Le ‘gambe corte’del generale, di Pietro Mannironi

Il capo di stato maggiore dell’Aeronautica parla di ripresa delle attività. Ignorato il confronto Governo-Regione sulle servitù e il processo di Lanusei

Dunque a Quirra non è accaduto nulla. Con la sua nota il capo di stato maggiore dell’Aeronautica Pasquale Preziosa cancella 14 anni di denunce, di paura e di dolore. Per lui i morti di leucemia e di linfoma, i bambini deformi nati a Escalaplano alla fine degli anni Ottanta, le tracce di sostanze radioattive nei femori di alcuni pastori deceduti che vivevano nell’area del poligono e le nanoparticelle trovate negli organi di animali che pascolavano all’interno zona militare, non hanno nulla a che fare con le esercitazioni e gli esperimenti che si sono succeduti ininterrottamente per 59 anni. La conferenza di servizi avrebbe sentenziato che è tutto a posto, che non c’è alcun inquinamento. Prima ancora di entrare nel merito delle conclusioni della Conferenza di servizi, sorprendono un po’ l’uscita e i toni utilizzati dal generale Preziosa. Prima di tutto perché compie uno sgarbo istituzionale, ignorando il confronto in corso tra il Governo e la Regione sulla debordante presenza di aree militari nell’isola (il 66% del totale nazionale). Di più: la sua affermazione che «la conclusione del procedimento costituisce il presupposto per poter riprendere a breve l’esercizio delle attività» suona come una delegittimazione politica non solo verso le istituzioni autonomistiche, ma anche, paradossalmente, verso il Governo stesso. Sì, perché dalle sue parole appare scontato l’esito del confronto Governo-Regione:tutto resterà esattamente come è. C’è poi un altro fatto che non può non essere sottolineato: il generale Preziosa ignora completamente che è in corso un accertamento giurisdizionale su quanto accaduto a Quirra. Il processo è per il momento sospeso perché i legali della Regione hanno sollevato un problema di legittimità costituzionale sulla norma che stabilisce che solo lo Stato può costituirsi parte civile e chiedere un risarcimento danni per i danni ambientali. Un processo nato comunque in un clima di veleni e di polemiche perché “depotenziato” dalla perizia del professor Mariani disposta dal giudice dell’udienza preliminare. Una perizia contestata duramente dalla procura di Lanusei per questi motivi: 1) il perito, come gli imputati della Dsa di Siena, ha fatto la ricerca impossibile dell’uranio depleto con metodi impossibili, arrivando alla conclusione che l’uranio non c’è e non c’è mai stato. Ma gli studi internazionali dicono chiaramente che le tracce dell’uranio impoverito si disperdono rapidamente con la pioggia; 2) il professor Mariani non ha fatto le più elementari comparazioni statistiche dei dati acquisiti sul Torio dentro e fuori le aree ad alta densità militare; 3) il perito non ha fatto il campionamento nelle aree più inquinate. Come a Is Pibiris, nell’area della discarica di rifiuti militari pericolosi dove, fino al blocco imposto dalla procura, le vacche pascolavano tranquillamente; 4) non sono corrette scientificamente le considerazioni sviluppate dal perito sul Torio 228; 5) non sono stati confrontati i dati acquisiti da Sgs sul Torio e l’Uranio nell’acqua con quelli nei vegetali, nelle poseidonie, nelle cozze e negli ovini; 6) il perito non ha esaminato le valutazioni sui reperti animali dei veterinari delle Asl di Cagliari e Lanusei e dell’Enea e della dottoressa Gatti del policlinico universitario di Modena; 7) non sono stati fatti prelievi su matrici vegetali e animali, ma solo carotaggi nel terreno; 8) non è stata fatta una valutazione del pericolo nelle sorgenti dell’acquedotto di Quirra e di Escalaplano.

La nuova sardegna 26 luglio 2015-07-26

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