Paolo Fadda, l’86° compleanno di un patriarca civico, di Gianfranco Murtas

 

Lunga e serena vita a Paolo Fadda, dotto galantuomo giunto oggi a contare le 86 primavere, circondato dagli affetti di casa e dalle manifestazioni d’amicizia che sono il rimbalzo di quanto egli ha seminato lungo le molte stagioni di vita che Domineddio gli ha regalato. Non sono mancati a lui, come a molti di noi, i dolori, taluni acutissimi, che ancora lasciano tracce non da poco. La testimonianza che i più gli tributano vorrebbe però assorbire e cancellare ogni segno di sgradevolezza  che, all’ineluttabile, può aver aggiunto, talvolta, la piccineria degli uomini. Categoria, quest’ultima, in cui ebbe a rifugiarsi, nell’estate di sei anni fa – al tempo della vicenda della presidenza parrocchiale di Sant’Eulalia – perfino un vescovo che, scalciando e poco amando, ci parve incapace di superare la propria infelicità.

Incontrai il commendator Paolo Fadda trentacinque anni fa. Nel 1981 egli era ancora presidente della SAIA, e come tale aveva promosso l’esordio come scrittore di Antonio Romagnino, il professore da me amatissimo e sempre frequentato. Uscì allora, pubblicato dalla Electa, il volume Cagliari, Marina. Memorie ed immagini per un recupero del vecchio quartiere, con le foto di Gianni Berengo Gardin ed un testo d’accompagno di Magda Arduino. E se poteva essere vero, ed era vero, che la SAIA puntava allora, anche con gli studi dei propri uffici tecnici, ad indirizzare i suoi investimenti di capitale al risanamento e recupero dei centri storici di Cagliari – candidato primo in agenda Stampace alto – non azzannando però il cuore urbano con una vieta speculazione, non meno vero era che quella committenza privata, con lungimiranza, offriva alla città capitale della Sardegna nuove fonti di conoscenza della sua storia. E un narratore sopraffino che aveva allora i cassetti, fisici e morali, colmi di memorie civiche, letterarie e religiose, di vita, che avrebbe da allora in poi riversato sulla carta stampata e donato alla sua e mia e nostra città. Un libro fuori circolazione, quello di Romagnino, che chiesi direttamente a Fadda. prontissimo a soddisfare l’istanza. Ricordo: allora in quell’ufficio (a palazzo Tirso) che sarebbe presto diventato del mio capo Bachisio Zizi, e a latere anche mio per vent’anni e più.

La conoscenza reciproca andava allora soltanto ai rispettivi scritti, poi si allargò lungo i filoni di studio della massoneria bacareddiana – si passi questa espressione – quando egli, il commendatore di fede cattolica, che aveva nelle sue ascendenze fior di liberi muratori come Giorgio Asproni jr. e Dionigi Scano, con spirito liberale e comprensiva signorilità sempre mi consigliò e anche indirizzò.

Per trent’anni circa fu così. E alle ragioni di studio si aggiunsero poi quelle della colleganza attorno alla testata periodica della locale Camera di Commercio, quella Sardegna Economica che proprio la direzione di Paolo Fadda seppe rendere, per un decennio circa e fino all’assalto censore della trascorsa presidenza camerale, forse la più brillante delle riviste di analisi e narrazione del presente e del passato della economia e della società dell’Isola.

Ancora, dal 2010, le nostre strade si incrociarono nella difesa della causa di un parrocato d’eccellenza come fu quello quasi trentennale di don Mario Cugusi in Sant’Eulalia. L’incapacità di ascolto di un vescovo in udienza soltanto di se stesso e l’eco mostruoso che taluno fece dei suoi strilli ferirono ben più che la comunità strettamente ecclesiale della Marina, la città intera ne fu colpita. Ferirono anche, ovviamente, la missione personale del parroco rimosso per colpa di parresia, nel mezzo dello sgoverno perpetrato da quel vescovo con la deportazione a Roma di tutti i chierici in studio al Regionale, con una gestione delle tariffe per gli atti di ministero (da manuale la vicenda testimoniata dall’altare della parrocchiale di Serri), con il disconoscimento dei deliberati del Concilio Plenario Sardo ed altri trenta capitoli.

