Almere, la città più multietnica d’Olanda roccaforte della destra anti-migranti, di Marco Bresolin

Il Paese alle urne fra 10 giorni, l’economia va e la disoccupazione è al 5,3%. Ma gli slogan contro Ue e islamici spingono il populista Wilders in testa.

Nella foto: Il centro di Almere, il paese più multietnico d’Olanda, è un grande centro commerciale a cielo aperto, dove non c’è il minimo sentore di tensione sociale

 

 

la stampa 05/03/2017

INVIATO AD ALMERE (OLANDA)

Il futuro dell’Olanda si trova a 30 chilometri da Amsterdam. Per raggiungerlo, bisogna lasciarsi alle spalle i turisti che pascolano sulla Damrak e prendere il treno dei pendolari – un Intercity con il wifi libero – in direzione di Almere. Dopo 20 minuti di campi coltivati, mucche e mulini a vento, spunta la città più giovane di tutta l’Olanda. Fino al 1976 Almere non esisteva.

 

Oggi, con quasi 200 mila residenti, è la settima città più grande del Paese. Qui, a 3,2 metri sotto il livello del mare, un abitante su tre ha origini extra-europee. L’ufficio statistiche del Comune parla di «153 diverse nazionalità e di 181 etnie rappresentate». Quello elettorale dice che il partito più votato, da 7 anni, è il Partito della Libertà di Geert Wilders, la formazione della destra xenofoba, che alle elezioni politiche del 15 marzo potrebbe conquistare il primato anche a livello nazionale, scavalcando i popolari del premier Mark Rutte. È il calcio di inizio di questo 2017 elettorale, poi toccherà a Francia, Germania e Repubblica Ceca.

 

Nella multietnica Almere ogni casa si trova al massimo a 400 metri da una fermata dei bus. I mezzi pubblici corrono ovunque su corsie preferenziali, così come le biciclette. Il centro «storico» (si fa per dire) è un enorme centro commerciale a cielo aperto, i palazzi di tre piani che si affacciano sulla Piazza Grande sembrano College universitari. Tra le vie dei quartieri residenziali regna l’ordine e la tranquillità. Non proprio una periferia dimenticata. Un terzo della popolazione ha meno di 25 anni e solo il 9% ne ha più di 65. I dati economici seguono i trend nazionali: in Olanda il tasso di disoccupazione è sceso al 5,3% (la media nell’eurozona è 9,6%). L’economia cresce al ritmo del 2% (il doppio dell’Italia). Una giornata in giro per la città non basta per trovare qualche traccia di degrado o disagio sociale. E nemmeno per scovare qualcuno che, apertamente, ammetta di votare il Partito della Libertà.

 

«Si vergognano, ma in privato sono in molti a pensare le stesse cose di Wilders». Faiza viene dal Marocco, ha quasi 50 anni e da 20 vive in Olanda. Mentre aspetta il suo turno nella hall del municipio – un grande open space con i divani comodi e le lampade da terra che lo fanno sembrare uno showroom di mobili – ammette di non essere ancora riuscita a capire «cosa stia succedendo alla società olandese. Una volta il rispetto delle regole era la condizione sufficiente per l’integrazione. Oggi non è più così, soprattutto per i musulmani. La nostra religione è diventata una specie di malattia che va tenuta alla larga». Va detto che negli ultimi anni le cronache hanno segnalato alcuni casi di radicalizzazione ad Almere. Non risultano episodi di terrorismo, ma questo può aver contribuito ad alimentare il sentimento anti-islamico.

 

Il primo punto del programma di Wilders (lungo in tutto una pagina) promette di «de-islamizzare l’Olanda»: chiudere le moschee, le scuole islamiche, proibire il velo e vietare la vendita del Corano. Il leader del Pvv, un partito «virtuale» privo di struttura, vive sotto stretta sorveglianza 24 ore su 24. Una decina di giorni fa, ha sospeso la campagna elettorale perché un suo agente di scorta è stato arrestato: avrebbe fornito informazioni su di lui ad alcuni gruppi criminali marocchini. Nel Paese di Pim Fortuyn (il leader di destra assassinato nel 2002) e di Theo Van Gogh (il regista ucciso da un estremista islamico nel 2004), la questione ha surriscaldato il clima elettorale. Al ministero dell’Interno l’allarme è massimo e accanto a questo cresce il timore per le possibili intrusioni di hacker dalla Russia: il governo ha deciso che il conteggio dei voti verrà effettuato manualmente.

 

L’altro grande nemico di Wilders è Bruxelles. «In Olanda abbiamo detto no alla Costituzione europea, no all’accordo Ue-Ucraina (con il referendum dello scorso anno, ndr) e ora è arrivato il momento di dire no all’Europa». L’eurodeputata del Pvv Vicky Maeiser spinge per una Nexit. In pochi credono che succederà. Certo è che i due olandesi più influenti nelle istituzioni Ue, il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans e il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, non se la passano benissimo: il loro partito laburista è crollato all’8%.

 

Ma il vero terreno di scontro resta la questione immigrazione, tanto che tra i partiti rivali sta emergendo Denke, una formazione guidata da immigrati turchi. I partiti in lista sono ben 28, di cui 14 con possibilità di entrare in Parlamento. Con una legge elettorale ultraproporzionale non sarà facile mettere insieme una coalizione. Ci vorranno almeno tre mesi. «Di certo Wilders non farà parte della maggioranza – dice sicuro Meindert Fennema, politologo dell’Università di Amsterdam -. Nessuno vuole allearsi con il Pvv e lui stesso non ha alcuna intenzione di fare il primo ministro». Troppo rischioso governare, meglio stare all’opposizione. Proprio come succede ad Almere. Nella roccaforte del Pvv, gli altri partiti si sono coalizzati per tenerlo fuori dalla stanza dei bottoni. La newtown è guidata da un esponente del partito D66, i liberal-progressisti. Si chiama Franc Weerwind, è figlio di immigrati del Suriname. Dal 2015 è il primo sindaco di colore di tutta l’Olanda.

 

 

Condividi su:

    Comments are closed.