Anniversari, 2018: 50 anni dal 1968, 70 dall’approvazione dello Statuto speciale della Sardegna di Salvatore Cubeddu

L’EDITORIALE DELLA DOMENICA  della FONDAZIONE SARDINIA.

TRENTO, inizio 1968, facoltà di sociologia, manifestazione studentesca.

Siamo entrati nel  2018, domani si riprende nella normalità. Il ciclo delle feste continuerà a ripresentarsi con i fine settimana, le ricorrenze religiose e civili, gli anniversari. C’è  sempre un anniversario di qualcosa che interessa qualcuno, spesso molti.

Due di essi appaiono importanti e personalmente coinvolgenti: il cinquantenario del ’68, ed il settant’anni dell’autonomia della Sardegna. Una questione generazionale ed una questione patriottica. A mio avviso, entrambe le situazioni sarebbero di per sé ‘finite’, ma già una simile affermazione è capace di far divampare il dibattito. Ma non sempre, così come poco si è ricordato il ’77 giovanile (perché considerati i fratelli minori e ‘un po’ sfigati’?), e neanche si sono fatti i conti con le conseguenze del centenario della rivoluzione di ottobre, per non parlare della prima guerra mondiale e del disastro italiano a Caporetto, così decisivo e influente sull’umore patrio degli italiani. Non tutti gli anniversari sono uguali e individualmente toccanti.

Il ’68 riguarda coloro che a quell’età erano almeno al primo anno di università, che quindi compiono almeno sessant’otto anni di età. Ma è solo indicativo, perché, a salire, i leader ed i quadri del movimento frequentavano gli ultimi anni, perciò una buona parte dei protagonisti oggi supera i settanta. Ma quello fu solo l’inizio, subito dopo arrivò l’autunno caldo del ’69, con ‘studenti operai uniti nella lotta’. Con il Settanta, le mie compagne di facoltà cominciano a discutere le tesi femministe in contatto diretto con le americane,  avanti di qualche anno in termini di elaborazione. I movimenti sono quelli, incanalatisi ben presto nei solchi organizzati che, specie per la politica, guardavano indietro (“e noi faremo come la Russia … , o la Cina”, movimentismo o organizzazione leninista, consigli di fabbrica riformisti o rivoluzionari) nel mentre ‘il sistema’ produceva i suoi anticorpi repressivi, che si trattasse di Italia, Europa o complessivamente mondiali. A metà anni Settanta (1976) il ’68 dei movimenti spontanei era finito: l’autoscioglimento di Lotta Continua motivato dal contrasto irrisolvibile con le proprie femministe, il fallimento elettorale della lista unitaria della nuova sinistra, l’inizio della crisi della strategia sindacale  delle riforme (e quindi del ruolo autonomo del sindacato), nel mentre imperverserà nei due anni successivi il compromesso storico di Berliguer; l’espansione e la ferocia del terrorismo (senza che peraltro reggesse la linea del “né con lo Stato né con le BR”);  e altro che sicuramente arriverà sul tavolo della rievocazione e della discussione. La ‘meglio gioventù’ del secondo dopoguerra – fino ad allora la più istruita della storia umana, una coorte di donne e giovani, universitaria ed oltre – che si omogeneizzava agli ideali dell’eguaglianza sociale all’interno dell’Occidente, accendeva l’ultima e più moderna fiaccola della libertà. Contro l’autoritarismo nell’istituzione familiare, scolastica, ecclesiale … ma soprattutto nelle istituzioni totali, fino al più raffinato confronto della donna in faccia al proprio uomo, più importante e produttivo di effetti rispetto all’ideologizzazione del rapporto autoritario del maschio verso la femmina, che segnerà le elaborazioni e le rivendicazioni dei decenni successivi fino a noi.

Quella generazione è alla finale redde rationem. In pochi arriveranno al settantennio. Si trova all’ultima occasione di aggiungere valutazioni discutibili ‘a livello di massa’ al molto già detto e scritto. Credo che se ne parlerà. La nostra è una generazione che tanto ha utilizzato la parola.

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Meno certo sarei per quanto riguarda la discussione sull’autonomia della Sardegna, approvata il 26 febbraio 1948. Sono a conoscenza di alcune iniziative istituzionali, che pure si inseriscono in un cantesto socio-culturale decisamente depresso, e non solo per quanto concerne il tema.

L’ultima rievocazione con qualche pretesa è stato il trentennio, con Andrea Raggio presidente del Consiglio e Pietro Soddu, presidente della Giunta regionale. Per il cinquantennio,  niente si fece: ne scrissi forse solo io, tre giorni dopo per la pagina culturale dell’Unione, dopo che l’anniversario era passato  sotto silenzio.

Noi ne parleremo. E tanto … Auguri ai sessantottini (in senso largo) e ai sardi (tutti).

 

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