Il messaggio di Bachisio Bandinu al Congresso della CSS del 22 marzo e la RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE E NAZIONALE Giacomo Meloni.

Bachisio Bandinu ha scritto questo messaggio al 7° Congresso della Confederazione sindacale sarda (CSS) tenutosi domenica 22 marzo a Cagliari.

De pessone e comente Presidente de sa Fondazione Sardinia, apo su piaghere de fachere augurios mannos a sa CSS in sas fainas de su settimu Cungressu.

Auguriu de sichire e de affortire s’impignu de unu sindacatu chi, già in s’istatutu suo, ponet su populu e sa nazione sarda comente mere de su destinu suo. Trint’annos de testimonia a profetu de sa sotzietate sarda, in defensa de su traballu e sa dignitate de sa zente nostra: un’impignu chi mescamente oje devet parare fronte a sos bisonzos dolorosos de sa comunitate sarda. Sa fide chi amus totucantos in sa CSS nos cunfortat in sa gherra contra s’economia de sa dependentzia, contra s’isfrutamentu de su territoriu sardu chi cherent ponnere a cardu e a cannas, contra s’isfrutamentu de sole e de ventu a profetu de sos capitales istranzos, contra sas industrias e sas bases militares chi avvelenant terras e pessones. S’auguriu est de credere galu prus forte in s’identidade sarda comente cussentzia de istoria, de limba e de cultura, in manera de affortire un’identidade economica, ambientale e turistica, Bonas fainas,

RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE E NAZIONALE

GIACOMO MELONI PER IL VII CONGRESSO CSS DEL 22/03/2015

SARDIGNA AMADA LIBERA E INDIPENDENTI

Per il lavoro vero e produttivo

Per uno sviluppo sostenibile ed eco-compatibile della Sardegna

Care delegate e cari delegati,

Graditi Ospiti internazionali e della Sardegna

Il 2 di gennaio 2015, appena ho ripreso conoscenza, riverso a terra in un mare di sangue a causa di

una gravissima emorragia, ho pensato che per me era finita e non ce l’avrei fatta … invece sono qui,

felice di essere in mezzo a voi nel parlare a questo VII Congresso della Confederazione Sindacale

Sarda – CSS, che abbiamo fortemente voluto far coincidere con gli inizi dei festeggiamenti per

ricordare e celebrare solennemente i nostri 30 anni di vita come Sindacato Sardo.

Siamo nati, infatti, con l’Assemblea costituente del 19/20 gennaio 1985 con lo scopo di tutelare

tutte le lavoratrici e lavoratori ed in particolare le lavoratrici ed i lavoratori presenti in Sardegna per

la difesa del diritto alla dignita ed al lavoro, per rafforzare e sviluppare la sfera dei loro diritti

individuali e di gruppo, con l’obiettivo di favorire la liberta, l’indipendenza e la sovranita della

Sardegna, seguendo il sogno della Terra Promessa del nostro ispiratore e maestro Antonio Simon

Mossa (1916/1971).

Da lui abbiamo imparato che: “L’indipendenza della comunità sarda è indispensabile per la riforma

radicale della struttura sociale e la possibilità di una reale crescita economica del popolo sardo”.

Ottenere l’indipendenza, scriveva Simon Mossa, significa acquisire i poteri dello Stato, quindi

promuovere e attuare riforme, disporre dell’avvenire del popolo sardo. “L’indipendenza

significherebbe per i sardi essere collettivamente padroni del loro destino in un mondo di liberi e di

uguali, sottraendosi definitivamente alla tutela di una potenza coloniale”.

Ritorna frequente come allora la domanda: “Come farebbe la Sardegna a vivere da sola?” E la

risposta di Simon Mossa e sorprendentemente attualissima: “Forse che oggi la Sardegna non vive

da sola? Che cosa ci ha dato lo Stato Italiano di più di quello che abbiamo restituito, e con gli

interessi?” Incredibile … pensate … Simon Mossa diceva tutto questo nel discorso in Ollolai del

10 giugno 1967.

PRIMA DI TUTTO L’INDIPENDENZA ECONOMICA

Oggi noi affermiamo che la Vertenza Entrate ha abbondantemente dimostrato che lo Stato Italiano

deve alla Sardegna piu di 13 miliardi di euro; ma la nostra classe politica, nel mentre che rivendica

queste somme, accetta di mediare al ribasso prima con la determinatezza della Giunta Soru – che

pero come contropartita all’iniziale rateizzazione del debito ha subito l’assunzione diretta dei costi

del trasporto pubblico locale ed il peso della sanita senza l’effettiva restituzione di quanto dovuto -

ed ora con la debolissima Giunta Pigliaru, che spaccia come vittoria la parziale rimessa da parte

dello Stato di 300 milioni di euro come anticipazione insieme al riconoscimento del diritto alla

compartecipazione in base all’articolo 8 dello Statuto .

2

LA SPECIALITA’ DELLA SARDEGNA MESSA IN GRAVE PERICOLO

Di contro la classe politica isolana non reagisce e resta muta davanti a cio che sta avvenendo in

Parlamento, dove il 9 marzo 2015 alla Camera dei Deputati con 357 voti favorevoli e passata la

riforma costituzionale che modifica radicalmente il Titolo V della Costituzione in quanto viene

rovesciato il sistema per distinguere le competenze dello Stato da quelle delle Regioni.

Addio dunque alla specialita della Regione Autonoma della Sardegna e delle altre Regioni a Statuto

Speciale. Infatti, a riforma approvata definitivamente dopo l’ulteriore passaggio al Senato ed il

Referendum confermativo, sara lo Stato con la clausola di supremazia a delimitare la sua

competenza esclusiva (politica estera, immigrazione, rapporti con la chiesa, difesa, moneta,

burocrazia, ordine pubblico, ambiente e territorio, Istruzione e beni culturali).

Per una strana coincidenza, mentre la classe politica sarda non reagisce al pericolo di perdere la

propria specialita regionale, in totale spregio della Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza,

di cui quest’anno si celebrano i 70 anni (1945-2015 ), Pigliaru proprio il 10 marzo 2015, un giorno

dopo l’approvazione della modifica costituzionale alla Camera dei Deputati, decide di ritirare i sei

ricorsi – tre del 2012, due del 2013 e uno del 2014 – ancora pendenti con il Governo di fronte alla

Corte Costituzionale in materia di riserve erariali, accantonamenti e patto di stabilita.

Sebbene il ritiro di questi ricorsi fosse contenuto nell’accordo sul pareggio di bilancio e

sull’eliminazione dei vincoli di spesa legati al patto di stabilita a partire da quest’anno, firmato dal

Presidente della Regione, Francesco Pigliaru, e dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan,

quest’ultimo atto e’stato recepito dall’opinione pubblica e dai maggiori quotidiani isolani non solo

come segno di debolezza, ma come un vero e proprio atto di sottomissione, diversamente da quanto

sottolineato dal governatore che insiste nel dichiarare: “Il Governo Renzi sinora ha mantenuto gli

impegni presi con noi a luglio e noi oggi manteniamo i nostri, chiudendo il contenzioso che

riguarda le materie oggetto di quell’accordo, come già hanno fatto le altre Regioni a Statuto

Speciale (Alto Adige, Trentino e Friuli). Tutto il nostro impegno ora va sulla vertenza entrate -

prosegue Pigliaru – Sono due i fronti su cui stiamo lavorando: “un costante confronto con lo Stato

per la definizione delle norme di attuazione che portino al pieno riconoscimento e alla

quantificazione delle nostre entrate e la predisposizione di un disegno di legge sull’Agenzia

regionale delle Entrate. Questa vertenza è una partita aperta” - conclude Pigliaru – ma gli

importanti risultati che abbiamo ottenuto sino a questo momento ci fanno essere ottimisti.

Nell’incontro del 19 dicembre 2014, infatti, al ministero dell’Economia e delle Finanze, la Sardegna

ha ottenuto il pieno diritto al riconoscimento delle somme mai pagate fra il 2010 e il 2014

all’interno della vertenza entrate per la partita che comprende gli arretrati Ires, riserve finanziarie e

giochi. Il 16 gennaio, in attesa di quantificare esattamente il dovuto, il Governo ha staccato un

assegno da 300 milioni come anticipo sugli arretrati. Tutti soldi fuori dal Patto di Stabilita,

importanti “per mitigare gli effetti della crisi e per mettere ordine nel disordine ereditato“. La

quantificazione esatta di quella cifra sara fatta nei prossimi mesi all’interno dei lavori della

Commissione paritetica per la definizione delle norme di attuazione dell’articolo 8 dello Statuto.

“Adesso continueremo a usare tutti gli strumenti necessari per chiudere positivamente questa

vertenza – assicura l’assessore della Programmazione, Raffaele Paci – Allo stesso tempo, la Giunta

sta lavorando a un disegno di legge sull’Agenzia Sarda delle Entrate che abbia compiti di

accertamento e riscossione delle proprie entrate, a garanzia dell’autonomia della Sardegna e del

controllo su entrate proprie e compartecipazioni erariali (ansa).

A queste dichiarazioni ottimistiche della Giunta Pigliaru sembra contrapporsi la recentissima

mozione di tutti i parlamentari sardi, che, come risvegliati da un sonno profondo – e il caso di dire

meglio tardi che mai – si ritrovano uniti nella mozione “SALVIAMO LA SARDEGNA”.

La Sardegna, affermano, e ≪una questione nazionale≫. Lo e diventata ed ≪e impossibile negarlo≫. I

numeri della crisi peggiorano giorno dopo giorno. Sempre piu neri. Eppure il Governo di Roma

continua ad ignorare la Sardegna e l’Europa taglia fuori l’Isola dai nuovi finanziamenti. La mozione

presentata al Senato e alla Camera, con accorate lettere ai presidenti Grasso e Boldrini per chiedere

≪una positiva azione di convincimento≫, e rigorosamente ≪bipartisan≫ e da discutere ≪con tutta

urgenza≫. L’obiettivo di fondo resta quello di aprire un tavolo di trattative col Governo Renzi.

La mozione e un dettagliato dossier dei disastri della Sardegna dalla diminuzione del Pil (del 4,4%

in meno rispetto al 2013), alla occupazione diminuita del 7,3% nel biennio 2012-2013, al tasso di

disoccupazione generale oltre il 19% fino al 54% di disoccupazione giovanile. A cascata: le servitu

3

militari, le calamita naturali, l’energia, i trasporti, le industrie, l’agricoltura, la scuola. E ora anche il

rischio che l’Isola venga scelta come deposito nazionale delle scorie nucleari.

Ho voluto citare questi fatti per evidenziare l’assoluta inadeguatezza della nostra classe politica,

intendendo con essa anche gran parte della classe dirigente imprenditoriale pubblica e privata, tutta

o quasi, appiattita e silente, in un certo modo narcotizzata dal Governo Renzi e da un Parlamento di

nominati che, a colpi di maggioranza, sta modificando le regole fondamentali del nostro vivere

civile e sociale. In questi fatti ci sembra evidente una pericolosa deriva a destra, di cui la Lega di

Salvini e solo un aspetto preoccupante.

Occorre, pero, reagire e allontanare da noi questa visione pessimistica della nostra realta,

rilanciando la ribellione e la lotta per la difesa e l’affermazione dei nostri diritti, come bene sta

facendo – purtroppo quasi in solitudine anche rispetto alla CGIL della Segretaria Camusso -

Maurizio Landini, Segretario Nazionale della FIOM che lancia la proposta di una coalizione sociale

per difendere “i diritti di cittadinanza a partire da quello del lavoro, non solo quello salariato, ma il

lavoro in tutte le sue forme “Landini sottolinea che, di fronte al processo di “fortissima

svalorizzazione” del lavoro serve anche “un rinnovamento del sindacato”:

“Riunificare il lavoro per estendere i diritti a tutti” e la parola d’ordine della manifestazione

nazionale del 28 marzo 2015 a Roma.

Ma il sogno moderno, a cui come CSS ci ispiriamo da sempre, e il sogno popolare di Martin Luther

King (15/01/1929 – 04/04/1968), che sembra esortarci, a distanza di 50 anni dal 7 marzo 1965, data

storica nel cammino per i diritti civili, quando 500 dimostranti diedero inizio in Alabama alla

marcia da Selma a Montgomery, bloccata brutalmente dalle forze dell’ordine sul ponte

dell’’Edmund Pettus Bridge:

“I sogni non sempre si realizzano. Ma non perché siano troppo grandi o impossibili.

Quasi sempre non si realizzano perché noi smettiamo di crederci…”

CREDERE AI NOSTRI SOGNI.ECCO COSA MANCA A NOI SARDI, CI MANCA UNA

VISIONE ABBIAMO SMESSO DI CREDERE AD UN GRANDE SOGNO … AD UN GRANDE

PROGETTO PER I NOSTRI GIOVANI, PER LA NOSTRA SARDEGNA…

Ancora una volta ritornano illuminanti per noi le riflessioni di Antonio Simon Mossa:

Se un popolo non conquista la sua indipendenza politica non può essere soggetto della sua storia,

ma resterà ai margini della storia di quella nazione che lo avrà vinto e dominato”.

Le finzioni sono finite. I miti non possono nascondere la verità. Uno stato sardo sovrano e

indipendente è diventata l’unica stradache ai giorni nostri può portare ad una cooperazione

fruttuosa non solo tra la Sardegna e l’Italia, ma tra il Popolo Sardo l’Europa e il resto del mondo”

(Antonio Simon Mossa Nuoro, 16 ottobre 1946).

“ Per intraprendere una lotta ci vuole una certa unità, ma è nella lotta che tale unità prenderà

corpo e si consoliderà. Alcuni uomini, che non sono dei politici, ritengono sia giunto il momento di

assumersi questo rischio, di contare su questo fattore per suscitare, da un capo all’altro della

nostra isola, una valida coscienza nazionale”. (Antonio Simon Mossa – Sassari,10 gennaio 1944 )

“C’è l’esigenza di battersi per la conquista di una forte autonomia sindacale che consenta di

giungere in tempi rapidi alla costituzione di un Sindacato Nazionale dei Lavoratori Sardi, che sia

non solo uno strumento di lotta temporanea tra lavoratore e datore di lavoro, ma anche e

soprattutto che si batta per la rinascita economica e sociale e per il progresso del popolo sardo”

(1965).

“Senza l’autonomia sindacale, non è possibile operare una fattiva difesa dei diritti dei lavoratori” -

per il Sindacato nazionale sardo…” le difficoltà saranno immense…la massiccia e travolgente

azione di proselitismo sindacale operata dai sindacalisti d’oltre mare renderà il nostro compito

arduo … partiti e organizzazioni nazionali (italiani) hanno una particolare idiosincrasia ogni qual

volta si rafforza un movimento autonomistico, in qualunque settore”.

La Confederazione Sindacale Sarda ha creduto e crede in questo sogno e a chi, come l’allora

Presidente del Consiglio on. Giovanni Spadolini fortemente critico sulla nascita della CSS; a chi,

come l’allora Segretario Naz. le della DC il potente on. Ciriaco De Mita che defini’ il compianto

4

Presidente Mario Melis “mezzo terrorista” per aver partecipato al Congresso della CSS e a chi,

come l’allora Segretario Generale della UIL Giorgio Benvenuto che dichiaro alla stampa che la CSS

non sarebbe durata piu di sei mesi, a tutti questi signori oggi rispondiamo orgogliosamente coi

nostri primi 30 anni di vita sindacale.

Di un sindacato diverso, etnico, legato ai valori identitari del nostro popolo, nazionale sardo,

perche realmente ci consideriamo una vera nazione e un vero popolo, di base, perche il nostro

sindacato non ha ne funzionari a libro paga ne sedi strutturate e costose. Internazionale, solidale e

pacifista, perche siamo tra i fondatori della Piattaforma dei sindacati delle Nazioni senza stato

(PSNSE), di cui oggi al nostro Congresso sono presenti autorevoli rappresentanti come i valdostani

del SAVT, i baschi del LAB,i catalani del CSC Intersindical de Catalunya e i corsi del STC.

Pacifisti e solidali dalla nascita perche promotori della pace e fratellanza tra i popoli e per la

concreta integrazione, fondatori della Tavola Sarda della Pace che ogni anno organizza la Marcia

della pace, per il lavoro e lo sviluppo della Sardegna Laconi – Gesturi.

La nostra e una Organizzazione leggera, dove l’unico legame a cui tutti gli iscritti devono sottostare

liberamente e il nostro Statuto, che puo essere modificato solo dall’Assemblea Congressuale.

