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I terreni agricoli, in Sardegna costano meno che in qualsiasi regione italiana. Qualcuno se ne preoccupa?

Posted By cubeddu On 10 marzo 2023 @ 16:42 In Agricoltura,Ambiente e Urbanistica,Antropologia,Blog,Economia sarda,Politica sarda,Questione sarda | Comments Disabled

Le compravendite dei terreni agricoli hanno ripreso smalto, segnando un balzo del 30 %. A differenza del resto d’Italia, dove il vero boom è quello del mercato degli affitti, nell’Isola si preferisce vendere. E se ad acquistare fosse uno stato sovrano? O dei fondi di investimento? O fondi malavitosi?


DOSSIER. Il nome land grabbing significa, letteralmente, “accaparramento di terre”. Gli israeliani hanno comprato le terre palestinesi prima che questi si accorgessero troppo tardi che avrebbero perso tutto. Un simile fenomeno sarebbe possibile in Sardegna, attraverso fondi sovrani che acquistano una terra al centro del Mediterraneo occidentale, per impiantarvi o versarvi di tutto? Potremmo diventare un popolo in fase di sostituzione?

Qual è la causa del land grabbing? I terreni vengono acquistati all’estero allo scopo di soddisfare i bisogni alimentari della propria popolazione. E’ il caso della Cina in Africa, per il cibo e soprattutto per i nuovi materiali strategici. La tendenza al land grabbing è stata favorita dalla crisi dei prezzi dei beni alimentari negli anni 2007 e 2008, nonché dalla crescente produzione di biocarburanti da materie prime rinnovabili. Quali sono gli aspetti positivi del land grabbing? L’investimento in terre da parte di altri Paesi esteri potrebbe, in teoria, favorire un incremento della disponibilità alimentare per le aree povere del mondo, attraverso una crescita della produzione e della produttività e il trasferimento di tecnologie. Quali sono le conseguenze negative del land grabbing? In Sardegna sarebbe la conseguenza dello spopolamento e dell’abbandono di parte delle campagne. Il tentativo abortito della ‘chimica verde supponeva la messa a coltura con cardi delle terre irrigate e l’affossamento dell’agricoltura moderna. In generale le conseguenze negative sono individuabili nella creazione di nuovi poveri, violazione dei diritti, esaurimento delle risorse, espulsioni, migrazioni e minaccia al benessere delle generazioni future. A cui si aggiungono gli effetti sull’ambiente: inquinamento, perdita di fertilità dei suoli, produzione di scarti e veleni, Dove costano meno i terreni nel mondo? Alla fine del 2021 il paese con il prezzo più basso è stato invece la Croazia, in cui un ettaro costava in media 3 440 € nel 2020. In Italia, secondo l’articolo uscito qualche giorno fa, il prezzo della terra più basso è in Sardegna.

Come sconfiggere il land grabbing? La migliore azione per contrastare le operazioni di land grabbing e gli attori che la sostengono, è quella di appoggiare l’acquisizione di potere delle comunità contadine con più conoscenza, più capacità, più risorse, riconoscendo loro il ruolo di protagonisti, di artefici del proprio futuro. In Sardegna bisogna rendere attiva l’istituzione dei beni comuni, che già amministra i beni tradizionali delle nostre comunità, dotandola di finanziamenti che consentano il diritto di prelazione.

Nota bene: Queste righe sul landgrabbing, accaparramento di terre, sono tratte da google, tranne le frasi in corsivo.

 

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Da L’Unione Sarda, 4 marzo 2023

Il mercato fondiario riacquista vivacità anche nell’Isola. Dopo lo stop forzato per la pandemia nel 2020 (con un calo del 12%), le compravendite dei terreni agricoli hanno ripreso smalto, segnando un balzo del 30% e un conseguente aumento dei prezzi dei terreni, seppure restino i più bassi d’Italia (circa 7,2mila euro a ettaro contro i 21mila della media nazionale, al primo posto c’è il Trentino 54,2mila euro). È quanto emerge dalle elaborazioni di Coldiretti Sardegna sugli ultimi dati Crea. Cresce il numero di compravendite ma anche il valore dei terreni, cresciuti dell’1,1% sull’anno precedente, trend che i dati dell’Agenzia delle Entrate confermano anche per il 2022.

In linea generale nell’Isola l’offerta è prevalente nelle province di Cagliari e Sassari, mentre a Nuoro prevale la domanda; nelle altre province c’è un sostanziale equilibrio.

