Svolta in Tunisia: anche le donne potranno sposare uomini di altre fedi, DI Karima Moual

Fino ad ora era possibile solo per gli uomini, ma la decisione del presidente tunisino Essebsi apre nuove prospettive per i diritti delle donne, anche per gli altri paesi dell’area.

 

“Lottiamo affinché si cambi la legge che ci obbliga a far convertire all’islam i nostri mariti di diversa fede.” Erano le parole di Houda Sboui, rilasciate qualche mese fa proprio sul nostro giornale. Tunisina, ma in Italia da 25 anni. Attiva politicamente tra le due sponde Tunisia e Italia. Sposata con un italiano e mai sottomessa a una legge che obbliga le musulmane a vedersi legalizzato il proprio matrimonio nel paese di origine solo dopo la conversione all’islam del proprio compagno. Oggi lei insieme a tante altre tunisine, dopo un’attesa di 25 anni, può festeggiare .

La Tunisia sorprende ancora, e abbatte l’ennesimo tabù che pesava sulle donne musulmane, abolendo il divieto per le donne a unirsi in matrimonio con uomini che non siano di fede islamica (gli uomini, invece, hanno sempre potuto sposare liberamente e senza conseguenze donne di altre fedi). Il grande passo si è concretizzato ieri con l’annullamento della circolare del 1973 e di tutti gli altri testi che vietavano i matrimoni tra donne tunisine e non musulmani. Una pratica che riguarda tutti i paesi musulmani, ma che la Tunisia, come capofila di questa storica iniziativa, affronta nella direzione di portare la propria società, un passo alla volta, verso una maggiore uguaglianza tra uomini e donne. Gli altri paesi musulmani, al momento, restano al palo.

Le donne musulmane sposate a non musulmani non sono poche, e i grazie alle crescenti migrazioni sono aumentate. Col numero sono aumentati anche i conflitti delle ragazze di seconda generazione con le loro famiglie, soprattutto quando si tratta di scegliere il compagno per una vita. Il risultato, i molti casi, è una falsa conversione da parte degli uomini. Un’ipocrisia non più sopportabile, denunciata a più riprese da attivisti e intellettuali, che hanno chiesto a più riprese che tale divieto venga abolito, non solo perché contrario la libertà e ai diritti delle donne, ma anche perché al di fuori di ciò che effettivamente il testo sacro dice in merito.

Lo spiega molto bene Asmaee Lamrabet, nel suo ultimo libro, “Islam et femmes: les questions qui fâchent” (En toutes lettres, 2017). Il divieto, secondo Lamrabet, proviene da un consenso religioso risalente a molti secoli addietro, basato su un’interpretazione umana e culturale ma che non trova nessun fondamento sul testo coranico. Il solo versetto coranico che parla di matrimonio, spiega Lamrabet, stabilisce una uguaglianza nel trattamento. Per ambedue i sessi è vietato sposare i politeisti e non chi appartiene ad altre fedi.

Intanto però, la Tunisia ha deciso di farne un tema centrale e quest’estate c’è stata la promessa ufficiale del presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi, subito dopo l’approvazione della legge contro le violenze sulle donne. Eredità e matrimoni misti sarebbero stati i passi successivi. Due scelte che hanno fatto storcere il naso ai conservatori di Al Azhar come a quelli dell’Università Zitouna, che hanno bollato tali iniziative come fuori e lontane dalla Sharia. Ma tant’è: la strada è ormai spianata e le tunisine – in attesa che si metta mano sulla questione eredità, altro vero ago della bilancia in materia di uguaglianza – possono intanto segnare un punto a loro favore. Le altre donne musulmane dei paesi vicini invece, hanno un esempio sul quale consolidare la propria lotta di emancipazione. Da oggi, non più un tabù intoccabile.

a stampa, 15/09/2017

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