Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e Servizio Sanitario Nazionale ( SSN), di Mario Budroni

Sommario: La sanità nel PNRR.  La discussione sul PNRR. La sinistra e la sanità. Diritto alla salute. Servizi territoriali. One Health.  Separazione dei compiti.

La sanità nel PNRR. Dal momento dello scoppio della pandemia si è accesa una discussione sulle difficoltà e carenze del  SSN. Dopo un anno che non si riesce a contenere l’espansione del Covid-Sars19, il governo ha deciso di investire 20 miliardi per riorganizzare il SSN. Dopo venti anni di tagli e contenimento della spesa, è un’inversione di tendenza  benaugurante.

La  missione sei del Piano Nazionale italiano per l’uso del Recovery Fund mira a potenziare e riorientare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per migliorarne l’efficacia nel rispondere ai bisogni di cura dei cittadini, anche alla luce delle criticità emerse nel corso dell’emergenza pandemica. In particolare la strategia intende:

1) rafforzare la prevenzione e l’assistenza sul territorio e l’integrazione fra servizi sanitari e sociali;

2) garantire equità di accesso alle cure e nell’erogazione delle prestazioni;

3) ammodernare la dotazione delle strutture del SSN in termini di qualità del capitale umano e formazione, risorse digitali, strutturali, strumentali e tecnologiche;

4) promuovere la ricerca scientifica in ambito biomedico e sanitario;

5) individuare un centro di eccellenza per le epidemie.

Per la sanità sono stati stanziati 15 miliardi di euro del Piano Nazionale italiano per l’uso del Recovery Fund , cui si aggiungono 4 miliardi inclusi nella legge di bilancio del 2020 e altri 4 per la stabilizzazione precari e rinnovi contrattuali nella manovra per il 2021. In tutto sarebbero, dal 2020 al 2026, circa 24 miliardi; e buona parte degli stanziamenti si aggiungeranno al debito pubblico.

L’investimento prevede l’attivazione di 1.288 Case della Comunità (chiamate Case della Salute nel precedente decreto ministeriale del 10/07/2007) entro la metà del 2026 e un importante intervento per la digitalizzazione dei servizi sanitari.

Auspica la rimodulazione dei Servizi sanitari di prossimità, delle strutture per l’assistenza sul Territorio. Mira  inoltre a definire standard organizzativi e tecnologici omogenei per l’assistenza territoriale e le strutture a essa deputate. Si propone di  definire un nuovo assetto istituzionale per le politiche e attività in materia sanitaria, ambientale e climatica.

Il potenziamento dell’assistenza sanitaria e della rete sanitaria territoriale verrà favorito: 1)  dall’istituzione delle case della comunità pensata come perno delle prestazioni sul territorio in ambito socio-sanitario; come primo luogo di cura e assistenza domiciliare offerte in particolare a persone vulnerabili e fragili; 2) dal potenziamento di strutture per l’erogazione di cure intermedie.

L’identificazione del modello organizzativo e le strutture a essa

deputate devono adottarsi entro il 31 ottobre 2021 con l’approvazione di uno

specifico decreto ministeriale. Sarà definito entro il 2022, con un disegno di legge da presentare  alle Camere entro il 31 ottobre 2021, un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, in accordo con l’approccio One-Health. Quest’ultimo concetto, espresso da diversi ricercatori e fatto proprio anche dall’OMS, afferma che la salute degli uomini comporta anche la salute degli animali e dell’ambiente.

 

La discussione sul PNRR. Ora è chiaro che il PRRN è finalizzato ad ottenere i fondi  e rimanda a decreti e leggi successive per entrare nel merito e definire i dettagli, tuttavia dà una prima indicazione importante  di riqualificazione dei sevizi territoriali e ha innescato un acceso dibattito sulla sanità in generale.

Il sindacato dei medici di famiglia afferma che si continua a investire in strutture invece di creare “micro team”. Il piano non chiarisce come questo progetto si allinei con le parole del presidente Draghi e del Ministro Speranza sulla prossimità delle cure.  A parere dello stesso sindacato, seguendo i parametri del Recovery ci sarà una Casa della Comunità ogni 132 kmq ed è abbastanza evidente che così non si costruisce l’assistenza di prossimità. E conclude infine che in quel progetto non c’è nulla per le aree di disagio e per i piccoli paesi, ricordando che 16 mln di cittadini vivono in comuni con meno di 5 mila abitanti che rischiano di essere tagliati fuori. Per quanto riguarda gli ospedali di comunità avanza dubbi  sul ruolo dei medici perché la gestione sembra affidata a personale infermieristico.