L’ATTO COSTITUTIVO DELLA CSS

I nostri Padri fondatori, a differenza di tutti gli altri Sindacati, hanno voluto sottoscrivere l’atto

fondativo della CSS dinanzi al dr. Antonio Saba, notaio in Cagliari iscritto nel Collegio dei Distretti

Notarili riuniti di Cagliari e Lanusei, in data 13 febbraio 1985, presenti:

Dr. Eliseo Spiga, nato a ad Aosta il 14 giugno 1930,diventato in seguito il primo Segretario

Generale della CSS; che purtroppo ci ha lasciato con immenso rimpianto il 19 novembre del 2009

e qui rappresentato dal figlio Mimmo; Cirronis Gesuino, nato a Genoni il 4 agosto 1934; Vacca

Giorgio, nato a Monserrato il 31 marzo 1957; Loi Giuseppe (noto Pino), nato a Nuraminis il 14

marzo 1948; Deiana Emanuele, nato a Ussana il 7 gennaio 1954; qui tra noi come delegato della

Federazione dei Regionali a questo VII Congresso; Contini Nicolò Giuseppe, nato a Sassari l’8

luglio 1939, qui tra noi come ospite d’onore Orgiano Elvio, nato a Ussana l’8 gennaio 1948;

Pintore Salvatore, nato a Bonorva il 9 settembre 1915 che ci ha lasciato ormai da molti anni;

Deligios Mario, nato a Burgos il 15 marzo 1948, che ci ha lasciato il 6 dicembre 2014 in seguito ad

una lunga malattia invalidante e qui rappresentato dal figlio Claudio, delegato della Federazione

Territoriale CSS di Sassari a questo VII Congresso; Collu Gerardo, nato ad Oristano il 22 gennaio

1935, qui tra noi come ospite d’onore; Meloni Alfredo, nato a Massa il 18 luglio 1947qui tra noi

come ospite d’onore; Sanna Luigi, nato ad Abbasanta l’8 novembre 1939, qui tra noi come ospite

d’onore.

Onore ai nostri dirigenti di Federazione e Territoriali che ci hanno lasciato prematuramente:

Paolo Crovi, la cui moglie Chiara e le figlie Tania ed Elena ci hanno mandato un messaggio perche

impossibilitate ad essere qui tra noi; Mario Congiu, dirigente della Federazione CSS/PT di Nuoro,

morto improvvisamente d’infarto; Marcello Di Cesare, dirigente della Unione Tassisti Sardi che di

recente ci ha lasciato prematuramente; Armando Pira, Segretario della CSS Territoriale di Nuoro

e maestro di Canto a tenore, qui rappresentato dalla moglie e dai figli delegati a questo Congresso.

Li vogliamo ricordare solennemente.

Senza di loro, senza il loro impegno e dedizione la CSS non sarebbe diventata una realta sarda cosi

rilevante, diffusa in tutte le categorie del mondo del lavoro pubblico e privato, aperta alle realta del

mondo del lavoro autonomo, degli artigiani, degli ambulanti e del piccolo commercio e, dopo le

modifiche allo Statuto apportate dal VI Congresso del 2008, aperto al mondo dei poeti, scrittori,

musicisti, artisti, piccoli imprenditori, operatori dell’informazione, dei mass media e dello

spettacolo.

SALUTI ALLE DELEGAZIONI INTERNAZIONALI COMPONENTI DEL PSNSE

Un saluto particolare alle delegazioni internazionali qui presenti al nostro VII Congresso Nazionale:

I Valdostani del SAVT, rappresentati dal Segretario Generale Guido Corniolo e dalla Vice

Segretaria Alessia Demè, sempre presenti ai nostri Congressi e noi ai loro. Agli amici valdostani ci

legano vincoli di amicizia profonda e fattiva collaborazione

5

I CATALANI del CSC – Intersindical, rappresentati dal Segretario Generale Carles Sastre e dal

suo compagno impegnati, oltre che nelle battaglie e vertenze sindacali, nelle manifestazioni

popolari e nei recenti Referendum per l’indipendenza della Catalogna dallo Stato Spagnolo.

I CORSI DEL STC, rappresentati dal Responsabile delle Relazioni Internazionali JeanLuc

Morucci e dalla moglie Isabelle e dai compagni Cristofanu e Antone.

I BASCHI del LAB, qui rappresentati nel nostro VII Congresso dal responsabile delle relazioni

Internazionali D. Gaizka Zuriarrain, che viene in Sardegna per la prima volta a rappresentare il

LAB, che e il secondo Sindacato dei lavoratori Baschi da sempre impegnati in una dura battaglia

per l’indipendenza della loro Nazione dallo Stato Spagnolo che li reprime duramente,

imprigionando e torturando i militanti politici e sindacali, nonostante ormai da molti anni sia stato

dimostrato che gli appartenenti al LAB non possono essere accusati in alcun modo di essere

fiancheggiatori e/o sostenitori della Lotta Armata, perche il LAB ha contribuito ai processi di

pacificazione e conciliazione del popolo basco, ispirando la stessa ETA ad autosospendersi dalla

Lotta Armata. Nonostante questo l’allora Segretario Generale del LAB RAFAEL DÍEZ

USABIAGA e stato condannato ed e ancora in prigione nelle galere spagnole, accusato di essere

fiancheggiatore dell’ETA.

Ho detto piu volte ai responsabili del LAB che sono disponibile a testimoniare a favore di Rafa

Diez, essendo stato presente al IV Congresso del LAB in cui fu presa la solenne decisione di

dichiarare l’assoluta incompatibilita dei militanti sindacali dalle pratiche di lotta armata, scegliendo

definitivamente la via pacifica della rivoluzione sociale. Non solo per il riscatto dei lavoratori, ma

anche come via di liberazione nazionale.

RICORDO DI IGOR

Non possiamo non ricordare con tutto l’affetto possibile il compagno IGOR URRUTIKOETXEA

BILBAO a cui abbiamo voluto bene come un vero amico e fratello. Egli e stato per noi della

Confederazione Sindacale Sarda – CSS un punto di riferimento internazionale solido ed

indispensabile per l’impegno comune nella lotta sociale e nazionale dei nostri popoli. La sua

presenza costante ai nostri Congressi Nazionali in Sardegna ed il coordinamento intelligente ed

attento della PSNSE conferma questo legame forte che IGOR aveva con noi tutti. Rinnoviamo da

questo nostro VII Congresso Nazionale CSS vicinanza affettuosa alla sua compagna e a tutti i

militanti del LAB, in particolare alla attuale Segretaria Generale Ainhoa Etxaide a cui rinnoviamo

tutta la nostra stima e collaborazione.

Igor ci ha lasciato il 28 novembre 2013. Si trovava a Rio de Janeiro per il 2° Congresso Mondiale

del sindacato Metalmeccanici e Minatori della FSM di cui era il segretario generale. E’ stato un

incidente ed una disgrazia che ci ha coinvolti e commossi per la sua giovane eta (38 anni) e per il

suo impegno costante ed operoso a favore dei lavoratori di tutto il mondo, a partire dai lavoratori

baschi a cui ha dato prova della sua intelligenza, preparazione culturale e professionalita nel gestire

le vertenze nazionali ed internazionali

Caro Igor. un abbraccio e bacio infinito da tutti noi.

DAL 2008 IL MONDO E’ CAMBIATO.

LA CRISI INTERNAZIONALE DEL 2008/2011

Tutti gli osservatori e gli analisti economici concordano ormai che la crisi economico-finanziaria

mondiale del 2011 e stata determinata dalla bolla speculativa (2006/2008) che ha avuto come

epicentro gli Stati Uniti d’America, dove sono fallite grandi ed importanti banche.

LA CRISI NEGLI STATI UNITI

La crisi dei mutui-sub-prime, per la verita inizio a manifestarsi gia nel 2006 e scoppio nel 2008,

anno in cui i risparmiatori americani cominciarono a non ripagare piu i mutui dando avvio a un

massiccio aumento dei pignoramenti. All’origine di questo fenomeno la vertiginosa crescita del

mercato immobiliare americano, con il forte aumento dei prezzi delle abitazioni e la successiva

espansione degli investimenti nel settore. Tale bolla speculativa si espanse di pari passo col costante

apprezzamento delle case. La caduta dei prezzi nel 2007 provoco l’esplosione del valore dei mutui a

livelli superiori alla consistenza stessa del valore delle abitazioni. Le famiglie maggiormente

indebitate avevano scommesso sul protrarsi della crescita, ignorando il rischio di un rovesciamento

del mercato. L’esplosione della bolla dei mutui fu amplificata dal fatto che le banche statunitensi, al

6

fine di ridurre l’esposizione rispetto a questi prodotti finanziari altamente rischiosi, vendevano a

terzi i mutui stessi attraverso diversi strumenti finanziari, parcellizzandoli e riassemblandoli con

altri prodotti. In questo modo le banche scaricavano su altri soggetti (inizialmente investitori

istituzionali, ma poi anche banche e risparmiatori) i rischi corsi concedendo tali finanziamenti. Tali

processi hanno reso infetto l’intero sistema finanziario mondiale di questi titoli, a un certo punto

della crisi conosciuti, con un’espressione peggiorativa ma efficace, come “tossici”. La

cartolarizzazione e il successivo “impacchettamento” dei titoli in sempre nuovi prodotti nei quali

era assemblato, assieme a una parte di titoli garantiti, un certo quantitativo di titoli tossici, aveva lo

scopo di fare alzare il giudizio di affidabilita delle agenzie, cosicche a un rapporto maggiore di titoli

sani rispetto a quelli tossici nello stesso “pacchetto” sarebbe corrisposta una qualita del rating

superiore .

La forte svalutazione di questi strumenti innesco difficolta economiche in alcuni fra i piu grandi

istituti di credito americani. Bear Sterns, Lehman Brothers e AIG vennero ridotti al collasso e poi

messi in sicurezza dall’intervento del Tesoro Statunitense di concerto con la FED.

Anche molte banche europee furono investite dalla svalutazione dei titoli immobiliari, venendo

successivamente o nazionalizzati o costretti a ricapitalizzarli. Dopo diversi mesi di debolezza e

perdita di impieghi, il fenomeno e collassato tra il 2007 e il 2008 causando la bancarotta di banche

ed entita finanziarie e determinando una forte riduzione dei valori borsistici e della capacita di

consumo e risparmio della popolazione, con effetti immediatamente recessivi sull’economia.

CROLLO DELLE BORSE E CRISI DI FIDUCIA

Il crollo del mercato immobiliare fu reso piu devastante dal graduale rialzo del tasso di sconto

operato dalla FED negli anni dell’esplosione della crisi dei mutui. Gli Stati Uniti, entrati in una

grave crisi creditizia e ipotecaria, patirono anche lo svilimento del valore del dollaro molto basso

rispetto all’euro e ad altre valute.

La ripercussione delle borse, segnato dalle fortissime vendite sul mercato bancario, fu immediato. A

causarlo la radicale crisi di fiducia dei depositanti e degli azionisti verso le banche. L’indice

S&P500 di Wall Street, tra settembre e ottobre 2008 diminui del 25,9%, con ondate di vere e

proprie vendite da panico in alcuni giorni. A cio si accompagno una crisi del credito, determinata

dal clima di pessimismo e di diffidenza tra le stesse banche (forte aumento dei tassi interbancari),

che porto in breve tempo alla carenza di liquidita nel sistema economico.

La crisi dei mutui in pochi mesi colpi anche l’economia reale provocando recessione, caduta degli

investimenti e dei redditi e crollo dei consumi. La risposta piu immediata alla crisi fu il massiccio

intervento degli stati e delle banche centrali che tagliarono i tassi d’interesse ed immisero liquidita

nel sistema economico per incentivare gli investimenti e far riprendere l’economia.

INTERVENTO DEL TESORO AMERICANO SUL SISTEMA BANCARIO E FINANZIARIO

L’aggravarsi della crisi spinse il governo americano a intervenire; infatti patrocino l’attuazione di un

piano di salvataggio del sistema finanziario americano, venendo in soccorso dei grandi istituti di

credito e delle banche americane ridotte al rischio di fallimento.

Il piano di intervento, che all’inizio prevedeva una soglia nominale massima non superiore ai 700

miliardi di dollari, complessivamente ammonto a 7.700 miliardi di dollari. Tale liquidita fu immessa

sul mercato bancario a tassi prossimi allo zero dalla Federal Reserve, a sostegno delle banche sia

americane che europee durante il biennio 2007-2009.

LA BANCAROTTA DI LEHMAN BROTHERS

Il fallimento di Lehman Brothers fu il piu grande della storia degli Stati Uniti e fece precipitare nel

panico le borse mondiali con effetti devastanti sull’intero sistema economico-finanziario. Come

conseguenza immediata del fallimento, in una sola giornata le borse mondiali videro cancellati

1.200 miliardi di dollari di capitalizzazione.

LA CRISI IN EUROPA

Questa crisi ha investito l’intero assetto capitalistico mondiale e si e ripercossa anche in Europa,

dove ha assunto aspetti sociali soprattutto perche ha coinvolto i settori produttivi non solo

industriali con la conseguenza grave di rilevanti perdite di posti ed occasioni di lavoro.

IL SALVATAGGIO DELLE BANCHE DA PARTE DEI GOVERNI EUROPEI

La generalizzata presenza nelle banche di asset “tossici” favori l’allargamento della crisi, intaccando

direttamente anche diversi paesi europei: le borse del vecchio continente accumularono sin dallo

scoppio della crisi molteplici perdite. La crisi dei mutui tocco per prima la Northern rock, quinto

7

istituto di credito britannico, specializzato nei mutui immobiliari. A meta settembre del 2007, la

diffusione della notizia che la banca non sarebbe stata in grado di ripagare i suoi clienti a causa

dell’impossibilita di rifornirsi sul mercato interbancario, innesco il panico tra i risparmiatori che

presero d’assalto gli sportelli nel tentativo di recuperare i propri depositi.

La Banca d’Inghilterra e l’FSA, l’ente che controlla il settore creditizio, diffusero proclami che

invitavano alla calma i correntisti. Secondo i quotidiani britannici Northern rock aveva continuato

tuttavia a concedere ai clienti prestiti sino a cinque volte l’ammontare dei salari e fino al 125% del

valore delle case, nonostante tutti gli avvertimenti sull’instabilita economica e il possibile crollo

delle quotazioni degli immobili. La Banca centrale britannica procedette quindi alla

nazionalizzazione dell’istituto impegnando circa 110 miliardi di sterline. Il governo inglese in alcuni

casi ha acquisito il diritto alla nomina dei vertici e alla deliberazione di decisioni importanti per le

banche beneficiarie, imponendo piu severe regole di governance.

PIANI DI SALVATAGGIO NEL RESTO D’EUROPA

A beneficiare degli aiuti di stato sono stati anche altri grossi gruppi finanziari: in altri Paesi Europei,

oltre che in Inghilterra, come in Belgio, nei Paesi Bassi, in Francia e in Lussemburgo. Altri piani di

salvataggio vennero predisposti da Svezia, Danimarca, Portogallo e Grecia. Gli aiuti effettivamente

erogati dai governi alle banche dei rispettivi sistemi nazionali furono 1.240 miliardi di euro (10,5%

del Pil Ue), per la maggior parte elargiti in forma di garanzie (757 miliardi), la restante parte

attraverso ricapitalizzazioni (303 miliardi), gestione di titoli (104 miliardi) e linee di credito (77

miliardi). I tre maggiori mercati bancari europei beneficiati dagli aiuti furono quelli di Germania,

Francia e Gran Bretagna.

LA CRISI COLPISCE L’ECONOMIA REALE

Complessivamente, nella prima meta del 2008 si assistette a un rallentamento deciso delle principali

economie del pianeta e all’aumento repentino dell’inflazione, che sarebbe stata spinta dall’aumento

dei prezzi. La bolla immobiliare americana ed il successivo fallimento di Lehman Brothers

provocarono ripercussioni economiche a livello mondiale. La produzione industriale in Europa a

partire dall’autunno del 2008 calo bruscamente, per ridursi ulteriormente l’anno successivo con una

pesante recessione che colpi l’intero mondo occidentale, mentre le economie emergenti (Cina, India,

Brasile) accusarono solo lievi o poco consistenti flessioni del Pil.

L’India crebbe invece del 7,3% rispetto al 9,3% del 2007. Anche l’Europa orientale, che pure aveva

sperimentati tassi di crescita sostenuti, conobbe grosse difficolta legate soprattutto alla frenata della

domanda della Germania, maggior partner delle economie della zona. Particolarmente colpiti

furono i paesi dell’area baltica, penalizzati dal blocco improvviso del credito che aveva eccitato i

consumi di famiglie e incentivato gli investimenti.

La Russia mantenne invece un dinamismo costante con uno sviluppo complessivo nel 2008 del

5,6%, venendo penalizzata soprattutto nella seconda parte dell’anno dalla caduta del prezzo del

petrolio e dalla svalutazione del rublo.

RECESSIONE DEL 2009

Nel 2009 l’economia mondiale risenti pienamente degli effetti della crisi finanziaria originatasi

negli Stati Uniti e acuitasi nell’ultima parte del 2008. Radicale fu la contrazione dell’attivita

economica in tutti i principali paesi del mondo, raggiungendo il punto di massima contrazione nel

primo trimestre dell’anno, tanto che quella del 2009 e stata considerata come la peggiore recessione

dal 1929. La crisi generalizzata determino un aumento verticale della disoccupazione che

compresse la capacita di spesa delle famiglie, favori la propensione al risparmio, indebolendo la

domanda aggregata . Nell’aprile 2009, per la prima volta in Europa, il tasso di disoccupazione

maschile supero quello femminile, mentre la disoccupazione giovanile (al di sotto di 25 anni), subi

fortemente le conseguenze della fase recessiva, con una crescita costante che raggiunse il 18,7% ad

aprile 2009.

