DOPO CINQUANT’ANNI: in università rinasce la goliardia! di FEDERICO CALLEGARO

La rinascita dei goliardi “Animal house” all’italiana Torino, nuova giovinezza per le confraternite universitarie.

A metà Anni 60 una piccola imbarcazione rischia di causare un incidente diplomatico. Sopra la zattera che si muove furtiva nel porto di Salerno, capitanata da un giovane universitario torinese che tutti conoscono come Zeus, un gruppo di studenti si dirige velocemente verso un incrociatore americano. Il porto è una base militare Nato e gli universitari di Torino vogliono salire sopra la nave da guerra, togliere la bandiera a stelle e strisce e sostituirla con quella della Goliardia. Ci riescono ma vengono fermati dai marine: la loro epica avventura viene ancora raccontata con ammirazione dai goliardi torinesi. Sì, perché sotto la Mole la goliardia è viva e vegeta: «E sopravvive nonostante l’ostracismo dell’ateneo che non ci vede di buon occhio e il fatto che i tempi siano cambiati – racconta Daniele Ruffino, 22 anni, Pontifex dei goliardi del Piemonte -. Non è facile essere dissacranti in un mondo che dissacra sempre».

Immaginare i goliardi come parenti prossimi delle confraternite universitarie americane diventate famose con film come «Animal House» è utile ma riduttivo: «Il fenomeno inizia nel Medioevo e si trasforma dopo il ’68 – dice Ruffino -. In quell’anno, infatti, inizia “il grande sonno”. Tante confraternite si sciolgono e i goliardi si riducono notevolmente». Il clima culturale italiano è cambiato e i goliardi vengono avvertiti come reazionari: «Siamo una struttura gerarchica e questo, all’epoca, era visto male. Negli Anni 20 venivamo ostacolati dai fascisti, che ci percepivano come comunisti, nei 70 lo siamo stati dai giovani di sinistra, che ci scambiavano per fascisti per via del copricapo, la Feluca, adottato anche dagli universitari fascisti. In realtà siamo apolitici».

A Torino i goliardi sono circa 60, un numero in crescita, divisi in tre principali confraternite chiamate «Vole»: ci sono i Templari, i Vampiri e quelli del Toson D’Oro. «Le nostre attività? Fare festa, declinare la triade di Bacco, Tabacco e Venere e fare scherzi – spiega -. Gli eventi organizzati sono tanti e ogni anno i capi delle varie città si ritrovano a Pavia per stilare il calendario». Tanti anche gli scherzi tra città: come quando i torinesi rubarono il gonfalone del Palio di Siena e lo fecero ritrovare a Bologna. Le confraternite, un tempo aperte ai soli uomini, oggi ospitano anche tante donne: «Una volta – conclude Ruffino – erano invitate solo a una festa specifica, quella delle “caterinette”, evento dedicato alle sarte che cucivano le feluche. Oggi sono goliarde a tutti gli effetti».

 

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