In una lunga nota, Carlo Palermo (Segretario nazionale dell’Anaao Assomed)  stronca il Recovery Plan approvato dal Consiglio dei Ministri. “Il piano  vede le criticità della sanità territoriale, cui giustamente assegna un terzo delle risorse, ma non giudica bisognevole di investimenti adeguati il sistema ospedaliero, che ha evitato il collasso sociale e sanitario durante la pandemia. I 5,6 miliardi destinati all’ammodernamento strutturale, tecnologico e digitale degli ospedali appaiono largamente insufficienti rispetto alle necessità. Siamo di fronte a stabilimenti ospedalieri vetusti, costruiti nel 45% dei casi prima del 1940, scarsamente flessibili, concettualmente superati, con impiantistica obsoleta, insicuri sotto il profilo sia sismico che dei sistemi antincendio. Con una dotazione attuale di posti letto, 3,1 per mille abitanti, tra le più basse in Europa, causa non marginale dell’incremento della mortalità generale osservato nel 2020”. Il sindacato CISL medici  sostiene che le Case  della Comunità senza risorse e personale  saranno delle “cattedrali nel deserto”.  Lamenta inoltre la proposizione di formule e slogan sul potenziamento delle cure primarie senza riscontri concreti. Propone infine una ricetta chiara;  “Ospedali d’eccellenza (solo per casi gravi), più strutture intermedie con diagnostica e servizi socio-assistenziale per fragili e cronici.”

La sinistra e la sanità. Mi pare opportuno citare anche il pamphlet  di Ivan Cavicchi “La sinistra e la sanità”  edito da Castelvecchi. Cavicchi è un sociologo che ha scritto diversi libri sulla sanità;  in passato è stato responsabile della sanità Cgil nazionale; ha avuto un incarico nella gestione di Farmindustria  e gli è stata conferita una laurea ad honorem dalla facoltà di medicina di Chieti. Attualmente si dichiara un intellettuale indipendente; tuttavia negli ultimi cinque anni le sue dichiarazioni e i suoi articoli (sul “Fatto quotidiano”)  sono abbastanza in sintonia con le indicazioni per la sanità proposte dai Grillini. Il pamphlet è molto polemico nei confronti della Sinistra che viene accusata di non aver risolto le contraddizioni della sanità (diseguaglianze, sostenibilità, regressività, governabilità e sfiducia); di essere soggetto politico inadeguato e incapace di pensare una riforma. L’autore afferma che sono emerse diverse contraddizioni, in particolare: il rapporto diritto /risorse, pubblico/privato e universalismo/diseguaglianze. A suo parere queste sono state scambiate per problemi semplici, con conseguente assunzione di atti politici  non risolutivi. Critica i ministri del centro sinistra che si sono succeduti al governo, in particolare Rosy Bindi e Roberto Speranza, accusati entrambi di favorire politiche neoliberiste.                                                                                                                 Per la riforma della sanità espone sostanzialmente 5proposte:

1) rivedere il concetto di tutela della salute. La salute non è solo difesa dalle malattie ma è un processo e si costruisce attraverso programmi con i quali integrare i suoi principali determinanti.

2) La salute non è più solo una questione di diritti ma è diventata una questione di  doveri. Con la pandemia è ormai chiaro che la responsabilità della salute è individuale e sociale.

3) Non esiste solo l’individuo , la singola persona, ma esiste anche la comunità. Sulla base dei diritti e dei doveri si dovrebbe aggiornare la normativa mettendo vicino all’individuo il soggetto comunità.                                                                                                        4) Da un governo paternalistico, che attraverso le aziende amministra cittadini e operatori, si dovrebbe passare ad un governo della comunità.                                       5) Se si accettano i concetti precedenti è inevitabile ripensare le aziende. Queste rappresentano la negazione di ogni forma di partecipazione sociale. Al loro posto bisogna creare i Consorzi per la salute di comunità.                                                       Il PNRR  dà indicazioni a grandi linee e in parte rimanda a decreti successivi. I sindacati calano sul tavolo problemi concreti ma molto particolari e non presentano un’idea globale sull’argomento. Il volume di Cavicchi critica aspramente la gestione della sanità perseguita dai partiti di sinistra e comunque pone alcuni problemi di fondo del SSN anche se le proposte di cambiamento non sembrano molto definite e realizzabili.                                                                                                                                                                           Diritto alla salute. Cerchiamo di definire le incoerenze del SSN nato dalla legge 833/78. Il primo punto, e forse il più importante, è  il rapporto tra diritto alla salute e sostenibilità del servizio. Il diritto alla salute è sancito in costituzione (art. 32), ma è evidente a tutti che negli ultimi venti anni i governi hanno  approvato leggi di riforma  per contenere la spesa in sanità se non tagliato direttamente i finanziamenti. Questa politica ha prodotto diseguaglianze tra categorie sociali, tra nord e sud del paese e tra Regione e Regione. Per riequilibrare il rapporto diritto/sostenibilità bisogna riaffermare il criterio universalistico del SSN, riportare le strutture private convenzionate  a una condizione di complementarietà rispetto all’intervento pubblico. Negli ultimi anni sono cresciuti a dismisura le assicurazioni sulla salute (sostenute da alcune banche)  nella speranza di fare breccia nel sistema pubblico e riportarci al vecchio sistema delle mutue. Mi pare scontato ricordare che i sistemi assicurativi sono i più costosi e i meno equi. (vedi USA e Svizzera).