LE CONSEGUENZE SOCIALI DELLA CRISI

La rete di protezione sociale sviluppata dopo la crisi del 1929 – principale discriminante in termini

di ripercussioni sociali – negli stati piu avanzati ha segnato la differenza di incidenze della grande

fase di contrazione dell’economia nel mondo occidentale sulla condizione dei redditi delle famiglie.

L’impatto di breve periodo, tenuto conto della caduta dell’attivita produttiva, sarebbe stato

complessivamente contenuto. Suscettibile di variazione appare quello nel lungo periodo, sulla base

dei provvedimenti che i singoli stati adotteranno per contenere gli effetti degli squilibri portati dalla

8

recessione, soprattutto in relazione al forte indebitamento di alcuni stati, cresciuto verticalmente in

numerosi paesi del mondo e in particolare in occidente, date le conseguenze piu pesanti della

recessione. Cio nonostante, soprattutto nelle famiglie con figli (ove il capofamiglia ha meno di 40

anni e soprattutto tra i 40 e i 64 anni), la condizione di poverta si sarebbe aggravata; i redditi lordi

dei lavoratori autonomi sono calati repentinamente, mentre i redditi dei pensionati e quelli dei

lavoratori dipendenti avrebbero continuato lungo i rispettivi trend pre-crisi, cioe comunque con

lenta ma costante diminuzione di potere d’acquisto reale.

L’ANNO 2012 TRA RECESSIONE E RIPRESA

Complessivamente si registrava una disparita della ripresa tra alcuni paesi occidentali, in particolare

Regno Unito, Stati Uniti e Giappone, e l’area euro la cui la crescita invece mostrava un tasso

negativo: in Francia e Germania la produzione industriale declinava, mentre nei paesi dell’Europa

meridionale si evidenziavano pesanti segnali di stagnazione. La riduzione dell’inflazione (a

dicembre al 2,2) e la decelerazione dei prezzi al consumo (a causa della debolezza della domanda e

delle minori pressioni dal lato dei costi) evidenziava l’aggravarsi della condizione di deflazione e

recessione (non attenuate neppure da un sostegno della maggiore erogazione del credito bancario,

che appariva viepiu in contrazione).

SVILUPPI

Le stime preliminari della crescita del Pil del quarto trimestre 2011 certificavano che l’economia

europea era entrata in recessione (dopo due contrazioni congiunturali consecutive). Per la

Germania, il quarto trimestre 2011 mostro segnali di crisi, mentre solo la Francia, in controtendenza

rispetto agli altri grandi paesi europei, continuava a mostrare una crescita del Pil moderatamente

positiva anche nel quarto trimestre. Italia, Spagna, Portogallo e Grecia apparivano invece gia in

recessione, come anche Belgio e Paesi Bassi.

L’Italia presento il dato peggiore di tutti i paesi, fatta esclusione della Grecia, destinata assieme al

Portogallo ad essere fanalino di coda del continente. Particolarmente colpite dalla crisi del settore

industriale Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, con sensibili riduzioni degli ordinativi e perdita di

interi settori produttivi, cali profondi del pil che annullavano gli effetti della ripresa a cavallo tra

2009 e 2010, e aggravamento della disoccupazione, specie giovanile. Secondo le stime dell’Ocse

nell’insieme il Pil aggregato del G7 per il 2012 si incrementava dell’1,4%, ma in maniera molto

difforme: se la Germania accumulava una crescita dello 0,8%, la Francia non registrava alcun

aumento, la Gran Bretagna subiva un calo dello 0,7%, mentre USA e Giappone crescevano del

2,3% e del 2,2%. Se il Pil europeo rimaneva fermo, il Pil mondiale si portava invece sul 3,5%, con

un forte timore del blocco della domanda aggregata mondiale a causa delle previsioni negative per

le economie emergenti. Per la seconda volta nel giro di tre anni, la zona euro entrava cosi in

recessione: dopo aver registrato una crescita nulla nel corso dei primi tre mesi del 2012, i due

trimestri successivi mostravano una passivita complessiva (rispettivamente, -0,1% e -0,2%). A

differenza di Italia e Spagna, il Pil di Germania e Francia rimaneva leggermente superiore allo zero.

CRISI DEI DEBITI SOVRANI

La crisi economica apparve ulteriormente aggravata dalla crisi dei debiti pubblici di alcuni stati

europei (Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo, Italia, Cipro, Slovenia), i cui piani di salvataggio

finanziario (erogati dalla cosiddetta troika) furono volti a scongiurare il rischio di insolvenza

sovrana (default), con effetti che si rilevarono tuttavia ulteriormente recessivi per l’economia reale.

Questi piani furono subordinati all’accettazione di misure di politica di bilancio restrittive sui conti

pubblici (austerity) basate su riduzioni di spesa pubblica e aumenti delle imposte.

Tali ricette sono state pesantemente messe in discussione, da una parte del mondo accademico

internazionale (specie di formazione keynesiana), come una delle cause dell’aggravarsi dello stato di

crisi che, soprattutto all’interno dell’Eurozona, appariva amplificato dall’attuazione di pesanti misure

di austerity (rese necessarie dall’adozione dell’euro con cambio fisso che non consente eccessivi

squilibri nel conto delle partite correnti tra gli stati aderenti). Altri esponenti accademici, di cultura

liberista, ritengono invece tali misure come necessarie per evitare l’esplosione del debito pubblico e

il rischio di default.

Il segno della debolezza dell’UE risiedeva nell’assenza di un meccanismo che consentisse agli

organismi europei di difendere i propri membri piu fragili in caso di crisi gravi. Papandreou promise

un rientro del deficit greco al 3% del Pil (entro i parametri di Maastricht) in quattro anni. Tuttavia la

scoperta di un debito pubblico superiore al 120% del Pil, con un deficit intorno al 13%,

9

un’economia sommersa pari a un quarto del PIL e la corruzione ammontante a 20 miliardi di euro

l’anno, mise in discussione le rassicurazioni del governo greco, difficilmente in grado di

riequilibrare autonomamente il bilancio dello stato. Nei mesi successivi la Grecia sarebbe stata

costretta a operare nuovi tagli decisi del deficit statale ed approvare pesanti interventi di riduzione

della spesa statale, venendo obbligata dalle continue emergenze di liquidita ad essere rifinanziata

con nuovi piani di concessione di credito da parte di FMI, Commissione Europea e BCE (designati

nel gergo giornalistico “troika”).

PIANO DI SALVATAGGIO EUROPEO

Il 2 maggio 2010 venne varato un finanziamento da 110 miliardi di euro, in cambio di forti

interventi di austerita da parte del governo greco, appoggiato dall’Unione Europea e dal Fondo

Monetario Internazionale dopo che l’euro era gia sceso sotto un cambio di 1,3 contro il dollaro.

Dopo un venerdi terribile, l’8 maggio, i vertici Ecofin annunciarono il lunedi successivo la

creazione di un fondo europeo da circa 750 miliardi di euro per il sostegno dell’Eurozona. Il piano

prevedeva, per la prima volta nella storia dell’Europa, prestiti bilaterali dagli stati della zona euro

per 440 miliardi, 60 di fondi del bilancio Ue e fino a 250 miliardi di contributi prestati dal FMI (pari

a un terzo del totale), nonche la possibilita (mai avvenuta in passato) di intervento della BCE, in

grado di agire sul mercato secondario dei titoli di stato acquistando obbligazioni pubbliche.

Il crollo degli indici borsistici della seduta dell’8 maggio aveva mostrato come il caso della Grecia

pesasse sul futuro stesso della tenuta dell’unione monetaria europea. I dubbi del governo di Berlino

e i timori di un allargamento del “contagio” ad altri stati periferici come il Portogallo, la Spagna,

l’Irlanda e, dopo che la si era ritenuta inattaccabile, anche l’Italia finirono per generare il panico nei

mercati. Sui mercati obbligazionari e su quelli dei credit default swap, polizze assicurative contro il

default degli stati, spesso strumento della speculazione divenuto riferimento per la fissazione dei

rendimenti, e la crescita dei tassi d’interesse chiesti dagli investitori in titoli statali, dimostro

l’allargamento della crisi all’intera Eurozona.

Presto, l’inefficacia dei piani di austerita e la profonda crisi dell’economia del paese (il debito in

rapporto al Pil sali rapidamente al 160%), indussero l’Institute of international finance (IIF), la BCE

e l’UE ad avviare complesse trattative per la ristrutturazione (riduzione) del debito greco, decidendo

il coinvolgimento del settore privato (banche, fondi d’investimento, fondi pensioni e hedge fund),

ormai anche disposto a un severo “haircuit” (taglio) dei bond greci impossibili da rimborsare per le

finanze elleniche, di cui larghe posseditrici apparivano numerose banche francesi e tedesche. Il 26

ottobre 2011 si decise un abbattimento forfettario del debito del 50% a carico dei creditori privati.

Alla vigilia del vertice del G20 convocato a Cannes per il 3 e 4 novembre Papandreou rese nota la

volonta da parte sua di indire un referendum sull’accordo europeo per il salvataggio del paese.

Pochi giorni prima lo stesso Papandreou aveva operato la sostituzione improvvisa dei vertici delle

forze armate, secondo alcuni, nel timore di possibili golpe. La diffusione della notizia del

referendum porto a un’ondata di vendite sul mercato borsistico. Pochi giorni dopo il premier greco

rassegnera le dimissioni, venendo sostituito da un ex membro della Bce, Lucas Papademos,

sostenuto da una maggioranza parlamentare trasversale.

CRISI DEL DEBITO ITALIANO

La crisi del debito italiano fu scatenata da tre ragioni combinate: l’alto livello del debito pubblico, in

rapporto al PIL (che subi una forte crescita a partire dal 2008, in coincidenza con la crisi, dopo

diversi anni di complessiva riduzione); la scarsa o assente crescita economica, con il prodotto

interno lordo aumentato in termini reali solo del 4% nel decennio 2000-2010, e andato poi a ridursi

progressivamente; la scarsa credibilita dei governi, e del sistema politico, spesso apparso privo di

decisione o tardivo nell’affrontare le emergenze del paese agli occhi degli osservatori internazionali

e degli investitori.

L’indebitamento estero del settore privato (soprattutto verso i paesi centro-europei, cresciuto con

l’adesione all’UEM), l’impossibilita di ricorrere alla svalutazione della moneta (proibita dagli

accordi di Maastricht) per stimolare la competitivita delle esportazioni, il forte deficit della bilancia

commerciale, cui va aggiunto il dato dell’enorme quantita di debito pubblico pregresso (aumentato

inoltre tra 2008 e 2011 del 7%), indussero molti investitori, soprattutto esteri, a nutrire sfiducia

verso la capacita dell’Italia di essere solvibile, provocando un deflusso di investimenti e un ritiro

improvviso dei capitali (con conseguente impennata dei tassi di interesse sui titoli di stato).

10

Le tensioni legate all’instabilita politica e all’approfondirsi della crisi erano attenuate, sul piano

internazionale, dagli interventi monetari della Banca centrale europea e dal controllo delle politiche

di spesa assunto dai vertici europei. Tale subalternita alle scelte europee avveniva a prescindere

delle maggioranze e degli equilibri politici interni del paese, tanto da definire una sostanziale

eterodirezione (o “commissariamento”, termine ricorrente nel gergo giornalistico) delle iniziative

dei governi da parte delle burocrazie dell’UE e dell’Eurotower.

INNALZAMENTO DEL DIFFERENZIALE DI RENDIMENTO

Il 2009 aveva visto un crollo del Pil italiano del 5%, mentre l’indebitamento della Amministrazioni

Pubbliche era aumentato a 80,8 miliardi, pari al 5,3% del Pil; il deficit aveva visto un incremento

del 2,6%. Molto pesante fu il crollo del settore industriale, calato del 15,1%, come anche gli

ordinativi che subirono un brusco contraccolpo. Particolarmente consistente fu il crollo del settore

dell’auto, con un calo delle vendite a dicembre del 2008 del 48,9%. Sul fronte del debito pubblico,

tra il 2008 e il 2010, nel contesto di una scarsa crescita e di un’economia in stagnazione (pur avendo

avuto il Pil italiano un incremento nel 2010 intorno all’1,2%, ma segnando un nuovo calo nel 2011

con percentuali vicine allo zero), il debito pubblico italiano aumento dal 103,6% al 119,0% (quarto

valore piu grande al mondo in rapporto al Pil), per un ammontare complessivo nel 2010 a 1.843.015

milioni di euro, a fronte di un Pil pari a 1.548.816 milioni.

In rosso, gli stati europei chiamati “PIGS” nel mondo anglosassone (in inglese “maiali”), cioe

Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, indicati come fomiti di tensioni nell’eurozona, in virtu della loro

ritenuta cattiva situazione finanziaria e economica. A questi si e aggiunta prima l’Irlanda formando

l’acronimo “PIIGS” e poi il Regno Unito con l’acronimo “PIIGGS”.

L’ammontare dei titoli di stato italiani in circolazione fa riferimento a tutti i titoli emessi dallo stato,

sia sul mercato interno (attraverso BOT, CTZ, CCT, BTP e BTP€i), sia sul mercato estero

(programmi global, MTN e carta commerciale). A partire dal 2008 la forbice tra buoni del tesoro

poliennali e Bund inizia ad ampliarsi. Essa appariva quasi del tutto irrilevante nel 2006, quando il

tasso di rendimento dei titoli italiani rispecchiava un’affidabilita superiore ai Treasuries americani e

ai Gilts britannici. Nel 2008 tuttavia lo spread raggiunse la soglia vicina ai 100 punti base, salendo

l’anno successivo di ulteriori 50 punti e raggiungendo in dicembre i 176 punti base.

La crisi del debito sovrano italiano raggiunse la sua fase piu acuta a partire dall’estate del 2011,

dopo che gia Grecia, Irlanda e Portogallo avevano, a vario titolo, riscontrato difficolta nel

collocamento dei titoli di debito pubblico sul mercato finanziario (con tassi di rendimento ormai

attestati su soglie proibitive), giungendo nella condizione di non potersi rifinanziare. Cio alla fine di

un anno circa lungo il quale il costo della raccolta per il Tesoro aumento di oltre 1,5 punti

percentuali: il BTP quinquennale nel 2010 assegnato in asta attorno al 2,64%, a luglio 2011 toccava

il 4,629% (+2% circa).

Fino all’inizio dell’estate 2011, tuttavia, i buoni del tesoro poliennali italiani avevano conservato

contenuti rendimenti e buona appetibilita sul mercato, tanto da essere considerati un “bene rifugio”,

al pari dei titoli dei paesi piu solidi dell’eurozona sotto il profilo dell’affidabilita del debito

(Germania, Paesi Bassi, Austria e Francia). Per oltre dieci anni dall’introduzione della moneta unica

l’Italia aveva potuto collocare a tassi vantaggiosi i propri titoli di stato, pur nelle differenze

oggettive tra le economie dei paesi membri e nonostante le difficolta maggiori riscontrate dall’Italia,

gia prima dell’adesione all’eurozona, nella distribuzione dei titoli pubblici.

Prima che esplodesse la crisi della Grecia, nella primavera 2011 il Tesoro italiano rifinanziava il

debito pubblico collocando titoli di stato in asta con costi medi all’emissione scesi a livelli record

del 2,1 per cento. In un’asta tenutasi a meta luglio, pero, i titoli a 15 anni vennero venduti al 5,90%,

il massimo della storia della moneta unica, mentre quelli a 5 anni al 4,93%. L’ampliamento dello

spread, il differenziale di rendimento fra titoli di stato italiani e tedeschi (Bund), contribui a

innescare una crisi di fiducia sulla redimibilita dell’Italia, provocando il ribasso dei mercati azionari

europei e in particolare della Borsa di Milano In una progressivita crescente, il differenziale si

attesto a 200 punti a fine giugno, a 350 a inizio luglio, a 400 a inizi agosto, per poi scendere lungo il

mese di agosto, in coincidenza con l’intervento della BCE, e arrivare a 500 ai primi di novembre,

toccando il massimo degli ultimi anni il 9 novembre 2011.

