campo delle vere risorse e capacità dei vincitori. L’imbarazzo dei ‘5 stelle’ di fronte al mancato  controllo sulla restituzione della parte del proprio  stipendio di parlamentari da parte di un pugno di loro, è giustificato, ma quella contabilità trascurata non può non provocare tuttora preoccupazione e ansia, se si pensi all’impressionante marea di consensi ed alle attese che saranno conseguenti. Ed alle prevedibili difficoltà finanziarie ed organizzative che comporteranno le  decisioni sul reddito di cittadinanza.

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E arriviamo in Sardegna, come sempre in armonia con le tendenze italiane, ma pure originale e specifica.  Fa piacere vedere i 16 parlamentari grillini riuniti dal sindaco di Assemini, vestiti in abiti quotidiani, da cittadini qualsiasi, e che avranno lo stipendio da cittadini (benestanti, certo, ma non esibendo il diritto alla ricchezza per tutti i giorni che verranno). E’ dal parlamento torinese, da più di centocinquant’anni, che viaggia la proposta di comporre a Roma (e prima a Firenze e a Torino) una delegazione parlamentare interpartitica che abbia come prioritaria e centrale la ‘questione sarda’. Qui sono presenti due terzi dei nostri, cui si aggiungerebbero i due sardisti, che propongono la cosa ad ogni legislatura in cui sono presenti. Quindi, all’appuntamento ne mancherebbero sette. Credo che, finalmente, si possa fare. E potrebbero succedere cose significative, se questi nostri considerassero se stessi, tutti insieme, prima di tutto, quali  rappresentanti del popolo sardo a Roma.

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Parlando dei sardisti, è  comprensibile che il segretario del Partito Sardo esulti per il suo quasi 12%, il terzo risultato di sempre nella storia del Partito. Se fosse del solo partito sardo e se non fosse nascosto sotto un altro  nome e simbolo (come successo altre volte, con i repubblicani ed i comunisti, ad esempio). Il segreto dell’urna non consente certezze, se non la differenza tra il voto sardo e quello meridionale della Lega, quasi sempre doppio in Sardegna.

Christian Solinas, come nelle ultime elezioni di Cagliari, si è dimostrato un generale audace e fortunato – di quelli che piacevano a Napoleone – ed è riuscito ad evitare la diminutio che avrebbe comportato una sua esclusiva rappresentanza varesina. E’ stato eletto dai sardi, in Sardegna. E ora?

Il successo elettorale  dell’operazione sardista  non può nascondere, però, gli importanti interrogativi sottesi a questa alleanza, peraltro decisa senza il necessario tempo di riflessione e di dibattito negli organismi di partito. Certo, è bene farlo almeno dopo, e in un congresso. Infatti,  per capire se si tratterà pure di un successo politico, bisognerà attendere gli sviluppi governativi in Italia e le conseguenze per l’esito delle non lontane elezioni regionali in Sardegna.

Christian Solinas ha posizionato il PSd’Az sulla linea della Lega di Matteo Salvini, che non è più quella di Bossi. Lo afferma Maroni e neanche Salvini lo nasconde: nella politica economica, di cui poco parla, dato che la riduzione delle tasse in quella misura proviene dalla propaganda di Berlusconi; nella politica istituzionale, poiché la rinuncia al termine Nord si accompagna alla rarefazione, se non alla fine, di un progetto federalista per l’Italia e alla denuncia dell’Europa unita (con una dose di ambiguità a proposito del federalismo europeo dei popoli); nella politica estera: alleanze e migrazioni. Non credo che una simile identificazione tra Lega e sardisti, fosse pure solo sottintesa, possa avere un duraturo futuro.

Il federalismo storico del Partito Sardo è un’altra cosa, si fonda sui valori della solidarietà tra i popoli, compone il suo diritto alla sovranità in Sardegna con i diritti altrui, comprende la condizione delle nazioni che hanno vissuto e vivono i problemi del dominio e della subalternità, non disprezza nessuno nel mentre chiede rispetto per sé.

Il 34° congresso del Partito Sardo d’Azione avrà molti punti da chiarire, al proprio  interno e di fronte al popolo sardo. Merita che ci ritorniamo.

 

Cagliari, 11 marzo 2018

 

 


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