Sorprese in tutto il cielo di quante la scienza… , di Ida Bozzi

 

Il brano è nell’Amleto di Shakespeare: «Ci sono più cose, Orazio, in cielo e in terra/ di quante non ne sogni la tua filosofia». È la risposta umile dell’uomo di fronte alla inimmaginabile varietà del mondo. Nel cosmo le stranezze, le «eccezioni» sono innumerevoli, e tutte nascondono misteri e scoperte: si conosce il moto dei pianeti intorno al Sole, ed ecco che ci si imbatte in pianeti senza stella; chiamiamo nebulose le nubi cosmiche caotiche e brillanti, e all’improvviso ne vediamo di geometriche o del tutto nere; sappiamo che gli asteroidi sono rocce e ne vediamo alcuni che si accendono come comete…

«Queste eccezioni sono un modo per mettere alla prova ed estendere le teorie che abbiamo sviluppato per descrivere l’universo. Sono proprio le eccezioni che costituiscono una sfida per capire come stanno le cose e andare avanti nella ricerca scientifica», spiega a «la Lettura» il fisico Albino Carbognani, ricercatore dell’Inaf, l’Istituto nazionale di astrofisica, scopritore e studioso di asteroidi (ne scrive sul suo sito asteroidiedintorni.blog).

Alcune stranezze sono più sottili, ma fondamentali, continua il fisico: «Nel 1965 la scoperta casuale della cosiddetta “radiazione a 3 K” diede il via alla teoria del Big Bang: gli ingegneri dei Bell Laboratories, indagando sulle interferenze in uno strumento di telecomunicazione, scoprirono uno strano rumore di fondo. In contemporanea, due fisici avevano predetto che, se la teoria del Big Bang fosse stata esatta, si sarebbe dovuto percepire un rumore di fondo sul campo radio». Gli ingegneri contattarono i fisici, e Arno Penzias e Robert Woodrow Wilson vinsero il Nobel per la Fisica nel 1978 per la scoperta della radiazione cosmica di fondo.

Altre stranezze sono anche belle da vedere: eccone alcune che hanno dato vita a nuovi studi.

L’asteroide 6478 Gault

C’è un asteroide, 6478 Gault, che è bizzarro e «colorato». Misura cinque chilometri di diametro, è a 282 milioni di chilometri dalla Terra, ed è stato oggetto di uno studio proprio di Carbognani e di Alberto Buzzoni appena uscito sulla rivista «Mnras».

«Si tratta di un asteroide insolito scoperto nel gennaio 2019 — spiega Carbognani — perché sporadicamente sviluppa caratteristiche comuni con le comete: la chioma e la coda».

Un’altra stranezza è il raro effetto Yorp, che sembrava farlo ruotare così in fretta (in due ore) da fargli perdere pezzi. «Abbiamo osservato Gault quando la sua attività era quasi cessata e, grazie a questo, abbiamo stabilito che ruota in oltre tre ore. Inoltre, abbiamo scoperto che sulla sua superficie esiste un’estesa regione di colore più blu, la cui origine resta un problema aperto. Sono pochissimi gli asteroidi con colori diversi sulla superficie. Se aggiungiamo l’attività cometaria, Gault è un corpo unico nel Sistema solare».

La nebulosa Barnard 68

Barnard 68 ha l’aspetto di uno spazio vuoto, una mezzaluna nera. Invece, forse è una futura stella. Si tratta di una nebulosa oscura (nel senso di opaca; da non confondere con la materia oscura che qui non c’entra) scoperta nel 1919 dall’americano Edward E. Barnard a 500 anni luce dalla Terra. Barnard 68 fa parte di una categoria, i globuli di Bok (dal nome dell’astronomo Bart Bok, che li scoprì): «piccole» zone dello spazio così dense di polveri da «impallare» le stelle che stanno dietro (anche se oggi telescopi sensibili e radiotelescopi riescono a vederle). B68 è come una bolla di sapone nera, che oscilla tra pressioni esterne (lo spazio esterno è più caldo) e interne (la forza gravitazionale delle particelle). Nei prossimi 100-200 mila anni, dicono gli scienziati, la gravità delle particelle prevarrà, la regione subirà un collasso gravitazionale, «contraendo» il materiale e iniziando a formare una stella. I globuli di Bok sono gli esempi più piccoli: ben più grandi sono le nubi molecolari giganti (Gmc: Giant molecular cloud) nella costellazione di Orione o nel Toro.

Il Rettangolo rosso

In un universo di sfere, ellissi e rotondità, esiste anche la nebulosa Rettangolo rosso: distante 2.300 anni luce, è una delle nebulose preplanetarie, diverse dalle solite nebulose simili a nuvole: compongono geometrie diffratte, simmetriche, come equazioni matematiche spaziali. Sono oggetti complicati fin dal nome, cambiato più volte dagli astronomi perché genera confusione (non c’entra nulla con il disco planetario). La stella al centro è HD 44179, forse una «stella doppia stretta» (cioè due astri che ruotano l’uno intorno all’altro). Trovandosi alla fine della sua vita, HD 44179 ha eiettato getti di materiali in emissioni bipolari, cioè uguali da tutte e due le parti della stella, come ali di farfalla. Il fatto che si tratti di una stella doppia, con interazioni tra due emissioni vicine, spiega forse la forma a rettangolo (come due gocce che cadono vicine nell’acqua: le onde si disturbano a vicenda). Alla fine, come accadrà anche per il nostro Sole tra miliardi di anni, la stella al centro diventerà una nana bianca. O due.

LA LETTURA 22 marzo 2020

 

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