TAGLI DI RATING E INTERVENTO DELLA BCE A SOSTEGNO DEL SISTEMA BANCARIO

Le banche italiane, benche scarsamente esposte sul versante degli asset tossici, erano largamente

posseditrici di buoni del tesoro. Il 60% del portafoglio titoli delle principali 5 banche italiane, con

11

Intesa Sanpaolo e Unicredit principalmente, includeva bond italiani, percentuale equivalente a quasi

100 miliardi di titoli pubblici. Le stesse maggiori banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit,

Montepaschi, Banco Popolare, Ubi Banca) nella seconda settimana di luglio registrarono perdite sul

mercato borsistico, segnato da vendite da panico, speculazione e meccanismi automatici di vendita,

per circa 8 miliardi di euro di capitalizzazione. La situazione era resa ancora piu seria dal fatto che

l’Italia fosse costretta continuamente a emettere titoli per rifinanziarsi, con aste a scadenza

settimanale, e che fosse necessario che tali titoli venissero venduti a percentuali di interesse che non

comportasse ne un bagaglio di eccessivi oneri per le capacita delle finanze statali, ne l’eventualita di

risultare ad alto rischio per gli investitori, difficilmente disponibili all’acquisto di titoli laddove il

pericolo d’insolvenza dell’emittente fosse ritenuto realistico.

Nella notte del 20 settembre 2011 l’agenzia internazionale di rating Standard & Poor’s annuncio, a

sorpresa, la decisione di tagliare il voto di affidabilita sul debito pubblico italiano, con prospettive

future negative, a motivo della “limita capacita di risposta dello stato” rispetto alla crisi corrente. A

fine novembre lo spread continuo a crescere, giungendo alla soglia dei 495 punti, con il titolo

triennale che sfioro l’8% tornando a livelli sfiorati solo nel 1996. Sotto le pressioni di Piazza Affari

in caduta e dei rendimenti dei titoli italiani in costante ascesa, il premier Silvio Berlusconi, infine,

nella serata del 12 novembre, raggiunto un accordo col capo dello stato Giorgio Napolitano,

rassegno le proprie dimissioni dall’esecutivo. Alcuni giorni prima il presidente della Repubblica

aveva nominato senatore a vita Mario Monti, decisione ritenuta un atto di investitura ufficiale per il

conferimento dell’incarico per un nuovo governo. Il neo senatore, infatti, sciogliera la riserva il

giorno dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi, accettando l’incarico di formare un nuovo governo,

composto esclusivamente di tecnici. In conseguenza della nomina a senatore a vita e della

formazione del governo il differenziale btp-bund si ridusse sensibilmente, per poi tornare a salire a

fine anno toccando nuovamente i 500 punti base.

Il 13 gennaio 2012 Standard’s & Poor’s declasso ulteriormente il rating italiano portandolo da A a

BBB+, collocandolo nella posizione medio-bassa della scala di giudizio relativa alla solvibilita. Lo

stesso giorno la medesima agenzia sottrae di un punto il rating di livello massimo della Francia e

dell’Austria (portandoli ad AA+), decurtando ulteriormente anche quelli di Portogallo (BB), Malta,

Slovacchia e Slovenia. L’agenzia emise la decisione motivandola con la condizione di persistente

instabilita nella zona euro. S&P segnalo il peggioramento delle condizioni del credito nell’intera

eurozona, l’aumento dello spread per diversi paesi, anche con tripla A (rating di livello massimo),

denunciando il disaccordo fra i leader europei sulle misure necessarie a allentare il panico sulle

piazze europee e a risollevare la fiducia degli investitori. L’agenzia sottolineo infine l’elevato livello

di debito pubblico e privato e il crescente rischio di recessione nel 2012, come fattori forieri di un

ridotta stabilita finanziaria.

All’inizio del 2012, dopo la manovra di 20 miliardi di euro attuata dal governo Monti allo scopo di

consolidare le finanze dello stato (nella prospettiva del raggiungimento del pareggio di bilancio, nei

piani del governo utile ai fini dell’abbattimento del debito), nonostante il giudizio negativo deciso

dalle agenzie S&P e Fitch, si assisteva a un miglioramento dell’opinione dei mercati, che vide

calare in modo consistente i costi dell’indebitamento italiano in una serie di aste del debito sovrano

con buone sottoscrizioni. Lo spread, risalito tra dicembre e gennaio, ando incontro a una

progressiva riduzione fino al mese di marzo, contestualmente all’attenuarsi del timore su un

possibile default greco. La riduzione dei rendimenti fu dovuta in particolare all’operazione di

liquidita di tre anni della Bce, il Long term refinancing operation (LTRO), che alcune banche

italiane utilizzarono per acquistare debito sovrano.Sul versante dell’economia reale la situazione

continuava a mantenersi pero nel complesso negativa, vedendo la disoccupazione giovanile in

costante aumento, un considerevole calo dei consumi, una riduzione del credito dalle banche e una

prospettiva di contrazione del Pil per il 2012 di piu di un punto percentuale.

Piani di sostegno ai debiti europei e agli istituti di credito

MARIO DRAGHI, PRESIDENTE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA.

Il 16 agosto 2011, di fronte al precipitare della situazione, con i rendimenti dei Bot italiani e dei

Bonos spagnoli in aumento, la BCE annuncio l’attuazione di un intervento massiccio sul mercato

obbligazionario, ricorrendo all’acquisto dei titoli europei piu esposti alle vendite e alla speculazione.

L’intervento della Bce (Securities Markets Programme), gia deciso il 14 maggio del 2010, cessato

per 19 settimane, e fattosi piu ingente con l’aumento delle tensioni sui titoli italiani, costitui un

12

mutamento importante del ruolo dell’istituzione responsabile della politica monetaria dell’eurozona,

rispetto alla precedente convinzione che dovesse essere demandata principalmente ai governi

nazionali la responsabilita del contenimento degli squilibri interni. Nella seconda settimana di

agosto la BCE ricorse ad acquisti di titoli di stato dell’Eurozona per 22 miliardi di euro,

contribuendo a ridimensionare il livello dello spread dei rendimenti dei bond italiani e spagnoli.

L’acquisto di Btp italiani proseguira anche nei mesi successivi, giungendo a novembre ad un

ammontare complessivo di acquisti per 70 miliardi di euro.

L’acquisto di titoli pubblici avrebbe dovuto proseguire fino a quando gli spread non fossero rientrati

in regime di maggiore sostenibilita. Tale eventualita tuttavia incontrava l’opposizione dei banchieri

centrali tedeschi e, a fasi alterne, degli stessi governi tedesco e francese. Alternativa alla veste di

“prestatore” della BCE fu la proposta di obbligazioni comunitarie, detti “Eurobond”, ovvero la

creazione di titoli del debito pubblico dei paesi facenti parte dell’eurozona, al fine di contenere gli

effetti della crescita dei rendimenti dei paesi periferici europei. Anche la proposta degli Eurobond

riceveva l’accoglienza fredda, financo ostile, degli stati sedicenti “virtuosi” della comunita europea

(Germania in testa), i quali paventavano il rischio di assumere, senza alcuna garanzia, un onere

aggiuntivo, in termini di costo del debito, a favore dei paesi ritenuti meno rigorosi sotto il profilo

della finanza pubblica.

A settembre 2011 il membro tedesco del board della Banca Centrale, Juergen Stark, rassegno le

proprie dimissioni in polemica con l’acquisto di titoli di stato. A dicembre, il neo governatore della

BCE Mario Draghi, che sin dal primo giorno del suo mandato ruppe la strategia di contenimento dei

tassi fin li tenuta dall’istituto, annuncio misure eccezionali a favore delle banche allo scopo di

garantire accesso alla liquidita agli istituti di credito, negando tuttavia la possibilita che l’istituto

centrale potesse monetizzare i debiti europei minando la base monetaria. Sempre a dicembre, il

rischio che il mercato creditizio cominciasse a permanere in uno stato di irrigidimento dell’incontro

tra domanda e offerta di risorse finanziarie si fece piu diffuso In dicembre la stessa Autorita

bancaria europea (EBA) evidenzio la necessita di una urgente ricapitalizzazione da parte delle

banche europee.

Nel successivo 2012 le operazioni di quantitative easing (operazione volta ad aumentare la quantita

di moneta in circolazione attraverso l’acquisto di titoli) da parte delle banche centrali si

intensificavano, non solo per iniziativa della BCE (programma LTRO). La Fed, a settembre 2012,

lancio l’inizio del terzo ciclo di Qe al ritmo di 40 miliardi di dollari al mese, senza precisarne la

fine. Operazioni analoghe venivano operate dalla Banca centrale del Giappone (BoJ) e da quella del

Regno Unito (BoE). Analoga, anche se di diversa natura, l’immissione record da 46 miliardi di

dollari di liquidita da parte della Banca Popolare Cinese (Repo), decisa il 25 settembre, con

l’obiettivo di stimolare la domanda interna (discostandosi, sin dal 2008, dalla linea di austerity

imposta dall’Uem e dell’Inghilterra), seguita da un’altra iniezione il 10 ottobre (di altri 42 miliardi di

dollari), a causa del peggioramento del quadro congiunturale e delle basse prospettive di crescita,

molto vicine alla soglia del 7%.

I dati degli ultimi mesi rivelarono inoltre come lo stock di depositi detenuti dalle banche della zona

euro presso la Bce (deposit facility)] avesse raggiunto un livello vicino ai 500 miliardi di euro,

aumentato in modo marcato nel periodo dell’aggravamento della crisi del debito sovrano, ma

esploso a seguito dello stesso finanziamento straordinario da parte della BCE.] L’intervento a favore

degli istituti bancari europei doveva servire a fornire (sebbene solo virtualmente, considerata anche

la riluttanza da parte delle banche a operare qualsivoglia operazione, compresa l’attivita di acquisto

di titoli, che esponesse le banche a rischi di crisi di liquidita) la quantita necessaria di risorse utili a

sostenere l’acquisto dei titoli di debito per calmierare il costante aumento dei livelli di spread (in

una strategia “indiretta” di sostegno a favore degli stati dell’eurozona).

Le banche europee infatti possono ricorrere a rifinanziamenti dalla propria banca centrale, ma con

l’obbligo di versare titoli di garanzia, ovvero un “collaterale”, che qualora non fosse stato piu

sufficiente, a causa delle difficolta finanziarie degli istituti, poteva essere coperto dall’emissione di

obbligazioni garantite dagli stati, in modo da consentire alle banche di ottenere liquidita e di

reinvestirla nell’acquisto di bond pubblici, a loro volta offerti come garanzia per accedere alle

operazioni di quantitative easing operate dalla Banca Centrale.

Un piano di finanziamento di uguali proporzioni rispetto a quello del 21 dicembre fu operato dalla

banca centrale il 29 febbraio. La BCE elargi un prestito di 530 miliardi a tre anni al tasso dell’1%

13

alle banche europee, nell’intento che tale somma potesse stimolare la ripresa economica col

sostegno da parte degli istituti di credito a imprese e famiglie.

Il 6 settembre 2012 il presidente della BCE Mario Draghi annuncio un nuovo piano di quantitative

easing sul mercato secondario da parte dell’istituto, denominato Outright Monetary Transactions

(OMT). Di fronte all’aperta ostilita della Bundesbank e di parte dell’opinione pubblica tedesca,

Draghi dette avvio a un piano di acquisto di titoli sovrani dei paesi esposti all’insostenibile

incremento dei rendimenti, al fine di “salvaguardare l’omogeneita del meccanismo di trasmissione

della politica monetaria nell’area euro”. L’obiettivo appariva quello di porre un argine al crescente

disimpegno di molti investitori privati o istituzionali rispetto al finanziamento dei debiti pubblici di

alcuni stati europei. Il meccanismo avviato da Draghi era vincolato al rispetto di quattro

presupposti:

1. prevedeva un piano di acquisti illimitato nella sua portata;

2. gli acquisti di titoli non ponevano in discussione l’integrita della base monetaria, ovvero non

comportavano un aumento del medio circolante;

3. l’acquisto di titoli si rivolgeva ai bond con scadenza dall’uno ai tre anni, lasciando fuori

quelli a scadenza sessennale (termine medio del debito pubblico italiano ) e decennale;

4. il piano di intervento prevedeva, a carico del paese a beneficio del quale interveniva, un

programma di “stabilizzazione macroeconomica”, deciso con l’Esm, ovvero il rispetto di un

memorandum di riforme imposte dall’autorita centrale europea.

Il Meccanismo europeo di stabilita (abbr. MES) fu istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona

approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e confermate dal Consiglio europeo a Bruxelles

il 25 marzo 2011. Esso si configurava inizialmente come Fondo finanziario europeo della zona euro

(art. 3 del Trattato istitutivo). Esso ha assunto, con l’aggravarsi della crisi, la struttura di vera e

propria organizzazione intergovernativa (sul modello dell’FMI), a motivo dell’impianto fondato su

un consiglio di governatori e su un consiglio di amministrazione e del potere, attribuito dallo stesso

trattato, di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo-organizzazione che

ne dovessero richiedere l’intervento.

Il Consiglio Europeo di Bruxelles del 9 dicembre 2011, con l’aggravarsi della crisi dei debiti

sovrani, decise l’anticipazione dell’entrata in vigore del fondo, inizialmente prevista per la meta del

2013, a partire da luglio 2012. Successivamente, pero, l’attuazione del fondo e stata

temporaneamente sospesa in attesa della pronuncia da parte della corte costituzionale della

Germania sulla legittimita del fondo con l’ordinamento tedesco. La Corte Costituzionale Federale

tedesca ha sciolto il nodo giuridico il 12 settembre 2012, quando si e pronunciata in favore della sua

compatibilita con il sistema costituzionale tedesco.

Nella notte tra il 28 e il 29 giugno 2012 il Consiglio Europeo nel tentativo di trovare un argine alla

crescente esposizione dei paesi dell’Eurozona (in particolare alcuni paesi mediterranei tra cui Italia e

Spagna che pongono in veto allo scopo di esercitare pressione sul Consiglio) alla crisi di fiducia

degli investitori, delibero di implementare l’utilizzo del MES come copertura dai rischi di

rifinanziamento degli stati e di fare del MES, accanto al Fondo europeo di stabilita finanziaria, un

meccanismo di preservazione dall’aumento incontrollato dei rendimenti dei titoli pubblici,

attribuendo agli stessi la funzione di intervenire acquistando per conto della BCE titoli di debito

pubblico sul mercato secondario, a condizione che il paese richiedente sottoscrivesse un documento

di intesa e si impegnasse a rispettare severe condizioni. In piu venne attribuita al fondo la capacita

di ricapitalizzare le banche senza l’intermediazione dei governi nazionali.

*************

Ho voluto richiamare analiticamente i prodromi della lunga crisi che sta investendo l’Europa ed in

particolare l’Italia per aiutarci a capire come la crisi,nata negli Stati Uniti dalla bolla speculativa, ha

poi investito tutto il sistema capitalistico travolgendo il sistema bancario che, almeno in Europa, ha

in gran parte tenuto anche grazie al soccorso della Banca Europea, che le ha sostenute e in piu

occasioni salvate. Purtroppo hanno ceduto le economie deboli a partire da quella greca, che ne ha

pagato pesantemente le conseguenze non solo per l’alto indice di debito pubblico, ma soprattutto

per le politiche dei vari Governi greci che hanno subito la stretta creditizia della Troika che non

perdonava loro gli sprechi ed i mancati interventi per il risanamento dei bilanci.

14

Ma, ad eccezione della Germania della Merck, altri Paesi europei. come il Portogallo, i Paesi Bassi,

l’Irlanda, il Belgio la Spagna e da ultima l’Italia e la Francia hanno dovuto affrontare la crisi in

modo drammatico, faticando per sfuggire alla morsa economica tra un debito pubblico fuori

controllo e una politica di tagli e sacrifici che non ci stanno portano fuori dalla crisi. Essa ha

bisogno di strumenti di crescita quali il rafforzamento del PIL, una politica di investimenti massicci

pubblici e privati che determinino un innalzamento rilevante del tasso di occupazione che dia

veramente il segno della ripresa economica.

Chiudo questa lunga dissertazione sulla crisi mondiale 2008/2011 con in piu qualche motivo di

speranza:

1. L’evoluzione della crisi in Grecia, dove, dopo le elezioni vinte a larghissima maggioranza ma

non tali da permettergli di governare da solo, e in atto il tentativo del nuovo Governo di Alexis

Tsipras e dell’economista Yanis Varoufakis che hanno come obiettivo di portare la Grecia fuori

dalla crisi contestando la politica di austerita dettata dall’Unione Europea;

2. Il presidente della BCE Mario Draghi ha annunciato un vasto programma di politica monetaria

per risollevare le sorti dell’economia europea. Il piano, denominato Quantitative Easing – che parte

dal 9 marzo 2015 – prevede l’acquisto di titoli di Stato dei paesi UE per un ammontare di 1.140

miliardi di euro, ripartito in quote di 60 miliardi di euro al mese, fino al settembre del 2016 o

almeno fino a quando il tasso di inflazione non si avvicinera al 2%. Il Quantitative Easing (QE) puo

essere tradotto in “allentamento quantitativo” e indica una misura di politica monetaria che ha lo

scopo di stimolare la crescita e di prevenire lo spettro della deflazione attraverso l’immissione di

liquidita nel sistema. In concreto la Banca centrale batte moneta per acquistare titoli finanziari, nel

caso specifico bond sul debito pubblico dei paesi UE, favorendo cosi un’espansione monetaria che

possa consentire il rilancio dell’economia. Si tratta di uno strumento non convenzionale imposto per

certi versi dalla situazione in cui versa l’Eurozona. Gli effetti sul sistema del QE sono molteplici.