Al commendatore, presidente del Consiglio pastorale, che con pazienza e rispetto invocava confronto di argomenti e di giudizio nel solo interesse della comunità, giunsero insulti stupidi sulla bocca di chiunque, indefinibili quando provenienti da un cosiddetto successore degli apostoli. Da quel macellato rispetto delle persone così come era servito – pietanza avvelenata – vennero reazioni. Una di queste fu la costituzione di un gruppo di sensibilità ecclesiale, denominato Cresia, con le sue assemblee ed il suo sito internet. Esperienza di cinque anni che anch’io, pur estraneo alla associazione, ho seguito con simpatia e prossimità, all’inizio anche collaborando (con un commento in venti puntate dei deliberati conciliari , una rassegna della stampa diocesana sarda e altri articoli, e già in esordio, fra le censure banali e poverette di qualcuno più papalino del papa, come il vescovo d’Oristano Ignazio Sanna, la relazione al convegno sul decennale della conclusione del Concilio Plenario Sardo: paradossalmente, decennale al quale gli stessi vescovi si erano impegnati, dissuasi infine dai fulmini minacciosi della curia cagliaritana. Se ne infischiarono – dei fulmini – uomini come l’arcivescovo Tiddia, come don Efisio Spettu, come padre Raimondo Turtas, come don Antonio Pinna, e molti altri. E se toccò a me di proporre la relazione introduttiva, fu proprio Paolo Fadda a condurre parte della serata intervistando a lungo l’arcivescovo Tiddia, già segretario generale del Concilio).

All’inizio di quest’anno, aderendo all’invito pressante ed amichevole del direttore Vittorio Scano, ho ricordato sull’Almanacco di Cagliari alcuni dei tratti biografici di Paolo Fadda, inquadrando in essi le fatiche poderose, e ponderose, di scrittura di questi ultimi trent’anni. Ma certo è ancora poco: segnalo l’argomento (“Paolo Fadda fra storia economica e storica civica”) a qualche amico professore per l’assegnazione di una prossima tesi di laurea.

 

Nell’economia la vita sociale e delle idee

Solo in apparenza quelle di Paolo Fadda, prolifico saggista e già esponente politico e manager pubblico, sono state due vite diverse, come i tempi di un film: prima l’operatore economico con crescenti responsabilità nelle istituzioni rappresentative e in quelle finanziarie e gestionali, poi lo studioso e lo scrittore sospeso fra gli amori o interessi prevalenti: la sua città e l’economia regionale vissuta come luogo espressivo di talenti e di diffusione della ricchezza. In realtà, anche nella sua “prima vita”, le attività di ricercatore storico ed interprete “borghese” dei fenomeni economico-sociali sono state un impegno non marginale, se è vero che la firma ha cominciato ad apparire sui giornali già dai primissimi anni ’50. Segno di una nativa vocazione alla scrittura che spiega molto della personalità di questo grande vecchio di una Cagliari che, dopo Francesco Alziator ed Antonio Ballero Pes, Paolo De Magistris ed Antonio Romagnino, soltanto in lui può oggi contare in quanto a biografo civico.

Sono una ventina i corposi saggi che dall’inizio degli anni ’90 egli ha pubblicato con svariate case editrici, segnalandosi come storico dell’economia sarda con una originalità di approccio alla materia, perché attento sempre a valorizzare gli aspetti biografici dei protagonisti delle “avventure” produttive, fra agricoltura e miniere, commerci e finanza, che hanno segnato gli ultimi secoli della vita isolana. E, con i profili biografici, hanno speciale rilievo, negli scritti storico-economici di Paolo Fadda, le relazioni della Sardegna con il continente italiano e il più vasto mondo, individuando egli nelle famiglie della borghesia urbana (cagliaritana e no) del secondo Ottocento e del primo Novecento i maggiori artefici di quegli avanzamenti.

