Quando il grande uomo di Stato era, colla sua veste da camera, un uomo né più né meno come tutti gli altri… di Eugenia Tognotti

Il carteggio tra il barone Giuseppe Manno e la sua futura moglie, Tarsilia Calandra, nel saggio “Donne dell’Ottocento. Amori, politica e utopia” di Maria Luisa Betri. Da La Nuova Sardegna 8 aprile 2015

Nell’era della neoepistolarità digitale (mail, sms) e della quasi scomparsa della carta, questo viaggio in un carteggio del primo Ottocento, presenta più di un motivo d’interesse, a parte quello, per i lettori sardi, di proporre il lato più privato di una delle figure politiche e giuridiche più importanti della Sardegna moderna, il barone Giuseppe Manno, Grand commis dello Stato sabaudo, magistrato, politico, storico, presidente del Senato del Regno di Sardegna e, quindi, del Regno d’Italia, una fila impressionante di onorificenze e di cariche, autore di due classici “Storia della Sardegna dai più antichi tempi alla morte di Carlo Emanuele III” (1825-27), e “Storia moderna della Sardegna dall’anno 1775 al 1799” (1842). Conservate ad Alghero nella Fondazione Giuseppe Siotto, dove è allestito il Museo Casa Manno, e pubblicate qualche anno fa, le lettere scritte nell’arco del biennio 1830-31 da Giuseppe Manno alla futura moglie, Tarsilla Calandra, sono al centro di uno dei saggi dell’ultimo libro della storica Maria Luisa Betri, “Donne dell’Ottocento. Amori, politica e utopia”(Editore Franco Angeli, 2015 ), appena arrivato in libreria. Chissà, c’è da chiedersi, se avrebbe approvato la pubblicazione del carteggio (La “plume ne rougit pas”. Un carteggio amoroso nel Piemonte degli anni Trenta). Una porta sul privato Le lettere, si sa, aprono una porta sul privato, sul mondo segreto dei sentimenti e delle emozioni, una zona intima, in cui si possono abbandonare le armi e le difese di cui ci si circonda nello spazio pubblico. Uno spazio che, scriverà Manno ormai anziano, doveva restare segreto, disapprovando apertamente il furore autobiografico che spingeva i contemporanei a dare alle stampe “scritture di sé” che raccontavano vicende personali nella loro dimensione intima e domestica. «Non so perché agli uomini d’importanza storica – si chiedeva nelle sue “Note sarde e ricordi” – scritto nel 1867– debba essere conceduto il privilegio, o lo scandalo, di snudare in faccia al lettore, non così gli intrighi delle Corti e delle assemblee, come quelli del gabinetto e della toiletta. Havvi forse alcun vantaggio intellettuale o morale a voler discoprire, che il gran poeta, il grande artista, il grande uomo di Stato era, colla sua veste da camera, un uomo né più né meno di tutti gli altri?». Il carteggio, il grosso del quale è in francese, restituisce il vissuto sentimentale di un legame che, nota giustamente l’autrice, non aveva i caratteri “dell’ amour passion” quanto piuttosto di una relazione nata da una reciproca “inclinazione” di base in cui andò crescendo una intimità affettuosa. La prima missiva dell’epistolario risale al 30 luglio 1831. Passioni e sospiri Manno, quarantacinquenne, era allora un alto funzionario dell’amministrazione statale, un intellettuale e uno storico di vaglia, membro dell’Accademia delle Scienze. Rivolgendosi alla sua giovane corrispondente – appartenente ad una facoltosa famiglia torinese–, la chiama “damigella amabilissima”. Il passaggio dal voi al tu richiede del tempo. Trepidante, con una complicata circonlocuzione, chiede a Tersilla di dargli del tu, «con tutto l’ardore» di cui era capace: «Pensa che la penna non arrossisce. E non sa come abbassare la testa per nascondere la sua confusione» . Lettera dopo lettera, si abbandona sempre di più all’onda del sentimento. I giorni sono scanditi dall’attesa quasi spasmodica delle lettere dell’amata. Una sua pur breve sosta comunicativa, lo getta quasi nella disperazione. In una breve missiva non manca di lamentarsene. La vita gli sarebbe stata «insopportabile» – le scrive – se avesse dovuto aspettarsi da lei dei dispiaceri. Le sue rimostranze e l’appellativo di «insouciante» ( incurante, negligente) rivolto alla futura moglie, la gettano nello sconforto, tanto che – gli scrive, fredda – non riesce quasi a leggere la lettera per quanto è grande il dolore che le ha dato. Un po’ di gelosia E’ l’unico episodio d’incomprensione tra i due. Pentito, confuso, disperato per aver causato quel «colpo» all’amata, si autodefinisce «malvagio e barbaro! Davvero brutto, Sardaccio, Affricain» (sic). La relazione epistolare non registra altri turbamenti, mentre si avvicina il matrimonio. La lontananza pesa. Ma quindici miglia non indeboliscono «la forza d’attrazione» che lo attiravano verso la bella Tarsilla che trascorreva l’estate a Villanova Solaro, nel cuneese . Vuole sapere tutto di lei: «Ditemi se avete cominciato i vostri affreschi, quali libri leggete, qual è la vostra ripartizione delle ore…» .E non nasconde la sua gelosia. In vista della festa della Madonna della Noce, le scrive di rallegrarsi. «Solo, se doveste danzare, pensate che se io fossi presente avrei la debolezza di non poter sopportare che il vostro guanto fosse nelle mani di un altro uomo». Restano in secondo piano, in questo carteggio sentimentale, il mondo esterno, la politica e la società del Piemonte sabaudo, le pesanti incombenze ministeriali che trattenevano Manno a Torino. Solo in qualche lettera accenna alle sue missioni di lavoro a Racconigi e alle «inseparabili noie» della vita di corte, alleviate «dalla bontà e dalla gentilezza del re» e dalla «cortesia della regina» che si era degnata di «dire le cose più piacevoli » del suo lavoro letterario, riferendosi forse alle sue pubblicazioni più recenti «De’ vizi de’ letterati» ( 1828) e «Della fortuna delle parole» ( 1831). Educazione e decoro. Colpisce, nelle lettere, l’autonomia di pensiero e la libertà di giudizio di Tarsilla Calandra, pur nell’educazione , nel decoro e nella discrezione che rappresentano i capisaldi dell’educazione di una giovane donna del suo tempo. «Ah! Come vi compiango per questa giornata trascorsa alla Corte» – scrive al futuro marito, dopo una missione al castello reale di Racconigi – . L’aria che vi si respira deve essere nociva alla salute. Il me parait que ni les premier rangs, ni les derniers ne sont pas faits pour rendre les hommes heureux». Un’inaspettata nota critica e ironica, che rimanda ad una figura di donna che, in qualche modo, si distingue tra le protagoniste di questo libro. I cui saggi confermano l’importanza di una fonte – carteggi, diari, memorie – certo difficili da maneggiare per le possibili forzature , ma sicuramente importanti.

 

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