Innanzitutto la maggiore massa monetaria si riflette sui prezzi il cui livello dovrebbe riprendere ad

aumentare, e questo sarebbe indubbiamente un beneficio per l’economia stagnante. Ma la misura

riduce anche il rendimento dei titoli di Stato sul lungo periodo, facendo diminuire da un lato lo

spread (il differenziale di rendimento dei titoli sul debito pubblico decennali) che angustia tanto i

paesi mediterranei dell’UE e dall’altro assicurando una prospettiva di tassi bassi che favoriscono

investimenti e occupazione.

Gli effetti positivi che possono derivare dal QE sono dati essenzialmente dalla potenziale ripresa

economica, quindi piu lavoro e piu profitti che potrebbero riverberarsi all’intero sistema. I mutui

ipotecari dovrebbero sostanzialmente continuare ad essere bassi, almeno fino al momento di una

forte ripresa dell’economia che pero al momento sembra difficilmente ipotizzabile.

La maggiore massa monetaria in circolazione, oltre ad essere di stimolo all’economia, accentuera il

deprezzamento dell’euro rispetto alle altre valute, in particolare riguardo al dollaro che si sta

rafforzando sulla spinta della congiuntura statunitense e della nuova politica monetaria impressa

dalla Federal Reserve che ha invertito rotta sui tassi. E la svalutazione dell’euro, in un contesto di

calo dei prezzi energetici sulla scia delle quotazioni del petrolio, costituisce un traino fondamentale

per le esportazioni e il rilancio dell’economia degli asfittici paesi UE. E in un certo senso la mossa

della BCE appare piu che giusta e tempestiva. La speranza e che questi provvedimenti siano estesi

anche alla Grecia e che l’Europa smetta di emarginarla.

I GOVERNI DI EMERGENZA NAZIONALE DI MARIO MONTI E DI ENRICO LETTA

La posizione della Confederazione Sindacale Sarda e stata sempre fortemente negativa nei confronti

del Governo di emergenza nazionale del senatore a vita on. le Mario Monti e dello stesso on. le

Enrico Letta, entrambi scelti dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che li ha nominati

senza che ne l’uno ne l’altro avessero avuto il mandato popolare, non essendoci state regolari

consultazioni elettorali nazionali.

Certo Napolitano ha sempre affermato di aver agito sotto le pressioni interne di una crisi imminente

e devastante al limite del fallimento statuale dell’Italia, avendo dinanzi il dato tragico dello spread

che in data 9 novembre 2011era salito a 574 punti (con chiusura a 552). Questo fatto aveva

determinato le dimissioni del Governo di Centro-Destra guidato dal Presidente del Consiglio on. le

Silvio Berlusconi che sicuramente aveva avuto il diktat della Troika lussemburghese, ignorato per

troppo tempo dal Ministro dell’economia Giulio Tremonti.

15

Con le dimissioni del Governo Berlusconi/Tremonti tutta la classe politica sembrava bloccata al

punto che si reco da Giorgio Napolitano per supplicarlo ad accettare il prolungamento del suo

mandato presidenziale per almeno altri due anni in attesa che si fosse allontanato lo spettro del

default.

IL DISASTRO DELLA LEGGE PENSIONISTICA DELLA MINISTRA FORNERO

Il Governo Monti, solo apparentemente formato da tecnici, e reo di aver bloccato l’adeguamento

automatico delle pensioni al costo della vita e soprattutto di aver creato, insieme alla sua Ministra

Elsa Fornero, il sistema degli esodati e dell’allungamento degli anni per aver diritto alla pensione a

dismisura, tant’e che ora l’Italia ha superato la stessa Germania, avendo stabilito che chiunque di

noi potra andare in pensione solo al maturare di 67 anni anagrafici e 42 anni di servizio.

E’ folle che si sia potuto solo pensare che un lavoratore edile si potesse arrampicare nel ponteggio a

67 anni o che altre categorie di lavoratori potessero svolgere servizi delicati e stressanti a quella

eta., compresi gli operatori ospedalieri, gli sportellisti delle poste e delle banche.

Ma il Governo Monti aveva estrema necessita di fare cassa immediatamente e percio impose quel

provvedimento, che non fu contestato da nessuno neppure dai sindacati che allora non

proclamarono neppure un’ora di sciopero ne questo provvedimento, pur affermandolo a parole,

difficilmente sara modificato da altri Governi. Anzi la Consulta inspiegabilmente ha dichiarato di

recente inammissibile il Referendum, promosso dalla Lega e solo successivamente sostenuto dalla

CGIL per l’abolizione della Legge Fornero.

Il Governo di Enrico Letta e passato come una meteora, anche perche Matteo Renzi non ha

aspettato i tempi lunghi del suo compagno di Partito, ma, avendolo battuto nelle Primarie del PD, lo

ha liquidato senza neppure le scuse, non prima di averlo esortato a “stare tranquillo”;

LA POLITICA DEGLI 80 EURO IN BUSTA PAGA

Matteo Renzi si e rivelato via via un animale politico astuto e capace, di grande fiuto e

dimestichezza con i mezzi di comunicazione. Nel suo discorso programmatico aveva ribadito la

necessita di un Governo che agisse tempestivamente, abolendo il piu possibile le pastoie

burocratiche, ricercando un linguaggio popolare per promettere ed in buona parte realizzare il

progetto.

Gli 80 euro in busta paga per tutti i lavoratori dipendenti fino a 25 mila euro di reddito annuo

individuale sono un capolavoro di strategia politica, come lo e stato in gran parte la “finzione” del

cosi detto “Patto del Nazareno” che e servito ad imbrigliare Berlusconi da una parte e dall’altra a

dargli una mano nel periodo piu buio della sua carriera politica.

Gli 80 euro sono serviti per imbonire i lavoratori, che avevano necessita di riequilibrare i loro

redditi; sono serviti inoltre per disarmare le OO.SS., che mai avrebbero sperato di portare a casa

migliori risultati economici in termini contrattuali. Cosi pure hanno illuso i mercati che gli 80 euro

avrebbero agito come volano per la ripresa dei consumi interni.

Gli 80 euro hanno rivelato un Presidente del Consiglio uomo di coraggio e volitivo, soprattutto

davanti al consesso europeo che si era attardato sugli stereotipi negativi dei governi a guida

Berlusconiana. Essi hanno portato Matteo Renzi a stravincere le elezioni europee, attestando il Pd

al 40,8 % dei consensi.

Poveri lavoratori illusi, che,contenti di aver incassato gli 80 euro, dopo aver contribuito alla vittoria

del Partito di Renzi Segretario Naz.le del PD e Presidente del Consiglio, si son trovati beffati nel

momento del conguaglio fiscale.

LA POSIZIONE DEL NOSTRO SINDACATO SUL GOVERNO RENZI

La nostra Organizzazione Sindacale, che fin dall’inizio era critica sul metodo della concertazione

che dal 1993 privilegiava il rapporto esclusivo tra Governo, Confindustria e Sindacati Confederali

CGIL/CISL/UIL- a cui durante i primi Governi di Centro/Destra era stata aggiunta la UGL – aveva

salutato positivamente alcune prese di posizioni del Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Egli si proponeva di diminuire l’area di influenza dei Sindacati storici, togliendo loro la prerogativa

di esclusivita e tutto cio sarebbe stato utile, se pero avesse avuto il coraggio di allargare la

consultazione ai soggetti sindacali finora esclusi, come la stessa CSS ed i Sindacati Autonomi tra

cui la CISAL che figura tra i sindacati maggiori come numero di iscritti e sedi.

16

Cio non e avvenuto ed i Sindacati sono ridotti ormai a ruoli di semplici comparse a cui non si puo

negare il diritto alla semplice informazione.

La reazione di CGIL/CISL/UIL, non si e fatta attendere, soprattutto quella dei Metalmeccanici della

FIOM/CGIL di Maurizio Landini che effettuarono lo Sciopero Generale della categoria, seguita

dallo sciopero generale del 12 dicembre 2014, proclamato dell’intera CGIL di Susanna Camusso,

purtroppo in solitudine, ma con una buona partecipazione dei lavoratori alle manifestazioni

territoriali ed allo stesso sciopero, nonostante l’iniziale astensione della UIL, tramutata in extremis

in adesione, mentre la CSS in Sardegna ha aderito da subito allo Sciopero Generale e alle

manifestazioni territoriali.

La CISL – per bocca della nuova Segretaria Generale Anna Maria Furlan di estrazione sindacale

postelegrafonica – esprimeva perplessita ed opposizione a questo sciopero, rinviando alla lettura del

testo del Jobs Act, i cui Decreti Delegati sono ora Legge dello Stato con una procedura tipica del

Governo Renzi che e quella del ricorso costante al voto di fiducia in Parlamento; coll’assurdo che

questi ultimi decreti sul Jobs Act sono stati messi ai voti senza tener conto delle proposte di

modifiche avanzate in Commissione alla Camera dei Deputati dalle opposizioni parlamentari e dalla

minoranza interna del suo stesso Partito PD. Cio ha provocato tra l’altro una dura protesta della

Presidente della Camera on. Laura Boldrini, che, in data 20/02/2015, ha censurato il provvedimento

del Governo, accusando l’on. Renzi di ceder alla tentazione di voler essere “l’uomo solo al

comando”, visto che ignora l’indirizzo parlamentare.

Le nostre ragioni dell’adesione allo sciopero generale del 12 dicembre, dunque, ne escono

rafforzate anche perche il Jobs Act continua a mantenere al suo interno non solo l’abolizione

dell’art.18 per i nuovi assunti, ma soprattutto il demansionamento dei lavoratori e l’introduzione del

controllo audiovisivo nei reparti di lavoro senza la verifica del posizionamento delle telecamere da

parte della Commissione Interna o degli RLS.

Renzi ed i suoi ministri continuano ad affermare che il Jobs Act favorira la ripresa dell’occupazione

per il forte incentivo previsto per le nuove assunzioni per tre anni per quelle Aziende che

sceglieranno questo strumento di chiamata al lavoro. Staremo a vedere i fatti.

Con l’emanazione dei primi due Decreti Legislativi attuativi della Legge Delega 10 dicembre 2014,

n° 183 (emanati sotto forma di “schema” lo scorso 24 dicembre 2014), pubblicati in Gazzetta

Ufficiale il 6 marzo 2015, prende corpo la Riforma del Lavoro nota come “Jobs Act”e si potra

iniziare ad assumere con il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Tante le novita

introdotte dalla riforma del mercato del lavoro, a partire da una nuova disciplina dell’articolo 18 per

i licenziamenti senza giusta causa, individuali e collettivi. Per i nuovi assunti il reintegro nel posto

di lavoro resta solo in caso di licenziamenti nulli o discriminatori, intimati in forma orale, e in caso

di licenziamenti disciplinari nei quali il giudice certifichi l’insussistenza del fatto materiale

contestato. Per quanto riguarda gli altri casi di licenziamenti ingiustificati o economici, non e

previsto il reintegro ma un indennizzo economico “certo e crescente” in base all’anzianita di

servizio: due mensilita per ogni anno di anzianita di servizio, con un minimo di 4 ad un massimo di

24 mesi. Per le piccole imprese, il risarcimento resta disciplinato dalle attuali regole: da 2 a 6

mensilita.

I nuovi “contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti”, senza piu la rete di protezione dell’art.

18, lasciano al datore di lavoro la liberta di decidere quando far terminare il contratto, licenziando il

dipendente.

Infatti, ad eccezione del licenziamento discriminatorio e nel caso venga provata l’inesistenza del

fatto nel licenziamento disciplinare, non c’e alcun obbligo di reintegra anche quando il

licenziamento viene giudicato illegittimo.

Si favoleggia di fine del precariato perche si e abolito il co.co.co. e altre forme di collaborazione …

Ma come si fa ad affermare che la precarizzazione del lavoro e stata finalmente superata se il

contratto a tempo indeterminato ormai di fatto non c’e piu, se e prevista la possibilita di prorogare

fino a tre anni il contratto a tempo determinato (peraltro a-causale), se continua la praticabilita di

altre tipologie di lavoro atipico (a chiamata, ripartito, etc …)?

Come si puo essere tanto ipocriti quando le aziende chiudono, delocalizzano grazie al dumping

sociale e fiscale, quando le imprese vengono spezzettate e svendute insieme ad una mano d’opera

deprezzata e mortificata, quando i lavoratori sono costretti a rinunciare ai diritti o a concordare la

diminuzione dei salari per salvare l’impresa?

17

Di quale rilancio occupazionale si vaneggia se la riforma previdenziale allontana l’uscita dal lavoro,

se la crescita della robotica e dell’automazione riduce il fabbisogno di mano d’opera anche

qualificata, se si vuole continuare ad incrementare la produttivita di chi lavora gia, se si vuole

aumentare il tempo – lavoro per gli occupati, se – anche a causa delle forti disuguaglianze – i

consumi stagnano, se la competitivita dei Paesi forti conquista i nostri mercati con prodotti di

qualita a prezzi contenuti, se le multinazionali ci inondano di merce low-cost … se continua la

stagnazione dell’economia e non si riesce ancora a vedere la luce fuori dal tunnel!

I nostri giovani cercano altrove il proprio futuro, impoverendo ancor di piu un Paese in difficolta.

Altro che schizzinosi! I nostri ragazzi vanno all’estero, cercano e svolgono qualsiasi lavoro,

inseguono i loro sogni altrove. Credo si possa convenire sul fatto che il modello di sviluppo di

questi anni e in crisi. E, a ben vedere, il tema del lavoro ritorna ad essere centrale.

Il lavoro e il luogo della realizzazione di se, non solo come soggetto sociale, ma anche come

fondamento della cittadinanza. Il lavoro e insieme il luogo della relazione e il luogo dell’autonomia,

della possibilita di dominare la complessita sociale e l’incertezza che le e connaturata.

Occorre un nuovo patto sociale che possa contribuire a creare una condizione umana segnata da una

piu forte conoscenza, responsabilita e partecipazione alle decisioni. Progettare una societa in cui i

diritti di cittadinanza siano riconosciuti a tutti; una societa in cui l’accesso alle tecnologie,

l’alfabetizzazione informatica, la qualificazione professionale siano un diritto e un’opportunita e

non un ulteriore fattore di disuguaglianza sociale.

Dal primo maggio 2015, inoltre, entrera in vigore la Naspi (Nuova prestazione di assicurazione

sociale per l’impiego), il nuovo assegno di disoccupazione che prevede l’erogazione – condizionata

alla partecipazione del disoccupato a iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione

professionale – di una somma pari alla meta delle settimane per le quali si sono versati contributi

destinata a chi ha perso il lavoro e ha alle spalle almeno 13 settimane di contribuzione accumulate

negli ultimi 4 anni: il sussidio, commisurato alla retribuzione, non puo sforare il tetto dei 1.300 euro

mensili ed ha una durata massima di 24 mesi nel 2015 e 2016; 18 mesi a partire dal 2017. La tutela,

grazie alle nuove norme, e estesa anche ai collaboratori.

IL LAVORO E L’AMBIENTE LE VERE EMERGENZE DELLA SARDEGNA

Voglio affrontare il tema della seconda parte di questa mia relazione, ricordando l’esperienza che va

sotto il nome di Consulta Rivoluzionaria che nel 2012 ha coinvolto in Sardegna migliaia di persone

attraverso numerose assemblee partecipate in tutti i territori dell’Isola

QUESTA PIATTAFORMA PROGRAMMATICA, DISCUSSA E APPROVATA

DALL’ASSEMBLEA POPOLARE DELLA CONSULTA A S. NICOLA DI OZIERI IL 29

SETTEMBRE 2012, SI ARTICOLA NEI SEGUENTI SEI PUNTI:

1. Sovranità Energetica

La Sardegna oggi produce energia elettrica in quantita tre volte superiore al suo fabbisogno reale.

Eppure i sardi pagano le bollette il 40% in piu delle altre zone dello stato italiano ed ha una potenza

installata, tre volte superiore a quella necessaria, basata su un sistema energetico vecchio, costoso e

inquinante. Occorre:

- Togliere la gestione del sistema energetico sardo a Terna-Enel;

- Avocare alla Regione il potere di assegnazione della qualifica di “Impianto Energetico Essenziale”

togliendolo alla connivenza tra, Terna-Enel, Governo ed E-ON;

- Abbassare i prezzi dei combustibili per autotrazione e riscaldamento.

Abbiamo la raffineria piu grande d’Europa e paghiamo il gasolio e la Benzina come il resto

dell’Italia, pur subendone i gravi danni all’ambiente ed alla salute e compromettendo immensi

territori altrimenti utilizzabili. Chiediamo il dimezzamento del costo degli idrocarburi riconoscendo

ai sardi le accise sulla produzione e non solo quelle al consumo.