Ma se una ventina sono le monografie, tutte accompagnate da un corredo di recensioni sempre di apprezzamento critico, di certo – come accennato – qualche migliaio sono gli articoli di stampa a firma di Paolo Fadda, disseminati in una gran quantità di testate giornalistiche, così da poterne noi concludere che l’attività pubblicistica costituisce come un filo rosso che collega stagioni di vita personale e professionale in una successione capace di coprire più d’un sessantennio. Se infatti s’è iscritto all’ordine dei giornalisti dal 1963 (nella stessa “infornata” che lo associa a uomini come Michelangelo Pira e Mariano Delogu), è un Fadda appena ventenne quello che inizia a frequentare la redazione de L’Unione Sarda e L’Informatore del lunedì, a Terrapieno. Dapprincipio egli offre al giornale le sue cronache sportive che, allorché si trasferirà provvisoriamente a Sassari, diventeranno più impegnativi pezzi di cronaca. Una esperienza che si combinerà a quella maturata – come notista politico e ancora articolista sportivo – nelle stanzette de La Gazzetta Sarda, il settimanale che a Sassari copre, negli anni ’50, il vuoto lasciato il lunedì da La Nuova Sardegna.

L’ideale traversata di sei decenni includerebbe invero, a dire soltanto dei quotidiani, anche La Nuova Sardegna, alla cui terza pagina egli collabora con una cinquantina di pezzi negli anni a cavallo fra ’70 e ’80, giusto nel passaggio proprietario dalla SIR a Carlo Caracciolo. Nel novero altresì il grausiano freepress Giornale di Sardegna, di cui è uno degli opinionisti fissi per quasi l’intero corso di uscite, all’inizio del nuovo secolo. Peraltro rimane sempre L’Unione Sarda la testata di maggior riferimento affettivo – non a caso per il suo recente 120° compleanno egli ha scritto un capitolo (Fine Ottocento e svolta sociale a Cagliari) nel collettaneo libro celebrativo –, accompagnando agli articoli estemporanei alcune più continuative analisi del presente sociale e del futuro probabile.

Felice espressione di questa creatività di analista storico dell’economia isolana e metropolitana sono le collaborazioni a riviste o annali di prestigio, a partire (dal 1974) dall’ Almanacco di Cagliari e Sardegna Fieristica ed a proseguire con l’iglesiente Argentaria ed i Quaderni bolotanesi, per arrivare a Sardegna economica (in redazione dal 1997, responsabile dal 2007).

Il periodico della Camera di Commercio – tanto più negli anni della diarchia Romano Mambrini -Paolo Solinas – diviene progressivamente lo strumento nel quale lo studioso, saggista e giornalista insieme, mette a fuoco il suo talento di autentico storico dell’economia, anticipando molte pagine che, integrate, poi riunirà in volume. In queste emerge come egli abbia utilmente valorizzato non soltanto le conoscenze derivanti dalle copiose e sistematiche letture che non s’è mai risparmiato, ma anche quelle maturate nel vivo delle relazioni professionali cui la politica o la funzione di manager ora pubblico ora privato lo hanno indirizzato. Perché pare indubbio che elemento qualificativo della personalità di Paolo Fadda sia la sua abilità a cogliere, nelle diverse realtà della vita, dunque pure dell’economia e dell’impresa, i nessi evolutivi di sviluppo storico, radicamento ed espansione sui territori, delle idee, anzi delle intuizioni fattesi comunità, intrapresa od azienda. Perfetta rappresentazione ed esemplificazione di quanto ora asserito sono i recentissimi saggi biografici su Francesco Zedda Piras (Il Cavaliere del Nasco, 2012) e Franceschino Guiso Gallisai (Il barone delle industrie nuoresi, 2014) nonché, sotto altri aspetti, sull’onorevole “minatore” cagliaritano Alberto Castoldi  (La Montevecchio di Alberto Castoldi: la vita, i successi, i luoghi di un grande imprenditore, 2014), genero e continuatore di quel Giovanni Antonio Sanna patron di immensi asset minerari, bancari, editoriali e fondiari. Personalità eminente della politica e dell’economia nazionale del XIX secolo, anch’essa passata per la lente biografica di Fadda, che anzi col suo nome (L’uomo di Montevecchio, 2010) ha inaugurato la collana I grandi dell’imprenditoria in Sardegna del catalogo di Carlo Delfino.

