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Pietrino Soddu: “Un’Assemblea Costituente del Popolo Sardo, da eleggere ora!”. Intervista di Giovanni Bua

Posted By cubeddu On 24 febbraio 2014 @ 07:51 In Blog,Costituzione sarda - Statuto,Elezioni,Istituzioni sarde,Questione sarda | Comments Disabled

Costituente per un federalismo che ridefinisca le competenze con Stato e Ue. «Un nuovo senso di giustizia: per uscire da questo pantano e coltivare un sogno». Soddu: “Pigliaru allarghi i nostri spazi di sovranità”. LA NUOVA SARDENGA  20 febbraio 2014.

«Un risultato non consolatorio, allarmante anzi. Con la soddisfazione sportiva di aver vinto, che non mitiga la convinzione di non aver fatto vedere un bel gioco. Una politica che ha smarrito l’istinto naturale a fare la cosa giusta. Un federalismo da reinventare, magari battendo i pugni sul tavolo di Renzi. Una Costituente, da eleggere ora. Per poter lasciare a Pigliaru la gestione dell’emergenza, libero dall’enorme questione dell’autonomia». Non le manda a dire Pietrino Soddu, 84 anni e tre o quattro vite alle spalle. Riformatore Dc, Moroteo pronto al compromesso col Pci per il governo della Regione. Protagonista di tutte le fasi della vita pubblica sarda per mezzo secolo. E ora fresco autore di Scritti clandestini, e convinto che l’isola deve allargare sempre di più gli spazi di autogoverno. Si è pentito del Piano di rinascita? «Non è fallito, è incompleto, soprattutto nella parte che riguarda l’agricoltura. Bisogna stare attenti a buttar tutto via. Poi non rimane niente su cui costruire» Stiamo peggio ora? «Sicuramente allora avevamo una visione. Oggi vorrei sapere ad esempio come vediamo la modernità». La modernità? «Si. Come la vogliamo? Passiva, consumista, tutta legata al modello turistico affluente, alla zona franca, alla benzina gratis? Vogliamo una Sardegna campata da altri mentre noi stiamo in vacanza permanente. È questo che la sinistra vuole perseguire? Mi sembra un discorso senza etica, senza giustizia». Giustizialista anche lei? «In sardo nemmeno abbiamo la parola giustizia equivalente al concetto italiano. Qui non si tratta di tenere un comportamento dignitoso, che pure è d’obbligo. O di non rubare. Ma di fare la cosa giusta. In sardo non abbiamo la parola perché la giustizia è in tutto quello che facciamo. Noi dobbiamo sapere naturalmente qual è la cosa giusta. E farla». La fa facile. «Ho visto Renzi, lui la fa facile: Pigliaru è bravo, noi siamo bravi. Non basta essere bravi». Non le piace Renzi? «Non importa. L’importante è che sta iniziando come noi. E Pigliaru deve andare da lui, abbandonando la nostra tradizionale politica rivendicativa che non è più nello spirito del tempo. E comunicargli che la Sardegna partecipa alle decisioni da posizioni sovrane». Pigliaru ha ben due liste sovraniste in coalizione. «Bene. Ma qui si parla di costruire il federalismo. Che in Sardegna manca completamente. Perché i sardi sono tutt’altro che pacificamente uniti. E per questo Pigliaru non può affrontare il problema in modo diretto». Cosa intende? «Pigliaru è onesto, capace. E deve giocare il suo ruolo di mediazione con lo Stato. Ma questo consiglio, complice una legge platealmente incostituzionale, non ha la rappresentatività necessaria per prendere decisioni di portata costituente. E dunque? «E dunque eleggiamo una Costituente col proporzionale. A lungo non mi ha convinto, ma ora mi sembra indispensabile». Perché? «Libera questa maggioranza zoppa dal problema grosso. Le permette di amministrare le macerie sarde. E dà alla Sardegna una possibilità». Vuole l’indipendenza? «Voglio decidere da protagonista dove si trovano i centri di potere. Magari cedendo competenze su certe materie come l’agricoltura, o la sanità che è una vera sciagura. Ottenendo però di sedere da pari a pari a Bruxelles per contribuire a formare le decisioni che ci riguardano, per esempio sulla pastorizia». In che modo? «Non parlo ovviamente di una elargizione da parte di uno Stato-Monarca, ma di una linea di tendenza nella quale il popolo sardo scelga il livello di autogoverno possibile nella cornice costituzionale. Che, fino a prova contraria, è la migliore cornice che abbiamo a disposizione». La gente vede ancora la politica come un punto di riferimento? «No. Qualunquista magari, ma da rispettare. Prima c’erano i grandi partiti e le grandi ideologie a mediare. Ora bisogna trovare contromisure alternative». Quali? «Prima di tutto avere una visione, e una missione. Mirare alto, uscire dal pantano». E poi? «Modernità, da governare. Identità, da conquistare. Cittadinanza. Democratica, piena, fondata sui valori ai quali credere. Da tutelare. E poi fare la cosa giusta. Non la più facile, la più veloce, la più conveniente. Quella giusta. Che alla fine tutti sappiamo quale è».

 

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