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Può la Sardegna bastare a se stessa?

Posted By cubeddu On 5 ottobre 2012 @ 06:42 In Blog,Economia,Istituzioni sarde | Comments Disabled

 

 

 

 

 

 

L’interrogativo  è eterno. Già ai tempi di Aristotele, la subordinazione delle pianure sarde ai Carteginesi era ritenuta la causadell’impoverimento della Sardegna. “La prosperità segue sempre alla libertà”, era la tesi del grande intellettuale greco. L’interrogativo del titolo lo si trova nella relazione di un convegno degli industriali sardi del 1916. Da allora il tema viene ricorrentemente ripreso. L’ultimo testo è quello che riportiamo, proveniente dal blog di ‘sa natzione’. Ringraziamo gli estensori.

 

LA SARDEGNA PUÒ FARCELA DA SOLA?

L’OPINIONESA NATZIONESOTZIEDADE

Tags: autonomiadafarcelaindipendenzaitaliamondopuòsardegnasola

febbraio 27, 201113

Dialogo sui luoghi comuni in materia di indipendentismo.

Senza l’Italia che facciamo?

Mentre tu segui la destra, il centro o la sinistra italiana, lo Stato intermedia gli interessi della tua terra in Europa e nel mondo. Il problema non è solo a Cagliari, ma nella struttura centralista dello Stato.

Non capisco. Perché?

Se gli allevatori Sardi manifestano per i loro problemi vengono presi a manganellate*, quelli del nord’Italia no.

Come mai?

Perché politicamente conta di più il territorio che ha più politici a Roma, la Sardegna ha meno abitanti, quindi meno elettori e quindi meno peso in Governo e nel Parlamento.

E’ normale. Che ci possiamo fare?

Non è normale. Solo nelle dittature esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B, esiste già il modo per superare questo problema in una democrazia e si chiama autonomia, si chiama federalismo, si chiama sovranità.

La Sardegna è già Autonoma, le colpe sono solo della politica cagliaritana.

La Sardegna oggi non riesce neppure a riscuotere le sue tasse perché Roma lo fa al posto nostro, così come, in base alla Costituzione, gestisce i nostri Beni Culturali ed una serie di pertinenze strategiche. Che “Autonomia” è una comunità che non può gestire la propria economia, né insegnare e formare i cittadini sulla sua storia potenziando quindi anche la sua promozione turistica? C’è pertanto un problema istituzionale e legislativo di base.

Ma finiremmo isolati comunque dal mondo, la Sardegna è povera.

Tutte le economie dipendenti da altri interessi sono “povere”, pensiamo all’Irlanda prima dell’indipendenza. L’indipendenza non è isolamento, ma integrazione nelle dinamiche culturali ed economiche dell’Europa e del mondo dalle quali proprio oggi siamo tagliati fuori.
Non esiste Stato al mondo capace di vivere economicamente da solo, viviamo in un mondo globalizzato costituito da interscambi commerciali. L’autarchia (o detta anche “economia chiusa”) non esiste più, uno degli ultimi Stati a tentarla in passato con insuccesso fu proprio l’Italia del periodo fascista.

Ma non abbiamo una classe dirigente preparata.

E’ vero! In oltre 150 anni con l’Italia la Sardegna ha dato a Roma alcuni Capi di Stato, decine di ministri, politici vari, centinaia di agenti segreti, migliaia di militari, medici, ricercatori, tecnici, addirittura il primo premio Nobel nella letteratura (Grazia Deledda), musicisti a tanto altro! Siamo anche una delle regioni con il più alto numero di scrittori in Italia. Non siamo riusciti a governare la Sardegna perché ci siamo occupati di co-governare uno Stato che oggi conta oltre 60 milioni di abitanti!
La classe dirigente si forma per gradi, anche con una riforma del nostro sistema scolastico. Ma fin da oggi abbiamo personalità preparate.

Ma chi li vota i partiti Sardi? Non contano nulla!

Nelle elezioni provinciali del 2010 l’insieme dei partiti autonomisti ed indipendentisti ha raggiunto il 23,34% di voti e non si è trattato solo di protesta. Possiamo competere con i partiti italiani.

Ma divisi? Il 23% non è neppure la maggioranza.