Servizi territoriali. In Europa da tempo è avvenuta la “transizione epidemiologica” che comporta  la prevalenza della mortalità attribuibile alle malattie cronico-degenerative e agli eventi traumatici rispetto a malattie acute infettive. Le malattie cronico degenerative e le comorbidità sono caratteristiche di persone anziane che richiedono cure di prossimità e un’offerta attiva e non d’attesa. Anche la pandemia ha dimostrato chiaramente che senza servizi territoriali è difficile fare fronte ai bisogni di salute di una popolazione. Il confinamento in un letto d’ospedale può essere alienante per una persona fragile e non è scontato il rischio di un’infezione  resistente agli antibiotici. Il lavoro degli operatori del territorio è in questo momento prevalentemente di tipo burocratico. La prima operazione da fare è quindi quella di migliorare la loro formazione,  e fare in modo che il medico di famiglia  prenda in carico i pazienti, chieda e riceva gli accertamenti e abbia la situazione globale del paziente per compensare le specializzazioni e le parcellizzazioni. Se gli operatori del territorio riacquistano la fiducia degli assistiti sarà possibile riequilibrare i carichi di lavoro tra ospedale e servizi di prossimità. Il PNRR insiste particolarmente sulle Case della Comunità, ma  il sindacato dei medici di famiglia propone invece “micro team”. Penso  che le due proposte non siano mutamente esclusive e ad ogni buon conto credo che dobbiamo focalizzarci sulle funzioni più che sulle strutture. A richiesta della commissione affari sociali della Camera , l’assessore Nieddu ha spedito una nota nella quale afferma che in Sardegna abbiamo quindici Case della Salute e due Ospedali di Comunità. Se non si cambia il modo d’intendere la sanità territoriale è facile sostituire le targhe delle strutture.

One Health. La popolazione in Europa ha mediamente un livello di scolarizzazione che gli permette di recepire programmi di prevenzione delle malattie ed è in grado di scegliere gli stili di vita che aiutano a condurre una vita sana per lungo tempo. Da parte dei cittadini si deve evitare il fumo di sigaretta, diminuire il consumo di alcol, e seguire una dieta equilibrata, morigerata e sana. Da parte della politica  è necessario l’impegno per ridurre l’inquinamento nelle industrie, in agricoltura e quello da combustibili fossili in genere. In mancanza di questo impegno, la sostenibilità economica della sanità sarà sempre un difficile problema.  Pare opportuno sottolineare che il passaggio di virus da specie animali all’uomo (spillover) che si sta verificando sempre con maggior frequenza sono effetto dei danni ambientali prodotti dall’uomo che si ripercuotono sugli animali. La salvaguardia dell’ambiente  è a buon diritto argomento con implicazioni sanitarie che non può essere sottovalutato.

 

Separazione dei compiti. Da ultimo, vorrei ricordare due concetti che influenzano negativamente il funzionamento della sanità. Il primo è il conflitto d’interesse dei medici che  fanno attività pubblica e privata allo stesso tempo. Se una persona ha preoccupazione dell’attività privata mi pare difficile che prenda a cuore le necessità dell’impegno pubblico. Non è accettabile che chi ha disponibilità per pagare possa accedere immediatamente alle  prestazioni e chi non ha disponibilità debba aspettare mesi. Il secondo riguarda la separazione dei compiti tra livello politico e livello tecnico. Nelle disposizioni di legge gli ambiti sembrano abbastanza chiari, tuttavia  nella prassi c’è continuamente un’ingerenza della politica  nella gestione della sanità in particolare nell’assunzione e nella progressione della carriera del personale. Ai politici dovrebbe competere la programmazione e la verifica dei risultati raggiunti e non la gestione tecnica della sanità.

 

 

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