Certamente a dire della produzione storiografica di Paolo Fadda – che ha l’evidente merito di aver coperto un vuoto di cui incredibilmente l’università non s’è data cura – non può prescindersi dal considerarne il vissuto familiare, nel quale si combinano le solide radici dei filoni paterno e materno, includendo gli Asproni e i Salazar, i Caboni ed i Zedda-Piras – che hanno avuto ruolo non secondario nella vita sociale ed economica dell’Isola fra Ottocento e Novecento.

Stanislao Scano – direttore generale delle Ferrovie Complementari Sarde (al tempo nel controllo della Comit e sotto la presidenza di Giuseppe Menada) e successivamente progettista principe delle bonifiche di Arborea – era suo nonno materno, e già quel solo nome richiama subito gli altri della famiglia a cominciare dall’avv. Antonio, letterato e parlamentare oltre che legale, e dall’ing. Dionigi – multianime professionista e storico dell’arte –, fino a giungere all’ing. Flavio, cui si devono (per citare soltanto due opere nel capoluogo) Palazzo Tirso – sede dell’Unione Industriali e poi della SES, della SAIA, del Banco di Napoli e dell’Istituto Sanpaolo –  e del Comando Legione Carabinieri.

Sul fronte dei Fadda, sarebbe da dire che l’ing. Luigi, padre del Nostro e nipote a sua volta di quel Francesco Zedda-Piras capostipite della omonima società enologica – dopo aver prestato servizio alle Complementari aveva optato negli anni ’30 per una attività in proprio nel settore edilizio facendo società con Valerio Tonini. Ed è proprio al duo Fadda-Tonini che si deve la costruzione di gran parte della città di Carbonia e, dal 1941, quella di importanti edifici nel capoluogo, come il noto palazzo “Vinceremo” (che sarà di uso dell’Aeronautica militare), nonché, dopo la seconda guerra mondiale, l’opera di ricostruzione in specie nel quartiere di San Benedetto.

Appena ventenne il giovane Fadda entra nella nuova società commerciale voluta dal padre associatosi all’ing. Tommaso Fiorelli per affiancare con le forniture elettriche la Fadda-Tonini. Essa assume la concessionaria della Innocenti che, lanciando il motoscooter “Lambretta”, si afferma nel mercato isolano impiantando nel 1954 una filiale anche a Sassari. Facendosi pendolare fra i due capoluoghi, Fadda entra in crescenti rapporti di consuetudine ed amicizia con numerose emergenti personalità della politica e del giornalismo del capo di sopra, collegandosi al gruppo dei “giovani turchi” della DC – da Francesco Cossiga a Nino Giagu, da Paolo Dettori a Pietro Soddu – e cogliendo le occasioni offertegli di passare qualche ora ogni giorno in una redazione: come detto, sarà dapprima, con coetanei come Manlio Brigaglia e Franco Luigi Satta, La Gazzetta Sarda, edita da Sebastiano Pani, titolare di una società di trasporti granturismo, quindi L’Unione Sarda. Con la nuova direzione Crivelli, Il giornale cagliaritano punta, infatti, a regionalizzarsi aprendo uffici di corrispondenza e redazioni in tutte le principali città dell’Isola, Sassari compresa, dove sfida il monopolio de La Nuova Sardegna.

La frequentazione degli ambienti cattolico-democristiani del nord Sardegna ne stimola un impegno personale nella politica al rientro definitivo nella sua città, che lo ha visto, bambino ed adolescente, allievo salesiano, scout, militante del laicato. Assolutamente formativi sono stati per lui gli insegnamenti di don Giulio Reali, parroco fondatore di San Paolo (nell’innesto dei quartieri di San Benedetto e Fonsarda) e di dottor Mario Floris, mitico parroco di Sant’Eulalia nei calamitosi anni della guerra e dell’immediato secondo dopoguerra.

