“Rompi la croce”, così la rivista dell’Is attacca il Papa: “È un miscredente”, di Marco Ansaldo

Nessun gruppo aveva mai messo nel mirino il capo della Chiesa cattolica come Daesh.


 

 

LO STRILLO di copertina è davvero contundente: Break the cross (Rompi la croce). C’è la foto di un jihadista del sedicente Stato Islamico che ha in spalla la bandiera del Califfato mentre è impegnato a spezzare sul tetto di una chiesa il simbolo della cristianità. E c’è l’immagine, nel servizio principale, al centro della rivista, di papa Francesco. Sotto un titolo molto esplicativo: “Nelle parole del nemico”.

Ecco il numero 15 di Dabiq, magazine ufficiale della “guerra santa”, pubblicato ogni mese anche in inglese. La minaccia all’Occidente è espressa con linguaggio roboante e un po’ contorto: “Tra questa pubblicazione di Dabiq e il prossimo massacro che verrà eseguito contro di loro dai soldati nascosti del Califfato – ai quali viene ordinato di attaccare senza ritardi – i crociati possono leggere perché i musulmani li odiano e li combattono”.

Ma nell’articolo colpisce, soprattutto, la veemenza dell’attacco al Pontefice. Nessun gruppo jihadista aveva mai fatto nulla del genere, né Al Qaeda, né altre frange salafite che da 15 anni hanno lanciato una guerra totale contro l’Occidente. Lo scontro non era mai stato focalizzato contro il Vaticano, né tantomeno personalizzato contro la figura del Papa. Ora con il territorio del Califfato stretto d’assedio, il Daesh alza il tiro. E lo fa con un’invettiva pubblicata pochi giorni dopo l’uccisione di padre Jacques Hamel, il parroco di 86 anni sgozzato in Francia da due ragazzini, omicidio descritto nelle stesse pagine.

Il messaggio sembra rivolto soprattutto alle giovani leve europee dell’Is. Due principalmente i filoni: la sua difesa dei gay, un tema che può facilmente impressionare gli aspiranti martiri dell’Is. E soprattutto l’incessante dialogo con il mondo musulmano moderato. Vedi, ad esempio, l’iniziativa verso i leader religiosi di Bangui, in Centrafrica, dove aprendo lo scorso anno la Porta Santa ancora prima che a Roma, il Papa è riuscito a riportare nel Paese una pace che appariva come una speranza perduta. E la tregua, oggi, continua a tenere.

Nell’articolo Francesco viene messo sotto accusa per aver pregato a favore delle vittime di Orlando, in Florida, dove nella notte fra l’11 e il 12 giugno il trentenne Omar Saddiqui Mateen massacrò 49 persone dentro una discoteca frequentata da molti omosessuali. La linea del Pontefice, a giudizio della rivista, è “in completo disaccordo con la dottrina della sua Chiesa”. Per

Dabiq, piuttosto, se il Papa prega per coloro che sono stati uccisi dall’attentatore della Florida, questo vuol dire che il massimo esponente degli “infedeli” si sposta su territori ancora più alla deriva rispetto alla secolarizzazione in atto. “L’omosessualità è immorale “, si asserisce. Ci troviamo di fronte “a un atto di perversa sodomia”.

Nell’immagine pubblicata, inoltre, il vescovo di Roma è ritratto assieme a Ahmed al Tayeb, l’imam della celebre università islamica Al Azhar, del Cairo. Pure lui è bollato: “Un apostata “. Motivo: avere definito la religione cristiana “una fede di amore e di pace”. L’articolo ricalca lo schema proposto lo scorso anno, nel settembre 2015, poco prima della visita di Francesco negli Stati Uniti. Anche qui il riferimento andava al viaggio di Bergoglio nel novembre 2014 in Turchia, e al suo incontro a Istanbul con il Gran Mufti della Moschea Blu. La didascalia in quel caso recitava: “L’apostata e il capo della Chiesa crociata”. Non c’è spazio dunque per gli imam moderati e disposti al dialogo. Perché sono proprio le aperture di Bergoglio a spaventare il Daesh, quasi obbligato ad alzare il livello dello scontro e indicare nuovi nemici.

Ci sono attacchi ai sufi moderati (“che imitano i cristiani”). Ma su tutto il numero aleggia lo spettro di quell’invito iniziale: “Rompi la croce, come disse il profeta Maometto”. E dunque, immagini dei massacri di Nizza e negli Stati Uniti. L’editoriale si apre inneggiando ai “soldati martiri del Califfato a Dacca, in Francia e in Germania”. Poi, foto di jihadista barbuto che tiene fra le braccia un gatto. Un sole che sorge tra i campi di grano. Un albero che si erge nel blu del deserto. Api che svolazzano sul miele. La timidezza delle bambine musulmane (“che manca nelle donne occidentali “). Quindi, a pagina 30, il titolo: “Perché vi odiamo e perché vi attacchiamo”. Ecco: “Vi odiamo, prima di tutto e soprattutto, perché siete miscredenti: rifiutate l’unicità di Allah. Vi odiamo perché le vostre società secolari e liberali permettono le cose che Allah ha proibito”. Segue ampio articolo, intitolato “Operazioni dello Stato Islamico”, corredato da immagini sanguinolente di stragi e massacri, con il numero delle vittime, e dove il Califfato ha colpito tra Filippine, Bengala, Somalia, Egitto. Si arriva quindi alla sezione riservata alle interviste. Una testimonianza è dedicata a Umm Khalid al-Finlandiyyah, proveniente da Helsinki e approdata allo Stato Islamico. Le pagine finali si annunciano colme di esclusive. C’è la “Top 10 dei migliori video dello Stato Islamico”, con la classifica delle esecuzioni di poveri prigionieri con la tuta arancione. E la rubrica “Per la spada”, con la scimitarra della giustizia in azione, e persone lapidate. Quindi, bambini sotto i 10 anni che sfilano in uniforme militare pronti a combattere e uccidere (“la generazione delle battaglie epiche”).

L’ultima pagina è l’immagine di una croce effettivamente spezzata. Obiettivo raggiunto. Dabiq non è nuova a questo tipo di esibizioni, anche se questo numero (82 pagine) appare particolarmente efferato. Il lancio della rivista avvenne nel luglio 2014. Il magazine prende

il nome dalla località nel nord della Siria considerata come il luogo in cui avverrà lo scontro finale “tra musulmani e bizantini”. E che dovrà portare, negli auspici della rivista, al trionfo dell’Islam abbattendo il “nemico ” Francesco.

LA REPUBBLICA 30 agosto 2016

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