2. Sovranità Alimentare

La Sardegna produce appena il 20% del suo fabbisogno alimentare, il restante 80% viene importato

da piu parti. Proponiamo un modello di sviluppo basato sull’agroalimentare e agroindustria

(conservazione e trasformazione dei prodotti) ed una legge di tutela di tutti i prodotti sardi,

introducendo l’obbligo di indicare nelle etichette la provenienza di tutti gli ingredienti; dotarsi di

18

un sistema di controllo portuale che verifichi la qualita ed il rispetto di tutte le regole

d’importazione sia per i prodotti animali che vegetali. Attuare il blocco di tutte le licenze degli iper

e mega mercati che vanno assoggettati a piu severi controlli sanitari .

Rendere obbligatorio da parte della G.D.O. l’acquisto di almeno il 50% dell’agroalimentare

direttamente dalle Aziende sarde.

3. Sovranità Fiscale

- Cacciare Equitalia dalla Sardegna istituendo un nuovo soggetto organico;

- Da subito togliendo l’incarico di riscossione tributaria ad Equitalia, da parte degli enti che

attualmente se ne servono;

- Da subito, istituire un’Agenzia Sarda delle Entrate;

- Togliere, in base all’art.9 dello Statuto Sardo, l’affidamento allo Stato della riscossione dei “propri

tributi” ed affidarli all’Agenzia Sarda delle Entrate, conferendo allo Stato le quote in decimi

previste dalla riforma dell’art.8 dello stesso Statuto, aprendo, se necessario, un contenzioso con lo

Stato;

- Istituzione delle Zone Franche e Nuova Portualita. Istituzione delle zone franche da subito come

previsto dal decreto Legislativo 10 marzo 1998 n°75;

- Istituzione di una zona franca articolata che interessi anche le zone interne per una fiscalita di

vantaggio, anche per non rincorrere nelle censure europee, per le piccole e medie imprese che si

localizzano nelle zone svantaggiate e lavorano le nostre risorse primarie e supportano gli altri settori

economici della Sardegna (Agroalimentare, Turismo ecc.)

4. Sovranità di Mobilità

Con la svendita della Tirrenia e con la nascita del monopolio CIN (Gruppo Onorato) i sardi hanno

definitivamente perso ogni loro diritto alla mobilita.

Esigiamo:

- L’istituzione di una flotta sarda con un servizio di mare acquisito nel mercato

internazionale;

- Treni veloci sulla tratta Cagliari-Sassari-Cagliari ed il collegamento ferroviario per la citta di

Nuoro;

- Metropolitane leggere in tutto l’hinterland della citta di Cagliari e Sassari;

- Collegamenti razionali ed intelligenti dei Paesi in modo tale che l’utente possa prenotare la

corsa;

- Biglietto Unico per le tratte servite da piu vettori;

- Istituzione dell’Antitrust Regionale ASCO, come quello della Catalogna che il 12 febbraio

ha ottenuto con la legge 1/09, in attuazione dello Statuto Catalano l’istituzione dall’ACCO:

L’Autorita Catalana della Competenza. Si tratta dell’Authority che, in conformita col diritto

UE, ha dato vita ad un’Antitrust indipendente da quello Spagnolo. Potremmo evitare i

monopoli marittimi e portuali nonche aeroportuali ed energetici.

5. Sovranità Ambientale

- Apertura immediata dei cantieri per le bonifiche di tutto il territorio;

- Chiusura dei Poligoni di morte di Perdasdefogu, Capo Frasca e Teulada, bonificando il territorio

per restituirlo alle attivita dell’allevamento e dell’agricoltura;

- Rilancio del Parco geo-minerario che assicurerebbe da subito oltre 500 posti di lavoro per giovani

diplomati e laureati;

- Rifiuto della termovalorizzazione quale sistema per smaltimento rifiuti o generazione di energia.

6. Sovranità del Sapere

- Sostegno pieno alle Universita Sarde;

- Sostegno e sviluppo ai Centri di Ricerca;

- Sostegno all’Istruzione e alla Scuola di ogni ordine e grado;

- Valorizzazione ed insegnamento della Lingua Sarda come materia curricolare di studio in tutte le

scuole dalle materne all’Universita.

- Diritto allo studio con borse di studio adeguate, Campus e Case dello Studente.

DALLA PROPOSTA ALLA MOBILITAZIONE E ALLA LOTTA

La novita di questo movimento stava nella riscoperta del ritorno in mezzo alla gente per discutere e

confrontarsi per poi ritrovarsi tutti insieme in una grande manifestazione popolare a Cagliari nella

19

giornata del 7 Novembre 2012, in coincidenza dello Sciopero Generale, proclamato dalla

Confederazione Sindacale Sarda dalla mezzanotte di Martedi 6 novembre 2012 alla mezzanotte di

Mercoledi 7 novembre 2012.

Si trattava del secondo Sciopero Generale della CSS, dopo quello proclamato anni prima nel 1991 a

difesa e valorizzazione della lingua sarda da insegnare come materia curricolare nelle scuole di ogni

ordine e grado, dalla scuola materna all’Universita.

Era tale la tensione di quei mesi che sembrava essere vicina la svolta per la Sardegna che si

risvegliava e si sentiva pronta al cambiamento perche alla testa di questo movimento c’erano il

Movimento Pastori, tutti i Movimenti Indipendentisti Sardi, i Movimenti pro Zona Franca, le Partite

IVA, i precari, i disoccupati, gli artigiani e commercianti, i contadini esecutati ex Legge 44/1988,

numerosi intellettuali e lo stesso PSDAZ, che aveva aderito con un voto unanime della propria

Direzione. Nazionale.

Si dichiaravano contro invece tutti i partiti politici italiani e le stesse Confederazioni Sindacali di

CGIL/CISL/UIL e UGL, mentre i Sindacati Autonomi mostravano indifferenza.

Tutti noi, in particolare le forze ed i movimenti politici indipendentisti, autonomisti e sovranisti,

eravamo convinti che questo fervore di lotta avrebbe dato i suoi frutti nelle elezioni per il rinnovo

del Parlamento italiano indette per il mese di febbraio 2013.

La sorpresa e la delusione arrivo col risultato delle elezioni nazionali del 24/25 febbraio 2013.

Ho provato in quei giorni a capire il senso del voto, non essendo stato neppure molto sorpreso dal

risultato perche vedevo, leggevo e sentivo il grado di protesta e rabbia che vi era tra la gente:

l’antipolitica, il rifiuto degli scandali e della casta, la crisi economica che stava devastando le

popolazioni, distruggendo aziende, famiglie e comunita fino a sacrificare centinaia di persone che si

sono tolte la vita.

La protesta era cosi palpabile che difficilmente la politica poteva ignorarla. Ha vinto in Italia ed in

Sardegna la forza politica che aveva saputo intercettare meglio questa protesta nella sua globalita e

complessita. Il Movimento Cinque Stelle che era almeno da tre anni l’orecchio attento e poi la voce

ed infine il comune sentire di milioni di elettori anche sardi che si sono ritrovati tutti insieme a

sostenere quella lista.

Succede in natura quando un torrente, raccogliendo l’acqua di migliaia di rivoli si ingrossa e diventa

un fiume in piena che travolge nella sua corsa a valle ogni cosa.

Al termine di quella esperienza, a cui la CSS aveva partecipato e dato molto in termini

organizzativi, di idee e di uomini, abbiamo capito che i nostri strumenti erano inadeguati e che

l’agitare la gente anche su problemi reali non era bastato per poi raccogliere i frutti delle nostre

azioni.

I nostri Movimenti in fondo hanno alimentato i tanti torrenti, magari contribuendo a renderli

impetuosi, ma non sono stati capaci di essere il fiume.

Occorre una riflessione molto seria su cio che e mancato e manca per fare quel salto di qualita che

serve alla classe politica, imprenditoriale e sindacale sarda per essere veri soggetti del

cambiamento.

La protesta non basta per creare coscienza e quella leva potente indispensabile per favorire il

cambiamento che punti coraggiosamente ad un modello di sviluppo nuovo e diverso che porti

definitivamente la Sardegna fuori dalla crisi.

La prova provata del fallimento politico e del sentimento popolare nei confronti dei partiti si ebbe

con le elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Sardegna del 16 febbraio 2014, quando

si reco a votare solo il 52,23% degli aventi diritto.

Per cui la vittoria dello schieramento del centrosinistra autonomista e sovranista con in testa il

neogovernatore Francesco Pigliaru nasceva con questo marchio di estrema debolezza popolare,

aggravato dal fatto che, per effetto di una legge regionale elettorale palesemente anticostituzionale,

veniva esclusa la formazione di Michela Murgia che aveva conquistato il 10,3% dei voti. Avverso

questa legge sono in corso l’esame dei ricorsi, uno dei quali porta tra le altre la firma del Segretario

Generale della CSS.

LA SITUAZIONE SOCIOECONOMICA DELLA SARDEGNA E’ GRAVISSIMA

Tutti gli indicatori portano il segno meno, dal crollo del settore industriale, a quello drammatico

dell’edilizia, dei settori agro pastorali, della pesca, dell’artigianato e del commercio e perfino del

20

turismo e del credito, tra cui la principale banca sarda, il Banco di Sardegna, il cui CdA ha scelto la

linea della progressiva vendita dei suoi servizi coll’incorporamento nella banca emiliana della

BPER, fatto grave e contestatissimo dalla Federazione Bancari della CSS che da alcuni anni porta

avanti grosse vertenze per difendere il servizio del Banco di Sardegna in tutto il territorio sardo,

compreso i piccoli paesi dove il Banco di Sardegna ha deciso di sparire, dismettendo il servizio,

contribuendo insieme alle Poste Italiane che praticano la stessa politica ad impoverire il territorio

privandolo dei servizi essenziali. Ma su queste problematiche saranno piu puntuali i delegati del

credito guidati da Gavino Piredda e Giuseppe Pisanu e i delegati postelegrafonici, qui presenti col

Segretario Regionale Mario Abis, appena riconfermato nel Congresso di questo 15 marzo 2015.

Lo spazio di questa relazione, ne le mie specifiche competenze mi permettono di fare una analisi

economica piu puntuale ed analitica. Del resto i dati di queste realta produttive sono pubblici ed

esistono studi di settore molto articolati e approfonditi.

I dati su cui, invece, mi corre l’obbligo di soffermarmi sono quelli sociali:

Il mercato del lavoro in Sardegna nel 3° trimestre 2014

Nel terzo trimestre del 2014 gli occupati in Sardegna si attestano sulle 550mila unita. Pressoche

invariati rispetto al secondo trimestre del 2014 (551mila). Gli occupati crescono rispetto al secondo

trimestre del 2014 nel comparto dell’Agricoltura (+8mila), del Commercio degli Alberghi e

ristoranti (+14mila) e nelle Costruzioni (+7mila), mentre diminuiscono, nell’Industria (-6mila) e

nelle altre attivita di servizi (-23mila), dentro il quale ci sono annoverati tutti i servizi rivolti alla

persona. Tali variazioni sono da ricondurre verosimilmente alla stagione turistica, come anche

rilevato dalla fonte amministrativa.

Le persone alla ricerca attiva di un lavoro risultano essere 129mila, in aumento di circa 10mila unita

rispetto ai tre mesi immediatamente precedenti, vale a dire aprile-maggio-giugno.

La variazione tendenziale, cioe quella rispetto allo stesso periodo del 2013, delle persone in cerca di

occupazione risulta essere pari a 32mila unita.

Il tasso di disoccupazione si attesta al terzo trimestre al 19,1%, in un anno e cresciuto di 4,3 punti

percentuali. Si ricorda che nel terzo trimestre del 2013 lo stesso indicatore segnava un 14,8%. Il

tasso di attivita e cresciuto di circa un punto percentuale su base stagionale, passando dal 59% al

60,1%. Il tasso di occupazione e rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi sei mesi, mentre e

diminuito di circa mezzo punto percentuale rispetto al terzo trimestre del 2013.

IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE SUPERA IL 54 %

Il Numero di Cassaintegrati è in totale 54.219

Il Numero di Cassaintegrati in CIG ordinaria è 25.719

Il Numero di Cassaintegrati in deroga è 28.500

Ricordo che al Congresso del PSDAZ, affollato nelle prime fila di presenze significative politiche,

sindacali e di Confindustria, ebbi a gridare: “Questa situazione e la dimostrazione del fallimento

della classe politica, imprenditoriale e sindacale della Sardegna”.

Non ho nessuna difficolta a confermare questo giudizio durissimo, al quale voglio aggiungere una

riflessione amara, dettata dall’attuale gravissima situazione soprattutto in relazione al dato della

disoccupazione sia generale e soprattutto giovanile.

Il dramma dei cassaintegrati frutto della mala politica

Nel tempo si e creata una frattura generazionale quasi insanabile tra chi il lavoro lo cerca e non l’ha

mai trovato e tra chi, avendo perso il lavoro per cause varie tra cui prevalente la chiusura delle

fabbriche per la crisi imperante, ha usufruito e sta usufruendo degli ammortizzatori sociali.

La classe politica ed in certa misura quella sindacale ha la colpa di non aver finora trovato gli

strumenti perche l’ammortizzatore sociale non si trasformasse in pura assistenza, quandanche non si

e trasformato in assistenzialismo puro, trasformando la coscienza del lavoratore in un soggetto che

dipende totalmente dal sussidio della cassa integrazione.

Alla Commissione Parlamentare che molti anni fa mi interrogo sui possibili rimedi, dissi come CSS

che occorreva classificare i perdenti posto in base alle loro qualifiche professionali inseriti in veri e

propri elenchi di mestiere in modo che i lavoratori potessero essere riutilizzati in tutti quei lavori di

manutenzione di cui ha estrema necessita la societa civile come la riparazione delle scuole, delle

strade, dei giardini, del riordino degli archivi comunali, etc.

21

Purtroppo la proposta resto lettera morta ed il sussidio della cassa integrazione resto per lunghi anni

una triste esperienza, legata tra l’altro a lunghi periodi di interruzione o ritardi nella

somministrazione degli assegni dovuti alla scarsita dei finanziamenti regionali e statali per i quali

spesso si e stati costretti a mettere in piedi vere e proprie vertenze sindacali che hanno finito per

assorbire e caratterizzare quasi tutte le lotte sindacali di questi ultimi anni, costringendo i sindacati

stessi ad inseguire quasi esclusivamente le emergenze, dimenticando che il loro specifico compito e

quello di sollecitare la creazione di opportunita di lavoro, collaborando con la politica per la crescita

e un modello di sviluppo diverso della Sardegna.

Ora che i finanziamenti tendono a zero e la Regione Sardegna non ha piu le risorse per anticipare il

pagamento della cassa integrazione straordinaria, diventata abnorme sia come numero di domande

sia come spesa che supera annualmente i 202 milioni di euro, sembra sopraggiungere il panico e

ritorna impellente la necessita di trovare lavoro vero a questo esercito di nuovi disoccupati.

La CSS non puo essere contro i cassaintegrati, ma pone un limite temporale a questo tipo di

assistenza, cosi come doveva essere in origine ed e fortemente contraria perche si conceda questo

strumento a Ditte ed Aziende, il cui fatturato e ricavi sono abbastanza alti e tali da non giustificarne

l’autorizzazione. Ci sono stati casi in Sardegna in cui la Cassa integrazione si e concessa con troppa

facilita ed e invalsa nelle Aziende il ricorrere ad essa come un bancomat pubblico sempre

disponibile anche quando non vi era la necessita. Ho trovato imprenditori che si lamentavano che

altri colleghi ricorrevano alla Cassa integrazione anche non avendone i requisiti, scambiandola

purtroppo come cassa corrente. Mi chiedo se chi ha firmato i verbali di richiesta sia da parte

imprenditoriale sia da parte sindacale abbia sempre fatto il proprio dovere o, se in periodi di vacche

grasse, non si sia abusato di questo strumento, che da emergenziale, e diventato la regola per

mungere le casse del denaro pubblico a sfavore di altre intraprese e settori produttivi con troppa

disinvoltura ed in certi casi colpevolmente.

La mia esperienza di piu’ di 40 anni di sindacato, prima ai vertici del sindacato dei Postelegrafonici

e negli Organismi Camerali e Confederali della CGIL e dal 1987 in CSS, mi hanno convinto che in

questi ultimi dieci anni ne la classe politica ne gli imprenditori ne i sindacati nella loro generalita

hanno dimostrato la volonta determinata e messo in atto tutti gli strumenti idonei e necessari per

costruire lavoro vero e produttivo in Sardegna.

Mi rendo conto che questa e una affermazione forte, quasi un azzardo o, se volete, una iperbole, di

cui pero mi assumo tutta la responsabilita, perche per assurdo la realta sembrerebbe darmi ragione.

GLI ESEMPI NON MANCANO

1. Le bonifiche mancate.

Ormai nessuno piu puo negare che le mancate bonifiche nei terreni fortemente inquinati sia al Nord

che al Sud dell’Isola, se tradotte in cantieri, avrebbero assicurato migliaia di posti di lavoro, lavoro

vero e subito. Di chi sono le colpe dei ritardi? Perche la Giunta Regionale non interviene in termini

cogenti affinche l’ENI rispetti il piano delle bonifiche, inserito negli Accordi che dovevano

precedere l’attuazione del Progetto Matrica? Erano iscritti circa 500 milioni per le bonifiche del

territorio intorno agli ex stabilimenti della Chimica di Porto Torres; ora, per incanto quei i milioni si

sono dimezzati.