Nel 1964 tenta l’avventura amministrativa ed è eletto al Consiglio comunale, nel quale presiede il gruppo dc per l’intera consigliatura favorendo l’esordio di Paolo De Magistris come sindaco della città, in avvicendamento nel 1967 all’anziano prof.  Brotzu, contro lo strapotere (all’apparenza perfino ingordo) dei dorotei di Raffaele Garzia, presidente del CIS e rappresentante dell’ala più conservatrice e clericale del partito. (Di quest’ultimo sarà, nel 2008, il biografo con C’era una volta in Sardegna la DC).

Nel 1968 viene indicato per il Consiglio d’amministrazione del Banco di Sardegna, ove rimarrà giusto vent’anni ed in rappresentanza del quale avrà un posto anche nel team di comando della SFIRS; per conto dello stesso Banco entra altresì nel CdA dell’Università di Cagliari, sotto i rettorati Aymerich e Casula.

L’anno successivo assume, per un quinquennio, la presidenza dell’Ente Minerario Sardo: è il tempo della fuga dei grandi investitori esteri dal comparto minerario isolano e dei tentativi di riconversione del settore.

Pubblicistica ed amministrazione

Alla fine degli anni ‘70 risalgono i primi incarichi nel gruppo finanziario Bastogi-SAIA, passato poi all’immobiliarista Giuseppe Cabassi, in rappresentanza del quale ha presieduto la Brioschi Finanziaria e l’Alberghiera Costem, entrambe quotate a Piazza Affari. Molte energie sono spese, però senza successo, per un recupero complessivo del quartiere Stampace alto. Proprio in questo quadro, certamente per input dello stesso Fadda, le progettazioni edilizie del gruppo sono accompagnate da iniziative, perfino raffinate, di carattere culturale. Fra esse è da ricordare la promozione editoriale dei due volumi testo-fotografici di Antonio Romagnino dedicati ai quartieri della Marina e di Castello (editi dalla Electa nel 1981 e 1982) che segneranno l’esordio della attività di scrittore dell’indimenticato professore dettorino.

Esauritasi la fase più impegnativa degli incarichi pubblici, tanto più dalla fine degli anni fra ’70 e per due decenni, Fadda riprende le collaborazioni con i giornali: a parte quella con La Nuova Sardegna, che avrà come doppio focus tematico il nesso cultura-economia nelle aree metropolitane  e le vicende fra storia passata e futuro delle industrie mineraria e ferroviaria, entrano nel novero quelle cui si è accennato con alcune testate periodiche regionali (fra esse, a cavallo di decennio fra ’70 e ’80, Agricoltura informazioni, mensile che sembra anticipare, nel taglio redazionale aperto agli approfondimenti ma senza pesantezze di alcun genere e nella vivacità grafica, quanto verrà con la camerale Sardegna Economica).