A differenza del resto d’Italia, dove il vero boom è quello del mercato degli affitti, nell’Isola si preferisce vendere. «Questo perché l’offerta è sostenuta da imprenditori agricoli in pensione, privi di eredi, e da proprietari terrieri non agricoltori che, giunti alla seconda o terza generazione, intendono monetizzare il patrimonio fondiario», spiega Luigi Sau, responsabile creditizio di Coldiretti, che oggi vede «un mercato attivo e in crescita, così come i prezzi». E, dall’altra parte, c’è anche una buona richiesta da parte delle imprese agricole: chi è in affitto intende acquistare per stabilizzarsi e strutturare l’azienda, mentre chi già possiede i terreni vuole allargarsi e acquistare terreni limitrofi». Il freno principale sulle compravendite sono i tassi di interesse, in due anni dal 3% a non meno del 5. «Inquinamento prezzi» Le distorsioni non mancano. Tanto che acquistare terreni in Sardegna sta diventando «sempre più impegnativo per agricoltori e allevatori». Lo dice il presidente di Confagricoltura, Paolo Mele: «Se da un lato c’è l’abbandono delle terre marginali, poco produttive e di piccole dimensioni, dall’altro c’è un rialzo dei prezzi alla vendita delle proprietà meglio lavorabili e di estensioni medie. Il mito dei facili guadagni, spesso fake news, derivanti da possibili progetti nelle energie rinnovabili in campagna, ha fatto crescere le quotazioni dei terreni. Ecco che quindi – aggiunge Mele – avere prezzi dei terreni così alti non è vantaggioso e rende irreale un mercato che invece dovrebbe essere seguito per assicurare produzioni d’eccellenza e numericamente soddisfacenti al nostro fabbisogno. Non è più pensabile che oltre il 70% degli alimenti arrivi da oltre Tirreno». (c. ra.)

 

 

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RIPUBBLICHIAMO DA https://www.huffingtonpost.it/

Il “land grabbing” sbarca in Sardegna

di Marco De Ponte

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Ormai da anni il land grabbing è arrivato anche in Europa. Dentro casa nostra. E non solo in Africa. Il caso di Narbolia, in Sardegna, lo conferma. In questo piccolo comune di 1.800 abitanti della provincia di Oristano, si esporta energia ma l’ottanta per cento del fabbisogno alimentare viene importato.

08 Febbraio 2017

Ebbene sì, ormai da anni il land grabbing è arrivato anche in Europa. Dentro casa nostra. E non solo in Africa. Il caso di Narbolia, in Sardegna, lo conferma. In questo piccolo comune di 1.800 abitanti della provincia di Oristano, si esporta energia ma l’ottanta per cento del fabbisogno alimentare viene importato.

Parliamo di land grabbing, quando si verificano “acquisizioni o concessioni di terra, in violazione di diritti umani fondamentali come quello al cibo, non basate sul consenso previo libero e informato di chi utilizza quella terra e con impatti negativi sui sistemi alimentari locali”.

Quello di Narbolia, pur riguardando dimensioni di terra inferiori rispetto a quelle documentate da ActionAid in altre parti del mondo, presenta modalità simili nell’appropriazione, come la scarsa trasparenza, l’assenza di adeguate informazioni e gli impatti negativi per i sistemi agro-alimentari del territorio.

Nel 2012 l’azienda agricola “EnerVitaBio Santa Reparata”, controllata del colosso cinese dell’energia solare Winsun Group, ha avviato la costruzione del più grande impianto di serre fotovoltaiche, su 64 ettari di terreni: terra usata quindi per produrre energia, con 1600 serre fotovoltaiche con scarsa o nulla produzione agricola nonostante la normativa richiedesse una prevalenza della dimensione agronomica rispetto a quella energetica dell’investimento.

L’investimento è stato fortemente contestato dagli abitanti del territorio, che si sono costituiti nel Comitato “S’Arieddu per Narbolia“, per chiedere la revoca delle autorizzazioni, la dismissione dell’impianto e la bonifica dei terreni. Il Comitato contesta gli impatti ambientali di questo investimento, la sua utilità per il territorio, il fatto che la Regione soddisfi la maggior parte del suo fabbisogno alimentare con le importazioni anziché promuovere il proprio settore agricolo, oltre a non aver consultato le comunità locali. Lo stesso Tar ha riconosciuto la presenza di diversi vizi procedurali nell’investimento e nell’avvio dell’impianto.

Il Consiglio di Stato si è riunito in udienza il 5 novembre ma si attende ancora la pronuncia. Il Comitato contesta soprattutto il fatto che il progetto della EnerVitaBio Santa Reparata priva un’area a forte vocazione agricola, di 64 ettari dei suoi migliori terreni coltivabili

Da diversi anni ActionAid lavora al fianco delle comunità locali che nei Paesi del sud del mondo si oppongono all’accaparramento della loro terra. Il caso di Narbolia, come molti altri in Italia e in Europa, dimostra come il fenomeno del land grabbing riguardi anche i nostri territori. Per questo ActionAid sostiene il comitato “S’Arrieddu per Narbolia”. E ne condivide le richieste, cioè un piano energetico ambientale che vada oltre la speculazione energetica e la volontà di sostenere con programi e finanziamenti adeguati piccoli agricoltori.

 

 

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