UN ANALISTA ALLA CASA BIANCA, di Massimo Ammaniti

Un gruppo di psichiatri americani hanno pubblicato recentemente un libro The dangerous case of Donald Trump ( Il caso pericoloso di Donald Trump, St. Martin’s Press, 2017) curato dalla psichiatra dell’Università di Yale, Bandy Lee, che ha raccolto gli interventi di 27 psichiatri. Massimo Ammaniti, neuropsichiatra infantile e psicoanalista, è professore onorario dell’Università La Sapienza di Roma.

I n questi mesi sono stati sollevati ripetuti interrogativi sull’equilibrio mentale di Donald Trump, soprattutto ora in seguito alla pubblicazione del libro Fire and Fury che sembra aver scoperchiato il mondo della White House. Emerge, ammesso che ce ne fosse ancora bisogno, la figura di un presidente totalmente assorbito da se stesso, impulsivo, privo di empatia, ossessivamente concentrato su fatti irrilevanti e pronto ad accogliere teorie cospirative. Ma la risposta di Trump non si è fatta attendere, ancora una volta ha magnificato se stesso dicendo che è «un genio molto stabile». La pericolosità di Donald Trump non solo viene riconosciuta da una parte dell’opinione pubblica e dei media, ma anche da un gruppo di psichiatri americani che hanno pubblicato recentemente un libro The dangerous case of Donald Trump ( Il caso pericoloso di Donald Trump, St. Martin’s Press, 2017) curato dalla psichiatra dell’Università di Yale, Bandy Lee, che ha raccolto gli interventi di 27 psichiatri. Prima di presentare il libro devo premettere che sono molto scettico quando gli psichiatri fanno delle diagnosi psichiatriche su figure pubbliche riferendosi ai loro comportamenti come vengono riportati dai media, senza aver avuto la possibilità di intervistarle direttamente. Ero ugualmente molto critico quando in passato qualche collega psichiatra riteneva che Silvio Berlusconi avesse una personalità narcisistica senza mai averlo incontrato. E d’altra parte questa diagnosi è stata ampiamente disconfermata dai fatti perché Berlusconi, a differenza di chi presenta un disturbo narcisistico, è stato in grado di affrontare un lungo periodo di sconfitte politiche e personali senza andare incontro ad un crollo psicologico. Per ritornare al libro su Donald Trump, gli psichiatri che ne sono i coautori riconoscono la problematicità di fare una diagnosi psichiatrica in absentia del diretto interessato, citando la regola di Goldwater dell’American Psychiatric Association. Non è etico, secondo questa regola, fornire pareri psichiatrici su personaggi pubblici che non siano stati intervistati e che non abbiano autorizzato la pubblicizzazione. Gli psichiatri e gli operatori della salute coinvolti in questo libro-denuncia sono tutti consapevoli di questo limite etico e pertanto esprimono dubbi nel fare una diagnosi di Donald Trump, ma propongono di valutare la pericolosità della situazione, che non richiederebbe una diagnosi, quantunque possa essere sostenuta da comportamenti irregolari. Questa è la posizione di Judith Herman che insegna Psichiatria presso l’Harvard University, famosa in tutto il mondo per i suoi studi sulle conseguenze dei traumi, che tuttavia ritiene che in una situazione di emergenza per la sicurezza sociale, come quella attuale negli Usa, si possa infrangere il vincolo e si possa denunciare la situazione. Sicuramente il potere può corrompere le persone e può amplificare delle patologie psichiche sottostanti, perché si perde la possibilità di riconoscere i propri limiti e di valutare adeguatamente la realtà. Questo è il tema centrale di molte tragedie di Shakespeare, come ad esempio i drammi Riccardo II e Riccardo III, in cui si pretendeva che il potere regale discendesse direttamente dalla volontà divina, che santificava la grandiosità e l’onnipotenza dei sovrani a cui nessuno si doveva opporre. Leggendo i vari contributi del libro emerge la convinzione che Trump abbia una personalità pericolosa, così preso da sé stesso e dalla propria megalomania, incapace di controllare i propri impulsi e di valutare le possibili conseguenze dei propri comportamenti. Molti comportamenti di Trump sono a rischio come avveniva per molti pionieri della corsa all’oro in America, ma se quelli erano comportamenti individuali o di gruppo che venivano riassorbiti da un tessuto sociale che li conteneva, oggi il pericolo è ben più grande. Come viene discusso nella terza sezione del libro, Trump può creare un clima di allarme nel paese, creando una forte divisione fra i suoi sostenitori e gli oppositori e suscitando odi ed intolleranze soprattutto nei confronti degli immigrati più recenti, come già era avvenuto alla fine del diciannovesimo secolo e di cui il film di Scorsese Gangs of New York ha mostrato la drammaticità. Ma forse, come viene illustrato in una vignetta del Financial Times, i bottoni nucleari nelle mani di Trump e del suo nemico, il leader nordcoreano, dovrebbero essere sostituiti da bottoni che cuciano la bocca di entrambi. Ma questo non è un compito psichiatrico, è un impegno politico che riguarda tutti noi e soprattutto gli elettori americani.

 

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