Domanda: dove sono andati a finire il resto di quei finanziamenti che dovevano servire per le

bonifiche?

Per le bonifiche del territorio del Sulcis, da stime della Feder Ambiente, servirebbero 450 milioni di

euro, mentre tra i fondi CIPE (110 milioni) e il primo stanziamento Ministeriale di 34 milioni, di cui

pero risultano gia spesi 14.5 milioni, la Regione avrebbe ancora a disposizione per le bonifiche

circa 120 milioni di euro. E’ evidente lo scarto tra il miliardo di euro stimato per le bonifiche

necessarie in Sardegna e la somma a tutt’oggi disponibile nelle Casse Regionali.

L’Assessore Regionale all’Ambiente Prof.ssa Donatella Spano in una recente dichiarazione alla

Stampa (L’Unione Sarda del 7 marzo 2015) ha ribadito “l’impegno strategico ad avviare a

soluzione l’annoso problema delle bonifiche”. La prendiamo in parola, visto che tutti gli Assessori

che l’hanno preceduta non hanno mantenuto l’impegno. Nello stesso tempo invitiamo l’Assessore

ed i suoi collaboratori ad evitare di scivolare sul terreno infido delle cifre perche il dato di 445 mila

ettari di aree inquinate (100 mila ettari in piu della Campania) nell’Isola e un dato ufficiale, reso

22

pubblico dal Ministero dell’Ambiente ne serve disquisire ora sulle riparametrazioni piu recenti del

2011 e relativi carotaggi sui terreni inquinati perche quei dati non sono stati mai certificati dalle

Autorita competenti. E comunque il Comitato sardo NO Scorie ha chiesto l’accesso agli atti per una

verifica puntuale. Su questo argomento riferiranno meglio la Prof.ssa Alessandra Seu, Marco

Mameli ed Angelo Cremone del Comitato sardo NO SCORIE che hanno annunciato nella

conferenza stampa di ieri 21/3 marzo una Veglia per il prossimo 1 Aprile col proseguo nella

giornata del 2 in quanto e imminente la notizia delle sei regioni scelte dal Governo come sito

nazionale del deposito delle scorie nucleari, tra cui ai primi posti figura la Sardegna. E’ rilevante

che la Conferenza Episcopale Sarda si sia di recente unita alle proteste con un importate documento

che respinge questa scelta governativa in una Sardegna che ha gia dato troppo in termini di servitu

militari ed industriali;

2. L’abbandono delle campagne.

Altre migliaia di posti di lavoro vero si determinerebbero con l’avvio di una vera e propria riforma

agro/pastorale. Ho potuto visitare Aziende modello nel Continente (Emilia Romagna) e all’Estero

(Francia), dove ho visto impegnati nelle Aziende del Settore agro/alimentare centinaia di giovani

laureati in biologia, in scienze agrarie, esperti del benessere animale e del clima.

In tutto il mondo si sta riscoprendo il bene Agricoltura con i Gruppi di Transizione nella stessa

Inghilterra ed in particolare a Brixton che in anni recenti ha ospitato regolarmente un mercato

agricolo e si conferma come una delle prime citta incluse nel progetto “Citta di transizione” che

mostra un gruppo misto di giovani, impegnati in produzioni agricole biologiche. In altre citta come

Bologna si stanno sperimentando tipologie nuove di Agricoltura di prossimita che vanno sotto il

nome di “orti urbani”. Analoghe iniziative sono annunciate anche nella citta di Cagliari nella zona

degli Orti dei Cappuccini.

Mi sono chiesto perche in Sardegna non sia possibile rilanciare il Comparto agroalimentare, avendo

tra l’altro presso l’Universita di Sassari la Facolta di Agraria, che viene censita come una Facolta di

eccellenza ed ho capito che la scelta e unicamente politica.

Alcuni anni fa’ mi sono recato presso i Direttori delle Citta Mercato di Cagliari, ponendo loro la

domanda perche su i loro scaffali non ci fosse il 30% dei prodotti sardi come era originariamente

previsto nei contratti per le autorizzazioni di apertura di questi grandi mercati. Ebbene, la risposta e

stata disarmante: “Dott. Meloni, mi dissero, siamo pronti a sottoscrivere contratti di acquisto merce

se ci garantisce la qualità, la quantità, la celerità ed il rispetto dei tempi da noi richiesti per le

forniture”.

Mi sono interrogato come superare questo nostro grande handicap e mi son convinto che il segreto

consiste nella professionalita e capacita di saper conservare i prodotti alimentari con la conoscenza

e gestione della catena del freddo. Le nostre produzioni, infatti, sono limitate come quantita e percio

dobbiamo imparare a saperle conservare proprio sfruttando la catena del freddo per fare massa

critica tale da essere venduta in grandi quantita come richiestoci.

Ironia della sorte e miopia della nostra classe politica, proprio a Cagliari avevamo un gruppo di

giovani esperti nella catena del freddo operanti nella fabbrica UNILEVER alle porte della citta, ma

questa fabbrica che faceva un prodotto di eccellenza come gelateria industriale e stata chiusa ed i

macchinari, benche acquistati con contributi regionali nostri, sono stati trasferiti in Campania a

Caivano (Na) per ingrandire la stessa Unilever che e una multinazionale anglo-olandese presente in

tutto il mondo.

Ma la verita e che la nostra classe politica regionale ha finito per accettare la scelta europea che ha

destinato la nostra Isola a diventare la piattaforma energetica d’Europa, assegnando a noi sardi il

compito di bruciare, al posto delle materie fossili in via di esaurimento e fortemente inquinanti,

biomasse-siano esse cardi o canne- per produrre energia da trasferire all’esterno dell’isola

principalmente tramite il cavo Saccoi.

In questo quadro ritengo una follia il rilancio della Fabbrica piu inquinante d’Europa, come

l’Euroallumina di Portovesme, che, comprata dalla UC Rusal (in russo: ОК РУСАЛ) e la maggior

produttrice mondiale di alluminio (con una quota di mercato del 11%) ed ha interesse ad acquisire

il finanziamento regionale e quello statale per continuare a inquinare con i fanghi rossi, derivati

dalla lavorazione della bauxite in gran parte importata. Questa Fabbrica, inoltre, e posizionata

proprio di fronte all’Isola di S. Pietro ed i Carlofortini sono in rivolta perche, quando la

23

Euroallumina era in attivita, le polveri rosse avvolgevano l’isola, portando veleni e tumori, mentre

gli scarichi dei fanghi rossi nel tratto di mare ora racchiuso da una diga foranea – temporaneamente

messa sotto sequestro dalla Magistratura, a cui vergognosamente sindacalisti e operai chiedono il

dissequestro – hanno rovinato la pesca e messo in difficolta gli stessi operatori turistici. Mi hanno

spiegato che questa fabbrica produce l’allumina che e essenziale per la produzione dell’alluminio

che verrebbe lavorato dall’Alcoa, fabbrica che la Regione tenta di far acquistare dalla Glencore

International (una societa mineraria e di scambio merci multinazionale anglo-svizzera) che a noi

risulta avere avuto azioni vaticane tramite lo IOR e che e la proprietaria della Portovesme Srl, altra

fabbrica inquinante che lavora fumi di acciaieria presente a Portoscuso come vedremo nel filmato

al termine di questa mia relazione.

La CSS ha espresso piu volte il suo parere sia sulla Euroallumina che sull’Alcoa, abbandonata dagli

americani non perche improduttiva, ma soprattutto a causa degli alti costi dell’energia e da ultimo

perche sanzionata dall’Europa con una multa milionaria per aver utilizzato fondi pubblici allo scopo

di abbattere i costi energetici. Ma questa scelta di Alcoa di abbandonare la Sardegna risale a 7 anni

fa e la nostra classe politica insieme alle grandi OO.SS hanno creduto nelle favole, illudendo gli

operai, mentre l’Alcoa spostava per sempre le produzioni dalla Sardegna nell’Arabia Saudita, dove

certo non ha problemi di rifornimento energetico.

La CSS, con la consulenza del dr. Vincenzo Migaleddu, rinnova le proprie considerazioni che aveva

fatto pervenire in data 27/02/2009, all’inizio della legislatura a guida Centro-Destra vincitrice delle

elezioni regionali all’on.Ugo Cappellacci, Presidente della Giunta e all’on. Claudia Lombardo

Presidente del Consiglio Regionale.

Questa e la nostra proposta, che riteniamo ancora valida per salvare – trasformandola – la ex Alcoa:

Premesso che:

- vi e la necessita di supportare una produzione energivora come quella dell’alluminio e che

nel PEARS vi e il presupposto per la produzione di ulteriore EE da fonti fossili, solo in parte

locali, la riduzione dei consumi energetici del 20% al 2020 non puo essere raggiunta

puntando solo sulla riduzione dei consumi energetici di tipo domestico (vedi certificazione

energetica delle nuove costruzioni), ma deve partire dalla riconversione di un sistema

produttivo a bassa efficienza come la produzione di alluminio dalla bauxite.

- l’alluminio e un materiale totalmente riciclabile.

- Si propone che l’ex Alcoa recuperi e ricicli l’alluminio, che, oltre a evitare l’estrazione di

bauxite (piu produzione annua di 1 500 0000 ton/anno di rifiuti speciali, quali i fanghi rossi),

consente di risparmiare il 95% dell’energia richiesta per produrlo, partendo dalla materia

prima. Infatti per ricavare dalla bauxite 1 kg. di alluminio sono necessari 14 kWh, mentre

per ricavare 1 kg. di alluminio nuovo da quello riciclato servono solo 0,7 kWh di energia. Il

riciclo dell’alluminio, inoltre, costituisce un’importante attivita economica, che da lavoro a

molti addetti in Italia che risulta essere il primo produttore europeo di alluminio riciclato ed

il terzo nel Mondo. Una nuova quota di tale produzione e occupazione dovrebbe essere

assegnata alla Sardegna e cio garantirebbe con maggiore efficacia il recupero dell’Azienda,

il consolidamento della forza lavoro ed insieme il raggiungimento dell’ obiettivo della

stabilita “socio-economica”della comunita dell’isola.

Ma la Sardegna sembrerebbe avere un altro futuro; lo afferma con chiarezza il nuovo Presidente

della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che ha presentato al Parlamento europeo riunito

a Strasburgo un piano per rilanciare la crescita economica e produrre investimenti senza produrre

nuovo debito pubblico. Si tratta di un piano da 315 miliardi di euro finali ma con un capitale iniziale

di 21 miliardi di cui solo 13 effettivi, per ora: destinato, almeno nelle intenzioni, a colmare il vuoto

di investimenti ereditato dagli anni di crisi.

Il piano Juncker - Il piano prevede la creazione di un nuovo fondo europeo per gli investimenti

strategici (EFSI) e il coinvolgimento della Banca Europea degli Investimenti (BEI), istituzione che

da circa 50 anni viene utilizzata dall’Unione per il finanziamento di progetti a lungo termine. Nel

piano c’e una riserva di 5/7 miliardi per centrali a biomasse in Sardegna, dove i nostri contadini e

pastori dovrebbero cambiare radicalmente lavoro con un risvolto pericoloso perche gia avanzano

richieste allettanti di acquisto di terreni, avendo necessita di migliaia di ettari di terreno, come il

Progetto Matrica, alla cui base c’e la coltivazione a cardo di 120 mila ettari a rotazione; mentre per

il Sulcis si prevedono almeno 5 mila ettari di terreno (Progetto Bi-fuel di Paolo Ghinolfi) dove

24

saranno poste a dimora le canne che sono quanto di piu infestante per i terreni, dove crescono

rapidamente, assorbendo moltissima acqua; per cui i contadini della zona sono gia sul piede di

guerra perche temono giustamente di vedersi razionalizzare l’acqua a danno delle loro colture. Mi

sembra utile la proposta della Confindustria Sarda che ha proposto di mettere a dimora le canne solo

ed esclusivamente nei terreni gia fortemente inquinati, escludendo tassativamente i terreni agricoli.

La proposta della CSS fa parte ormai della sua storia e del suo DNA: fare in modo che la Sardegna

investa almeno il 40 per cento del proprio bilancio nel settore agro-alimentare, collegato con le

industrie di conservazione e trasformazione dei prodotti, animando nuovamente le proprie

campagne con Aziende agricole e pastorali diffuse nel territorio moderne ed efficienti. I nostri

prodotti dovranno essere dotati di marchi DOC e DOP con la indicazione nelle etichette della

provenienza non solo della zona in cui sono lavorati, com’e gia oggi, ma con prodotti certificati -

con una normativa appropriata in studio presso la Comunita Europea che renda obbligatoria

l’indicazione della provenienza dei singoli ingredienti – in modo da evitare che il nostro pane

pistoccu sia fatto con farine dei Paesi dell’Est e le salcicce con carni di altri paesi.

Perche insistere sul Comparto Agroalimentare, sapendo che entriamo in conflitto con grandi

Aziende e Cooperative gia affermate in Continente ed in Europa? Esse hanno gia invaso il nostro

mercato interno con i Grandi Centri Commerciali e le Citta Mercato, il cui numero in Sardegna

supera in percentuale Regioni come la Lombardia. Ebbene questa e anche la causa perche in

Sardegna si e smesso di produrre e le nostre campagne sono abbandonate ed i nostri giovani

disoccupati. In Sardegna importiamo piu dell’80% di cio che mangiamo. Se solo riuscissimo a

portare questa percentuale da 80 a 60%, riappropriandoci del nostro fare e produrre, avremmo

centinaia di posti di lavoro in un settore che, ovunque in Italia e nel modo, crea vera ricchezza;

3. La spesa sanitaria abnorme sottrae risorse allo sviluppo e all’occupazione.

Ogni anno, quando si discute il Bilancio Regionale, non si puo fare a meno di sottolineare come la

spesa sanitaria da sola impegni gran parte del nostro Bilancio. Ebbene, come ha fatto osservare in

un recente articolo dr. Massimo Dadea (L’Unione Sarda del 10 marzo 2015), ex Assessore Reg.le

della Giunta Soru, le spese oncologiche per le malattie da tumore sono in rapida e costante crescita

nella nostra Isola. I risultati dell’indagine epidemiologica Sentieri del 2012, curata dall’Istituto

Superiore della Sanita, hanno riguardato i siti industriali (SIN) del Sulcis- Iglesiente –Guspinese e

quello di Porto Torres. I risultati sono drammatici: “L’isola, scrive Dadea, e la regione d’Italia piu

inquinata:ben 445 mila ettari di terreno sono interessati da un carico di veleni che hanno inquinato

l’aria, la terra, l’acqua. In queste aree si muore di piu a causa dell’alta incidenza di tumori

polmonari e della pleura, ma anche leucemie e linfomi. I bambini hanno maggiori possibilita di

ammalarsi per patologie respiratorie e di andare incontro a mutazioni genetiche”. “Si è preferito

soggiacere al ricatto che da decenni, in Sardegna, mette in contrapposizione diritti costituzionali

inalienabili: diritto al lavoro, diritto alla salute, diritto ad un ambiente salubre. Nella nostra Isola

si continua a lavorare per vivere e a morire per lavorare”.

Ma anche la zona di Sarroch/Villa S.Pietro/Capoterra il cui territorio insiste attorno alla Saras,che e

la piu grande Raffineria d’Europa, l’incidenza dei tumori alle vie respiratorie e al polmone e

altissima. Nel 2007 su cento morti a Sarroch, ben 37 risultano deceduti a causa di tumori di quelle

tipologie.

Dr.Vincenzo Migaleddu, presidente di Isde Sardegna (Medici per l’Ambiente) da anni gira la

Sardegna per denunciare i disastri ambientali nei vari territori dell’Isola e avverte: “le sostanze

tossico- nocive producono effetti in un area ben piu vasta dei 445 mila ettari certificati come

inquinati. Le sostanze inquinanti, infatti, entrano nelle catene biologiche e alimentari, dispersi dai

camini degli inceneritori si accumulano nell’ambiente, dove ci sono pascoli, vengono ingeriti dal

bestiame e quindi trasferiti nel latte, in quanto principale mezzo di eliminazione delle tossine

dall’organismo animale, si accumulano nel grasso animale e si concentrano nei prodotti lattierocaseari.

