Marie Collins: “Non smetto di credere nella tolleranza zero voluta da Francesco contro la pedofilia, ma altri ci boicottano” L’intervista. La donna chiamata dal Papa a contrastare il fenomeno spiega perché ha deciso di lasciare l’incarico, di Paolo Rodari

 

CITTÀ DEL VATICANO. “Non potevo restare. Dopo tre anni vedere continuamente che nella Curia romana c’era chi non favoriva il nostro lavoro, chi in sostanza lo boicottava, senza rispondere anche alle richieste più elementari che venivano avanzate, mi ha gettato in un profondo sgomento, ho provato anche vergogna, e così ho deciso di dimettermi”.

La voce è ferma, pacata. Marie Collins, irlandese, abusata sessualmente da un sacerdote quando aveva 13 anni d’età, non lascia trapelare alcuna emozione mentre al telefono spiega a Repubblica la sua verità. Fiore all’occhiello della Commissione anti pedofilia voluta nel 2014 da Francesco, unica vittima rimasta nell’organismo e unica donna membro, ha deciso di andarsene perché “nella Curia romana le resistenze erano troppe. La misura per me era colma”.

Chi esattamente boicottava il suo lavoro all’interno della Santa Sede?
“Non voglio fare nomi perché non intendo sfavorire il lavoro della Commissione vaticana per il quale ancora nutro speranze e ho aspettative. In ogni caso, come ho anche scritto nel momento in cui ho deciso di lasciare il mio incarico, le richieste che facevo pervenire alla Congregazione per la Dottrina della fede non trovavano risposta, erano quasi sempre disattese. In particolare, mi ha ferito il fatto che la raccomandazione della Commissione di istituire un tribunale per giudicare i vescovi negligenti, approvata dal Papa e annunciata nel giugno del 2015, non abbia avuto alcun seguito. Ha trovato dei problemi legali non meglio specificati e così il tribunale non è mai stato istituito. Tutto questo è per me motivo di sofferenza e sinceramente ho ritenuto che era giusto farmi da parte”.

Secondo lei Papa Francesco vuole combattere davvero la pedofilia?
“Io credo fermamente di sì. Credo in lui e nel suo lavoro. Ma non capisco perché tante resistenze. Francesco fin dall’inizio è stato sincero. Ha preso decisioni chiare nel senso della tolleranza zero. Ma intorno a lui le cose non procedono come dovrebbero e tutto ciò non è corretto”.

Perché nella Curia romana a suo avviso esistono queste resistenze? Come se le spiega?
“In verità devo dire che non so darmi una spiegazione. Non so dire cioè quale sia il motivo profondo di un tale atteggiamento. Registro semplicemente il dato e mi dimetto. Anche se continuerò a parlare della mia storia dove mi inviteranno, anche in Vaticano. Continuerò a collaborare. Non fuggo, ma preferisco chiamarmi fuori dalla Commissione”.

Ci sono state delle resistenze che in particolare, più di altre, l’hanno ferita?
“Non una su tutte. È stato piuttosto un atteggiamento generale. Tanti gli episodi: alla fine dell’anno scorso, ad esempio, inviammo una semplice raccomandazione approvata dal Papa alla Dottrina della fede per un piccolo cambiamento di procedura nel contesto della cura delle vittime e dei sopravvissuti. Ma il mese scorso, a gennaio, ho saputo che quel cambiamento è stato rifiutato. Per me è una cosa inspiegabile”.

Insomma, secondo lei esiste una discrepanza fra gli annunci e i fatti.
“Esiste il fatto che spesso si sentono dichiarazioni pubbliche intorno alla profonda preoccupazione della Chiesa per le vittime di abusi, ma poi nel privato il dato è che in Vaticano c’è che si rifiuta anche solo di riconoscere le lettere inviategli per provare a risolvere questa preoccupazione. Il dato è che le resistenze non mancano e tutto questo per me non è accettabile”.

Il corriere della sera 02 marzo 2017

 

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