In tale rilancio del suo impegno pubblicistico acquista progressivamente uno spazio autonomo quello saggistico: dandosi infatti ad avviare una sua attività di consulenza direzionale, che “a rete” si allarga ai vari settori imprenditoriali incrociati negli anni precedenti, egli soddisfa il mai sopito desiderio di portare alla conoscenza dei suoi conterranei i profili degli uomini “del fare” – come anche li avrebbe chiamati Bachisio Zizi –, i virtuosi della storia produttiva isolana: evitando, forse soltanto per timidezza, di proporre i suoi lavori ad un editore già sul campo, si cimenta egli stesso come editore dando vita ad una personalissima etichetta: la Sanderson Craig (evocante il mito di un console inglese che fece della Sardegna la sua patria elettiva lungo quasi l’intero secolo XIX). Ecco quindi andare in stampa, fra 1990 e 1999, tre volumi: Alla ricerca di capitali coraggiosi (con sottotitolo Vicende e personaggi delle intraprese industriali in Sardegna, uscito nel 1990), Sa cittadi avolotara (sottotitolo Borghesi, Majolus, Poeti e Palazzinari nella Cagliari della fine del secolo scorso, uscito nel 1991) e Avanguardisti nella modernità (sottotitolo Alle origini della trasformazione industriale della società agricola sarda, del 1999). Ottocento pagine complessive che sembrano un parterre illuminato dai riflettori di un autore che palesemente gode a dimostrare come i dati biografici dei protagonisti segnino la qualità delle imprese civiche ed economiche, aziendali e sociali di una lunga epoca. Assai più recente, ma degno di speciale menzione è il volume Per una storia dell’industria in Sardegna (del 2008, editore Zonza), con ricchissima appendice bibliografica e un gustoso inserto d’immagini d’epoca. Viaggiando nel tempo a partire dalle prime intraprese capitalistiche, fra treni e gallerie, e passando per l’ascesa dell’agroindustria, ampio spazio è dato alle opzioni, parzialmente fallite, della Rinascita, fra turismo, energia e petrolio, per concludere quindi con i medaglioni dei vari Sanna, Zedda-Piras, Amsicora Capra e Guido Dolcetta.

Una fine e cospicua produzione saggistica

La partecipazione ad uno studio collettaneo (con Lorenzo Del Piano ed Achille Sirchia) celebrativo dei 70 anni dell’Associazione (già Unione) degli industriali della provincia di Cagliari, con ampio utilizzo di materiale cartaceo e fotografico custodito dalla Sovrintendenza archivistica per la Sardegna, da cui verranno, nel 1995, i due volumi Uomini e industrie e La memoria dell’impresa, suggerisce alla diarchia camerale Mambrini-Solinas di proporre allo stesso team di replicare l’impresa. Di ricostruire cioè la storia più che secolare del loro ente in uno con la storia stessa della economia e della società isolana. Verranno così, da tale proposta, e con la collaborazione anche di M. Dolores Dessì, Sergio Serra e Gianfranco Tore, i tre volumi riuniti sotto il titolo di La Camera di Commercio di Cagliari, 1862-1997. Storia Economia e Società in Sardegna dal dominio sabaudo al periodo repubblicano, pubblicati nel 1997.

Per Paolo Fadda s’apre così una nuova stagione della sua vita, che ne marca il talento di studioso e scrittore. Perché, per conto della stessa Camera di Commercio, pubblica presto (nel 1998) la Storia di una Fiera, riferendosi evidentemente alla Campionaria (poi Internazionale) della Sardegna, ed inizia una continuativa e felice collaborazione con la rivista camerale. Sardegna Economica diventa progressivamente una rivista d’eccellenza, aperta alla collaborazione di esperti e docenti universitari, storici e statistici, associando al pregio dei testi il taglio comunque, per il più, informativo e giornalistico. A parte la fatica della complessiva confezione redazionale, Paolo Fadda riversa nel periodico, di fianco ad articoli d’occasione od istituzionali e ad interviste, dei brevi saggi sulla variegata storia dell’imprenditoria isolana che, facendo cumulo, forse supererebbero le mille pagine. Tutto va in preparazione delle monografie alle viste presso le maggiori editrici regionali ed in parallelo ai “quaderni” editati dalla stessa Camera: è il caso di Una difficile affermazione. Spunti per una storia delle borghesie cagliaritane (uscito nel 1997), di Economia e politica negli anni della autonomia. La borghesia industriale sarda tra ricostruzione e rinascita, 1944-1960 (uscito nel 1999) e di Da principessa cenerentola. Per un’interpretazione storico-economica delle vicende dell’agricoltura sarda nel XX secolo (uscito nel 2001).

