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CHERCHEZ LA FEMME, le donne sarde in politica, di Bachisio Bandinu—————————————————————————————————

Posted By cubeddu On 1 febbraio 2012 @ 05:58 In Blog,Editoriali,Politica sarda,Questione femminile | Comments Disabled

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eleonora d’Arborea (Molins de Rei1340 – Oristano1404) fu giudicessa del Giudicato d’Arborea nota per la promulgazione della Carta de Logu.

-La questione è seria: non riguarda tanto la difesa delle pari opportunità (battaglia pregevole) bensì la possibilità reale di esercitare l’identità femminile nella gestione della politica. Detto diversamente ci si interro­ga se la presenza femminile sia capace di un diverso modo di fare politica.

La questione è seria: non riguarda tanto la difesa delle pari opportunità (battaglia pregevole) bensì la possibilità reale di esercitare l’identità femminile nella gestione della politica. Detto diversamente ci si interro­ga se la presenza femminile sia capace di un diverso modo di fare politica.La differenza di genere dovrebbe significare un cambiamento nella teoria e nella pratica della politica.

È ben più di una rivendicazione: si tratta di pensare diversamente dal modello maschile. Non alternativo, anzi integrativo, capace di sintesi di modalità differenti nel gestire la cosa pubblica. C’è un’autonomia del femminile rispetto all’universo maschile.

Per la donna si tratta di uscire dal recinto dell’immagi­nario politico maschile per riappropriarsi del suo proprio. Oggi la donna in politica è fagocitata dal sistema maschile ed è in qualche modo obbligata a un ideale virile della politica dove la femminilità è connotata come debolezza o come infe­riorità. È un’affermazione comune dire che una donna deve valere il doppio per affermarsi nella competizione con i maschi. E invece non deve competere per dimostrare che vale quanto loro o addirittura riuscire a sopravanzarli: sareb­be comunque perdente perché non sfrutta le sue prerogative femminili. C’è uno specifico femminile del fare politica, pro­prio come differenza dal modello maschile e quindi come specificità di genere. Non si tratta di competizione ma di inte­grazione dei due modelli.

La questione assume un carattere ancor più particolare trattandosi di una società matricentrica qual è quella sarda. La donna sarda ha potenziali risorse interiori per operare un mutamento della politica attuale. C’è nell’immaginario sardo una presenza femminile che conferma un’autorità autonoma della donna rispetto al sistema maschile. La donna ammini­stra il privato, la casa, la famiglia e grazie a questa esperien­za concreta ha il diritto e il dovere di sperimentare una diver­sa gestione della cosa pubblica.

I contributi al femminile possono essere una maggiore capacità di agire nel concreto, una disponibilità più protesa alla reciprocità comunicativa, una valorizzazione della compo­nente affettiva nelle relazioni sociali, un minore investimento psicologico nella dimensione del potere e nell’ esercizio del dominio, ma anche una minore aggressività e distruttività nei rapporti politici e sociali. Sono valori forti l’agire propositivo e l’assunzione di responsabilità. Questo principio etico-sociale produce energie interiori per un nuovo orientamento.

In fondo l’uomo ha paura che la differenza femminile si ponga come nuovo potere o come dispositivo di un ordine diverso. Genitrice, nutrice, educatrice ma sempre ostacolata quando vuole assurgere a ruoli sociali e politici di prestigio. Il timore più profondo è che la donna detenga un potere ori­ginario che non è governabile dalla legge maschile e che que­sta differenza non possa essere amministrabile.

C’è una ricchezza antropologica che proviene alla donna da una lunga esperienza storica. Nella cultura sarda è la donna ad avere la consapevolezza del mistero della nasci­ta e della morte, dell’ entrare e dell’uscire dal mondo. L’uomo era escluso dalla stanza del parto e dalla stanza del pianto rituale. Incapace di resistere al mistero della origine e del disfacimento. Da questo mistero nasce la supremazia della madre nella struttura di venerazione della religione sarda.

La donna ha saputo assumere su di sé il negativo del dolore e della morte ma è nello stesso tempo produttrice di vita, creatrice, fattrice. C’è una spiritualità che si attua in un ordine giudicante e governante, al di là e al di qua del gover­no e del giudizio maschile.

Quale contributo al femminile nell’ esperienza politica in corso? E per la prospettiva?

 

 

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