Siamo in democrazia, per pesare non occorre avere il 50% più 1 di voti, chiunque conosca le leggi elettorali sa che è necessario pesare in una coalizione politica per poterne orientare l’agenda delle riforme. Ridurre la frammentazione tra sigle è necessario, anche senza fare un partito unico. Ci sono segnali importanti.

Saremmo comunque un piccolo e debole Stato.

La Repubblica di Malta ha circa 410.000 abitanti e fa parte dell’Unione Europea, un quarto della Sardegna. E nessuno si lamenta!

Ma la Sanità chi la pagherebbe?

Svegliati! La Sardegna lo sta già facendo dal periodo dell’intesa Stato-Regione della Giunta Soru, e con un enorme debito di bilancio a causa delle altre riforme non ancora avviate. Non delegare solo i partiti italiani nella mediazione dei tuoi interessi.

La Sardegna ha il problema dell’insularità.

La Corsica ha circa 300.000 abitanti ed in rapporto al suo indice demografico ha più collegamenti marittimi ed aerei della Sardegna.

Ma raggiungere l’indipendenza è utopia.

Non siamo nell’800! L’indipendenza non è un salto nel buio dall’oggi al domani, ma un processo democratico. Un processo di cui gli stessi cittadini, gradualmente, saranno protagonisti, dopo una seria fase autonomista in cui saranno attuate riforme economiche e sociali, tra cui la riscrittura dello Statuto Sardo. Un percorso politico già in atto per far conoscere ai Sardi il loro passato, le loro possibilità e per migliorare le nostre competenze amministrative. Scozia, Catalogna e Québec sono già avanti in questo processo.
La Comunità Internazionale ha recentemente stabilito che persino l’autodeterminazione unilaterale di un territorio è possibile e legale. E’ un fenomeno che dalla fine della guerra fredda ad oggi si sta divulgando.

E se volessi rimanere con l’Italia?

Intanto facciamo una vera Autonomia, solo in seguito verrà proposto un referendum sull’autodeterminazione. Ma se vogliamo svilupparci, dobbiamo lasciar perdere i partiti italiani con i loro fasulli interessi di importazione, che non corrispondono ai nostri.

Ma io non voglio fare solo l’allevatore e la Lingua Sarda non serve a nulla.

Con il graduale sviluppo delle competenze amministrative, possiamo espandere tutti i settori dell’economia, incluso il terziario (come nel turismo). Rimuovendo anche quel modello economico industriale che in passato ci ha imposto Roma: inquinante, fallimentare, che crea disoccupazione ed un sistema clientelare basato sulla conservazione. Un modello assistenzialista che ci danneggia, che consuma ricchezza al posto di investirla sul territorio. Circostanze che spesso ci costringono ad emigrare, persino in ambito universitario, senza darci la possibilità di investire in loco le nuove competenze acquisite. Dobbiamo inoltre defiscalizzare per avviare il sistema della zona franca, già presente in diverse parti d’Europa, per attirare capitali ed investimenti che creino sviluppo. Elementi che si possono avviare da ben prima di una completa indipendenza.
In merito all’allevamento, se tutelato correttamente, le nostre produzioni potrebbero competere fin da oggi con colossi internazionali come la Nuova Zelanda.

A Malta oltre all’inglese parlano la loro lingua, lo stesso avviene in Catalogna ed in tante minoranze linguistiche internazionali. La Lingua non è solo un veicolo di comunicazione sociale e culturale, ma serve anche a tramandare la nostra letteratura, il nostro essere cittadini del mondo mediante la nostra identità, e serve inoltre ad avere un vasto potere di rivendicazione politica rispetto a chi ci vuole tenere omologati a Roma.
A nessuno verrà imposta la Lingua Sarda, ognuno parlerà anche l’italiano e ciò che ritiene opportuno. Ma sicuramente si parlerà maggiormente anche altre lingue internazionali, dalle quali l’Italia fino ad oggi con il suo provincialismo ci ha escluso rendendoci inadeguati. Basta piangersi addosso!

Svegliamoci!

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* L’episodio si riferisce alla carica di Polizia ricevuta dal Movimento Pastori Sardi durante il pacifico tentativo di recarsi a manifestare a Roma a fine 2010.

Ass.ne U.R.N. Sardinnya – Nazionalisti Sardi

 


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