Eventi e personaggi della storia sarda degli ultimi due secoli emergono, dalla penna dell’autore, con rappresentazioni vivide, secondo quel modulo narrativo che, se rende facile la lettura, non per questo manca dei più puntuali riferimenti alle fonti documentarie, archiviste e testimoniali. Ecco così, per dire del capoluogo, da Karel a Cagliari, due millenni di storia della città (del 2013), ma anche Il porto di Cagliari nella storia: dal Breve pisano al terminal container (in Il porto di Cagliari: la storia e le storie, del 2002), Calaritana. L’università di Cagliari tra storia e domani (con Giorgio Pisano, 2003), Cagliari memories (con Sergio Orani, 2009), la trilogia della Cagliari città di artigiani, id. dei negozianti e id. dei ristoranti (rispettivamente del 2009, 2006 e 2008, con quadri fotografici di Enrico Spanu, Priamo Tolu e Anna Marceddu), Ruolo e meriti degli imprenditori forestieri nella Cagliari sabauda (in Storia della Cagliari multiculturale tra mediterraneo ed Europa: atti della giornata di studi su immigrazione a Cagliari sino al 20° secolo, del 2009), la prefazione a Casteddu a fund’in susu di Giampaolo Lallai (del 2014) ecc. Già in premessa (cronologica) meriterebbe citare anche il capitolo Le economie urbane nella Sardegna contemporanea, uscito in Le città, a cura di Gianni Mura e Antonello Sanna, per la CUEC (committente il Banco di Sardegna) nel 1999.

Di rilievo i saggi riguardanti Arborea e l’economia mineraria: da La Sardegna e l’industrialismo tra Ottocento e Novecento (in L’identità storica di Arborea, 2004) e Il miracolo di Arborea (in Arborea: intrecci con la storia, 2009) a Paesaggi e miniere della Sardegna dall’alto (con Gianni Alvito, 2011), alla densa introduzione a Storia del diritto minerario in Sardegna: il caso Carbonia di Carlo Panio (del 2013), alle diverse relazioni svolte al tempo della presidenza dell’EMSa, disponibili tutte nelle biblioteche pubbliche ed anch’esse ampiamente utilizzate dagli studenti impegnati nelle loro tesi di laurea.

Riportano a consuetudini e relazioni d’amicizia che coinvolsero per lunghi anni anche l’estensore di queste note due ulteriori contributi che qui si vogliono richiamare: Una borghesia prigioniera del passato (in La ricerca come passione: studi in onore di Lorenzo Del Piano, 2012) e Lorenzo Del Piano, storico della contemporaneità (in Corpi liberi. Atti L’identità storica di Arborea 2002, a cura di Erika Pes, 2005).

Credo di avere pressoché tutto quanto Paolo Fadda abbia dato alle stampe, anche quel che non è precisamente schedato dall’OPAC, come La città in fondo alla discesa, un robusto bellissimo saggio uscito in Trent’anni. Cagliari: la Banca, la Città, pubblicato dal Banco di Sardegna nel trentennale della apertura degli sportelli dell’istituto di credito della capitale dell’Isola e in occasione dell’avvio operativo della nuova sede nel viale Bonaria. Fino a Il centenario dei salesiani a Cagliari, altro cospicuo contributo alla storia municipale (oltreché a quella della Famiglia religiosa di don Bosco), in apertura del collettaneo Un secolo con don Bosco a Cagliari, uscito in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria cagliaritana al rettor maggiore dei salesiani.

Credo non sia colpevole una deroga al segreto epistolare se rivelo due righe – due righe soltanto – di una lettera recente del commendatore, per quel tanto che gli avevo anticipato scrivendone sull’Almanacco: «nel leggere il suo scritto – le confesso – mi sono spaventato, oltre che molto arrossito, perché, pur facendo conto sulla memoria che ancora mi assiste, non ritenevo di aver “fatto tanto”. Forse ho ragione di ritenere (come spesso mi capita negli esami di coscienza) che quel “tanto” non vada molto d’accordo con “bene”, per cui  talvolta quei miei impegni siano rimasti, come la sinfonia di Franz Schubert, incompiuti…».

L’assoluzione è piena, perché il peccato non c’è. Il contributo (non ancora esaurito) di Paolo Fadda alla pubblicistica di studio e alla saggistica storica della Sardegna, tanto più fra Ottocento e Novecento, è unanimemente riconosciuto prezioso e di primissima specialità.

 

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