Le parole di Papa Francesco sul rispetto del creato e del lavoro

L’esigenza di tenere insieme lavoro-dignita umana e ambiente e stata sottolineata dallo stesso Papa

Francesco nel suo discorso scritto e diretto ai lavoratori della Sardegna convenuti a Cagliari in

occasione della sua visita il 22 settembre 2013. ≪Ho detto lavoro “dignitoso”, e lo sottolineo, perche

purtroppo, specialmente quando c’e crisi e il bisogno e forte, aumenta il lavoro disumano, il lavoro25

schiavo, il lavoro senza la giusta sicurezza, oppure senza il rispetto del creato, o senza rispetto del

riposo, della festa e della famiglia, il lavorare di domenica quando non e necessario. Il lavoro

dev’essere coniugato con la custodia del creato, perche questo venga preservato con responsabilita

per le generazioni future. Il creato non e merce da sfruttare, ma dono da custodire. L’impegno

ecologico stesso e occasione di nuova occupazione nei settori ad esso collegati, come l’energia, la

prevenzione e l’abbattimento delle diverse forme di inquinamento, la vigilanza sugli incendi del

patrimonio boschivo, e cosi via. Custodire il creato, custodire l’uomo con un lavoro dignitoso sia

impegno di tutti! Ecologia… e anche ’ecologia umana!≫.

Osservazioni nel merito

Vale, dunque, l’assunto che, abbattendo l’inquinamento e diminuendo drasticamente i fattori

inquinanti, vi saranno meno tumori e quindi anche meno spese sanitarie a vantaggio della salute e

del benessere di tutti.

Ed, infine, voglio osservare che dalla mia recente esperienza di ricoverato, ho notato che nei nostri

ospedali si butta via tutto, dai pasti non consumati ed ancora cellofanati del servizio costosissimo

del catering, ai vari strumenti sanitari come aghi, guanti e quant’altro. Si dovrebbe ritornare alle

cucine per i grandi Reparti o dimensionate per piu reparti tra loro collegati per un massimo di 100

pasti; sono sicuro che si risparmierebbe ed il cibo per gli ammalati sarebbe molto piu buono e

controllato.

L’altra osservazione e che i nostri Reparti ospedalieri per fortuna in gran parte sono in mano a

giovani medici con grande voglia di imparare e sperimentare; ma alcuni Reparti da eccellenti sono

diventati normali per il semplice fatto che i primari ormai anziani sono andati in pensione non

preoccupandosi in alcuni casi di lasciare per il dopo una buona squadra. Ora in gran parte questi

bravi primari li ritroviamo ad operare nelle strutture e nelle cliniche private a pagamento. Credo che

sarebbe buona regola introdurre come vincolo contrattuale l’obbligo della formazione professionale

in primis dei medici collaboratori cosi detti aiuti.

Ho dei seri dubbi, invece, che il mega ospedale ex S..Raffaele di Olbia sia un buon affare per la

Sardegna in quanto la gestione di una struttura di ben 242 posti letto comportera un flusso di spesa

gigantesco. E’ pur vero che per i primi tre anni verra assicurato dal Governo un forte contributo

fuori patto di stabilita; ma passati i tre anni, l’intera gestione gravera sulla Regione ne gli arabi

dell’emirato del Qatar saranno disposti a ripianare le perdite.

Certamente, ora che il Jobs Act e legge, gli amministratori dell’ex S. Raffaele non si lasceranno

sfuggire la possibilita di assumere a tempo indeterminato per tre anni con gli incentivi governativi

previsti dal dispositivo.

Sorge il problema molto delicato che parrebbe che gli emiri del Qatar siano tra i sostenitori

dell’ISIS e poi veramente crediamo che gli arabi verranno a curarsi nel mega ospedale di Olbia che

vorrebbero far diventare un polo di eccellenza e di specializzazione?

4. L’abolizione delle Provincie deve favorire un modello federalista della Regione.

Mentre la Giunta Regionale nomina e manda i commissari in tutte le ex Provincie nell’intento di

governare i difficili processi di cambiamento, si apre una fase storica delicatissima anche per le sorti

del personale che finora svolgeva compiti e mansioni dirigenziali, di coordinamento di servizi e di

settori, di tutto il personale amministrativo e di quello operativo nelle maggior parte dei casi

applicati nelle societa in house che per prime stanno subendo processi di mobilita e di licenziamenti

collettivi.

L’Assessore agli Enti Locali Cristiano Erriu ha rassicurato i sindacati che il personale ex dipendente

diretto dalle ex Provincie per il momento non subira ne mobilita ne tantomeno licenziamenti. Resta,

invece, piu problematica la situazione dei dipendenti delle Multiss SpA ed in genere tutti quelli che

operano nelle societa in house per i quali si sta procedendo ad una puntuale verifica.

La posizione della CSS e che i servizi finora affidati alle Provincie non siano tagliati e deprezzati

nella loro quantita e soprattutto nella qualita. Per questo motivo e necessario vigilare perche le varie

societa in house non prendano provvedimenti affrettati e contro i lavoratori che invece devono

essere il piu possibile salvaguardati in quanto sono affidati agli stessi mansioni e servizi

delicatissimi a favore delle persone piu deboli quand’anche portatori di handicap.

Nel mentre il dibattito si e aperto nel Consiglio Regionale e noi della CSS abbiamo manifestato

nelle Commissioni competenti questo nostro progetto che illustriamo brevemente, anche perche al

26

nostro Congresso sono presenti i lavoratori della Multiss di Sassari, il cui rappresentante sindacale

della CSS Vincenzo Monaco interverra sicuramente nel dibattito.

Sembra che per la Sardegna sia giunto il momento storico per diventare locomotiva di una riforma

istituzionale a piu livelli in termini finalmente federali, come intuiva e ci proponeva circa 50 anni fa

Antoni Simon Mossa e come da Emmanuel Kant ad Altiero Spinelli, i federalisti europei e mondiali

hanno costantemente proposto come pionieri di un nuovo mondo proiettato verso la pace perpetua e

la gestione in forma comunitaria e cosmopolita dei poteri locali, regionali, nazionalitari, statali,

continentali e mondiali.

Ed in termini di federalismo comunitario che per la Sardegna la proposta riforma degli Enti Locali,

delle Unioni ed Associazioni di Unioni dei Comuni decretata dalla Giunta Regionale, si puo

evolvere in una FEDERAZIONE DEI COMUNI della Sardegna, prevedendo un Consiglio Federale

dei Comuni e dei Consigli FEDERALI TERRITORIALI, che i cittadini ed i Consigli Comunali

potranno ratificare con delibera Consiliare e Referendum consultivo popolare Comunale.

I Comuni nei Consigli Federali Territoriali riuniti in base alle Province storiche istituite o alle

regioni storiche che contraddistinguono i territori, siano essi a decidere linee programmatiche,

operative e gestionali in base alle esigenze collettive ed alle opportunita ad aggregarsi per garantire

le soluzioni piu efficaci, efficienti ed economiche necessarie per la funzionalita dei servizi e dei

programmi operativi e finanziari, dando vita al primo di tanti Bilanci Federali che saranno

concordati sia in fase previsionale, che di assestamento e consuntivi tra le Federazione Territoriali

dei Comuni, il Consiglio Federale e al Regione Sarda.

Una decisione storica che avviera il processo di integrazione Federale dai Comuni della Sardegna,

alle Nazioni senza Stato, all’Europa ed alla Federazione Mondiale dei Popoli, necessaria per

garantire all’intera umanita la pace universale tanto attesa e sino ad oggi pagata a caro sangue da

tanti innocenti, la equa ed etica prosperita tra gli esseri umani di tutti i territori del mondo, ma

soprattutto il rispetto dei diritti umani e delle risorse naturali ed ambientali ancora a disposizione,

prima che sia troppo tardi.

Una forma flessibile di federalismo tra i Comuni, favorita dalla semplificazione effettiva delle

procedure, finalizzate alla realizzazione delle opere a seconda delle incidenze territoriali

competenti, ai programmi ed ai progetti specifici, alla tipologia dei finanziamenti ed alla evoluzione

delle visioni di sviluppo, di modello o di strategia in base alle esigenze dei cittadini.

Dalla proposta della Giunta alla approvazione del Consiglio Regionale, c’e il tempo per elaborare il

nostro ingresso nella storia.

Nella efficacia dei servizi, le societa partecipate vanno razionalizzate secondo le indicazioni e le

esigenze federali operative dei cittadini, dei comuni e dei territori, con una visione strategica per ora

di livello regionale, augurandoci per un prossimo futuro di un livello Nazionale Sardo ed Europeo.

Nel frattempo le societa partecipate devono garantire i servizi e i programmi, rendendoli

concretamente piu efficaci.

5. La lingua, i valori identitari, l’archeologia e la cultura come elementi di sviluppo umano ed

economico.

L’altro grande settore in cui investire per avere anche una ricaduta significativa in termini di posti di

lavoro e il settore culturale, inteso nel senso piu ampio del termine. C’e ancora chi afferma che con

la cultura non si mangia, dimostrandosi non solo ignorante, ma perdendo di vista la realta del

mondo moderno sempre piu bisognosa di relazioni e quindi di informazione e scambi culturali.

Penso per la Sardegna ad una grande operazione culturale, partendo dal dato preoccupante della

dispersione scolastica – uno dei piu alti d’Europa – e da fenomeni sempre piu ampi di

analfabetizzazione. Occorre utilizzare programmi televisivi di istruzione popolare e/ o ancor meglio

riaprire le scuole serali, favorendo la lettura e l’insegnamento popolare. Altro che piani di

dimensionamento che si sono rivelati come “letti di Procuste”, come ebbi a dire, sostenuto dal

Segretario Reg.le Scuola CGIL nell’Assemblea Provinciale di Cagliari convocata dal Commissario

Provinciale per l’approvazione di detto piano. Finche in Sardegna il rapporto alunno per classe sara

di 20/22 alunni, col calo costante demografico, si andra sempre piu a restringere l’offerta scolastica

fino all’estinzione delle classi esistenti e la conseguente perdita di posti di lavoro sia nel corpo

docente sia nel personale ATA.

27

Ci verrebbe voglia di lanciare come CSS una campagna a favore delle nascite, sapendo che di

questo passo, i sardi fra 50 anni saranno appena un milione.

Ecco perche la CSS e da anni che per la Scuola propone alla Commissione Consiliare Regionale

competente di portare quanto prima in Aula la proposta di legge sulla Scuola Sarda, fissando il

limite 10/12 alunni per classe, come bene hanno gia deliberato in Valle d’Aosta e nel il Trentino

Alto Adige salvando le loro Scuole.

L’insegnamento della lingua sarda, favorirebbe, oltre che il recupero culturale di questa nostra

lingua, che va reintrodotta obbligatoriamente nelle scuole di ogni ordine e grado come materia

curriculare, la preparazione e percio l’utilizzazione di molti professori esperti della nostra lingua

nell’insegnamento nelle scuole. Seguiamo con grande interesse la proposta presentata ed in

discussione presso la Commissione competente del Consiglio Regionale da parte del consigliere on.

Paolo Zedda che ringraziamo per questo suo impegno costante e produttivo.

Seguiamo altresi il lavoro avviato dalla Commissione di esperti, nominati dalla Conferenza

Episcopale Sarda, che stanno curando la traduzione in sardo dell’intera Bibbia; mentre ci appare

opportuna la proposta di mons. Sanguinetti, Segretario del CES, Vescovo della Diocesi di Tempio e

Ampurias nonche Amministratore Apostolico della Diocesi di Ozieri prossima ad essere soppressa,

di tradurre in sardo tutte le letture del Lezionario usato normalmente per la celebrazione delle messe

nei giorni festivi.

Sul versante culturale ci sono tante iniziative, come quella odierna del FAI, che si devono tradurre

anche in occasioni di nuovi posti di lavoro e valorizzazione nel circuito turistico locale, nazionale

ed internazionale.

Penso al patrimonio museale e a quello dei siti archeologici – veri e propri musei a cielo aperto -

che pero va tutelato, custodito e curato: altrimenti vale l’ammonimento del nostro amico e grande

archeologo e studioso prof. Giovanni Lilliu (che ci ha lasciato il 19 febbraio 2012), il quale

saggiamente avvertiva: “Se un monumento od un reperto antico non lo sapete custodire e curare,

lasciatelo sottoterra dov’è meglio tutelato da madre Natura“. Quanti posti di lavoro scaturirebbero

come restauratori (faccio riferimento in particolare al restauro dei Giganti di Mont’e Prama che

possono essere un potente richiamo turistico/culturale… Queste poderose statue ci costringono a

cambiare la storia dell’arte nel mondo, essendo noi sardi e non il greco Fidia gli iniziatori della

scultura a tutto tondo), cosi dicasi dei posti di operatori esperti nel recupero delle opere d’arte, dei

custodi dei siti archeologici, delle guide archeologiche e turistiche.

Nel campo del cinema bisognerebbe incoraggiare i nostri registi sardi quali Mereu, Pau, Pitzianti,

Cabiddu, Grimaldi, Marcias e Columbu che, oltre a produrre opere eccellenti premiate in contesti

italiani ed internazionali, muovono un indotto interessante e possono promuovere anche nuova

occupazione.

Penso al grande patrimonio librario presente nelle nostre biblioteche, il piu delle volte abbandonate

come il patrimonio culturale etnografico musicale che rischia di varcare le soglie dell’Isola, come la

quarantennale raccolta di musica etnica sarda del nostro cantautore Franco Madau, che pare abbia

avuto un offerta da facoltosi svizzeri perche in Sardegna non trova sufficiente accoglienza .

Ringrazio Franco in particolare per aver accolto generosamente, come sempre, l’invito al nostro

Congresso e averci donato queste sue preziose canzoni; come ringrazio Franco Melis che suona le

launeddas in modo stupendo, rinnovando quel suono divino che viene dal profondo della nostra

storia millenaria ed era nuragica, come ci insegna il nostro amico ed esperto Dante Olianas.

Ed infine, in questi giorni si parla nuovamente del Teatro Lirico di Cagliari, che e la piu grande

fabbrica culturale della Sardegna sul versante della musica sinfonica e soprattutto delle opere

liriche. Purtroppo questo patrimonio rischia di essere annullato e disperso per errori tragici che si

ripetono nel tempo da parte della Fondazione che lo presiede ed in particolare per le scelte

sciagurate del suo Presidente che e anche Sindaco della Citta di Cagliari. Questo Teatro ha urgente

bisogno di un Sovrintendente capace, che sappia immediatamente dotare il Teatro della

Programmazione operistica 2015. I sardi ed i cagliaritani amano la musica ed in particolare le opere

liriche. Occorre sapere osare ed avere coraggio. Non serve un Sovrintendente come l’attuale con la

mentalita da commissario e/o da ragioniere. Abbiamo gia sopportato un Magnifico Rettore

all’Universita di Cagliari che aveva la stessa mentalita. Auspichiamo che al Teatro Lirico come

all’Universita di Cagliari vadano a dirigere uomini o donne capaci di farci sognare perche amano la

musica e le opere liriche per un verso e la cultura in senso ampio, universale dall’altro. Uomini e

28

donne che, partendo dalle nostre profonde ed antiche radici di sardi, ci aprano nuovi orizzonti verso

l’ Europa e il Mondo.

A conclusione, lasciate che ringrazi con tanto affetto e renda onore ad Angela Boscarino, la prima

Segretaria della Federazione Donne CSS e Direttrice del nostro Ufficio Studi intestato al grande

patriota sardo Giovanni Maria Angioy. che ha condotto intelligentemente con grande competenza e

passione. Sarebbe dovuta essere presente a questo nostro VII Congresso ed alle celebrazioni dei

nostri primi 30 anni, ma una grave malattia della compagna con cui vive da moltissimi anni le ha

reso impossibile essere tra noi.

Ed infine lanciamo come CSS una proposta alla Giunta ed al Consiglio Regionale perche

istituiscano la festa dei lavoratori e delle lavoratrici il 5 maggio di ogni anno, considerato che in

Sardegna dal 1° al 4° Maggio – festa del lavoro – vi e la solenne processione di S. Efisio, Martire e

Patrono dell’Isola, dedicando questo giorno alle 11 giovani vite spezzate nella tragedia della

Miniera di Monteponi

Il 4 Maggio 1871 verso le 18.30 nel cantiere Atzuni, nella miniera di Montevecchio, una trentina di

donne e bambine, lavoratrici alla cernita del minerale, rientrarono nel loro dormitorio dopo una

giornata massacrante di lavoro. Poco dopo il serbatoio di 80 metri cubi d’acqua, posizionato sul

tetto, che serviva alla laveria li vicino, si ruppe per la grande quantita d’acqua facendo crollare il

tetto del dormitorio.

Sotto le macerie trovarono la morte 11 lavoratrici bambine e altre 11 lavoratrici adulte rimasero

ferite.

VIVA LA CONFEDERAZIONE SINDACALE SARDA

VIVA LA LIBERAZIONE E L’’INDIPENDENZA DI TUTTI I POPOLI DELLE NAZIONI

SENZA STATO

VIVA SA SARDIGNA LIBERA E INDIPENDENTI

Il Segretario Generale della CSS

Dr Giacomo Meloni

Confederazione Sindacale Sarda

Via Roma, 72 – 09123 Cagliari

Tel. 070.650379 – Fax 070.2337182

www.confederazionesindacalesarda.it

css.sindacatosardo@tiscali.it

 

Condividi su:

    Comments are closed.