Ad Arborea discutendo di emigrazione: una storia-romanzo sui Veneti nel Belgio… e i Veneti in Sardegna, di Alberto Medda Costella

Domenica 28 maggio si è tenuto ad Arborea il consueto incontro annuale della locale sezione dei Trevisani nel Mondo, presieduta dal suo fondatore Bepi Costella. La convention si è aperta con la tradizionale messa – grazie alla disponibilità del parroco don Silvio Foddis -, la conseguente benedizione del labaro associativo e il solenne pranzo sociale…da ricordare. Mancavano, a differenza dell’anno passato, le rappresentanze delle sezioni sorelle, ma tale assenza non ha tolto interesse all’incontro. Il giorno precedente, sull’onda di quanto fatto l’anno passato, è stato presentato al teatro dei salesiani l’ultimo libro di Roberta Sorgato “Cuori nel pozzo”, grazie alla collaborazione fornita dal giovane circolo dei Veneti nel Mondo e dalla vitalissima Associazione della biblioteca comunale.

Nella scorsa edizione era presentato il film-documentario “Stranieri in patria”, di Roberto Citran e Gianni Ferraretto, incentrato sull’emigrazione veneta nella Maremma, nell’Agro Pontino e nell’Alto Campidano. Quest’anno si è voluto allargare l’orizzonte geografico e socio-culturale, intendendosi affrontare la tematica della massiva e dolorosa emigrazione in Belgio, che, a seguito dell’accordo del 23 giugno 1946 tra il primo ministro italiano Alcide De Gasperi e il suo omologo Achille Van Acker, ha riguardato il trasferimento di 50.000 lavoratori italiani, tra cui moltissimi veneti, ma anche tanti sardi.

Viva la commozione nei presenti che dalle parole della scrittrice trevisana hanno ricevuto una testimonianza diretta di chi ha subito in prima persona le conseguenze più negative di una esperienza, appunto quella migratoria, che pur era parsa necessaria: la perdita del proprio genitore, partito per le miniere di Re Baldovino in cambio di un po’ di carbone per l’Italia assetata di energia, risorsa indispensabile per il suo rilancio produttivo dopo i disastri del secondo conflitto mondiale.

Vari anche gli interventi in sala, oltre a quelli delle associazioni coinvolte e della sindaca Manuela Pintus presente per portare i saluti dell’Amministrazione, stimolati dal direttore della locale biblioteca comunale prof. Leonardo Mura che ha dialogato con l’autrice.

Più d’uno gli aspetti condivisi da quegli emigrati, eroici e martiri, con i corregionali indotti ai flussi verso la Sardegna già dai primi anni ’30 per la bonifica e colonizzazione dell’agro di Mussolinia. I vissuti di famiglie e di terre, così come i problemi che precedono la partenza dei protagonisti del romanzo della Sorgato, sono gli stessi di molti dei coloni di Arborea della prima era: con quei problemi essi avevano dovuto tribolare per anni e decenni, all’apparenza senza trovare soluzione, preparandosi alla loro partenza per l’isola, anch’essa allora un mondo lontano.

D’altronde mi sto riferendo allo stesso Veneto agricolo di cui ci hanno parlato, fin da bambini, i nostri genitori, zii e nonni e che a partire dagli anni ’60 sarebbe stato inghiottito dalla modernità, dall’industrializzazione e dal benessere diffuso. Nello stesso periodo si emigrava anche verso la Francia, la Germania, il NordAmerica e perfino, chi ne aveva la possibilità, l’Australia. La necessità di lavoro in Veneto era talmente alta (e insoddisfatta) che alcuni parlamentari di quelle province così come i rappresentanti politici sardi presentarono una proposta di legge per la valorizzazione dell’economia della Sardegna, intendendo portare a realtà il suo enorme potenziale fondiario e ambientale. L’intento immediato era, appunto, quello di dare risposta alle necessità della folta popolazione del nordest, replicando lo stesso esperimento di colonizzazione agricola già felicemente compiutosi, proprio ad Arborea, una cittadina originale e di alta civiltà assunta come modello di futuro. Associando al valore-lavoro quello della socialità, nella permanente tensione morale dell’accoglienza e dell’inclusività.

 

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